sabato, Luglio 27, 2024

Douglas C-54D Skymaster dal kit Revell in scala 1/72.

Il C-54D nasce come versione militare del quadrimotore civile DC-4 e fu sviluppato a partire dal 1943 come un monoplano ad ala bassa con fusoliera a sezione circolare dalla struttura interamente metallica, fatta eccezione delle superfici mobili quali timone, alettoni e equilibratori in tela. Le gondole dei motori ospitavano quattro Pratt & Whitney R-2000, radiali  a 14 cilindri, disposti in doppia stella, che azionavano eliche tripala Hamilton Standard a passo variabile. Le due più vicine alla fusoliera ospitavano l’elemento posteriore del carrello d’atterraggio che era del tipo triciclo anteriore.

Lo Skymaster fu concepito come velivolo da trasporto medio-pesante subito dopo l’attacco di Pearl Harbor quando per necessità l’US War Department fu costretto a requisire i primi 34 velivoli civili prodotti dalla Douglas. Di fatto la variante passeggeri denominata DC-4 fu introdotta solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

La sua carriera lo vide operativo su tutti i fronti del conflitto; fu, inoltre, utilizzato come aereo personale dal Presidente degli Stati Uniti Roosevelt e dal primo ministro inglese Winston Churchill. Dopo la WW2 oltre 300 dei velivoli rimasti nei reparti furono richiamati dai vari teatri per prendere parte al ponte aereo di Berlino del 1948.

Montaggio:

Ho iniziato la costruzione staccando dagli sprue e pulendo da piccole sbavature i numerosissimi pezzi che compongono gli interni di questo grosso quadrimotore. Ci vuole un po’ di pazienza considerando che tutti gli elementi in foto quali i sedili, il quadro strumenti, cloche, paratie e gruppi radio sono composti a loro volta da almeno 4/5 parti ciascuno.F

In questa prima fase ho steso i colori di fondo: Interior Green H-58 Gunze per le pareti della fusoliera, Neutral Grey XF-53 Tamiya per il pavimento della cabina di pilotaggio e della zona cargo. Le panche laterali sono in rosso Vallejo, stesso colore utilizzato anche sugli estintori nel vano radio. Con i vinilici ho anche completato i vari dettagli del cockpit e dei sedili per i piloti.   A seguire ho lucidato tutti i pezzi con il trasparente Mr.Paint che è facile da stendere ed asciuga già dopo mezz’ora.

Attesa l’asciugatura del Clear ho eseguito i lavaggi con i miei fidati colori ad olio, in particolare il Bruno Van Dyck sull’Interior Green e un grigio non troppo scuro sul Neutral Grey. Su alcune zone ho voluto insistere con un po’ di invecchiamento e texturizzazione mediante colori vinilici e spugnette per ricreare i segni di usura e del calpestio. Purtroppo una volta finito il modello di questi effetti si vedrà ben poco, anzi praticamente nulla.  F

Prima di chiudere le semi-fusoliere devono essere incollati tutti i trasparenti laterali; gli oblò sono stampati in un sol pezzo e risultano abbastanza complicati da incastrare correttamente, per questo vi consiglio di dividerli e fissarli uno ad uno singolarmente. Inoltre è bene ripulire con cura da piccoli residui di stampa tutti gli scassi in fusoliera per i finestrini (le bave di plastica, purtroppo, creano spessori indesiderati).

Quando unirete il cockpit al resto della cabina assicuratevi di non incollare le due pareti laterali del vano carrello anteriore, quelle indicate nella foto seguente dalla freccia. Le istruzioni suggeriscono di assemblarle subito al pavimento, ma possono essere aggiunte anche dopo l’unione della carlinga agevolandone l’allineamento.F

La Revell indica di inserire una zavorra di ben 70g per evitare che il modello si sieda sulla coda una volta terminato. A tal scopo c’è un grande spazio libero sotto il pavimento della cabina in prossimità delle cuccette e dell’operatore radio, sfruttatelo al massimo!

Personalmente, nonostante abbia riempito di pesi la zona, non sono riuscito a bilanciare il mio Skymaster…. più avanti nell’articolo vedrete.  

Passo, ora, alle ali: per poter realizzare i flap in posizione estesa è necessario eliminare una porzione della semi ala inferiore in corrispondenza dell’alloggiamento dell’ipersostentatore e inserire il pezzo supplementare che vedete in foto (numero D108 e D109 sulla stampata). Il taglio l’ho eseguito con un incisore sottile e molta attenzione ma, nonostante tutto, la morbidezza della plastica non ha agevolato l’operazione e ho dovuto rifinire il tutto con ciano acrilica usata come stucco.

