Il 19 ottobre 1973 la Libia intraprese un’azione unilaterale volta ad estendere il limite delle proprie acque territoriali rivendicando l’intero Golfo della Sirte come territorio nazionale. Il leader Mu’ammar Gheddafi fissò il confine tracciando una linea di base della lunghezza di 302 miglia nautiche coincidente con il parallelo 32° 30′ N detta “linea della morte”, il cui attraversamento avrebbe comportato un’immediata reazione militare.
La decisione del paese nordafricano violava le norme del vigente diritto internazionale in materia di delimitazione delle acque territoriali e fu di conseguenza disconosciuta da quasi tutti i governi del mondo. In particolare la reazione degli Stati Uniti fu immediata e la U.S. Navy iniziò a condurre delle missioni “FON” (Freedom Of Navigation) all’interno dell’area reclamata dalla Libia per dimostrare l’infondatezza delle pretese avanzate. In due occasioni, tra il 1973 e il 1980, caccia libici aprirono il fuoco contro ricognitori americani: la prima volta contro un C-130, la seconda contro un EC-135, mancando i bersagli in entrambi i casi.
Nell’agosto del 1981 il neo eletto presidente Ronald Reagan decise di intensificare le operazioni dispiegando nell’area le portaerei USS Forrestal e USS Nimitz; come risposta la Libia rischierò un gran numero di velivoli nella zona, tra cui Mirage V, Mig-25, Mig-23, Mig-21 e SU-22. Il 18 agosto ci fu il primo confronto tra i due schieramenti quando un gruppo di 32 aeroplani libici, composto da vari Foxbat, Fishbed e Mirage, tentò di forzare il blocco di alcuni Tomcat e Phantom posti a difesa della flotta. Dopo svariate manovre per tentare di ottenere una posizione di supremazia, lo scontro si risolse in un nulla di fatto e i velivoli rientrarono alle rispettive basi. Ma il giorno successivo gli avvenimenti presero una piega differente…
Il 19 agosto l’F-14A AJ107, codice di chiamata radio Fast Eagle 107, del VF-41 “Black Aces” fu lanciato dal ponte della USS Nimitz per una missione CAP (Combat Air Patrol) a largo della Libia; ai comandi il Tenente Larry “Music” Muczynski e il Naval Flight Officer Tenente James Anderson. Dopo il primo rifornimento in volo i piloti si diressero verso la zona denominata CAP Station 4, dove si ricongiunsero con un altro Tomcat del VF-41, l’AJ102 – Fast Eagle 102 – pilotato dal comandante di gruppo Cdr Henry “Hank” Kleemann e il Tenente David “DJ” Venlet. Dopo 45 minuti nella zona a loro assegnata i due Tomcat virarono a sud per l’ultima orbita della CAP prima di fare rotta verso il tanker per il secondo rifornimento, quando Venlet nel Fast Eagle 102 rilevò una traccia radar in avvicinamento da uno degli aeroporti libici che stava controllando. Pochi secondi dopo anche Anderson acquisì il segnale confermando che due aerei nemici stavano puntando la coppia di F-14. Kleeman assunse il comando della formazione mentre Muczynski si separò portandosi a due miglia ad ore sei dal leader, circa 800 metri sopra di esso. Man mano che la distanza diminuiva gli F-14 cercarono di guadagnare una posizione favorevole di attacco ma ad ogni manovra i velivoli libici rispondevano annullando il vantaggio degli americani; entrati in un raggio di circa 8 miglia Kleemann avvistò i due ostili identificandone almeno uno come Sukhoi 22 Fitter, l’altro come probabile Mig-23 Flogger (la storia ci insegna che entrambi fossero in realtà SU-22). Contemporaneamente Muczynski iniziò una lunga virata per posizionarsi ad ore 4 rispetto i due Su-22. Quando l’AJ-102 arrivò a circa 1000 piedi di distanza uno dei due Fitter libici fece fuoco con un missile che passando sotto il Tomcat si perse mancando nettamente il bersaglio. A questo punto fu chiaro che l’atteggiamento degli avversari era ostile e secondo le regole d’ingaggio previste gli americani erano autorizzati a rispondere immediatamente senza ulteriori autorizzazioni. Subito dopo l’attacco i Fitter aprirono la formazione salendo con il leader che virava verso sinistra e il gregario a destra: sfruttando la sua posizione Muczynski picchiò bruscamente virando a sinistra verso il capo formazione, seguito da Kleemann che copriva il lato cieco. Dopo alcuni istanti lui stesso, notando che la posizione dell’AJ-107 era ottimale, tornò indietro verso il gregario che in quel momento era contro sole e non poteva essere inquadrato con precisione; attese, quindi, qualche istante e a circa tre quarti di miglio lanciò un AIM-9L dal pilone sinistro che esplose a pochi metri dal Su-22 danneggiando parte della coda. L’impatto delle schegge distrusse il vano del parafreno che si aprì in volo facendo precipitare il velivolo con una lenta spirale; il pilota riuscì ad eiettarsi con successo.
Nel frattempo l’AJ-107 si avvicinò ulteriormente al Fitter del leader che aveva completato la manovra ascendente e si stava preparando a virare per scendere nuovamente verso i due Tomcat ma, poco prima che potesse iniziarla, “Music” riuscì a posizionarsi perfettamente ad ore sei sparando il Sidewinder dalla Station 1A (medesimo pilone da cui era partito l’ordigno di Kleemann) che centrò in pieno l’ultimo SU-22. Il missile si infilò direttamente nello scarico facendo esplodere il Sukhoi in tanti piccoli pezzi; Music temette di risucchiarli nelle prese d’aria del suo F-14 danneggiando i motori per cui eseguì una violenta cabrata di 6g per allontanarsi immediatamente. All’apice un mezzo tonneau si portò di nuovo in vista del Su-22 che stava precipitando in mare; Il pilota tentò di eiettarsi ma il paracadute non si dispiegò uccidendolo all’impatto con la superficie dell’acqua.
La durata totale del combattimento fu di soli 45 secondi, in questo breve lasso di tempo l’AJ-102 e 107 divennero i primi Tomcat al mondo ad abbattere due aeroplani nemici entrando di fatto nella leggenda!
Un interessante estratto delle comunicazioni radio di quel fatidico giorno le potete ascoltare QUI!
