venerdì, Luglio 18, 2025
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Wet Palette o Tavolozza Umida.

Vi ho già detto di fidarvi di me? Mmmm non ricordo…che testa che ho!

Che mi sfugga o che sia smemorato oggi vi parlo di un tecnica utile per chi utilizza non solo l’aerografo ma anche il pennello e gli acrilici vinilici.

E’abbastanza utopico pensare di relegare al pennello un ruolo secondario nel modellismo rispetto all’aeropenna o non investirci affatto.
Questa è una considerazione che è molto cara a chi realizza figurini, mezzi busti, gundam e chi più ne ha più ne metta.
Li dove non arriva l’aerografo, arriva il pennello; è una splendida conseguenza del nostro hobby che non può essere ignorata e spesso si dimentica questa sfumatura. Toccare la superfice con la punta del pennello, estensione della nostra mano, e guidarlo su spigoli e aree sotto i nostri occhi….. quel contatto materiale, seppur improprio, ha qualcosa di magico e rilassante che nessuna aeropenna potrà mai regalarci e farci apprezzare.
Penso che un buon modellista per essere completo non può sottrarsi a questo strumento così tradizionale eppure così visceralmente legato al tempo dove affondano profonde radici.

Se un tempo gli smalti la facevano da padrone anche nell’uso a pennello, al giorno d’oggi con l’avvento dei colori acrilici vinilici, possiamo scegliere tra moltissime ditte produttrici e una infinità di colori studiati per noi modellisti.
Il primo suggerimento è quello di scegliere quei colori che, in set o sfusi, si adattano meglio a determinati periodi storici e usi che ne andremo a fare ma soprattutto ad un uso a pennello.
Per le mimetiche più complicate o certi effetti cromatici realizzabili con l’aeropenna non usate i vinilici, fidatevi.

Croce e delizia di ogni colore acrilico vinilico a base d’acqua è, uno tra tutti, la loro velocità di asciugatura. Questa peculiarità in alcuni casi è un vantaggio ma in altri meno.
Un esempio viene direttamente dalle mescole ottenute per ricreare particolari toni o mezzi toni partendo da uno base. Tanta fatica per poi vederli seccare nel giro di pochi minuti. A questo si aggiunge anche l’incredibile spreco di prodotto che ne deriva.
Come fare a tenere l’acrilico e le sue mescole fluidi a lungo senza annacquarli di continuo? Come ottenere quella longevità tipica degli oli? Ci diamo alla pittura ad olio?
E’ un’idea ma bisogna essere davvero bravi e con un bagaglio pittorico ben forbito. Soprattutto per ottenere i toni desiderati e già se parliamo di incarnati abbiamo il nostro ben da fare.

Vi propongo un’alternativa che mi è stata suggerita da un valente figurinista e amico modellista. La tecnica che ora vi mostro si chiama “tavolozza umida”.

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Che cos’è? Come funziona? A che serve?
Come sapete ogni colore per essere fluido ha bisogno di essere ben chiuso nella sua boccettina e trovarsi in compagnia di altre sostante che fungono da legante per tenere insieme chimicamente le molecole e la struttura del pigmento più del diluente che umidifica e fluidifica mantenendo inalterata la composizione e, in alcuni casi, ne ritarda l’essiccazione; un esempio sono i colori ad olio.

La tavolozza umida non è altro che un supporto inumidito di diluente. Nel nostro caso, usando colori acrilici all’acqua, sarà acqua distillata.
Il funzionamento è molto semplice, mentre l’aria sottrae umidità al colore acrilico facendo evaporare quella frazione di acqua, il supporto su cui si trova il colore fornisce la stessa frazione,se non in più, di acqua sottratta dall’ambiente del nostro studio.
Questa continua alimentazione permette di rallentare l’essiccazione e di sfruttare per ore i colori e le mescole senza il timore di perdere quella particolare tinta.

Tutto qui, null’altro che questo. Velocità contro tempo, causa contro effetto. I questo modo gli elementi sono sovvertiti sino al trionfo dell’effetto sulla causa.

Per realizzare la vostra “tavolozza umida” avete bisogno di poche cose, reperibili tutte in casa, le più importanti sono la voglia e il tempo di provarci. Non resterete delusi, ancora una volta fidatevi di me.

Ingredienti

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Reperite un contenitore di plastica che abbia un coperchio con una buona chiusura, Io ho avuto la fortuna di reperire dei contenitori per provette.

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Se riuscite a trovarne anche voi uno simile, ve lo consiglio perchè è rialzato e questo eviterà ristagni di acqua con la formazione nel tempo di muffe o sgradevoli odori.

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Una spugna liscia, piatta e compatta

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Carta da forno.

Cutter o forbici

Righello (metallico)

Acqua distillata

All’opera!

Una volta reperite queste quattro cose iniziamo a prendere le misure della tavolozza.

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Di entrambi i lati, mi raccomando.
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Con queste misure si ritaglia la spugna avendo cura di mantanere la stessa forma del supporto.
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Alla stessa maniera, usando la spugna come dima, si riporta la forma sulla carta da forno ritagliandola leggermente più lunga del necessario.
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Già che vi trovate meglio farne qualcuno in più e tenerli di scorta e pronti all’uso.
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A questo punto bagnate bene la spugna senza però che goccioli.
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Allo stesso modo bagnate bene il foglio di cartaforno. Potete anche strizzarlo tra le mani piene d’acqua, senza paura di stropicciarlo. Si stenderà bene lo stesso, fidatevi.
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Foderate bene la spugna solo da un lato con la cartaforno umida, posizionando i lembi più lunghi sotto di essa
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E si ripone dentro il contenitore
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Se la superfice vi sembra troppo asciutta potete nebulizzare dell’acqua sopra ma attenti a non esagerare.
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La tavolozza adesso è pronta per essere utilizzata
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Come?

Potete tranquillamente diluire i colori sulla tavolozza con acqua, ma essendo già umida non ce ne sarà bisogno, oppure estendere il tempo di essiccazione anche sulle parti colorate mescolando a questo il retarder apposito. Ricordate che in questo modo i colori avranno una finitura semilucida.
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Fatta la vostra scelta prendete i colori acrilici che più preferite e munitevi comunque di un bicchierino pieno d’acqua per sciacquare il pennello o diluire i colori più pastosi.
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Sulla tavolozza ben umida nella spugna, pogiate il colore, diluitelo e usatelo come avete sempre fatto. Abbiate l’accortezza di verificare che la cartaforno sia uniformemente umida.
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Io sono solito bagnare sempre la punta del pennello e su carta assorbente rimuovere l’eccesso soprattutto dalla ghiera e “fare la punta”. Se vi si apre cambiate pennello perchè non è più buono.
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Il colore prima lo tiro via per scaricare la punta e affinarla e poi lo applico.
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Non abbiate paura di occupare tutta la tavolozza, in lunghe sessioni accade e avere tutti i colori sempre freschi e disponibili è una gran cosa.
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Staccare e dedicarsi ad altro non sarà più un problema. o meglio non per le vostre consorti ( e un pò meno per voi); basterà chiudere la tavolozza e riprendere con gli stessi colori in un secondo momento. Se preferite potete nebulizzare un velo sottile d’acqua con pochissimo retarder prima di chiudere il coperchio.
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In base al posto dove la riporrete, al grado di umidità e alla bontà della chiusura del coperchio i colori si manterranno freschi da alcune ore sino a qualche giorno. A volte sono anche i colori a fare la differenza ma ad ogni modo noterete la differenza, una tra tutte la punta del vostro pennello si manterrà umida colorante a lungo a dispetto delle altre volte che si asciugava dopo poco.
Cosa non da poco se avete necessità di creare linee sottili e lunghe.

Per la manutenzione è semplice.
Basterà riporla tenendo la spugna da parte e il contenitore aperto. In ogni caso evitate di riporre tutto se umido, soprattutto la spugna.

Di seguito i risultati della tecnica della tavolozza umida ottenuti durante la realizzazione di seggiolino e cockpit in scala 1/48 di un F-16 A Israeliano :

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Vi ho già detto di fidarvi di me?

Si, stavolta ve l’ho detto.

Ciauz!

 

 

Testo, foto e soggetti a cura di FreestyleAurelio©AurelioLaudiero

Kiwi Ventura – PV-1 in Royal New Zealand Air Force Service, dal kit Revell in scala 1/48.

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Diciamoci la verità… noi modellisti siamo, prima di tutto, dei collezionisti di scatole di montaggio! Non vorrei generalizzare troppo, per cui vi parlo in prima persona dicendovi che rientro a pieno titolo nella categoria degli “accumulatori seriali di kit”! La “malattia” spesso, ti porta ad acquistare modelli in scala a cui, con molta probabilità, non metterai mai mano… ma che bella soddisfazione vederli tutti lì, belli allineati sugli scaffali; già alla sola vista il corpo rilascia benefiche endorfine che provocano mistiche sensazioni!

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Battute a parte, la scatola oggetto di questo articolo l’avevo comprata qualche anno fa senza molta convinzione. Il prezzo competitivo dei prodotti Revell è sempre un buon motivo per aprire il portafogli, e proprio per questo motivo mi sono ritrovato con l’ingombrante confezione sotto braccio in direzione di casa.   Come al solito, il mio Ventura è rimasto nella pila per molto tempo: poca ispirazione nel metterlo sul banco anche a causa delle sue dimensioni “generose”. Fino a che, un bel giorno, sul nostro forum parte l’annuale Mini Group Build invernale con tema “Battaglie del Pacifico”. Quale migliore occasione per scegliere un soggetto particolare, poco conosciuto e poco visto?

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Il kit e gli aftermarket:

Durante la fase di studio, necessaria prima di procedere al montaggio, ho letto molte recensioni su questo stampo; così, sin da subito, sono venuto a conoscenza di alcuni difetti che, effettivamente, ho poi riscontrato anche visivamente.

Prima di tutto la forma delle pale dell’eliche proposte dalla Revell è completamente errata. I PV-1 erano derivati dai Ventura Mk.I forniti alla Royal Air Force equipaggiati con motori radiali Pratt & Whitney Double Wasp S1A4-G da 1850 HP. La versione americana introdusse alcuni sostanziali differenze tra cui l’installazione di due nuovi Pratt & Whitney R-2800-31 da 2000HP. Propulsori più grandi richiedevano eliche maggiorate ma, data la configurazione della cellula, non fu possibile spostare le nache più verso l’esterno. Per aggirare il problema gli ingegneri della Lockheed progettarono delle pale di uguale lunghezza ma con corda notevolmente maggiorata. Queste, in gergo, furono chiamate “Paddle Blade”. Purtroppo i tecnici della ditta modellistica tedesca hanno preso come riferimento un esemplare di PV-1 conservato in Canada a cui, erroneamente, hanno montato due eliche di tipo più vecchio. Ecco, quindi, spiegato l’inesattezza di fondo.

Oltre a questo, più di qualche appassionato in rete ha confermato una forma non proprio corretta delle nache motori e della parte inferiore della fusoliera in corrispondenza, soprattutto, della stiva bombe. Mentre quest’ultimo difetto ho deciso di non correggerlo poiché non inficia affatto le forme del modello, per il complesso dei propulsori mi sono dotato di due set in resina prodotti dalla Vector. Quello contraddistinto dal codice 48055 contiene nuove pale, nuove ogive molto dettagliate e due scatole ingranaggi corrette per riprodurre gli R-2800 della serie 31. Il set codice 48056, invece, fornisce le nache con flabelli già montati in posizione aperta al contrario di quelli originali previsti chiusi. Il loro montaggio non è semplice e, anche se le parti sono molto precise e ben dimensionate, occorre molta attenzione e pazienza. Ma di questo parlerò più nello specifico più avanti nel testo.