Le griglie dei radiatori dell’olio vanno inserite in appositi alloggiamenti prima di incollare i propulsori. Il loro spessore è un po’ pronunciato e questo crea un’interferenza con i pezzi che rappresentano le paratie tagliafiamma.

Per evitare problemi vi consiglio di sagomare una piccola sezione della circonferenza con una lima a “mandorla”, come indicato nella foto, e ripetere la procedura sui quattro pezzi:

L’unione delle semi ali e relative gondole motori, all’apparenza semplice, si è rivelata abbastanza complessa a causa dell’alto numero di pannellature da reincidere dopo le necessarie stuccature e carteggiature delle giunzioni; del resto la livrea in Natural Metal finale non lascia scampo neanche alla più piccola imperfezione.

Ogni Pratt & Whitney è composto di otto parti, nove se si contano le eliche, dieci se si considerano le naca, undici se si mettono in conto anche i flabelli. Come avrete capito ci sono una marea di pezzi da pulire da bave di plastica.

Una parte davvero difficile da rifinire è il terminale dello scarico di ogni motore poiché di ridotte dimensioni; per agevolarmi il compito ho deciso di imperniare ogni tubo con un ago di siringa in modo da poterlo maneggiare con più facilità.

Ho deciso di aggiungere un solo (si fa per dire e capirete perché) dettaglio ai motori riproducendo i cavi delle candele. Essendo dei radiali a 14 cilindri erano provvisti di 28 cavi ciascuno che ho simulato con del filo di rame recuperato da un auricolare rotto, di diametro da 0.1 o 0.15 – sottile quasi quanto un capello e perfettamente in scala.

Realizzare i fori per inserire i 28 cavi non è stato fattibile per via del ridotto spazio a disposizione, per questo ho optato per forarne solo la metà e trovare un piccolo escamotage: ho tagliato un lungo filo di rame che ho piegato a metà facendo un piccolo cappio; ho inserito questa estremità nel foro passante dalla faccia frontale del cilindro e tirandola da dietro. Ho fermato il tutto con una goccia di ciano sul retro e, girando la stella, dall’altra parte mi sono trovato, di fatto, due capi di filo per ogni foro.  Non è fedele al 100% ma credo sia una soluzione più che onesta!

Vi do un secondo consiglio: la sequenza di montaggio dei Pratt & Whitney R2000-9 prevede un primo assemblaggio dei pezzi indicati con le frecce rosse che corrispondono:

1) Al secondo anello di cilindri.

2) Ai collettori di scarico di questo secondo anello.

Dopo alcune prove a secco da cui ho capito che allineare i pezzi secondo quanto suggerito dalle istruzioni è alquanto scomodo e dal risultato incerto, ho deciso di sovvertire la sequenza e di montare prima tutto il blocco dei cilindri (indicati dalle frecce in verde) e, solo dopo, aggiungere i collettori di scarico e le aste dei bilancieri (evidenziati dalle frecce in rosso). Il pezzo contrassegnato dalla freccia in giallo, che comprende le aste della stella frontale, i magneti e il mozzo dell’elica, è stato l’ultimo ad essere assemblato al resto dell’insieme.

Per ciò che riguarda la loro verniciatura ho dapprima applicato il Gunze Mr.Finishing Black 1500, poi ho steso su tutto l’Alclad White Aluminium.

Non sono un grande fan dei lavaggi pronti, l’unica eccezione che mi concedo è un panel liner nero della Mig che utilizzo quando non occorre la stessa qualità e modulazione che solo i colori ad olio riescono a dare. Il pigmento, purtroppo, non è stato trattenuto a dovere dai dettagli a causa della loro stampa poco definita, ma è comunque riuscito a dare profondità alle lamelle di raffreddamento dei cilindri e agli altri elementi.

A questo punto sono tornato ad occuparmi della fusoliera e, in particolar modo, del portellone di carico che è fornito separato (per essere rappresentato aperto) e, purtroppo, non brilla come qualità degli incastri. Ho dovuto impiegare molto stucco e tanta pazienza per raccordare al meglio il pezzo con conseguente, noiosa, operazione di reincisione delle pannellature andate perdute.