Il modello:
I conflitti del medio oriente sono, da sempre, un argomento che mi affascina e stimola la mia curiosità. Per tale motivo l’idea di realizzare in scala uno dei due F-14 protagonisti del così detto “incidente del Golfo della Sirte” mi ronzava in testa già da parecchio tempo. L’uscita del kit Tamiya ha dato ulteriori input a tale progetto, tanto che alla fine mi sono convinto di metterlo sul banco e testare io stesso l’eccelsa qualità del prodotto di cui tutti, e non solo sul web, tessono le lodi. Ho deciso di riprodurre il Fast Eagle 107, il velivolo di Muczynski e Anderson, perché tra i due è quello che modellisticamente trovo più interessante per tutta una serie di motivi che spiegherò nel corso di questo articolo… se avrete pazienza di proseguirne la lettura!
L’F-14A Bu. No 160390- AJ107 (appartenente al Block 95) fu commissionato nell’anno fiscale 1976. Assegnato al VF-84 a gennaio del 1978 fu poi trasferito al VF-41 “Black Aces” dove divenne, come riportato nell’introduzione, un Sukhoi Killer. Per riprodurlo nella scala del quarto di pollice la scatola Tamiya 61114 è praticamente già pronta e dispone di (quasi n.d.r.) tutto il necessario per un Tomcat delle prime serie costruttive.
Lo stampo è, senza dubbio, bellissimo con pannellature delicatamente incise e particolari finissimi. Alcune soluzioni di montaggio proposte dalla casa di Shizuoka lasciano piacevolmente stupiti e, in generale, la scomposizione dei pezzi è veramente ben studiata (anche se un paio di scelte, a mio avviso, sono poco logiche… parlerò anche di questo).
Ovviamente anche un modello “perfetto” a mio avviso è “perfettibile”, per cui ho deciso di dotarmi di alcuni aftermarket come mia abitudine. Ecco la lista:
- Aires 4713 Exhaust Nozzle Varied: gli scarichi da scatola sono senza dubbio già belli… ma comunque non paragonabili a quelli in resina della Aires. Ho scelto il set che prevede uno scarico aperto ed uno chiuso, posizioni che normalmente assumevano a terra e che derivavano dalla caduta di pressione del circuito idraulico. Anche questa è una delle caratteristiche peculiari del famoso caccia della Grumman.
- Aires 4715 Cockpit Set: posso affermare con assoluta certezza che questo è, contemporaneamente, l’abitacolo più bello e più complicato da adattare su cui io abbia mai lavorato. Ha un dettaglio e una nitidezza che non avevo mai visto nei precedenti accessori della ditta ceca ma richiede un impegno molto gravoso per poter essere inserito all’interno delle fusoliere.
- CrossDelta CD48002 Anti-Skid/Formation Lights: questo set contiene le zone anti sdrucciolo che erano applicate sopra le prese d’aria. Sono in alluminio adesivo e riproducono benissimo il rivestimento “anti skid” dei tamponi. Sono fornite anche le piastre di rinforzo dei predellini di salita all’abitacolo e le luci di formazione, entrambi non utilizzati sul mio modello.
- Hobby Decal 48003M1 Alpha Probe: la sonda è tornita in metallo e molto resistente agli urti (testata personalmente!) ma è ideata per il vecchio kit Hasegawa. Può essere utilizzata anche sul Tamiya ma questo comporta un non facile lavoro di adattamento, al suo posto consiglio l’utilizzo del prodotto Master 48007.
- Brassin 648304 F-14A Wheels EARLY: poca spesa, molta resa. Consigliate per dare un tocco di dettaglio in più al modello finito!
- Brassin SIN64828 Weapons Set + Brassin 648029 AIM-9L Sidewinder: i due set in accoppiata includono tutti gli armamenti per l’AJ-107. Nel BigSin 64828 sono presenti gli AIM-9G/H non utilizzabili dato che gli abbattimenti avvennero grazie a due AIM-9L. A conti fatti sconsiglio l’acquisto di questi prodotti, spiegherò il motivo in un capitolo a parte.
- Quickboost 48831 Tail Reinforcement Plates: le piastre di rinforzo sulle derive dei Tomcat furono installate a partire dal 1978 ed entro il 1981 quasi tutti gli esemplari ne erano provvisti. Il Fast Eagle 107 rientrava tra questi e devono, quindi, essere aggiunte al kit che rappresenta le derive “early.
- Eduard EX540 Express Mask: nella confezione la Tamiya già fornisce un set di mascherine adesive per i trasparenti che però, a differenza delle Eduard, devono essere ritagliate dal modellista.
- Eduard 49096 F-14A Fabric Seatbelts: le cinture di sicurezza in tessuto danno veramente una marcia in più ai seggiolini rispetto a quelle fotoincise incluse nel set Aires. Davvero consigliate!
- Furball F/D&S 4808: il foglio decal è di ottima qualità ma presenta degli errori che tratterò nel corso dell’articolo.
Cockpit:
Come scritto qualche riga sopra, l’abitacolo presenta una difficoltà tale nell’inserimento che merita un discorso a parte. Attualmente sul mercato esistono due accessori dedicati: quello oggetto di questo capitolo e il Brassin. Il secondo è basato sulle vasche da scatola e si innesta senza ulteriori adattamenti nelle fusoliere, ma è meno dettagliato e soprattutto non fornisce la struttura interna del canopy che la Aires ha rappresentato in maniera davvero eccellente! Posso tranquillamente affermare che la mia scelta è stata quasi del tutto influenzata dalla presenza di questo elemento.
Le operazioni di adattamento hanno avuto inizio con l’asportazione dei riscontri originali e l’assottigliamento della plastica dove indicato dalle frecce azzurre. Munitevi di una buona mascherina e di tantissima pazienza perché sarà necessario eliminare molto materiale in eccesso.
In particolare devono essere ridotti gli spessori degli scassi per i predellini di salita altrimenti la fusoliera viene sottoposta ad una pressione laterale eccessiva da parte dell’abitacolo.
La vasca originale poggia sul complesso del pozzetto carrello anteriore che, in pratica, funge anche da perno di riscontro per l’intero abitacolo. Nel tentativo di recuperare quanti più decimi di millimetro possibili in altezza ho dovuto limare le zone indicate in foto. Ho anche asportato i due perni centrali poichè interferivano con il blocco Aires; in ogni caso, ai fini dell’allineamento questi non risultano fondamentali (al contrario degli altri).
Dopo aver trattato la plastica sono passato alla resina iniziando a ridurre l’altezza della vasca che, come scritto sopra, è un blocco unico. Dalla sua base alla piastra del cannone del seggiolino eiettabile del pilota deve misurare al massimo 1,65 cm per poter entrare correttamente nel proprio alloggiamento. Qualora si rimanesse al di sopra il cockpit risulterà troppo alto non permettendo alle paratie laterali e ai frame di battuta del canopy di incastrarsi a dovere. Ricordatevi che in questa fase è fondamentale eseguire decine e decine di prove a secco per controllare le dimensioni delle varie parti in gioco!