  Ovviamente la lista della spesa non si è chiusa qui ed ho aggiunto anche i seguenti accessori:

  • Eduard 48721, 48734 e 48736: questi tre set di fotoincisioni permettono di dettagliare rispettivamente l’esterno del velivolo (da cui ho prelevato solamente poche parti), i vani carrello e quello bombe. Mentre il n°721 potrebbe anche essere tralasciato, i restanti due li definirei indispensabili per la buona riuscita del kit!
  • Eduard Xpress Mask EX352: queste mascherine pretagliate in nastro Kabuki fanno risparmiare moltissimo tempo; del resto le vetrature presenti sono molto estese.
  • Eduard Brassin 648068 – Resin Wheels: belle, molto dettagliate e, soprattutto, corrette per un esemplare della Royal New Zealand Air Force poiché, all’interno della confezione, la Eduard fornisce anche le borchie che coprivano cerchioni e mozzi (normalmente montati sui “Kiwy Ventura”).
  • Quickboost 48570 – PV-1 Engines: ben fatti per ciò che riguarda la forma e i dettagli dei cilindri, i motori non sono però corretti per un Ventura. Li ho, comunque, utilizzati perché molto migliori di quelli in plastica, ma andranno adattati e corretti (maggiori informazioni nel corso dell’articolo).
  • True Details 48500 – Cockpit: anche se il PV-1 non aveva un abitacolo “aperto”, le grandi superfici vetrate lasciano intravedere molto dell’interno. Per questo non è una cattiva idea dotarsi del set True Detail – economico, facile da montare, e dall’ottima resa finale.
  • Master 48001 – Brassed Guns: perfette e dal costo irrisorio, queste canne tornite in ottone servono a sostituire quelle da scatola, decisamente non all’altezza, montate sul muso e sulla torretta dorsale.
  • Ultracast 48234 – Exhaust: copia migliorata degli scarichi forniti dalla Revell. Li consiglio vivamente.
  • Ventura Production 4882 – Decal: avendo tra le mani un soggetto poco noto, volevo trovare un esemplare ancor più particolare. Tra i pochi fogli decal in commercio, quello della Ventura dedicato ai velivoli della RNZAF era quello che mi attirava maggiormente. La qualità del prodotto è discutibile… più avanti ne elencherò pregi e difetti.

 

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A chiudere l’elenco c’è un interessante volume, edito dalla Ventura Publishing (stessa casa delle decalcomanie), dal titolo “Pacific Twins”. Data la carenza di documentazione e foto sui bimotori neozelandesi, il libricino di sessantaquattro pagine assume una valenza maggiore grazie alle tante immagini e informazioni che esso racchiude.

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Ali e gondole motori:

Per il Work In Progress completo sul nostro forum, cliccate QUI!

Per convenzione, solitamente i lavori su di un modello hanno inizio dall’abitacolo. Questa volta, però, date le tante modifiche ho preferito dedicarmi subito alle ali. Come anticipato qualche capoverso più sopra, le gondole motori sono state quelle maggiormente interessate dalle modifiche per potersi adattare al set della Vector. Per far posto alle parti in resina, già abbastanza precise per ciò che riguarda le dimensioni, ho dovuto asportare delle porzioni della plastica del kit seguendo le linee delle pannellature già presenti: Ventura005

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La separazione è avvenuta mediante lo scriber della Trumpeter passato più volte all’interno dell’incisione; in questo modo il taglio è stato netto e preciso, risparmiandomi parte delle successive carteggiature e ritocchi. In questa fase l’operazione più delicata ha riguardato l’eliminazione delle materozze di stampa dalle nache e dai flabelli della ditta russa:

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Sono molto ingombranti e poste in punti particolari, per cui bisogna fresarle con attenzione e molta delicatezza. Personalmente ho usato una punta tronco-conica montata su un trapanino elettrico, con mano molto ferma.

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Prima di procedere oltre ho iniziato a migliorare i pozzetti del carrello principale. Il dettaglio da scatola non è male, ma è carente la varietà di particolari, leveraggi e meccanismi che gli alloggiamenti avevano al loro interno; per fortuna a colmare le lacune ci pensa l’ottimo set fotoinciso della Eduard di cui avevo parlato ad inizio articolo. Un po’ complesso da montare per via dei tanti pezzi di cui è composto, è un vero toccasana per completare a dovere le grandi wheel bay. Per far posto ai correntini di rinforzo PE (PhotoEtched) ho subito eliminato quelli in plastica con il solito trapanino elettrico e punta diamantata, e stuccato alcuni segni degli estrattori che sarebbero rimasti visibili a modello ultimato.

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Successivamente ho applicato, senza troppi patemi, le parti che raffigurano i fondi rivettati. Tutti gli incollaggi li ho eseguiti, rigorosamente, con colla cianacrilica.

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Rispettivamente sotto ad ogni semi-ala era sistemato un faro d’atterraggio; quelli forniti dal kit sono troppo semplificati e poco realistici, per cui ho deciso di ricostruirli con lo stesso procedimento usato sul mio P-47 RAF. Cliccate QUI per avere tutte le informazioni. Ventura014

L’unione delle semi ali non presenta particolari problemi e si è reso necessario solo poco stucco per riempirne le fessure. Le due strisce di nastro Kabuki che vedete in foto sono atte a simulare le due piattine di rinforzo che corrono da sopra a sotto. Carteggiando il bordo d’attacco avevano perso lo spessore e, di conseguenza, il loro realismo. Ho preferito, quindi, eliminare tutto e rifarle da capo.

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Come già anticipato, il set Vector si monta con relativa semplicità ed è, da subito, in squadro rispetto al resto della struttura. Ho preferito stuccarlo con la ciano acrilica poiché lungo le giunzioni dovranno essere ripristinate le pannellature perse (è questa una delle lavorazioni più complicate a causa delle forme tondeggianti della zona).

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Passo, ora, ai motori radiali: quelli forniti dalla Revell non stonano più di tanto una volta inseriti nelle cofanature ma, sinceramente, dopo tutto il lavoro di dettaglio e di adattamento degli aftermarket non mi sono accontentato. Per questo motivo ho acquistato i propulsori della Quickboost e li ho modificati eliminandone la scatola ingranaggi e sostituendola con quella compresa nel set della Vector che è più fedele e realistica. A seguire una comparazione tra le parti a mia disposizione:

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I due Pratt & Whitney R-2800 sono stati completati con le aste dei bilancieri (realizzate con delle sezioni di Plastirod da 0,5 mm tagliate a misura) e con tutti i cavetti delle candele (quest’ultimi provengono dal set Eduard dedicato all’esterno del modello). Ventura047I colori usati per verniciarli sono i seguenti:

  • Steel Alclad per i cilindri.
  • Ocean Grey XF-82 Tamiya per le “crank case” (scatole ingranaggi).

Per mettere meglio in risalto i dettagli (come le lamelle di raffreddamento), i motori sono stati sottoposti ad un lavaggio con colore ad olio Bruno Van Dyck e alla tecnica del Dry Brush con un alluminio smalto della Testors.

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Cockpit, fusoliera a vano bombe:

Completate, o quasi, le superfici alari, ho proseguito con il montaggio della fusoliera. Il primo intervento ha riguardato l’adattamento del cockpit True Details che, per mia fortuna, è molto preciso e s’incastra bene nella sua sede. L’unica accortezza è stata quella di eliminare tutto il dettaglio originale interno alle paratie laterali per far posto a quello in resina di fattura decisamente migliore.

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Non è stato facile capire quale fosse l’esatto colore utilizzato per verniciare gli interni dei Ventura. Le poche informazioni che ho reperito in rete indicano l’Interior Green per l’intera carlinga, i pozzetti carrello e per la stiva dell’armamento. Dare conferma a questa notizia non è semplice anche perché, purtroppo, tutte le foto che si reperiscono in rete sono in bianco/nero o, peggio, riferite a velivoli restaurati (in alcuni casi vengono spacciate come inerenti al PV-1 quando, invece, si riferiscono al PV-2 Harpoon). Incrociando anche le informazioni contenute negli interessanti articoli dell’IPMS Stoccolma sono giunto alla conclusione che il colore più conforme fosse proprio l’Interior Green, per questo ho scelto l’H-58 della Gunze come base di partenza. Così come la si preleva dal barattolo la tinta non convince a pieno e si discosta un po’ troppo dal Federal Standard di riferimento che è il 34151: per renderla più rispondente al vero ne ho prelevati circa 3 ml con una pipetta e vi ho aggiunto quindici gocce di Flat Black e dieci di Yellow XF-8, entrambi Tamiya.

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Steso il nuovo mix ad aerografo, ho dipinto e completato i seggiolini riproducendo l’imbottitura in pelle con il Linoleum Deck Tan XF-79 Tamiya, mentre per le cinture ho preferito il Radome Tan Gunze H-318. Un washing con il Bruno Van Dyck ad olio scurito al 50% con del nero ha dato maggiore volume al cinghiaggio completando l’opera.

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Per quanto riguarda il cruscotto e la consolle centrale, il colore scelto è il Flat Black; la strumentazione l’ho riprodotta fustellando le decalcomanie della Mike Grant’s Decal e applicandole all’interno di ogni veglia avendo cura di spennellarle con abbondante Mr.Mark Softer per farle aderire e conformare al meglio nei rispettivi alloggiamenti.

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Ventura036Vari particolari in rosso e in giallo, come i pomelli del gruppo manette, hanno dato un tocco di colore in più ad una zona che, purtroppo, a modello finito rimarrà parzialmente in ombra.

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Ventura037La bomb bay da scatola è alquanto spoglia ma, fortunatamente, il set fotoinciso della Eduard fornisce molti dettagli per eseguire un up-grade totale dell’intero vano. I pezzi sono molti e le istruzioni allegate non facilitano granché il compito del modellista, per questo suggerisco di impiegare molta attenzione durante la loro consultazione.

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Alcune parti ho preferito ricostruirle usando altri materiali: le condutture idrauliche, ad esempio, sono dei Rod circolari diametro 1,5 mm piegati ad hoc con delle pinze a testa piatta; le centraline, invece, dei pezzi opportunamente sagomati provenienti da vecchie carte di credito scadute (nel modellismo non si butta via niente!). Degne di nota, negativa purtroppo, sono le rastrelliere per gli ordigni che la ditta ceca ha inserito nel set: devono essere costruite e incollate tra di loro per formare il castelletto che alloggiava le bombe ma è praticamente impossibile dare un solidità e una rigidità accettabile ai pezzi (numero 28 e 30) senza rinforzarli con un anima di Plasticard incollato all’interno della struttura.

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Un altro appunto che bisogna muovere, questa volta alla Revell, riguarda il musetto trasparente. La ditta tedesca, nell’ottica di riutilizzare lo stampo anche per le varianti in uso nella RAF (che ne utilizzavano uno trasparente in luogo di quello in vetroresina verniciato tipico dei velivoli americani e neo zelandesi), lo fornisce separato e demanda a noi il suo assemblaggio. Questa operazione sarebbe relativamente semplice se non fosse che il pezzo è sprovvisto di perni di riscontro e può essere incollato, indistintamente, in un verso o nell’altro. I PV-1 avevano l’ogiva del muso con l’apice leggermente spostato verso il basso ma, data la scarsa ingegnerizzazione dello stampo in questa zona, l’errore è dietro l’angolo. Ventura040

Purtroppo in questo fastidioso inconveniente sono incappato anch’io e per risolvere ho dovuto, mio malgrado, reperire un altro muso e clonarlo per ottenerne una copia in resina. Devo dire, però, che non tutti i mali vengono per nuocere: osservando meglio la documentazione in mio possesso ho notato che le forme del terminale fornito nel kit non sono del tutto fedeli. Quello reale è molto più schiacciato ai lati e ha la parte inferiore quasi piatta per raccordarsi al resto della fusoliera; quello in scala, al contrario, è troppo panciuto. Ventura046

Grazie al fatto che la resina è piena al suo interno, ho potuto modellare a colpi di lima il cupolino e renderlo, senza dubbio, più realistico.   Un rischio simile a quello sopra descritto l’ho corso anche nel montaggio della torretta binata posta sul dorso. Anche in questo caso la totale assenza di riferimenti può indurre in errore, quindi fate attenzione! La postazione del mitragliere non è stampata al centro del pezzo bensì, se osservate con attenzione, è leggermente disassata in avanti. Ebbene, il lato più corto è quello che deve essere incollato verso il muso del modello; personalmente, mi sono “salvato” solo grazie ad un più approfondito studio della documentazione.