Per pareggiare i dislivelli è stato necessario, mio malgrado, eliminare anche le cerniere originali stampate. Le ho ripristinate in seguito ricreandole con del Plasticard.

Ad ogni modo se optate per chiudere il vano di carico rimuovete la sezione interna della cabina (in foto qui sotto), quella che riveste le pareti della fusoliera. Questo pezzo fa sì che il portello non si incastri a dovere nell’alloggiamento e lo spinge verso l’esterno vanificando qualsiasi tipo di allineamento.

Anche il muso forma un piccolo scalino rispetto al resto della fusoliera. Che ho ridotto carteggiando la superficie. Ancora una volta, ho dovuto ripristinare le pannellature che in questa zona sono abbastanza tediose da reincidere (a causa delle forme curve).

La strumentazione superiore del cockpit ha ricevuto un trattamento essenziale perché anch’essa praticamente non si vedrà. Il trasparente anteriore combacia bene con il resto della fusoliera ma non fate l’errore che ho fatto io di incollarlo con una quantità minima di collante perché, inevitabilmente, esso tenderà a cedere a seguito delle numerose compressioni e torsioni a cui viene sottoposta la fusoliera durante le varie fasi del montaggio.

I finestrini laterali del parabrezza, nella parte inferiore, hanno dei frame sottilissimi per cui prestate attenzione quando andrete a raccordarli con la carlinga: utilizzate uno stucco liquido ed evitate accuratamente di sporcare la parte interna con infiltrazioni non volute. 

L’unione delle ali alla fusoliera presenta un’altra criticità:

Passato il primo momento di sconforto ho iniziato a studiare un metodo per riempire le vistose fessure; osservando le foto del velivolo reale mi son reso conto del suo diedro alare molto accentuato. A questo punto ho incollato una striscia di nastro adesivo tendendo le tip delle semi ali verso l’alto e, contemporaneamente, ho passato sulla giunzione delle abbondanti spennellate di Tamiya Extra Thin Cement. Lasciato riposare il modello per una notte, ho eliminato lo scotch trovando le ali nella giusta posizione e il gap quasi del tutto riempito.  

Nella parte inferiore sono dovuto intervenire con un po’ di stucco come mostrato nella foto.

Giunto a questo punto, grazie alla segnalazione di un membro del nostro forum, ho constatato che le superfici di governo dello Skymaster erano tutte, tranne i flap, rivestite in tela. Ovviamente quelle del kit non sono corrette perché rappresentano delle superfici metalliche.

Per prima cosa ho stuccato tutte le pannellature stampate su di esse.

Poi, con dello sprue filato molto sottile, ho realizzato le centinature di rinforzo in rilievo basandomi sempre sulla documentazione in mio possesso.

Mediante una matita in fibra di vetro ho carteggiato e ridotto gli spessori di detti rinforzi cercando anche di integrarli nella superficie. Infine, come ultimo step, ho steso su tutti i pezzi un generoso strato di Mr.Surfacer 1000 della Gunze, stucco liquido, molto diluito per amalgamare tutti gli elementi aggiunti.

Onde evitare che anche i lettori incappino nel mio stesso errore, mi preme segnalare l’ennesimo errore riportato nelle istruzioni. Esse, infatti, non segnalano che alcuni oblò in fusoliera devono essere chiusi e stuccati come confermato anche dalle foto. Personalmente ho dovuto rimediare a verniciatura quasi ultimata e in una fase davvero delicatissima; con pazienza ed attenzione ho riempito i finestrini con colla cianacrilica e ho carteggiato con grane fino alla 6000 per livellare l’intera superficie. Per fortuna le generose mani di trasparente lucido e la grande stella americana che va posta sopra ha coperto eventuali imprecisioni.

La fase di costruzione si è conclusa dopo aver aggiunto gli ultimi pezzi sulle ali: gli attuatori dei flap (indicati dalle frecce in blu, molto fragili e che vanno preservati anche durante la verniciatura). In verde sono delle piccole striscioline di Plasticard, applicate con la Tamiya Extra Thin Cement, atte a simulare i rinforzi strutturali andati parzialmente persi durante le fasi di stuccatura; ad ogni modo non erano stampati granché bene quindi ho approfittato anche per rifarli con maggiore definizione.  

In rosso, invece, i perni degli alettoni a forma di “T” ai quali bisogna accorciare l’elemento orizzontale al fine di poter inserire le superfici di comando anche a fine montaggio. Vi consiglio lo stesso lavoro per timone e stabilizzatori.