Purtroppo per raggiungere tale valore è inevitabile “bucare” il pavimento dell’abitacolo anteriore che è impreziosito da un bel dettaglio interno. Per non perderlo del tutto ho asportato la “sfoglia” di resina utilizzando un bisturi affilato prima che si frantumasse del tutto, poi l’ho incollata nuovamente su un supporto in Plasticard dopo aver terminato tutte le necessarie modifiche.
Le frecce in rosso indicano i punti in cui alla vasca è stata data una forma tondeggiante per conformarsi meglio alla fusoliera, quelle in giallo indicano degli scassi al cui interno possono incastrarsi i perni del pozzetto carrello.
A questo punto ho verniciato tutto con il Dark Compass Ghost F.S. 36320, Gunze H-307; è d’obbligo precisare che l’abitacolo dell’F-14 era in grigio F.S. 36231 ma tra lavaggi e invecchiamento il tono utilizzato è comunque convincente. Le consolle laterali sono in nero Vallejo a pennello, i vari pulsanti il Silver Grey Vallejo più qualche elemento in rosso e giallo (pochi e sempre in accordo con la documentazione).
Sulla vernice non protetta ho eseguito il classico “washing” con un grigio abbastanza scuro ad olio (mix di Bianco di Marte e Nero Avorio Maimeri); sulla paratia laterale sinistra, anteriormente, era presente una sacca porta documenti che ho verniciato in Olive Drab Vallejo. Alla fine ho protetto con una mano abbondante di Flat Clear H-20 Gunze diluito con la nitro al 70%.
I tanti dettagli dell’abitacolo sono stati messi in evidenza con la tecnica del dry brush che personalmente eseguo sempre con colori ad olio puri prelevati direttamente dal tubetto (il pennello deve essere molto scarico durante l’esecuzione). Sulla strumentazione ho usato un grigio medio mentre sul resto della vasca ho preferito direttamente il sopracitato bianco.
Inoltre ho eseguito una profilatura con nero Vallejo molto diluito lungo le incisioni che simulano lo stacco dei vari pannelli sulle consolle laterali. Per l’operazione ho sfruttato la punta sottile di un pennello doppio zero, la tecnica ha contribuito a dare maggiore profondità e definizione a tutta la vasca.
La palpebra del cruscotto del pilota è leggermente più corta del previsto e lascia intravedere un antiestetico vuoto dopo aver montato il parabrezza, per tale motivo l’ho allungata di quel tanto che basta utilizzando la pasta bi-componente Magic Sculpt. Una volta asciutta l’ho modellata e carteggiata per farla sembrare il naturale prolungamento del pezzo.
Rimanendo sulle palpebre, quelle dei primi Tomcat erano ricoperte, in gran parte, da teli scuri fatti di un materiale simile alla pelle che nascondevano i cablaggi della strumentazione; le “coperte” erano molto soggette all’azione del sole e, soprattutto, della salsedine che le scoloriva facendole tendere al verde violaceo già dopo pochi mesi. A seguito di svariate prove con i vinilici Vallejo ho trovato la mescola indicata qui sotto:
Il colore è stato successivamente trattato con dei washing abbastanza pesanti in Bruno Van Dyck e, per concludere, ho eseguito il dry brush ad olio con ocra gialla, bianco e grigio, aggiungendo altri lavaggi selettivi in nero solo nelle pieghe per aumentarne la profondità.
I seggiolini Aires mantengono la bellezza del resto dell’abitacolo e sono già buoni come forniti dal produttore; giusto il posteriore assume una posizione poco corretta una volta infilato nella vasca poiché rimane troppo staccato dalla struttura e dal tubo del cannone che contiene la carica esplosiva. Per ovviare al piccolo inconveniente ho scavato la resina nel punto indicato dalla foto per farlo aderire meglio alla paratia del cockpit.
Come anticipato le cinture fotoincise sono state scartate e sostituite con quelle in tessuto. Le cinghie dei GRU-7A avevano un andamento molto particolare e complicato da riprodurre con le PE (photoetch) che sono rigide e difficili da plasmare.
Le Eduard sono pre colorate e hanno una tonalità davvero poco realistica, per cui ho deciso di sovra verniciarle con l’H-307 Gunze e sigillarle con una leggera mano di trasparente lucido; esso è propedeutico per eseguire il lavaggio e mettere di nuovo in risalto la trama e le cuciture già stampate sopra. Il materiale con cui sono fatte è un elastomero tagliato al laser che reagisce facilmente a contatto con colle e solventi (tende ad arricciarsi), per questo è necessario proteggerle per evitare che si rovinino.
L’installazione di queste cinture è un procedimento che può mettere in serio pericolo la stabilità mentale di qualsiasi modellista! Personalmente ho fissato i seggiolini su dei supporti utilizzando una pallina di Patafix, poi ho incollato un’estremità della cinta in posizione utilizzando solo un velo di cianoacrilica; a questo punto utilizzando due pinzette, una per ogni mano, ho lavorato e piegato le varie sezioni per fargli assumere la forma voluta… un lavoro che fa sudare le proverbiali sette camicie. Non ho seguito pedissequamente le istruzioni perché alcuni passaggi sono complicati ed inutili da riprodurre, in definitiva è meglio far riferimento alle immagini dei sedili reali per farsi un’idea più chiara.
Tutte le tinte indicate sono Vallejo e alcune le ho ottenute mixando varie boccette. Perdonatemi se non vi fornisco le percentuali precise ma, in questo caso, ho sperimentato in corso d’opera aggiungendo volta per volta i pigmenti per ottenere il risultato più veritiero. In ogni caso ho segnalato i colori di base.
Ovviamente ho variato i toni eseguendo dei lavaggi mirati (ad olio, con toni terrosi) che hanno portato al risultato finale. Anche il dry brush, eseguito con colori ad olio grigio (sul nero), verde vescica e ocra gialla (sui cuscini), ha fatto in modo che i seggiolini acquistassero volume e dettaglio.
L’ultimo upgrade eseguito sul cockpit ha riguardato il proiettore dell’Head Up Display (sugli F-14A i parametri erano riflessi direttamente sul blindovetro del parabrezza). La lente l’ho simulata fustellando un tondino da quello che gli anglosassoni chiamano “confetto”; il termine è molto lontano da quello che utilizziamo correntemente noi… Non si mangiano, bensì sono dei coriandoli di plastica rivestiti di una pellicola iridescente che cambia colore a seconda di come viene colpita dalla luce.
Simulano perfettamente l’effetto prismatico dell’HUD e fa davvero un bell’effetto (grazie all’amico Fulvio del forum di Modeling Time per il suggerimento).