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I trasparenti forniti nel kit sono abbastanza precisi e non necessitano di interventi di carteggiatura troppo estesi per essere adattati (ovviamente, prima di essere incollati sono stati “bagnati” nella cera Future). La finestratura inferiore, però, è stata modificata per corrispondere a quelle in uso sui velivoli della RNZAF; questi, infatti, non usavano l’altra arma binata in posizione ventrale, e la relativa apertura era chiusa con del lamierino. Controllando le foto si intravede anche una specie di supporto metallico che, ad essere onesto, non ho capito quale funzione potesse svolgere. Ad ogni modo l’ho riprodotto con un pezzo di avanzo dalle fotoincisioni.

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Prima di dichiarare conclusa la lunga fase dell’assemblaggio, ho aggiunto gli scarichi in resina della Ultracast e, finalmente, le nache Vector. Quest’ultime sono quasi perfette e non hanno richiesto il benché minimo uso di stucco!

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Sfruttando l’inerzia finale, ho messo anche mano ai carichi di caduta (una bomba da 500 Libbre e tre da 250), ai serbatoi (che in moltissime immagini si vedono sempre montati sotto alle ali dei bombardieri) e ai portelloni dei pozzetti carrello; tutti i pezzi sono stati completati e migliorati utilizzando i provvidenziali set fotoincisi Eduard.

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Verniciatura:

Mai come in questo caso, la verniciatura è stata la fase più delicata. Non tanto per la complessità della mimetica, che è semplice da rappresentare, bensì per le generose dimensioni del modello che lo fanno assomigliare più ad un “giocattolo” piuttosto che ad una realistica riproduzione in scala. Per tale motivo ho deciso di insistere molto con l’invecchiamento e le tecniche di lumeggiatura per rendere il mio Ventura quanto più operativo possibile. Per iniziare, ho steso sui bordi di attacco di cofanature motore e ali (oltre che sul relativo raccordo con la fusoliera), una mano di White Alluminium Alclad per simulare la superficie metallica sottostante. A seguire ho prelevato, con un pezzo di spugnetta che si trova all’interno dei set in resina (ad esempio in quelli della Aires), piccole quantità di Mr.Masking Sol della Gunze.

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Il prodotto è stato picchiettato sulla plastica in maniera randomica in modo da ricreare, alla fine del processo, delle piccole scrostature della vernice. Ma non mi sono limitato solo a questo… più avanti vi spiegherò come ho completato l’effetto.  

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Sovvertendo una mia abitudine, questa volta ho deciso di applicare il Pre Shading su tutto il modello, utilizzando tre differenti tonalità:

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  • German Grey XF-63 Tamiya sulle superfici inferiori.

 

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  • Midnight Blue H-55 Gunze per quelle laterali.

 

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  • Flat Black per quelle superiori.

In particolare, sul dorso delle ali e della fusoliera, ho deciso di riempire i pannelli anche con una mano leggera di Yellow Green XF-4 Tamiya allo scopo di schiarire e movimentare, da subito, il Navy Blu – il tono più scuro e più difficile da sottoporre ad un’usura convincente a mio avviso. I colori utilizzati per lo schema mimetico, invece, sono i classici utilizzati anche dalla U.S. Navy:

  • Flat White Tamiya per la pancia.

 

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  • Intermediate Blu Gunze H-56 per superfici laterali delle nache e della fusoliera.

 

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  • Navy Blue Gunze H-54 per tutto il resto.

 

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Per il musetto ho utilizzato un mix di 60% di Intermediate Blue Gunze H-56, 30% di Sky Blue Gunze H-25 e 10% di Flat Yellow. In molte foto del velivolo reale si nota chiaramente che l’ogiva era stata dipinta con un colore fresco a pennello e che i segni delle setole debordavano anche sul resto del camouflage creando un contrasto ben visibile.

Ho preferito non verniciare a mano libera questa zona poiché il risultato finale sarebbe risultato fuori scala. Ho, quindi, preferito spruzzare il colore ad aerografo fino alla prima pannellatura di stacco e, solo dopo, aggiungere i già citati segni con un pennellino doppio-zero.

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Prima di procedere oltre ho preferito eliminare il Masking Sol; è sempre meglio non lasciarlo troppo a contatto con le superfici perché, a lungo andare, perde le sue caratteristiche di elasticità ed è più ostico da rimuovere. Con l’ausilio di un cotton fioc inumidito di acqua, ho asportato il mascherante pelabile scoprendo il fondo in alluminio che ha perfettamente simulato il chipping della vernice. In alcuni punti, come il dorso dell’ala in corrispondenza dei propulsori e i bordi di attacco, sono intervenuto con della carta abrasiva grana 2500 bagnata consumando lo strato di colore superficiale e riproducendo il classico aspetto consunto dovuto al calpestio degli specialisti e dall’impatto della polvere sabbiosa.

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A questo punto, per movimentare un po’ la mimetica ed integrare meglio le scrostature, ho applicato su tutto il modello una prima sessione di Post Shading. Più in particolare ho utilizzato le seguenti tonalità:

  • ŸSui due toni delle superfici superiori ho steso l’Intermediate Blue Gunze schiarito al 30% con del bianco opaco.
  • ŸSulle superfici inferiori ho applicato la tecnica al contrario, ovvero ho aerografato il German Grey e un po’ di Olive Drab, entrambi della Tamiya, estremamente diluiti (al 90% con alcool isopropilico) all’interno delle pannellature (insistendo maggiormente attorno ai motori e alla stiva bombe) per ottenere un fondo leggermente più scuro; subito dopo ho di nuovo riempito le zone interessate con degli spot molto ravvicinati di Flat White Tamiya diluito come sopra. Questo modus operandi trasmette all’occhio dell’osservatore una sensazione generale di sporcizia che spezza bene la monotonia del bianco.

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Dalle foto potete notare che questo primo processo d’invecchiamento è rimasto volutamente molto visibile sulle superfici del modello, in previsione di un’altra tecnica di cui vi parlerò fra qualche capoverso.

Lavaggi e decalcomanie: Solitamente preferisco lucidare abbondantemente i miei modelli per impedire la creazione di “filtri” e patine causati dai colori ad olio impiegati nei lavaggi delle pannellature. Questa volta, al contrario, non ho insistito con il Clear X-22 della Tamiya per lasciare la finitura intermedia leggermente satinata. Di fatto i “washing” hanno creato delle interessanti variazioni sui toni che, in seguito ho sfruttato per aumentare l’effetto del weathering. Per completezza d’informazione, le tinte utilizzate per enfatizzare le incisioni sono le seguenti:

  • Ÿ   Navy Blu: Grigio di Payne puro.
  • Ÿ   Intermediate Blue: Grigio di Payne schiarito circa al 40% con del grigio chiaro (mix di Bianco di Marte e Nero Avorio).
  • Ÿ   Bianco: Grigio chiaro sopra citato.

 

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Anche i fumi di scarico sono stati realizzati con colori ad olio ad aerografo. Contrariamente a quanto si possa pensare, questo tipo di pigmenti si aggrappano senza problemi anche sulle superfici lucide e, se diluiti come comuni acrilici e stesi a bassa pressione, permettono di ottenere delle interessanti sfumature. Nel mio caso devo ammettere di essermi davvero divertito nel riprodurli: in tutte le immagini da me visionate i Ventura della RNZAF avevano, lungo le gondole motore, delle vistose scie scure!

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Per ricrearli ho utilizzato un mix di Bruno Van Dyck, Nero Avorio e Terra di Siena stesi con passate leggere e veloci. All’interno, poi, ho simulato i residui dei gas più pesanti ed incombusti (che solitamente assumono una tonalità più chiara) col solito grigio usato per i lavaggi. L’unica accortezza quando si usano questi prodotti da artista, è quella di non toccare assolutamente le zone interessate e prima di maneggiare il modello in sicurezza, sigillare il tutto con un ulteriore strato di trasparente. Nella foto di cui sopra una freccia azzurrina mette in risalto un rattoppo di vernice che le istruzioni delle decalcomanie segnalano ma di cui, purtroppo, non c’è evidenza fotografica. Ma dato che il prodotto è ben fatto dal punto di vista storico (meno da quello modellistico… ma ne parlerò fra poco), mi sono fidato e l’ho riprodotto con l’Intermediate Gunze leggermente schiarito per simulare una vernice applicata da poco.

A questo punto è doveroso spendere qualche parola circa le decal della Ventura Production. A vederle sul foglio sembrano di buona fattura ma, purtroppo, quando si utilizzano praticamente l’impressione cambia. Nel mio caso specifico sono stato anche sfortunato perché una delle coccarde della fusoliera aveva il bordo giallo macchiato dal blu del disco centrale…. in definitiva, inutilizzabile!

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Nel set non ve ne sono altre provviste di bande laterali per cui, giocoforza, ho dovuto tagliare via la porzione tonda con un taglierino circolare della OLFA e “montarle” su una nuova insegna. Un lavoro snervante che ha richiesto molta attenzione… e di cui avrei fatto volentieri a meno. Sempre a proposito delle bande, i colori che le riempiono sono fuori registro e fanno intravedere delle bruttissime striscioline bianche intorno al blu che delimita il rettangolo. Personalmente mi sono reso conto del problema solo dopo aver aggiunto le decalcomanie al modello e, non potendo tagliare via le porzioni in eccesso perché troppo rischioso, ho preferito mascherare i distintivi di nazionalità e sovra verniciare il blu con un mix che più assomigliasse al colore di fondo; purtroppo il match non è del tutto preciso ma nel complesso l’occhio non percepisce grosse differenze.

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Carichi di caduta ed ultimi dettagli:

Giunto a questa fase ho steso su tutto il modello tre generose mani di Flat Clear Gunze H-20; l’intento era quello di simulare la “cottura” delle tinte dovute al sole e agli agenti atmosferici che caratterizzavano il teatro operativo del Pacifico. Ricordate di aver letto, qualche riga più in alto, che l’invecchiamento del mio bimotore non era ancora giunto al termine?

Bene, sfruttando ancora una volta i colori ad olio ho nuovamente “giocato” con i filtri sfruttando la finitura opaca del Ventura: dapprima ho preparato una miscela al 50% di Grigio Payne e Nero Avorio diluita all’80% con thinner Humbrol poi, con la solita spugnetta prelevata dai set Aires, ho “picchiettato” il composto sul dorso delle ali e della fusoliera.

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Ovviamente la superficie porosa ha subito assorbito il colore creando delle macchie con bordi troppo definiti. Per amalgamarle meglio ho imbevuto un cotton fioc nel sopracitato diluente Humbrol e, con delicatezza, le ho sfumate “tirandole”, in alcuni casi, nel senso di scorrimento dell’aria per ricreare le classiche striature che spesso si vedono sui velivoli reali. Nei punti dove il filtro era ancora troppo visibile ho ripassato il colore di base (Navy Blue Gunze) molto diluito e a bassissima pressione. Una nuova mano finale di opaco ha, poi, concluso l’opera. Un mirato utilizzo delle polveri Tamiya (weathering set B e D) ha integrato meglio i vari “layer” del weathering e, nel contempo, mi ha permesso di ricreare alcune colature di carburante, di liquidi idraulici e di desaturare insegne e nose art.