Verniciatura e Decal:

Ho iniziato la verniciatura con una prima mano di primer Gunze Mr.Surfacer 1000 diluito con la nitro al 70%. Non ho cercato una copertura uniforme perché il fondo, più che altro, è servito a coprire la plastica bianca che non mette in evidenza eventuali imperfezioni di montaggio.

Sulle superfici mobili ho steso uno strato sottile di Mr.Finishing 1500 Black della Gunze che dà una finitura satinata. In accoppiata con un velo di Aluminium Alclad la base simula perfettamente la finitura leggermente opaca delle superfici verniciate con il protettivo a base di alluminio.  Al centro delle centine degli alettoni ho aerografato dei piccoli spot di White Aluminium, sempre Alclad, per dare un po’ di movimento.

Ho poi dipinto l’intero modello in Tamiya X-1 Gloss Black diluito, ancora una volta, con la nitro. Trascorse almeno 24 ore per una completa asciugatura ho utilizzato l’Aluminium della AK Extreme Metal; è la mia prima esperienza con questo prodotto con cui si riesce ad ottenere una base estremante brillante ma che, purtroppo, è anche molto più delicata rispetto a quella che danno le lacche della linea Alclad.  

Per continuare con la verniciatura principale mi sono dedicato alla prima fase della colorazione verniciando il dorso dello Skymaster in bianco opaco (XF-2 della Tamiya).

La pancia del velivolo, invece, è in grigio chiaro Tamiya XF-66.

Per le vistose zone in arancione ad alta visibilità ho optato per l’International Orange Mr.Paint (MRP-232) che è molto facile da utilizzare. Per aumentarne la copertura sotto ho passato nuovamente un velo di bianco opaco Tamiya.

Sul muso andrà applicata la decal con la scritta U.S. AIR FORCE che è “inscritta” all’interno di un rettangolo lasciato in natural metal. Per mascherare ho ritagliato una striscia di nastro Kabuki di 0.7 centimetri di altezza.

Successivamente ho iniziato ad applicare le maschere per dipingere in nero opaco Tamiya XF-1 tutti i bordi d’attacco su ali, deriva e piani di coda. Per non complicarmi la vita ho scelto il Tamiya Masking Curve che è ottimo sia per le forme tondeggianti e, se stirato con cura, anche per quelle rettilinee.

Il pannello che include gli scarichi è in Steel Alclad.

Il grigio XF-66 si estende anche ad una piccola area sotto ogni gondola motore.

I vani carrelli sono nello stesso Interior Green già utilizzato per la cabina.

Le eliche:

La prima operazione è stata la stesura di una base di Gunze Mr.Finishing Surfacer Black 1500.

Poi una mano di White Aluminium Alclad.

Per creare delle tip gialle tutte della medesima misura ho dapprima tagliato dei segmenti di nastro Tesa rosa da 2mm attaccandoli a filo della pala, poi con il nastro bianco Tamiya ho delimitato il bordo.

Per il giallo ho preferito l’XF-4 Tamiya su di una base di bianco opaco e diluito con la nitro.

Una volta terminato il colore e passata una leggera mano di trasparente lucido Mr.Paint Gloss ho posato le decal principali.

Per rappresentare il bordo antighiaccio presente su ogni pala ho utilizzato striscioline da 1,5 cm di decal nere di risulta (Cartograf ex Airfix, quindi ottime) e con tanta, tantissima pazienza ne ho applicate sei per ogni elica, tre frontali e tre posteriori. una volta fatte aderire con Micro Sol e Set ho ritoccato il bordo d’attacco con il nero lucido Tamiya dato a pennello.

I copri mozzi dell’elica, sul velivolo reale, erano cromati e lucidati a specchio. A tale scopo sul mio Skymaster ho utilizzato il cromo liquido della Molotow con punta da 1mm…. È veramente spettacolare come prodotto!

Ancora una volta le istruzioni Revell traggono in inganno il modellista per ciò che riguarda il pannello anti riflesso davanti il parabrezza. La forma di quello suggerito è completamente errata e mi sono dovuto affidare alle uniche due foto a disposizione che ritraggono l’esemplare 43-017281 in atterraggio a Berlino – Tempelhof nel giugno del 1960 per rifarlo corretto.

Immagine inserita a scopo di discussione – fonte www.airliners.net

Fate attenzione anche alla striscia blu che corre lungo la fusoliera: se osservate bene le immagini noterete che il fregio è contornato da una porzione di bianco anche nella parte inferiore. Per avere un riferimento certo delle zone da mascherare ho messo in posizione la decal ancora sul suo supporto in carta assorbente e ho applicato il nastro.