Montaggio:
Inutile sottolineare come lo stampo Tamiya sia un capolavoro di ingegneria tale che i vari pezzi si montano senza necessitare del minimo uso di stucco, ma al mondo nulla è perfetto e alcune fasi della costruzione necessitano di qualche cura in più.
Per chiudere il troncone di coda bisogna necessariamente prima completare le grandi prese d’aria la cui scomposizione è molto logica. Il condotto interno è diviso in due parti che combaciano quasi alla perfezione; personalmente le ho incollate con abbondanti spennellate di Tappo Verde che ha creato un piccolo cordolo di plastica lungo la giunzione interna. Una volta asciutta l’ho carteggiata con tamponi abrasivi da 600 fino alla 4000 per eliminare tutte le fessure.
I colori utilizzati sono il Mr. Paint MRP-98 (36440) per la parte iniziale, per la parte finale ho utilizzato un Off White aggiungendo qualche goccia di Nato Black al Flat White Tamiya. Ho anche approfittato per mascherare il labbro anti ghiaccio e stendere una prima mano di White Aluminium Alclad. Lo stesso metallizzato l’ho usato anche sulle ventole di bassa pressione. Sulle palette, anche se saranno poco visibili a modello ultimato, ho eseguito un lavaggio in grigio scuro ad olio.
K15 e K14 sono una sezione delle gondole motore e vanno aggiunte per completarla in lunghezza; sono due rari casi in cui i pezzi faticano a rimanere in sagoma e per evitare carteggiature invasive (nella zona sono presenti tantissime pannellature che possono deteriorarsi) ho preferito assottigliarne il bordo interno e risolvere agevolmente il problema. Le piccole fessure le ho riempite col Magic Sculpt che, tra l’altro, ha quasi lo stesso colore dello stirene Tamiya.
Rimanendo in questa zona quella contrassegnata è una fastidiosa linea di stampo, presente su entrambe i lati, che è quasi invisibile ad occhio nudo… ma ben riconoscibile sotto il primo strato di vernice. Non dimenticate di eliminarle con una leggera carteggiata prima di passare oltre.
Alcuni pezzi dello stampo sono in comune con l’ultima scatola uscita, quella dedicata alla variante D, quindi ricordatevi di eliminare questa porzione di plastica dalla semi fusoliera superiore e inferiore. Il labbro evidenziato dalla foto era presente solo sui D a seguito della sostituzione dei vecchi Pratt & Whitney TF-30 con i più moderni General Electric F-110.
A proposito di motori, l’adattamento di quelli in resina ha richiesto circa un’ora di lavoro:
Il jet pipe si deve infilare all’interno dei pezzi K8 e K9 del kit e per fare ciò bisogna ridurre la circonferenza del tubo in resina di qualche decimo di millimetro. Allo stesso modo è utile eliminare i riscontri dall’anello in plastica ed assottigliarne lo spessore interno:
Dalla fusoliera vanno fresati i riscontri contrassegnati dalle frecce in blu:
Per ciò che riguarda la verniciatura, l’interno ceramico è in bianco opaco Tamiya; a seguire ho riprodotto le striature dei gas combusti che si possono riscontrare in tantissime foto stendendo prima il Deck Tan XF-55 Tamiya e dopo, sopra di esso, del nero opaco. Un lavaggio ad olio in Bruno Van Dyck molto scurito e delle passate di pigmento Tamiya “Snow” hanno amalgamato le scie.
Studiando i tanti walkaround e libri disponibili sul Tomcat ho notato che la Tamiya ha rappresentato i pallet dei missili Phoenix in maniera non del tutto realistica chiudendone completamente il retro. Nella realtà sono così:
Non volendo lasciare i pezzi incompleti mi sono armato di righello e calibro ed ho messo in funzione il mio plotter da taglio:
Dopo aver disegnato da zero il fondo dei rail ho tagliato la nuova paratia su del Plasticard da 0,1 mm di spessore. Ho aggiunto anche i connettori mediante un pezzo di tubicino d’ottone da 0,4 mm.
A mio avviso la zona meno curata del modello è quella del carapace. Dopo le prime prove a secco mi sono reso conto che esso era troppo distanziato dall’ala:
Sul velivolo vero era così:
Come primo passo ho segato ed asportato, lavorando dall’esterno, il grande supporto evidenziato dalla freccia:
Poi è arrivata la fase più critica dove ho scaldato la plastica con un asciuga capelli e, mediante una pinza a becchi piatti, ho forzato il lembo verso il basso così da fargli chiudere maggiormente la fessura e arrivare quasi a battuta sull’ala. La freccia indica i segni bianchi dello stirene che si è dilatato… fa una certa impressione vederli ma se ponete la giusta attenzione utilizzando poco calore per volta il dettaglio di superficie non viene intaccato.
Passo ora alle derive: dalle prime prove a secco ho riscontrato un eccessivo spessore dei pezzi D23 e D24 che creano un anti estetico scalino rispetto ai corrispondenti D21 e D22; per questo ho raschiato via un po’ di stirene dalla faccia interna ottenendo, infine, un allineamento pressoché perfetto.
Come detto l’F-14A Bureau Number 160390 era già dotato di piastre di rinforzo sulla sommità degli impennaggi (al contrario del 160403, coprotagonista dell’abbattimento, che non era ancora stato oggetto di retrofit). Per installare il set Quickboost è necessario eliminare, con estrema attenzione e con un bisturi affilato, tutti i rinforzi già stampati dalla Tamiya:
A seguire ho reinciso le pannellature perse e applicato le nuove “stiffner plate” in resina e fotoincisione; le ho assottigliate per quanto possibile in modo da farle sembrare più in scala e, per fortuna, a verniciatura ultimata la loro altezza non è poi così evidente.
I pozzetti carrello del kit hanno un buon dettaglio delle centine e dei componenti basici, ma ovviamente sono carenti di tutte le tubazioni idrauliche, i collegamenti elettrici ed alcuni accumulatori di pressione. Per riprodurli ho utilizzato sprue stirato a caldo, rame, stagno dai vari set della PlusModel (in particolare quello misura 0,2 mm) e alcuni componenti di microelettronica che sono utilissimi in queste situazioni.
Gli stessi materiali li ho impiegati anche per dettagliare le gambe di forza dei carrelli. Su quello anteriore, in particolare, ho aggiunto i bulloni che fissano il compasso anti torsione che ho ricostruito con due tubicini di ottone infilati l’uno dentro l’altro.
Sempre sul compasso, guardando le foto dei velivoli reali, ho notato uno smorzatore dinamico che probabilmente ne regolava l’escursione quando lo stelo idraulico dell’ammortizzatore veniva scaricato per il lancio dalla catapulta. L’ho auto costruito sfruttando una sezione di corda di chitarra, più precisamente il RE con scalatura 8/38.