Nei tempi morti ho terminato anche le bombe verniciandole in Dark Green Gunze H-330 e completandole con le solite bande in Flat Yellow Tamiya e le decal fornite nella scatola.

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Il montaggio finale ha previsto l’aggiunta dei vari portelloni del vano carrelli e bombe, quest’ultimi abbastanza complicati da incollare a causa della complessa geometria del cinematismo di chiusura… armatevi di tanta pazienza!

Sulle pale dell’elica ho voluto ricreare l’usura da sfregamento del pulviscolo e della sabbia che costituivano le piste semi-preparate nel Pacifico: come per il bordo di attacco delle ali ho steso una base di White Alluminium Alclad a cui sono seguiti il Flat Black e il Flat Yellow per le tip. A seguire, con un cotton fioc intriso di pasta abrasiva Tamiya (grana Coarse) ho sfregato i bordi di attacco con delicatezza fino a far riaffiorare il metallo naturale sottostante.

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L’ultimo sforzo ha riguardato il complesso sistema di antenne a filo dei Ventura neo zelandesi: allo scopo ho usato il filo elastico “Fine” della Uschi Van Der Rosten che, devo dire, è un prodotto è davvero buono. Riesce a sopportare una notevole trazione, si incolla con facilità utilizzando la cianacrilica (ne basta veramente poca! Non esagerate altrimenti otterrete l’effetto contrario!) e, soprattutto, è già di colore nero.

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L’aggiunta delle luci di posizione in resina provenienti dal set CMK n°4060, delle mitragliatrici calibro 50, e di un piccolo Venturi posto sotto il lato anteriore sinistro della fusoliera (rifatto con un tondino di Evergreen sagomato) ha definitivamente messo la parola fine al mio lungo lavoro!

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Conclusioni:

Questo modello è stata la mia prima avventura nel mondo dei grandi bimotori della WWII. Il kit, nel complesso, è piacevole e diverte nell’affrontarlo; alcune soluzioni pensate per questo stampo sono troppo semplicistiche e i modellisti più smaliziati non si accontenteranno facilmente del solo contenuto della scatola: del resto, io stesso, ho voluto mettere mano a molti dettagli allungando parecchio i tempi di lavorazione.

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In ogni caso, se affrontato da scatola, il Ventura della Revell è un kit veloce, facile da montare e che permette di aggiungere alla nostra collezione un soggetto insolito e poco noto.

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L’unico vero problema? Lo spazio che esso occupa in vetrina non è trascurabile!

Buon modellismo a tutti.

Valerio – Starfighter84 – D’Amadio.

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Tools Review – EasyStand 3D – Supporto per aerografi.

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I possessori di un aerografo Aztek, e non solo, saranno felici di leggere questa recensione. Fino ad oggi, non con una certa sorpresa, nessun produttore al mondo (neanche la stessa Testors, titolare del brevetto) ha mai commercializzato un supporto dedicato al famoso aerografo con puntali intercambiabili.

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Proprio per la sua forma caratteristica nessun supporto oggi acquistabile poteva essere utile. Risultato? Ogni modellista provvedeva con mezzi propri ricreandosi dei “sostegni” con fil di ferro o simili.

L’EasyStand è interamente progettato in 3D. La base è stampata in solida resina, mentre il beccuccio orientabile (quello dove si inserisce l’aerografo) è in plastica PLA che è inattaccabile dai solventi e dalle vernici normalmente utilizzate nel nostro hobby; tra l’altro, per la sua conformazione, permette di tenere ferma l’aeropenna e poter versare i colori nel serbatoio semplicemente utilizzando una mano.

brochure EASYSTAND 3D ok-2

L’EasyStand viene proposto in due versioni, la “Standard” e la “Plus”. Nella prima viene fornito il solo supporto per un Aztek al prezzo di 20€ più spese di spedizione.

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Nella seconda, oltre all’Aztek è possibile sorreggere un altro aerografo (Badger, Iwata e tutti quelli attualmente sul mercato) grazie all’aggiunta di un ulteriore braccetto anch’esso stampato in PLA. La confezione “Plus” ha un costo attuale di 26€.

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All’interno dell’imballaggio troverete, oltre a quello già descritto, una zavorra in ferro da applicare sotto la basetta e che la rende rende più stabile e a prova di rovesciamento. Oltre a questo, è presente un “tappetino” in feltro, autoadesivo, per evitare di graffiare o rovinare il vostro piano di lavoro. L’EasyStand, comunque, non è solo un supporto da tavolo: grazie alla predisposizione due fori ciechi sotto la base, è possibile fissarlo ad una parete o ad un mobile risparmiando spazio.

istruzioni easystand standard

istruzioni easystand plus (1)

Il supporto viene fornito pre-verniciato con un primer bianco, ma può essere personalizzato verniciando le superfici a piacimento.

Per tutte le info e per l’acquisto (solo tramite PayPal), scrivete a: easystand3D@gmail.com

Slow But..Deadly! SBD-2 Dauntless dal kit Academy in scala 1/48.

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intro

“Vorrei,ma non posso.” Quante volte avete pronunciato questa frase davanti ad un modello troppo grande per la vostra vetrina? Beh, sì, ognuno fa quel che può. So benissimo che il sogno di tutti voi è tenere in casa un intero squadrone di B-17 in 1/32, ma spesso i sogni si infrangono contro la dura realtà.

Diciamo però che in questo caso il “sogno” non era poi così ingombrante. Parliamo infatti dell’SBD Dauntless, uno di quei pochi aerei che riusciva a stare comodo su una portaerei senza ripiegare le ali! Ovviamente non parliamo della scala 1/72, altrimenti il problema non si poneva. Più di una volta ho dovuto dire “no” ad offerte che non potevo rifiutare. Ma un conto è cercare inserzioni online e guardare il modello di uno dei tuoi aerei preferiti attraverso un monitor … un conto è trovarselo davanti.

Tant’è che un giorno mi ritrovo con tale kit tra le mani. Me lo guardo malinconicamente. Lo rimetto sullo scaffale. Proseguo verso i kit in 1/72. Nemmeno ci arrivo che torno indietro. Lo riprendo e..tiro fuori il portafogli. Il tutto al grido di “ma chissenefrega, tanto un posto alla fine glielo trovo!”

Il kit & gli accessori:

Non vi annoierò con la storia del velivolo. Mi ritengo il meno qualificato a parlarvene e sprecherei solo bit in nozioni note praticamente a tutti. Tanto scommetto tutta la mia attrezzatura da modellismo che siete qui per sentir parlare di plastica e resina piuttosto che di storia, vero?

Il kit è l’Academy in 1/48. La casa Coreana ha reso a Cesare quel che è di Cesare stampando sulla scatola il marchio della Accurate Miniatures, cioè la casa madre delle stampate. In altre parole trattasi di un “Rebox”, re-inscatolamento di un vecchio modello al quale sono state aggiunte decal di ultima generazione. Nonostante questo, esso non sente minimamente il passare degli anni e può considerarsi un prodotto  di pregio, comparabile con stampi moderni sia per qualità del dettaglio, sia per precisione degli incastri.

Se proprio volete comprare qualche aftermarket, il motore in resina va messo in cima alla lista della spesa. Se siete abbastanza esigenti…ma forse nemmeno troppo..sentirete il bisogno impellente di cestinare quello del kit che presenta vistosi errori di progettazione, come i segni degli estrattori nella zona a vista, e le aste dei bilancieri che si raccordano alla buona con la testata del cilindro. Già che c’ero ho preso qualche altra cosina non proprio indispensabile. Trovate tutto in foto, ma per completezza ve le listo: 1

  • Motore Quickboost QB48052 (per Hasegawa ma vi dirò come adattarlo).
  • Canne master AM-48-029 . Nella confezione ce ne sono due.
  • Life raft container della Quickboost QB48345.
  • Ruote True Details 48058.
  • Set di fotoincisione zoom Eduard FE 284.
  • Xpress mask della Eduard per i vetrini, gentilmente regalatemi da un membro del forum.

 

Montaggio:

Per prima cosa occupiamoci del Life Raft Container… almeno ci togliamo il dente e non ci pensiamo più. Ovviamente si comincia eliminando dalla fusoliera il pannello che vogliamo aprire, e come al solito si parte con tanti piccoli fori interni al pannello per poi avvicinarsi piano piano al bordo a suon di lime e carta vetrata. Ora bisogna incollare il cilindro contenente il canotto all’ interno della fusoliera. Sarebbe tutto molto facile,se non fosse che questo interferisce con la paratia posteriore del cockpit! Soluzione veloce veloce: si arretra un pò la paratia dell’abitacolo e si lima il più possibile il cilindro.

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4 Passiamo ad un altro aftermarket: il motore. Viso che un’immagine vale più di mille parole, ecco a voi l’impietoso confronto tra l’Academy/Accurate ed il Quickboost: 2 Ora però va adattato dato che, come vi dicevo, è progettato per il kit Hasegawa. Per prima cosa si taglia via dal pezzo originale l’innesto con la fusoliera, che poi andremo ad incollare sotto quello in resina.   5 6 Con un occhio alla documentazione, si aggiungono aste dei bilancieri (fili in ottone) e altre tubazioni (rame):

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Da notare che dal pezzo originale in resina è stata rimossa la tubazione che corre intorno alla scatola del riduttore (la vedete nelle prime foto del motore, poco più su) in quanto finiva dietro l’innesto delle aste, mentre in realtà deve stare davanti (come l’ho rifatta io con filo in stagno). Ora diamo un po’ di colore! Basta poco..una mano in white alluminium Alclad, aste dei bilancieri in nero ed infine un bel lavaggio ad olio per evidenziare i dettagli..et voilà!

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A questo punto possiamo passare al cockpit! Come ricorderete, ho comprato il set zoom Eduard..quindi si seguono passo passo le istruzioni fornite nella bustina, tagliando via quello che c’è da eliminare… e si è già alla fase della colorazione! Il Dauntless ha un bell’abitacolo, molto affollato e pieno di particolari da riprodurre!

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Procediamo, infine, con il lucido, un bel lavaggio ad olio, e siamo quasi pronti a chiudere tutto. Ho detto quasi perché prima volevo dirvi qualcosa riguardo i vetrini degli strumenti del relativo pannello. Esistono vari metodi per ricreare l’effetto vetro sui quadranti: cera per pavimenti, Vernidas, Clearfix Humbrol, lucido acrilico… chi più ne ha più ne metta. Ed infatti ho voluto tirare un ballo un altro prodotto: il trasparente lucido bicomponente! Per intenderci, lo stesso lucido steso sulle carrozzerie delle vostre auto. Lo trovate in qualunque autoricambi, diviso in “base”’ e “catalizzatore”. Una volta mescolati, avrete un liquido molto denso ad asciugatura lenta che potrete stendere con calma all’interno delle veglie strumenti. Vi mostro ora il risultato finale in controluce: 18

Detto questo finalmente possiamo dire… si chiude!! 19 Prima di incollare la parte anteriore della fusoliera (divisa in tre pezzi), ho voluto sostituire le volate delle mitragliatrici in plastica con aghi ipodermici tagliati a misura: 20 Come vedete tutto procede molto velocemente. Il kit si monta molto bene e con poco stucco. Infatti ,quasi senza accorgercene, siamo arrivati alle ali. Prima di unirle con la fusoliera ho dovuto correggere una leggera curvatura dei pezzi inferiori. Correzione effettuata inserendo striscioline di plastica all’interno dell’ala stessa. 21 Uniti fusoliera,ali e piani di coda, ecco che il Dauntless prende forma:

22 Il tutto si allinea bene. Le ali sono state fissate con colla Tappo Verde (Tamiya Extra Thin Cement) e tenute in tensione per tutta la notte.