Una volta terminata la posa delle insegne, poche ma grandi, ho notato che la matricola sulla deriva del mio Skymaster presentava un fondo scuro, o meglio leggermente più scuro rispetto al bianco della livrea. Tornando ad osservare le immagini, anche di altri esemplari simili, sono giunto alla conclusione che i codici erano dipinti direttamente sul natural metal. Pertanto armatomi di pazienza e acqua calda ho rimosso le decal già posizionate sull’impennaggio e ho ripassato il White Aluminium AK sull’area interessata.  

Semmai qualcuno volesse riprodurre questo esemplare voglio segnalare che la decalcomania originale dispone i numeri molto più distanti dal bordo antighiaccio rispetto a quanto è visibile nella realtà, quello che vedete è il risultato di un piccolo taglia e cuci con cui ho diviso il serial number in due parti avvicinando le cifre per fargli assumere una spaziatura più realistica.

Dopo aver montato i carrelli ho tristemente constatato che, nonostante i pesi aggiunti all’interno della fusoliera, il mio Skymaster si è comunque seduto sulla coda. Alla fine ho deciso di utilizzare il supporto fornito dal kit che veniva spesso montato anche sull’aereo reale in sosta o in fase di carico/scarico. A causa della morbidezza della plastica di cui è fatto lo stelo tende a piegarsi sotto il peso del modello per cui sono dovuto intervenire sostituendolo completamente con un’anima di acciaio presa in prestito da una graffetta da cartoleria.

Ho provveduto a sporcare i flabelli in particolare e la zona retrostante come visto da una foto a mia disposizione presa da un passeggero in volo su un DC-4.

I carrelli hanno una scomposizione abbastanza cervellotica e che, purtroppo, non aiutano ad allineare facilmente le parti che li compongono.


In particolare quello anteriore, progettato per essere montato prima della chiusura della fusoliera, necessita di alcune modifiche per essere installato a posteriori (operazione comunque necessaria poiché durante le varie fasi avrebbe subito di sicuro qualche danneggiamento). Ad ogni modo tagliando e assottigliando i bracci dell’attacco principale si riesce a farlo entrare nella propria sede.

Successivamente ho aggiunto i punti di ancoraggio delle lunghe antenne a filo sulla deriva: l’attacco superiore è stato realizzato con una sezione di ago da cucito tagliato e inserito nella plastica con l’ausilio di un trapanino a mano, la seconda più in basso è stata ricavata da una corda di chitarra elettrica 0.10 curvata con una pinza e inserita in un foro praticato con una micro punta per schede elettroniche e molta attenzione. Il filo vero e proprio è l’elastomero della Uschi Van Der Rosten per la scala 1/48, leggermente più spesso.

Infine ho montato tutte le superfici mobili modificate per rappresentare l’effetto telato e i grossi flap, sono davvero imponenti, che per fortuna sono stati di facile installazione in quanto ogni pezzo dispone di quattro martinetti di aggancio.

Ho effettuato i lavaggi tramite colori ad olio, sul bianco ho optato per un grigio medio chiaro molto diluito dato per capillarità, sul resto del soggetto un grigio medio più accentuato ottenuto dal consueto mix di bianco e nero.  Per le zone motori invece ho optato per toni di marrone, Bruno Van Dick e Terra di Siena.

Conclusioni:

Non avrei mai pensato di poter realizzare un C-54 soprattutto per le sue ragguardevoli dimensioni e per la conseguente mole di lavoro. Quando un mio amico mi ha proposto di realizzarglielo ho colto la palla al balzo pensando che un kit rilasciato nel 2015 si montasse nel giro di un paio di mesi, ma così non è stato!

Ci vuole tanta pazienza nella pulizia delle parti più minute e vista l’esperienza negativa con le istruzioni, più volte segnalata nell’articolo che avete appena letto, vi consiglio di dedicare tanto tempo allo studio del soggetto reale. Documentazione alla mano eviterete i piccoli inconvenienti che mi hanno più volte rallentato.

Comunque il bello del modellismo, secondo me, è anche questo: venire a capo di problemi mettendosi sempre alla prova e cercando soluzioni alternative, spero che il mio articolo vi sia utile.

Un saluto a tutti e buon modellismo!
Mattia “Pankit” Pancotti.

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