La struttura interna del canopy è l’elemento più bello e significativo del set Aires, ma è comunque migliorabile! guardando le foto dell’originale, infatti, si notano i tubi del sistema “demister” (anti appannamento) correre lungo i frame laterali:
I posteriori li ho realizzati con dello sprue filato a caldo, gli anteriori (con delle forme più elaborate) con del filo di rame. Tutti sono stati incollati con ciano-acrilica.
Uno dei passaggi più delicati di questa fase è senza dubbio il montaggio delle fotoincisioni che dettagliano i frame verticali interni del canopy (forniti in fotoincisione e molto belli da vedere). Per renderle più malleabili e conformarle con più facilità le ho scaldate sulla fiamma di un accendino poi, con pazienza e cautela, le ho applicate in posizione utilizzando delle micro gocce, anche in questo caso, di ciano-acrilica.
Non dimenticate, inoltre, di eliminare la linea di stampo presente al centro del tettuccio. Il metodo utilizzato lo potete vedere in questo VIDEO TUTORIAL.
Gli elementi che permettevano la salita dell’equipaggio nel cockpit sono stati elaborati. La scaletta originale, in particolare, è stata del tutto sostituita con quella della Kokopelli Scale Design che è un piccolo gioiello stampato con la tecnica della modellazione 3D. Ha molti dettagli e degli spessori perfettamente in scala, di contro ha un costo decisamente elevato per un accessorio di così ridotte dimensioni. All’interno dell’alloggiamento ho aggiunto un tubolare di rinforzo con una sezione di Plastirod tondo da 0,5 mm e alcuni cavi elettrici ricavati dal filo di stagno da 0,2 della Plus Model.
Nei vani dei predellini, in cui la Tamiya non ha aggiunto nessun particolare, erano installate delle piastre di rinforzo rivettate alla struttura; se si lasciano aperti, questi elementi risultano molto visibili e per tale motivo non potevo non aggiungerli.
Le piastre le ho disegnate mediante il programma grafico del plotter da taglio e, a seguire, sono state tagliate su di un foglio di nastro Kabuki che ha il giusto spessore e già adesivo.
Dopo averle trasferite sulla plastica nuda ho steso una mano di Mr. Finishing Surface 1500 White della Gunze, che è già bianco come il colore finale delle baie, ho applicato i Surface Details #14 della Archer (codice prodotto 88014). Questi sono dei rivetti in positivo di plastica fissati su di un film trasparente che si utilizzano come una decalcomania e si fissano mediante il Mr. Mark Softer della Gunze. Li ho aggiunti anche all’interno del portellone della scaletta in accordo con le immagini contenute nel volume “Uncovering the F-14 Tomcat” della DACO.
Ovviamente ho modificato anche i predellini stessi che da scatola sono davvero poco realistici. Nella foto sopra a sinistra il Tamiya, a destra lo stesso dopo la modifica.
In pratica ho riprodotto le cerniere di blocco forando la plastica (non sono perfettamente fedeli ma il ridotto spazio a disposizione non permetteva di più) e ho aggiunto la “skin” esterna del velivolo, che si vede chiaramente nelle foto degli esemplari veri, incollando i pezzi originali su d’un foglietto in fotoincisione ricavato dalle cornici di un vecchio set Eduard.
Il rivestimento anti skid è realizzato con uno strato di Mr.Surfacer 1000 “picchiettato” con un pennello a setole piatte e dure mentre asciugava.
II parabrezza di questo modello è studiato in maniera molto intelligente e sul modello da scatola si incastrerebbe alla perfezione senza necessità di stucco. Nel mio caso, però, il cockpit Aires ha spostato un po’ le geometrie di questa zona ed è stato necessario riempire qualche piccola fessura con la cianoacrilica e carteggiare il tutto. L’operazione è stata abbastanza delicata a causa della gran quantità di rivetti e pannellature riprodotti sulla superficie.
In ogni caso prima di montare il windshield ho verniciato il blindovetro centrale con l’Armored Glass della Alclad steso puro e direttamente sulla superficie interna constatando che la tonalità di verde è perfetta per i Tomcat; inoltre ho aggiunto due supporti in Plasticard su cui, nel finale, ho incollato una maniglia fotoincisa (fornita alla Aires) che il pilota poteva utilizzare per uscire dall’abitacolo.
Con il montaggio quasi concluso mi sono dedicato alle rifiniture aggiungendo, dapprima, i tamponi anti sdrucciolo della CrossDelta di cui ho parlato all’inizio del testo. La loro applicazione può sembrare complicata ma con un piccolo accorgimento si bypassa la difficoltà: il mio consiglio è quello di far aderire bene le parti al rivestimento trasparente che le ricopre e, solo dopo, staccarle dal supporto inferiore. Così facendo rimarranno correttamente distanziate e potranno essere trasferite sul modello facendo comunque attenzione al corretto allineamento (personalmente mi sono regolato con le pannellature già presenti).
Un elemento poco visibile, ma su cui ho deciso di mettere comunque mano, è il gancio d’arresto… quello reale segue:
Questo, invece, il Tamiya da scatola molto semplificato:
In verde: Ho riprodotto il martinetto idraulico che permette al gancio di estendersi; è fatto di due tubicini della Albion Alloy (quello più grande da 0,5 mm, il più piccolo da 0,4) infilati l’uno dentro l’altro.
In rosso: Con un’altra piccola sezione del tubicino da 0,5mm ho realizzato il perno di fissaggio del gancio.
In giallo: Dopo aver eliminato parte della plastica del kit per “liberare” il perno di supporto del gancio ho aggiunto, utilizzando una strisciolina recuperata dal telaio di una fotoincisione, la staffa che lo collega al martinetto per l’estensione.
Già che ero all’opera ho anche aperto lo sfiato evidenziato dalla freccia in blu scavando la plastica con una fresa montata sul mio fidato trapanino elettrico, poi ho rifinito i bordi con un bisturi affilato.
Col senno di poi l’utilizzo dell’Alpha Probe Hobby Decal non è stata la scelta migliore poiché il set è ideato su base Hasegawa e il suo montaggio non è stato dei più facili (il diametro della base è decisamente più largo rispetto alla sede del kit Tamiya). In ogni caso l’adattamento è fattibile ancorché abbastanza difficoltoso.