Passiamo, ora,  ad una nota dolente: il meccanismo di apertura dei flap/aerofreni. il kit offre la possibilità di tenere aperti i flap inferiori, e ovviamente fornisce anche il meccanismo di apertura in questa posizione. Dopo le dovute prove a secco il sistema non mi convinceva per niente perchè il pezzo di plastica ha ovviamente una precisione e accuratezza limitata. Più che una riproduzione fedele, un abbozzo. Visto quindi che le cose andavano fin troppo bene, ho deciso di complicarmi drasticamente la vita…ricostruendo tutti i martinetti degli ipersostentatori per rappresentarli aperti! Ma andiamo con calma. Il primo problema che mi si è presentato davanti è stato: “Come creo i martinetti della giusta lunghezza?” – Problema risolto creandomi una specie di supporto che ha mantenuto la superficie di governo incollata, provvisoriamente, in posizione.

23 Ho potuto, così, lavorare tranquillamente sui martinetti. Quest’ultimi ho provato a farli in plastirod, ma non avendo un diametro sufficientemente piccolo ho usato di nuovo l’ottone. 24 Fatti i cinque leveraggi, si stacca il flap in tutta sicurezza e si utilizza la “guida” per l’altra ala, ottenendo la stessa inclinazione. 25 Si ripete la ricetta per gli aerofreni superiori ed il gioco è fatto. 26 27 Ora torniamo un attimo al motore. Per centrarlo bene ho ricavato in maniera approssimativa il centro del disco e vi ho inserito un perno di riscontro: 28 Infine,prima di montare la cappottatura, ho leggermente modificato i flabelli assottigliando lo spessore della plastica e sollevando quelli più in alto

29 A questo punto cominciamo a prepararci in vista della verniciatura! Prima che vi entusiasmate troppo, però, c’è un ultimo scoglio da superare.

In previsione dell’applicazione delle decal, ho voluto chiudere provvisoriamente l’alloggiamento del battellino di salvataggio con il relativo portellino (una Stella andrà posizionata proprio sopra). Quello in resina è talmente sottile e fragile… che si è rotto ancora prima di tirarlo fuori dalla confezione! Ho optato, quindi, per auto costruirlo totalmente. Sono partito da un tondino con un diametro più grande rispetto a quello dell’alloggiamento limando l’eccesso progressivamente. In questa fase le continue prove a secco mi hanno aiutato a capire se le dimensioni fossero corrette o meno. Dopo circa due ore di lavoro ecco il risultato:

31 A dirla tutta il pannellino ha un diametro leggermente più piccolo: questo per facilitare l’azione dei liquidi ammorbidenti sulla decalcomania e facilitarne il successivo taglio. Ottenuto un risultato soddisfacente, ho incollato in maniera provvisoria lo sportello in posizione chiusa..e rimarrà così fino alla fine, quando lo farò saltare via facendo leva con la lama di un cutter.   Colorazione: I colori da me utilizzati sono: Parte superiore:  mix 50/50 di XF-2 e XF-18 Tamiya. Parte inferiore: H-51 Gunze con aggiunta di flat base per rendere il colore opaco. 33

32 Anche se, inizialmente, il colore ottenuto dalla miscela non sembra proprio fedele, con tutti i trattamenti che dovrà subire lo faremo virare piano piano verso il tono che vogliamo. Infatti, dopo aver steso la vernice di fondo bisogna renderla vissuta al punto giusto: si parte con una profilatura delle linee dei panelli con il colore base reso più scuro. A seguire il Post Shading sempre con il colore base, ma questa volta schiarito. Qualche scrostatura ed infine colori ad olio (Nero, bianco e Terra di siena) dati con una spugnetta sulle zone più calpestate:

34 35 Qualche altro colpo di colore ad olio per accentuare lo sporco sulle ali.. 36 37

Prima di andare avanti, qualche nota storica che vi farà apprezzare meglio il lavoro successivo. Il velivolo da me rappresentato, con numero seriale Bu.No.2106, fu inizialmente assegnato al VB-2 e uscì dalla fabbrica con i colori di quel gruppo. La necessità sempre maggiore di uomini e mezzi nel teatro del Pacifico portò ad un continuo ri-assegnamento e ri-organizzazione di mezzi, destino capitato anche al mio esemplare che fu ri-assegnato al VMSB-241. Nei giorni precedenti l’inizio dei combattimenti tutte le insegne di colore rosso furono rimosse (bande rosse e bianche in coda e tondino rosso al centro della Stella)… più che rimosse, “riverniciate alla buona”. Il risultato di tutto ciò sono le obliterazioni che ho riprodotto sul modello e che si notano chiaramente in molte foto dell’esemplare.

38 39 Bene..ci siamo quasi! Il prossimo step è, come al solito, una mano di lucido per favorire la posa delle decal. Decals:

Per questo modello ho deciso di utilizzare le decal fornite dal kit. Proprio il marchio Cartograf stampato in basso a destra sul foglio faceva ben sperare in un’applicazione facile ed indolore, nonostante le insegne sulle ali, sia sopra sia sotto, dovessero adagiarsi su delle grandi fessure. Niente da dire in quanto a lucentezza e bontà del film trasparente quasi a prova di Silvering… ma sono rimasto deluso in quanto a spessore!! Viste le premesse, l’uso del Mr.Mark Softer Gunze (in dosi massicce) è stato fondamentale… anche se non è riuscito a fare miracoli.

41 42 43 Dopo aver terminato gli ultimi particolari quali elica, mitragliatrice, carichi bellici e i flap/aerofreni..arriva il momento di effettuare i lavaggi ad olio, stendere un’ultima mano di lucido e sigillare tutto con l’opaco. 44 55 54 53 52 50 49 48 47 46 45   51     Per maggiori informazioni o domande vi rimando al Work In Progress sul Forum di Modeling Time! Ringraziandovi per l’attenzione,come sempre non mi resta che augurarvi..buon modellismo!! Leonardo ‘thunderjet’ F.

Millenium Falcon dal kit FineMolds in scala 1/144.

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Sono sempre stato un appassionato di modellini e miniature cinematografiche, ma solo da qualche anno ho deciso di costruire concretamente qualche modello cercando di imparare e migliorare di volta in volta. Oltre a voler ricostruire i kit militari posseduti quando ero bambino e costruiti maldestramente (nemmeno colorati!!), i soggetti che preferisco sono quelli di fantascienza di provenienza cinematografica o fumettistica, in special modo quelli di Star Wars/Guerre Stellari. Il primo modello che ho creato è un Tie Interceptor, non rifinitissimo, montato e  colorato a pennello. Poi, dopo aver fatto altra pratica su carri armati e aerei, ho deciso di “fare sul serio” e iniziare l’icona delle astronavi cinematografiche, l’arcinoto Millennium Falcon pilotato nel film da Han Solo/Harrison Ford.

Il kit scelto è il FineMolds scala 1/144 (ho anche quello in scala 1/72, prossimamente…..). La cosa fondamentale per me era riprodurre il Falcon il più possibile simile alle versioni dei film EP IV-V della saga, colori principali e caratteristiche fisiche principali (danneggiamenti, fori da combattimento, ecc.). Ma non avendo tanta esperienza e non volendo complicarmi la vita al primo (veramente, il secondo) kit di Star Wars che realizzo (nutro un certo rispetto per la saga!) ho deciso di evitare superdettaglio, scratchbuilding e illuminazione. Tra le due versioni volante e a terra ho scelto quest’ultima, quindi con carrello abbassato. La scatola comprende una novantina di pezzi di plastica grigio chiaro su tre/quattro sprue, decals e mascherine adesive, e un piccolo sprue di trasparenti per cockpit e basi cannoni. Il dettaglio è ottimo, le stampate precise e pulite senza bave, richiedono praticamente zero interventi di pulizia. Il modello completamente assemblato ha dimensioni finali di larghezza 15,5 cm, lunghezza 21,5 cm, e altezza dal carrello al radar 8-9 cm circa. La plastica è stata, come al solito, lavata in acqua tiepida con una goccia di detersivo per piatti, strofinata con un pennello a setole medio morbide, risciacquata e lasciata asciugare all’aria. Prima di iniziare a verniciare ripulisco di nuovo la plastica con un pennello e alcol isopropilico 70%. Il primer non l’ho usato, perchè il montaggio non richiede particolari correzioni o stuccature,  e la tipologia del modello nasconde bene le linee di giunzione tra le parti, quindi ho saltato questo passaggio.

Ho iniziato come da istruzioni con l’assemblaggio del cockpit e del relativo tunnel abitacolo. Ho aggiunto qualche pennellata di marrone ai sedili e cercato di rendere più varie le superfici con nero, grigio scuro e metallizzato:

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Sull’esterno dell’abitacolo ho subito provato lo spray AS-16 che le istruzioni indicano come colore principale, e che a me piace molto per la sua levigatezza: risultato eccellente, liscio e compatto, ma che avevo il timore potesse coprire troppo i dettagli della plastica e del pre/post shading. Quindi ho pensato di replicare la stessa tinta con gli acrilici Tamiya, provando tre mix diversi e scegliendo il terzo (mix #3) che di fatto è un XF-20 + XF-2 uniti in parti uguali:

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Dopo l’abitacolo sono passato a montare tutti i particolari superficiali dello scafo, i fianchi, i carrelli, i quad laser cannon e relative basi, e disco radar. I trasparenti sono stati mascherati (nota: i modelli dei film erano privi di finestrini trasparenti per esigenze di ripresa). Ho fatto diverse prove di montaggio a secco per verificare tutti gli incastri:

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L’unico problema era sulla linea di giunzione delle due metà del tunnel abitacolo, che anche con la massima pressione rimanevano abbastanza separate:

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Ho stuccato la linea fino allo scafo, perchè in un primo momento mi sembrava dalle foto del film che la parte fosse completamente liscia: invece c’è comunque una linea di demarcazione tra i pannelli, più sottile ma comunque evidente. Quindi dopo aver stuccato e carteggiato, ho anche reinciso le linee e primerizzato di nuovo con il AS-16 Tamiya.

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Per cercare di rappresentare il modello dei film era necessario riprodurre almeno i segni delle battaglie sullo scafo, come i fori provocati dai laser o dagli impatti dei meteoriti: con un Dremel e una punta fresa medio-fine ho creato i solchi e i buchi sul lato superiore, un paio sul lato inferiore e il buco più evidente sul “gomito” del tunnel abitacolo:

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A questo punto, prima di procedere definitivamente con la verniciatura e colorazione, ho deciso di testare la resa dei vari passaggi e di alcuni prodotti per me nuovi, sulle basi dei cannoni laser, nel dettaglio queste fasi:

1. Preshading: linee e recessi XF-84 dark iron, pannelli XF-63 german grey;

2. Shading: “falcon grey”… cioè ho preso mezza boccetta di XF-2 e l’ho riempita con XF-20 e una piccola parte di thinner XF-20A, è venuto un “mix N.3 schiarito” (vedi foto sulla replica del colore AS-16);

(scartato l’utilizzo delle decals incluse per le pannellature: i colori non mi piacevano e mi sembravano poco fedeli)

3. pannellature grigio: mascheratura con nastro tamiya e XF-82 OceanGrey 2 (RAF);

4. pannellarure rosso: mascheratura con nastro tamiya e XF-9 + XF-7 + XF-2 (in un rapporto, andando molto a naso, 3:1:0,5 + thinner);

5. pulitura, altra velatura di falcon grey, correzioni e “chipping”, sempre con il falcon grey (chipping con pennellino e spugnetta, il minimo indispensabile);

6. mano di trasparente Xtracrylix Hannants Flat Varnish (XA1F) per bloccare tutto quanto.