La freccia blu indica un invito che ho ricreato con una sezione di ago da insulina e che è servito ad alloggiare, a modello ultimato, la così detta “YAW STRING”:
Di fatto questo cordino non era altro che una rappresentazione immediata di quanto l’assetto del velivolo fosse sbandato; un virosbandometro molto empirico che, essendo montato proprio davanti il parabrezza, permetteva al pilota di capire immediatamente se l’aeroplano fosse correttamente allineato senza abbassare lo sguardo sul cruscotto per controllare lo strumento. La lunghezza del cordino variava molto e dipendeva anche dal grado di usura perchè, col flusso dell’aria, si sfilacciava e rovinava accorciandosi progressivamente. Personalmente l’ho riprodotto prelevando alcune fibre da un filo di cotone per cucito che ho poi “ricomposto” fissandole assieme con una spennellata di Flat Clear.
Gli armamenti:
Gli armamenti hanno richiesto davvero molte ore di lavorazione e meritano un capitolo a parte nell’articolo.
Prima di addentrarmi nell’argomento è utile parlare della configurazione utilizzata dal Fast Eagle 107 il 19 agosto del 1981, che era composta da due AIM-54A Phoenix agganciati sotto i pallet anteriori, due AIM-7E sotto i piloni alari e un solo AIM-9L sulla rotaia sinistra (Station 1A). La particolarità del Sidewinder l’ho trovata molto interessante da riprodurre in scala: durante il periodo in cui l’AJ-107 si rese protagonista del famoso episodio, infatti, la Station 8A (quella di destra) era fuori uso perché guasta e inutilizzabile. Essendo i carichi esterni un elemento importante di questa “storia” avevo deciso di scartare quelli contenuti nel kit e rivolgermi alla Brassin con il suo set “Big Sin” in resina. Appena li ho tirati fuori dalla confezione ho subito avuto dei dubbi sulla corretta lunghezza dei Phoenix:
Quindi, calibro alla mano, ho iniziato a misurare i missili aftermarket scoprendo che TUTTI presentavano grossi problemi di dimensioni: le copie in resina sono più corte di quasi 4 mm rispetto ai reali che misurano 13 piedi/3.9 metri (8,125mm in scala 1/48). I Brassin si attestano su 7,8mm e confrontati con quelli originali Tamiya, che sono perfetti nelle misure (nel vero senso della parola), risultano davvero corti.
Ho contattato il customer care Eduard spiegando il problema e, gentilmente, mi è stato inviato un nuovo set (codice 648097); misurato nuovamente col calibro anche questo aveva errori dimensionali anche se più contenuti (i missili sono più corti di 3mm anziché 4mm).
Per scrupolo di coscienza sotto la lente sono finiti gli Sparrow e i Sidewinder scoprendo che anche loro non sono esenti da difetti, purtroppo.
In definitiva ho deciso di scartare gli AIM-7 e 9 preferendo quelli da scatola che, con pochissime migliorie, fanno davvero una bella figura. Per i Phoenix, invece, ho optato per la via più complicata ma che mi ha permesso di ottenere il miglior rapporto tra dettaglio e fedeltà delle forme (indubbiamente gli AIM-54A della Brassin hanno più particolari già stampati). Tutto il procedimento è spiegato in questo video:
Le rotaie originali Tamiya non sono all’altezza della qualità dello stampo, lisce e senza alcun dettaglio. Dato che una station rimarrà vuota diventa ancora più importante aggiungere particolari, per questo le ho sostituite entrambe con quelle del set Brassin dedicato agli AIM-9 L/M. Per montarle ho dovuto eliminare le originali in plastica che sono solidali al travetto e per garantire un corretto allineamento ho aggiunto due pin in ottone sul pezzo in resina.
Verniciatura e Weathering:
La fase più divertente di tutta la costruzione si è aperta con la zona degli scarichi, verniciata in Alclad Steel steso direttamente sulla plastica e qualche velatura di Transparent Smoke della stessa marca per creare dei riflessi e scurire ulteriormente la tonalità.
Successivamente è stata la volta della tecnica del pre shading, eseguita lungo le pannellature utilizzando il nero opaco della Tamiya molto diluito (almeno al 90% con la Nitro) e pressione bassa (0,6 bar circa). Al centro di tutti i pannelli ho steso il bianco opaco della stessa marca per schiarire la successiva tinta di base.
Inoltre, per iniziare un abbozzo di invecchiamento, su alcuni punti concentrati soprattutto sul dorso e sotto le gondole motore, ho aggiunto alcuni spot di Olive Drab e di Dark Tan Gunze che simulano benissimo colature di liquidi idraulici, lubrificanti e sporcizia in genere.
Il Fast Eagle 107 era completamente verniciato il Light Gull Grey F.S. 36440 per cui, inizialmente, avevo programmato di utilizzare il Mr. Paint 098. Queste lacche danno delle ottime finiture e sono molto semplici da usare ma era la prima volta che le testavo su livree con effetti molto spinti dove si gioca con trasparenze e velature sottilissime di colore. Ebbene dopo alcune prove ho riscontrato che il pigmento è molto sensibile al fondo e coprendo il pre shading lascia degli anti estetici aloni. Le superfici non sono lisce e setose a meno che lo strato che si stende non è corposo e uniforme, in più diluendo ulteriormente il colore (con Nitro o Mr. Leveling Thinner) questo inizia a perdere le proprietà diventando quasi trasparente (come quando si aggiunge del “blender” nella miscela). La prova l’ho fatta sui piani di coda sapendo che, mal che andasse, avrei avuto la possibilità di sverniciare e ricominciare da capo.
Alla fine ho tirato fuori i soliti e fidatissimi Gunze e ho passato l’H-325 sull’altra superficie di governo; come al solito non mi ha deluso, diluito al 90% con la nitro e steso con velature leggerissime in poco tempo ho coperto il pre shading lasciando trasparire l’effetto che volevo! Questi colori sono sempre una garanzia.
Avevo solo qualche dubbio circa l’esatta tonalità della vernice perché, notoriamente, tende ad essere un pò troppo nocciola. Invece sul fondo chiaro e con la mazzetta del Federal Standard alla mano ho potuto costatare che la tinta è pressoché corretta e che è praticamente identica a quella Mr. Paint.
Ad essere del tutto sinceri il Gunze è leggermente più chiaro, e forse lo si riesce a percepire anche dalla foto sopra, ma l’ho comunque preferito come base di partenza per giocare ancora di più con il weathering.
A proposito di weathering la prima fase, molto leggera, è iniziata schiarendo il Gunze H-325 di base con del bianco (circa 50% e 50%). Il post shading è stato realizzato in maniera molto randomica creando dei “ricci” di vernice che ho collegato cercando di non avere uno schema preciso. In prossimità dei predellini di salita del cockpit, sulle derive e nella zona del dorso ivi compresa ho aggiunto qualche nuovo spot di Olive Drab (diluito sempre con la nitro al 90%) per far riaffiorare nuovamente qualche traccia di sporco più scura.