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Poi ho voluto fare un test di lavaggi per evidenziare un pò pannellature e dettagli superficiali, e siccome le basi sono due ho voluto provare due prodotti che ho, con questi risultati:

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Sinistra: base superiore trattata con Mig Neutral Wash P222 e Wash Thinner Mig P239.

Destra: base inferiore trattata con AK Interactive Grey Wash For Kriegsmarine Ships AK303 e Odorless Thinner AK050.

Le differenze a mio parere sono appena percettibili e variano anche in base alla quantità di prodotto che è impossibile dosare in maniera identica tra i dettagli delle due piccole basi (diametro 3,5cm). Quello Mig di sinistra è “più carico” e più marrone, quello AK di destra leggermente più chiaro/trasparente. Visto che è più tenue decido di utilizzare l’AK 303.

Verificati i vari colori e seguendo di nuovo lo stesso ordine di prima, procedo con il preshading dello scafo inferiore, maschero e coloro i pannelli grigi + chipping, e completo i pannelli con il mix per il rosso e un paio con il giallo XF-3 leggermente schiarito con bianco XF-2.

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006_DSC_0007Per verificare una famosa tecnica di invecchiamento dedicata al Millennium Falcon che si trova online da realizzare con i colori a olio, ho iniziato a trattare le superfici inferiori con i colori Mig 502 Abteilung 130 Dark Mud, 070 Dark Rust, 030 Faded Navy Blue, F510 Starship Filth, 092 German Ochre. Raccomando la massima delicatezza nel dosare questo tipo di colori, è molto facile esagerare e sovraccaricare (quindi rovinare) il risultato. In questo caso avrei dovuto usare meno toni ruggine, ma alla fine ho utilizzato il lato inferiore meno visibile proprio per capire se stavo esagerando senza rovinare tutto il modello.

Ho anche scurito i due pozzetti laterali ai carrelli frontali con acrilico nero e una passata di pigmento grigio dato con pennellino da make-up, entrambi tamiya weathering master set (gray da set E, e soot da set B).

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Poi ho completato con un lavaggio generale AK303, e un lavaggio nero AK075 For Nato Camo Vehicles con una spolverata di pigmenti anche sulle due aperture circolari (Mig P023 Black Smoke, da usare con mano leggera perchè molto coprente)

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Sezione con danno, lavorato con gli smalti (AK075 For Nato Camo Vehicles, AK012 Streaking Grime) invece che con gli oli, e pigmenti per sfumare lo “squarcio”:

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Ho provato anche il Dust AK015 per delle “colature” chiare invece che scure, aiuta anche a schiarire un pò i pannelli orizzontali nel caso (come questo) che si fosse un pò esagerato con i toni ruggine e le sporcature.

A questo punto il lato inferiore completato si presenta così:

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Passo alle superfici superiori. Stesso procedimento, con base appena appena schiarita e cercando di rimanere più leggero e delicato:

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dopo aver fissato tutto con una bella mano di Xtracrylic Hannants Satin Varnish (satin per facilitare un pò i lavaggi), ho inserito qualche variazione in alcuni dei pannelli (con lo Starship Filth Mig molto diluito) basandomi su un paio di foto dai miei libri:

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Per il lavaggio generale AK303 che vedete ho deciso di utilizzare il white spirit al posto dell’odorless thinner, appiciccando meno raccoglie anche meno pelucchi e sporcizie e microparticelle varie che sono più rognose con l’altro. Prima del lavaggio ho utilizzato il Gloss Hannants per facilitare questa fase e le successive.

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Le superfici superiori le ho completate con le colature (poche ma definite, ridotte al minimo) utilizzando soprattutto gli AK012 Streaking Grime e AK075 Nato Camo Wash + AK047 White Spirit. Alcuni punti di colore con AK046 Light Rust Wash, e per qualche colatura più leggera il solito utilissimo AK303 Grey Wash for ships (ottimo sui lati come lavaggio generale). Le scie di “fuliggine” sul retro le ho realizzate con un diluitissimo XF1 Tamiya ad aerografo e con pigmenti Mig (principalmente P039 Industrial City Dirt e P023 Black Smoke) e il Tamiya Weathering Set “B” con Soot (fuliggine) e Rust. Ho dato alcuni piccoli tocchi di Chrome Silver X-11 Tamiya con la punta di uno stecchino per mostrare il metallo nei punti danneggiati, così appaiono dei bei riflessi che danno profondità agli squarci e ai danneggiamenti. Su qualche spigolo ho passato della grafite.

Sui lati ho “impolverato” con gli stessi pigmenti + il P024 Light Rust: penso che aggiungerò anche qualche colatura più localizzata con AK012 e AK075, e ruggine AK046 in qualche punto. Magari darò anche uno o due tocchi su lati (e carrelli) con qualche smalto glossy AK dedicato alla resa di olio, carburante e colature di liquidi vari dagli impianti della nave (cose minime). Anche qui ho passato un pò di grafite, per accentuare gli spigoli, le curve dei due airlock laterali e i piccoli particolari delle fiancate.

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Fin qui il modello era satinato (quasi lucido) per aiutarmi con le colature; finiti questi passaggi ho dato una bella mano di Xtracrylix Flat Varnish XA1F della Hannants, rendendolo quasi del tutto opaco.

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Procedo anche con le parti separate (carrelli, disco radar e basi cannoni colorati con i due grigi di base, lavaggio AK303, invecchiati con oli 502 sfumati con white spirit, pigmenti tamiya, e smalto AK 084 Engine Oil che essendo glossy simula bene le colature sui carrelli). Il tunnel dell’abitacolo ha ricevuto lavaggi, colature leggere e pigmenti per cercare di arrivare a una mia versione ideale che racchiudesse un pò le caratteristiche di tutte le versioni cinematografiche (modelli in scala e set):

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Alla fine messo tutto insieme il risultato è questo:

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E’ stato un modello appassionante, più difficile da realizzare di quanto mi immaginassi all’inizio: pensavo si trattasse di buttare colature di sporco e ruggine qua e là, e invece riprodurre la posizione, forma, colori e varietà per avvicinarsi al modello originale è stata una bella sfida. Ora mi aspettano altri kit di Star Wars!

Grazie al forum, a tutti gli utenti che mi hanno seguito e consigliato durante la costruzione e nel thread completo che potete trovare QUI e a Valerio che mi ha invitato a scrivere questo making-of.

Alla prossima!

P-47 D-26 “Jugs over Germany” dal kit Eduard in scala 1/48.

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Il P-47 Thunderbolt è stato uno degli aerei americani più famosi della Seconda Guerra Mondiale ed ha battuto anche parecchi record costruttivi e progettuali. Fu il più potente – fino a 2800 HP nelle ultime versioni – il più veloce – superava i 760 km/h nella versione M – il più pesante – circa 9600 kg – uno dei più armati – con ben otto mitragliatrici da 12,7 mm – e il più prodotto – poco più di 15600 esemplari, la maggior parte nella versione D.

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Il modello: 

Proprio la variante D è protagonista di questo articolo. Il kit è una Limited Edition della Eduard in scala 1/48 (art.1179) che, di fatto, contiene le stampate Academy.

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La qualità della plastica non è affatto male e, cosa molto importante, le pannellature sono ben incise; non ho notato problemi di ritiri o sbavature sui pezzi. L’Eduard ha voluto ulteriormente migliorare il modello fornendo, all’interno della scatola, una serie di graditissimi set di dettaglio:

  • Cockpit completo in resina.
  • Ruote e cerchi in resina.
  • Ben due tipi differenti di eliche in resina.
  • Due lastrine di fotoincisioni.
  • Maschere per canopy e ruote.

L’abitacolo, nello specifico, è composto da ben sedici pezzi che si vanno ad accoppiare con vari particolari fotoincisi dando un effetto veramente realistico.

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Oltre agli accessori presenti nella scatola ho voluto dettagliare anche altre parti dell’aereo e, soprattutto, dargli più “movimento”. Le stampate della coreana Academy, infatti, presentano le superfici di governo, purtroppo, fisse in posizione neutra. Per rimediare a queste carenze, ho acquistato ulteriori aftermarket:

  • Eduard 48785: vani armi e munizioni fotoincisi completi di proiettili per entrambe le ali.
  • Eduard Brassin 648075: mitragliatrici in resina Browning M-2.
  • Eduard 48784 upgrade set: questo set in fotoincisione dettaglia principalmente i vani carrelli, i relativi portelli e migliora tante altre zone del modello.
  • Master 48002: canne in ottone.
  • Aires 4044: superfici di controllo in resina (alettoni, stabilizzatori e timone).
  • Brengun 48025 flap in resina: sarebbero destinati al kit Tamiya ma vanno bene anche sull’Academy previa qualche importante modifica cui parlerò più avanti..

Ora che la lista è completa posso, finalmente, dare il via ai lavori!

Una premessa: ho avuto la fortuna di iniziare questo kit quando Valerio (Starfighter84) aveva da poco finito il suo Jug (cliccate QUI per il suo l’articolo “Jug over Far East”); avendo affrontato anche lui il modello Academy ho potuto approfittare della sua esperienza ricavandone tantissime idee e soluzioni per il mio lavoro. Perciò lo ringrazio, il suo Work In Progress che è capitato davvero al momento giusto!

Ali:

Solitamente la costruzione ha inizio dal cockpit; questa volta, però, ho voluto dare il via dalle ali perché devono subire moltissimi interventi. Per prima cosa ho assemblato i vani armi fotoincisi facendo bene attenzione al montaggio perché questi lamierini sono sottilissimi e basta poco per rovinarli irrimediabilmente.

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Ho, poi, dovuto tagliare e preparare la valva superiore dell’ala destra per ospitare il vano stesso, mentre nelle valve inferiori ho aperto le fessure per l’espulsione dei bossoli poiché nel kit sono chiusi da piccole paratie in plastica. Una volta terminato il montaggio della gun bay, l’ho posizionata e incollata definitivamente nel suo alloggiamento.

A seguire ho tagliato entrambi i flap per poterli riprodurre in posizione abbassata. Questa operazione è abbastanza complicata anche perché il Thunderbolt aveva un sistema di estensione degli ipersostentatori abbastanza ostico da riprodurre partendo da zero.

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In ogni caso ho proceduto con l’autocostruzione dell’alloggiamento incollando, subito, una listella di Plasticard che ha funzionato sia da centina di rinforzo del bordo d’uscita, sia da contenitivo per lo stucco che ho successivamente applicato.

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Studiando le foto e i disegni tecnici si nota che l’alloggiamento nell’ala del flap ha una forma tondeggiante che si accoppia con il bordo d’entrata di quest’ultimo. Dopo parecchie prove a secco per verificarne l’esatto posizionamento, ho avvolto il bordo del flap in resina della Brengun col nastro di Teflon per favorirne il distacco dallo stucco. A questo punto ho applicato una generosa quantità di Tamiya Basic Putty all’interno dell’area delimitata dal Plasticard, ed ho spinto la superficie di governo contro l’ala con forza. Così facendo ho permesso allo stucco in eccesso di fuori uscire ai lati e di dare la corretta forma solo alla parte realmente necessaria.

Suggerisco di lasciar asciugare il tutto per almeno un giorno e non staccare il pezzo in resina per evitare che il materiale riempitivo perda il profilo corretto.