Stesso trattamento riservato anche alle superfici inferiori, ma sulle gondole motore ho calcato un pò più la mano in modo che l’effetto rimanesse più visibile.
Per ciò che riguarda i lanciatori Chaff & Flare sotto la così detta “beaver tail”, il telaio è in Magnesium Alclad, l’interno è in nero opaco Tamiya ad eccezione di una porzione in Flat Red (essa è ben documentata in varie foto e probabilmente conteneva cartucce con diverso esplosivo).
Dopo aver lucidato il modello con almeno quattro mani di trasparente lucido X-22 Tamiya diluito col Leveling Thinner Gunze (aiuta a stendere il clear soprattutto quando le temperature ambientali sono elevate) ho proseguito con i lavaggi; a tale scopo ho utilizzato i classici colori ad olio creando un grigio neutro (più o meno la stessa tinta del Neutral Grey Tamiya) partendo dal Bianco di Zinco e dal Nero Avorio. Sulla zona dei motori ho, invece, preferito il Bruno Van Dyck scurito con del nero.
Tutti i pigmenti sono stati diluiti con il thinner Humbrol ottenendo una consistenza simile alla crema per le mani.
Ho completato la verniciatura dei Phoenix, che esternamente sono completamente bianchi, aggiungendo lo Steel Aclad sull’anello dello scarico. Il tappo in vetro resina era in rosso scuro (sono partito dall’XF-7 Tamiya a cui ho aggiunto varie gocce di blu scuro Gunze H-326). Tra la testata e il corpo c’era un anello di raccordo lasciato in metallo naturale, l’ho rifatto con il Magnesium Alclad.
Questi invece gli Sparrow che hanno il corpo in bianco opaco (ho utilizzato il Mr. Base Primer 1500 White della Gunze diluito con la nitro) e la testata in Gunze H-308.
Qui l’unico Sidewinder.
Piccola nota, il Tomcat oggetto di questo articolo aveva i rail LAU-7 ancora verniciati in bianco anziché grigio.
Decalcomanie:
Anche le decalcomanie meritano un capitolo dedicato a causa di alcune incongruenze riscontrate sul foglio Furball 4808, quello che ho utilizzato per riprodurre il mio Tomcat in scala.
È doveroso constatare che il prodotto della ditta americana ha una qualità del film eccellente; essendo stampate dalla Cartograf aderiscono bene, si conformano senza problemi e reagiscono correttamente ai liquidi ammorbidenti. I problemi saltano fuori quando si approfondisce la ricerca storica su questo famoso esemplare….
Stante la documentazione in mio possesso (in particolare le informazioni contenute nel Detail & Scale numero 9 e il Detail & Scale Colors & Markings of U. S. Navy F-14 Tomcat Part 1, Atlantic Coast Squadrons – 2018 Edition) l’aspetto e i kill marking dei due velivoli coinvolti nell’incidente del Golfo della Sirte sono cambiati più volte nel corso della loro vita operativa. Ufficialmente durante la crociera operativa del 1981 al Tenente Larry Muczynski e al Tenente James Anderson era assegnato il Tomcat con numero individuale (detto anche “modex”) 112 ma difficilmente gli equipaggi volavano con i loro aerei, bensì questi variavano spesso in base alle disponibilità manutentive. Per questo motivo i Tomcat del VF-41 non avevano i nomi dei naviganti verniciati sui frame dei canopy e anche il Tomcat 107 ne era sprovvisto il giorno dell’abbattimento. Il 19 agosto, subito dopo lo scontro aereo, la notizia si era già diffusa tra il personale della Nimitz e gli specialisti prepararono gli stencil con i nomi dei piloti e una sagoma raffigurante un SU-22 da aggiungere ai velivoli; quest’ultima fu verniciata solamente sul lato sinistro della fusoliera, sotto l’abitacolo anteriore, non appena rientrarono sulla portaerei.
Qualche tempo dopo Kleeman decise che le sagome del Fitter fosse più giusto spostarle sulle derive, sotto gli assi di picche, pertanto furono cancellate dalla posizione iniziale e riportate su entrambe gli impennaggi sotto i simboli del VF-41. Ad ogni modo i kill marking cambiarono posizione almeno per altre tre volte negli anni successivi passando nuovamente sotto l’abitacolo (ma sia sul lato sinistro, sia sul destro). Nel 1980 i Black Aces furono insigniti del Clifton Award (un riconoscimento in memoria dell’Ammiraglio Joseph C. Clifton consegnato annualmente allo Squadron della US Navy che più si è distinto per merito), della “Combat E” (un riconoscimento delle unità di marina che producono la massima efficienza in base ai rispettivi compiti e assegnata a seguito di una valutazione lunga un anno) e alla “Safety S” (un premio assegnato ad uno Squadron per ogni gruppo navale – East Coast e West Coast – per il rateo più basso di incidenti di volo/terra occorsi durante l’anno) e per questo motivo i Fitter furono di nuovo verniciati sulle derive. Nel 1984 il Bu. No 160390 era ancora assegnato al VF-41 e sfoggiava il Fitter nuovamente collocato sotto il canopy, ultima sua posizione conosciuta.
Successivamente il velivolo fu trasferito e assegnato al VF-213 Black Lions, precipitò il 25/10/1994 circa 50 miglia a largo di San Diego durante il tentativo di appontaggio sulla USS Abraham Lincoln con un motore in avaria. Il navigatore riuscì ad eiettarsi mentre il pilota, Kara Hultgreen – primo pilota donna combat ready sull’F-14, perì nel disastro. Il video dell’incidente è disponibile QUI.
Senza allargare troppo il discorso rischiando di diventare noioso, sin da subito il mio intento è stato quello di rappresentare il mio Tomcat in scala come fosse ripreso il giorno successivo alla battaglia. Studiando le utilissime foto presenti nei libri sopracitati mi sono reso conto che il foglio Furball ha delle mancanze. Partiamo da quelle facilmente risolvibili:
Le due frecce rosse mettono in evidenza il Buzz Number e lo stencil di attenzione circa i gas di scarico: confrontando la posizione sulle istruzioni rispetto a quella del velivolo reale salta subito all’occhio come la Furball suggerisca di applicarle nei punti non corretti, quindi fate attenzione quando aggiungerete le vostre!
La freccia gialla indica lo stencil del pannello anti incendio – altro piccolo particolare, in apparenza poco significativo, che al contrario ben visibile sia in scala sia sul vero F-14. All’epoca del passaggio dalla prima livrea grigio/bianca a quella “overall 36440” molti stencil di manutenzione cambiarono aspetto e colore; il pannello anti incendio del mio esemplare presentava il solo quadrato rosso esterno e la scritta “Fire Panel” al suo interno mentre la Furball lo propone con il quadrato e un cerchio che borda il pannello circolare, come si vede in foto qui sotto:
Con estrema pazienza e attenzione ho rifilato ed eliminato il cerchio rosso con un bisturi dalla lama affilata… ricomposto il quadrato sul modello e aggiunta la scritta al centro riportando lo stencil alle fattezze di quello originale. Un lavoro estremamente tedioso e ad alto rischio di possibili danni.
Correttamente sono forniti i Modex 107 con la foggia del numero “7” diversa tra il lato destro e sinistro, era una caratteristica del Fast Eagle 107 che viene anche portata all’attenzione in vari libri. Gli stencil “RESCUE”, che avevano il testo scritto in verticale (al contrario di quelli normalmente utilizzati), sono sostanzialmente a posto se non fosse che le frecce risultano un pò sottodimensionate (essendo il foglio dimensionato sul kit Hasegawa è possibile qualche piccola e accettabile differenza rispetto il Tamiya).
Un’altra seria mancanza sono alcuni piccoli, ma estremamente visibili, stencil applicati sopra la total temperature probe sotto il canopy a destra e sopra le pitot static probe su entrambi i lati; tali scritte non erano molto comuni sui Tomcat della Navy ma il 107 ne era provvisto tanto che nel Detail & Scale 9 c’è una foto che li immortala con chiarezza. Nel foglio Furball non c’è traccia di queste scritte e in altri prodotti, anche più vecchi e di altre marche, non esiste qualcosa di adattabile. Dopo svariate ricerche non ho potuto far altro che ordinare l’articolo Data & Stencil 48059 della stessa ditta dove essi sono correttamente forniti.
L’omissione più complicata da risolvere riguarda i portelloni del vano carrello anteriore che riportavano il nome del Plane Captain An Sugg verniciato su entrambi i lati; la Furball non li ha stampati costringendomi, grazie anche all’aiuto dell’amico Fulvio “Spillone” che ringrazio, a ricreare in casa delle decal mediante una stampante laser. Ovviamente lo spessore del supporto trasparente non è il massimo ma con varie passate di lucido sono riuscito a livellarlo e ad integrarlo quasi completamente al resto della verniciatura.
In definitiva, contrariamente a quanto indicato sul frontespizio delle istruzioni, l’accessorio della Furball permette di rappresentare i velivoli con l’araldica che avevano al momento del loro rientro sulla Naval Air Station di Oceana nel 1982, dopo la fine della crociera operativa. In quel dato frangente temporale al Fast Eagle 107 era stato, infatti, obliterato il nome sui portelloni. Volendo “fermare” il tempo al 19 agosto 1981 (modellisticamente parlando) sarà necessario eseguire tutte le integrazioni riportate qui sopra.
Ultimi dettagli:
Con la costruzione oramai agli sgoccioli mi sono dedicato agli ultimi dettagli.
I pozzetti, precedentemente verniciati in bianco utilizzando il Mr.finishing Surfacer 1500 White della Gunze, hanno ricevuto il solito lavaggio ad olio (in grigio) per aumentarne la profondità e i dettagli. Tubazioni e cavi sono stati verniciati con colori vinilici Vallejo.
I bordi rossi di pericolo che corrono intorno ai portelli delle wheel bay, sulla scaletta e sui predellini di salita agli abitacoli li ho riprodotti utilizzando il Gundam Marker rosso della Gunze ed il metodo è molto comodo perché fa risparmiare un bel pò di mascherature. Di fatto il pennarello è una specie di Uniposca quindi non sopporta granché bene i solventi (sia nitro, sia alcool), per questo quando stendete il trasparente lucido non esagerate con mani troppo corpose altrimenti rischiate di sciogliere lo strato di pigmento che inevitabilmente colerà dove non deve. È l’unico inconveniente di un prodotto altrimenti molto comodo da usare!
Per ultimo ho incollato le varie antenne, i pezzi restanti già preparati e pronti, e gli scarichi in resina della Aires rappresentati uno chiuso (il sinistro) e uno aperto (il destro). Li ho verniciati con una base di Steel Alclad e successive velature di Pale Burnt Metal Alclad solo sul primo anello; un dry brush in grigio chiaro ha poi fatto il resto.
Le gambe di forza dei carrelli si sono incastrate senza il minimo uso di colla e, nonostante questo, sono solide e inamovibili… segno che l’ingegnerizzazione di questo stampo è davvero ben fatta. Discorso simile anche per i portelli e i piloni che rimarrebbero in posizione già da soli ma ho preferito applicare piccole gocce di Vinavil perché le parti sono più esposte e soggette a possibili urti.
Conclusioni:
Volete divertirvi montando un F-14? Comprate questo kit. Volete avere un’ottima base di partenza per dettagliare ancor di più un modello già bellissimo da scatola? Comprate questo kit.
In definitiva…. comprate questo kit!
Uno stampo davvero ben fatto, preciso e con soluzioni comode ed innovative. Ci sono dei punti migliorabili che ho cercato di elencare e spiegarvi in questo articolo, con poco impegno si riesce ad ottenere un risultato finale davvero bello.
La parte storica, senza dubbio, ha occupato un posto di rilievo in questo progetto. Mi piace partire da un avvenimento e riportarlo poi in scala, la mia idea di modellismo si rifà soprattutto a questo principio: mettere un pezzo di storia in vetrina. E questo Tomcat, è proprio il caso di dirlo, la storia l’ha fatta sul serio!
Al prossimo articolo, buon modellismo a tutti!
Valerio – Starfighter84 – D’Amadio.
notevole
Lavoro fantastico, mi vien voglia di intraprendere anch’io tale avventura. Un solo dubbio sull’Aires 4715 Cockpit Set, se è dedicato al Tomcat della Tamiya perché tutto quel lavoro per adattarlo?
Ciao Silvano,
il 95% dei cockpit Aires necessita di importanti adattamenti per essere inseriti nelle fusoliere, anche se sono creati sulla base del kit stesso.
Ma comunque questo principio è valido anche per altri produttori di aftermarket in resina… non è un problema solo della Aires.
Un saluto! Valerio.
[…] stesso. Purtroppo questo inconveniente l’ho riscontrato anche in altri set della stessa marca (click QUI per un altro esempio) e, evidentemente, gli articoli interessati dal problema sono […]
È semplicemente perfetto,proprio quello che volevo,un F-14 Tomcat super dettagliato,finalmente l’ho trovato,bravissimo,ma come si fa a comprare che non mi compare nulla per poterlo comprare?
Ciao Alessio, e grazie per gli apprezzamenti.
Il modello non è in vendita.
Un saluto.