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Una volta rimosso il flap ho carteggiato e lisciato a dovere l’intera zona eliminando le eventuali imperfezioni e aggiungendo, all’occorrenza, del Mr.Surfacer 500 Gunze. Per completare gli interventi, mi sono “armato” di trapanino elettrico con micro fresa e ho aperto i vani dove, nella realtà, sono alloggiati i leveraggi che permettono l’estrazione e la ritrazione dell’iper sostentatore.

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Sotto la semi ala sinistra ho auto costruito il faro d’atterraggio sostituendo quello originale del kit che è decisamente inadatto. A differenza di quanto fatto da Valerio, personalmente ho scaldato un pezzo di sprue trasparente che, subito dopo, ho compresso all’interno dello scasso già aperto dall’Academy in modo da aumentarne il diametro. Seguendo i suoi consigli ho anche eliminato i numerosissimi pannelli in rilievo stampati sulle ali e sulla fusoliera; nella realtà essi sono a filo con la superficie metallica.

Fusoliera:

Terminato, per il momento, il lavoro sulle ali, ho proseguito con la fusoliera (anch’essa soggetta ad alcune migliorie). Non avendo trovato i due set della Quickboost 48921 dell’oil cooler exhaust e il 48299 dell’Intercooler exhaust, li ho rifatti con Plasticard. A tal proposito, con il sopracitato trapanino, ho anche aperto e assottigliato la plastica intorno ai relativi scarichi. I flabelli di chiusura sono in fotoincisione e provengono dall’upgrade set della Eduard.

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Anche la fusoliera risente della modifica dei flap poiché questi vanno ad inserirsi nella stessa. Per prima cosa bisogna eliminare la plastica in eccesso e ricreare da zero lo scasso riempiendo, dall’interno, il vuoto che si forma con il solito stucco Tamiya. Una volta asciutto ho nuovamente carteggiato e livellato il tutto per dare la sagoma definitiva all’alloggiamento.

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Ho voluto modificare, anche se è stata più che altro una pignoleria, anche i due scarichi delle Waste Gate appena dietro al cofano motore.

Queste valvole avevano il compito di smaltire i gas combusti che provenivano dal motore ma solo se la pressione era eccessiva per l’immissione diretta nel turbocompressore; In caso contrario essi venivano convogliati nella turbina ed eliminati direttamente dal turbocharger exhaust posizionato davanti al ruotino di coda. Il kit, in questa zona, è approssimativo e con dettagli poco definiti. Per questo ho praticato un foro di diametro pari a quello della waste gate e, successivamente, ho incollato al suo interno un pezzetto di guaina di filo elettrico per rappresentarne il condotto. Infine, utilizzando uno scarto tondo di fotoincisione ho incollato in posizione aperta la valvola.

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Cockpit:

I cockpit dei P-47 costruiti dalla Republic erano verniciati in Dark Dull Green, un verde molto scuro. La corrispondenza Federal Standard più vicina è il 34092 e il colore più simile è il Gunze H-302.

Grazie a Valerio e di conseguenza ad Enrico (Enrywar67) ho “scoperto” che il tono giusto è dato da un alchimia di colori:

  • 70% verde scuro XF-26 Tamiya + 30% bianco XF-2 Tamiya + 30% blu scuro H-326 Gunze.

Dopo aver steso ad aerografo questa miscela, ho incollato le fotoincisioni relative al panello strumenti (in nero) ed ho eseguito un lavaggio con nero ad olio su tutti pezzi. Per finire ho applicato un dry brush con il grigio medio Gunze H-308 (FS 36375) per mettere bene in risalto i tanti piccoli dettagli.

L’accoppiata washing/dry brush ha dato una tridimensionalità stupenda a tutte le parti dell’abitacolo. Una vera goduria!

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Finito di preparare tutti i componenti, tra cui il microscopico collimatore fotoinciso, ho potuto incollare l’abitacolo all’interno della semi fusoliera destra e procedere alla chiusura definitiva della carlinga. Prima ho preparato lo scarico del turbocompressore che l’Eduard, fortunatamente, fornisce sotto forma di PE (Photo Etched). Il pezzo l’ho verniciato in Alclad Dull Aluminium ALC-117 e. in seguito, l’ho “sporcato” con lo Smoke Tamiya.

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Con la fusoliera, oramai, unita in un sol pezzo, ho rimosso il timone di profondità per far posto a quello in resina (lasciato, a fine modello, in posizione leggermente sbandata). Ho, poi, incollato le paratie mobili e i pannelli dell’intercooler Exhaust ed, infine, ho assemblato il bellissimo binario di scorrimento del tettuccio costituito da numerose fotoincisioni.

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Assemblaggio finale:

E’ giunto il momento di dare forma a mio Jug. Gli attacchi ventrali per i carichi esterni sotto la fusoliera li ho ricostruiti con un ago da siringa tagliati a misura sostituendoli a quelli in plastica del kit.

Ho incollato le parti fisse dei piani di coda in resina e, finalmente, ho aggiunto le ali. In questi casi è sempre meglio stuccare le fessure e le imperfezioni con la ciano acrilica e non con lo stucco classico in quanto la colla, diventando durissima e compatta, si presta perfettamente ad essere reincisa.

Con le ali al loro posto mi sono dedicato ai vani carrello: quelli originali sono davvero brutti e, inoltre, al loro interno passa la linea di giunzione con la fusoliera che è molto difficile da eliminare. Fortunatamente il set Eduard fornisce tutto il necessario per sistemare a dovere entrambe le wheel bay!

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I vani sono verniciati con l’XF-4 Tamiya che è la tinta più simile al primer anti corrosivo Zinc Chromate Yellow utilizzato all’epoca. Il resto lo ha fatto il classico lavaggio ad olio nero e l’aggiunta di alcune tubazioni idrauliche (ricavate da fili elettrici di rame) dipinte in alluminio.

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Prima di andare oltre sono tornato sulle ali per completare il vani armi e relativo munizionamento. Ho aggiunto le canne della Master prestando massima attenzione all’allineamento; un disegno tecnico o foto del velivolo originale sono di ottimo aiuto in questo caso. Anche la gun bay è in XF-4 Tamiya e, come nei casi precedenti, ho steso un leggero lavaggio in nero. Le mitragliatrici di resina sono state verniciare in Gun Metal e completate con un dry brush in argento per simulare un po’ d’usura. Infine con l’Alclad Aluminium ALC-101 ho dipinto i nastri dei proiettili.

Per dare maggiore realismo ho voluto aggiungere anche i collegamenti elettrici delle Browning, ricavati dai suddetti fili di rame. Ultimo passo è stato il posizionamento delle fasce di proiettili nel vano munizioni. Per dargli un effetto realistico le ho “ondulate” simulando il peso dei bossoli che si appoggiano sulle centinature del vano stesso.

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L’ultima fase ha riguardato il parabrezza. Prima di incollarlo l’ho immerso nella cera Future per renderlo brillante e lucido, ma anche per proteggerlo dai vapori della ciano acrilica. Mentre il trasparente era in immersione, ho steso del nero opaco sulla palpebra del cruscotto che funge da pannello antiriflesso. Una volta fissato il windshield, l’ho stuccato con il Mr.Surfacer 500.

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Cofano motore:

Il cofano motore fornito nel kit ha i flabelli chiusi ma, guardando le foto dei velivoli reali in parcheggio, ho notato che essi sono spesso aperti. Quindi ho iniziato ad incidere la plastica con un bisturi affilato e a piegarli in posizione semi-aperta creando, poi, un minimo di dettaglio interno con avanzi di fotoincisioni e Plasticard. Terminata la lavorazione ho verniciato con l’Alclad Dull Aluminium ALC-117 l’interno della naca sporcandola con il nero ad olio molto diluito.

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Verniciatura:

La Eduard propone cinque colorazioni differenti, tutte relative ad esemplari operanti in Europa. Tra di queste quattro sono in metallo naturale mentre l’ultima, quella da me scelta, è molto insolita e accattivante. L’aereo in questione era stanziato in una base in Inghilterra con una mimetica simile agli Spitfire inglesi (grigio/verde). Nei primi mesi del 1945 gran parte delle superfici superiori furono verniciate di bianco, molto probabilmente per migliorare la mimetizzazione sui campi di battaglia innevati nel periodo invernale.

L’elenco dei colori da utilizzare è il seguente:

  • Dark Green XF-81 Tamiya.
  • Ocean Gray XF-82 Tamiya.
  • Medium Sea Gray XF-83 Tamiya.
  • Light Gray H-324 Gunze.
  • Flat Red XF-7 Tamiya.
  • Flat White XF-2 Tamiya.

Finita la lunga sequenza di montaggio e carteggiatura, ho mascherato tutte le zone preventivamente verniciate e ho iniziato a stendere tutti i toni della mimetica; prima, però, ho preferito verificare la bontà delle stuccature con il Mr.Surfacer 1000 diluito al 60% come primer. Fatto riposare il modello per almeno 24 ore ho applicato il Pre Shading in nero lungo tutte le pannellature; successivamente è stata la volta del Medium Sea Gray diluito al 70% col diluente Tamiya e con l’aggiunta di qualche goccia di Paint Retarder Tamiya, in tutte le superfici inferiori. Prima di passare ai colori sulle superfici superiori, ho verniciato le invasion stripes usando il Flat White e il Flat Black con la stessa diluizione sopra indicata.

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Per separare i toni della mimetica vera e propria ho preferito l’utilizzo del Patafix che, mi ha permesso di ottenere una sfumatura perfettamente in scala. La parte anteriore del cofano motore e il timone sono stati verniciati in XF-7 Flat Red Tamiya.

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Verniciando in Olive Drab il binario di scorrimento del tettuccio e passando almeno due mani di lucido X-22 Tamiya ho terminato la fase di verniciatura del mio P-47.

Weathering e Decal:

Ho scelto di non invecchiare eccessivamente il modello anche perché la mimetica era stata applicata solo per il periodo invernale.  Ho, solamente, eseguito un leggero Post Shading sui colori semplicemente aggiungendo qualche goccia di bianco all’Ocean Gray e al Dark Green, e aerografando le miscele schiarite al centro dei pannelli.

Poiché sono stato ingannato dal bianco che ha coperto quasi tutto l’effetto iniziale del Pre Shading per far risaltare lo sporco e l’usura delle pannellature ho diluito al 90% un grigio chiaro e l’ho steso a bassissima pressione lungo tutte le incisioni; in pratica ho profilato il dettaglio superficiale (un doveroso ringraziamento ad Aurelio/FreestyleAurelio per il consiglio). In seguito ho eseguito un lavaggio ad olio su tutto il modello utilizzando soprattutto i Panel Line Accent Color della Tamiya.

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Con un’ulteriore mano di X-22 Tamiya ho preparato il modello per le decalcomanie, ben fatte e stampate dalla Cartograf. Con l’aiuto del Gunze Mark Softer le ho posizionate senza grossi problemi. Le insegne sono state, poi, de saturate e uniformate al weathering con colori ad olio e velature sottili dei colori di base dati ad aerografo

Piccolo consiglio: purtroppo le decalcomanie hanno i colori poco saturi. In particolare, la parte bianca delle coccarde è poco coprente e lascia, purtroppo, intravedere il colore più scuro della mimetica sottostante. Per risolvere il problema ho dovuto ripassare, con attenzione, un velo di bianco all’interno del distintivo di nazionalità. Inutile ricordare che un’inconveniente del genere, soprattutto alla fine di un modello, è davvero fastidioso.

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Ultimi particolari:

Siamo arrivati al punto di assemblare definitivamente il P-47. Le gambe di forza dei carrelli, comprese le ruote, le ho completate con numerose fotoincisioni e resine; una volta verniciate le ho invecchiate e assemblate in modo da posare il Jug sulle proprie gambe!

A seguire, ho incollato tutte le superfici mobili, compresi i flap, ricreando i vari leveraggi con sottili listelli di Plasticard.

Per incollare le pale dell’elica in resina al mozzo la Eduard fornisce una pratica dima; l’ho sfruttata e nel giro di pochi minuti tutti le parti erano al loro posto.

Purtroppo non sono riuscito a reperire il motore aftermarket della Quickboost ma, fortunatamente, i set di dettaglio della Eduard mi hanno permesso di migliorare a dovere quello del kit. L’antenna è stata riprodotta con un singolo filo di rame dei cavetti elettrici e verniciata di nero, mentre il canopy ha subito gli stessi trattamenti del parabrezza con la cera Future; successivamente i suoi frame sono stati mascherati e verniciati con l’Alclad Aluminium ALC-101.

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Infine ho passato con i Weathering Set Tamiya (per la precisione il B col pigmento “sporco” nelle zone di maggiore calpestio degli specialisti e dei piloti, ovvero sulle radici alari), e ho creato i gas di scarico delle Waste gate con lo Smoke Tamiya dato ad aerografo. Con un pennello sottilissimo e dell’argento a smalto ho ricreato qualche scrostatura, ma senza esagerare.

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Ultimo tocco per chiudere il lavoro sono state due mani generose di trasparente opaco H-20 Gunze diluito al 50% che ha dato al Jug una bella finitura finale.

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Conclusioni:

Il kit Academy non è affatto male come base di partenza. Al resto ha pensato l’Eduard aggiungendo molti set per migliorare i punti deboli del kit.

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Naturalmente non mi sono bastati ed ho voluto esagerare ulteriormente arrivando a modificare intere zone del modello, ma alla fine tutto questo mi è servito per migliorare la mia esperienza! ci sono stati dei momenti bui durante la lavorazione ma vedere il risultato finale mi ha dato molta soddisfazione.

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Approfitto per ringraziare Valerio e tutti i componenti del forum che mi hanno seguito ed aiutato.

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Spero che questo articolo sia di vostro gradimento, buon divertimento e buon modellismo a tutti!!!!

Alessandro – Brando – Brandini

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Tecnica Modellistica: Realizzare dosatori per ciano acrilica in casa!

Tra i molteplici prodotti che usiamo per incollare i nostri modelli ha un ruolo importante la colla ciano acrilica, venduta commercialmente da moltissimi brand.Personalmente la uso spessissimo sia per incollare, ma soprattutto per stuccare…..sì sì, avete letto bene: stuccare!!

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Il pregio maggiore di questa tipologia di collante infatti,oltre all’incollaggio tenace e rapido, è di riuscire a riempire perfettamente qualsiasi tipo di fessura, e non solo; quando lucidata, mediante l’uso di limette da unghie con diversi tipi di grane (via via sempre più fini) assume una finitura a specchio cintegrandosi perfettamente con la plastica e rendendo quasi inutile l’uso del primer.

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Soprattutto la ciano acrilica  reagisce benissimo alla reincisione mediante aghi o scriber al contrario degli stucchi classici che si sfaldano o si spezzano sotto la pressione dell’incisore. Detto questo, vediamo come realizzare a costo zero dei pratici dosatori per incollaggi di precisione. Praticamente si usano i tubetti trasparenti contenuti negli “spruzzini” dei prodotti di pulizia domestici i quali, scaldati su una fiamma (io uso una candela), si riescono a filare esattamente come si fa’ con lo sprue quando realizziamo delle antenne o dei tiranti .

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Questi dosatori, a seconda del punto di taglio che si eseguirà con un taglierino, rilasceranno più o meno colla permettendo di dosare la quantità  più idonea in base del tipo di incollaggio-stuccatura che si sta realizzando. Più facile a farsi che a dirsi… dopo qualche prova riuscirete a creare dei beccucci perfetti e utilissimi!

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Pensate, ad esempio, quando dovete incollare la giunzione ala-fusoliera……mettendo la punta del beccuccio nella fessura potrete far scorrere per capillarità e con precisione la colla evitando di “inondare” la zona limitrofa salvaguardando dettagli e pannellature.

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Detti dosatori funzionano con tutti i tipi di ciano lenta,media e rapida ma il loro miglior risultato lo danno con la ciano rapida (ovvero quella più liquida) che ovviamente è la più difficile da gestire. Il tutto a costo ZERO! da adesso in poi non gettate più nel cestino le confezioni di sgrassatori o detergenti… il tubicino al loro interno vi tornerà molto utile. Buon incollaggio a tutti!!!

Enrico – Enrywar67 – Guerra.

Tornado Gr.1 “Royal Air Force” dal kit Revell in scala 1/72.

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Sicuramente il Tornado è uno dei velivoli che riscuote più successo tra i modellisti di jet moderni: belle colorazioni, insegne variegate, una storiografia interessante e ricca di avvenimenti che lo hanno visto protagonista assoluto negli ultimi conflitti, possibilità di carico, insomma, un velivolo che permette di dare sfogo alle voglie mostruosamente proibite dei modellisti.

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L’oggetto delle mie attenzioni si è rivolto al kit Revell in scala 1/72 credo il migliore in questa scala (a parte un paio di peccati qua e la che se evitati in fase di progettazione avrebbero potuto veramente darci il “non plus ultra”). E’ proprio però per uno di questi “peccatucci” che alla fine mi hanno fatto optare per una rappresentazione un po’ particolare e “movimentata”. Tra l’altro la scatola di montaggio oggetto di questo articolo è stata già presa in esame nelle pagine di Modeling Time: questo il LINK!

Montaggio:

Principalmente il “difetto” del Tornado Revell  sta nel muso un po’ magro. Infatti la forma del radome in questo velivolo è alquanto complessa: convessa al bordo di attacco della fusoliera finisce poi  leggermente concava verso il pitot.  Assieme alla caratteristica deriva, il radome costituisce un tratto distintivo del velivolo ed un po’ tutte le case modellistiche, in tutte le scale, ci hanno sbattuto contro. Per questo motivo mi sono detto “perché non rendere invisibile questo difettuccio staccando il radome???” Nel giro di breve tempo, un bel taglio e via il naso. Ovviamente sarà necessario rappresentare quello che si vede dietro quindi ci vorrà un bell’esercizio di scratch (foto alla mano). Inoltre mi sono studiato già il modo per collocare il radome incernierato e ruotato perché venendo montato alla fine dobbiamo avere tutto pronto per usare meno colla possibile e fissare tutto in modo robusto.

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A questo punto vista anche la disponibilità di un set “avionic bay” Verlinden in resina, donatomi dal mio amico Jacopo, perché non usarlo??? Zac…. Taglio dei pannelli relativi e poi…… tanti improperi per cercare di adattare il tutto  (in effetti erano studiati per il kit hasegawa). Inoltre alla fine, quando il tutto è andato su nel miglior modo che sono riuscito, mi accorgo che i pezzi Verlinden sono un po’ spogli e con poco dettaglio. Ed allora ancora scratch!!!!

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Devo dire che le ali Revell sono molto belle come dettaglio ma attenzione perché queste, una volta montate ed incollate alle due valve della fusoliera (a freccia minima), tendono a “cadere” dando al modello un angolo di diedro che definirei “stanco” che si ripercuoterà sulla linea finale del velivolo. Per questo ho tagliato gli “ingranaggi” di rotazione ed inserito degli spessori tra ala e fusoliera superiore per fissare il tutto cercando di azzeccare un buon compromesso per il diedro alare.

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I carrelli principali sono ben dettagliati per la scala. Avendo avuto problemi consiglierei di montarli prima di chiudere le fusoliere anche se poi, magari, daranno fastidio durante la fase del montaggio. Questo perché hanno una soluzione di incastro un po’ problematica, ed io, montandoli alla fine, a verniciatura ultimata, ho trovato grosse difficoltà per allinearli correttamente. Aggiungendoli subito, invece, si possono forzare, adattare o tagliare senza problemi. Il carrello anteriore invece necessita di modifiche; il martinetto posteriore rappresentato è stato difatti eliminato negli anni. L’esemplare che ho scelto, ad esempio, non lo aveva più. Altra cosa da modificare è l’altezza. Infatti l’incastro nel pozzetto non è proprio uno dei momenti gloriosi della storia del modellismo. Montato così da scatola c’è il rischio di far assumere al modello una linea seduta astile A-4 Skyhawk.

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 Ora direte: “ma tutte ‘ste cose, tu, te le sogni la notte??? Colpa dell‘abuso di Assenzio??? Consulti lo sciamano?????? Interpreti i fondi del caffè????” . Beh a parte qualche bicchiere di rosso che mi permette di fare i tagli ai kit senza pensarci (ma il mattino dopo sai i pentimenti!!) devo ammettere che “giro” molto sul web per vedermi modelli finiti fatti da altri. Ho visto splendidi Tornado Revell  “rovinati”  però dal diedro a “libellula” e dal naso all’insù!!! Ecco tutto nessuna facoltà paranormale.

Verniciatura:

I colori che ho usato sono l’XF-54 ed il Xf58 Tamiya acrilici che dovrebbero ben rappresentare il grigio F.S.36132 ed il verde F.S.34079 della mimetica standard NATO. Secondo me vanno bene, poi nulla vieta di servirvi di tinte ben più codificate di altre marche che più vi aggradano. I colori, come al solito, sono poi stati “trattati” con post-shading abbastanza pesante (visto che l’esperienza mi dice che la cera Future attenua di molto i vari effetti).

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Su questo modello ho voluto rappresentare un pò le varie transizioni nel tempo delle colorazioni, in seno alla RAF, del Tornado: colorazione NATO, “Desert Pink” Guerra del Golfo (serbatoi), tonalità di grigio (pod Sky Shadow). Il tutto rende più interessante “spezzando” l’aspetto scuro generale del velivolo. Una velata leggera di nero stradiluito rappresenterà sulla deriva lo sbuffo nero fumo dovuto agli inversori di spinta. Infine un bel lavaggio molto scuro nei pannelli dopo avere passato il trasparente lucido.

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Ho usato le decals Revell…. Discrete. Però, devo dire, non reagiscono molto al Decalfix Humbrol per ammorbidirle. Alla fine non è che le insegne siano tantissime e molte, comunque, risultano invisibili.

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Conclusione:

Sono abbastanza soddisfatto per avere portato a termine questo modello montato in occasione del Group Build che teniamo annualmente sul forum “Modeling Time” e dedicato, quest’anno, alle Forze Armate Britanniche. Ovviamente mi sarà sfuggito qualcosa nella descrizione ma tenete conto che ho iniziato il modello a Marzo del 2014 portandolo a termine svariati mesi dopo. Non esitate a chiedere per qualsiasi dubbio o critica, mi raccomando!!!

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Inoltre colgo nuovamente l’occasione per ringraziare ancora tra tutti Jacopo il quale mi ha donato il kit in questione con extra di resine e fotoincisioni varie. Grazie Jacopo!!!

Saluti a tutti.

Massimo M. “Pitchup” De Luca.

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“Tora! Tora! Tora!” – A6M2 Mitsubishi Zero “Zeke” dal kit Tamiya in scala 1/48.

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Sono convinto che nella vita ogni appassionato modellista, e amante dei film bellici, sogni la costruzione di tutti quei velivoli protagonisti nelle tante pellicole cinematografiche. Ricordo ancora quando, da piccolo, ho visto per la prima volta il cult “Tora!Tora!Tora!”. Uno dei “miti” che occupava gran parte delle scene era il leggendario A6M2 Zero, caccia da combattimento prodotto dalla Mitsubishi e successivamente uno dei principali velivoli impiegati nelle battaglie del Pacifico durante la Seconda Guerra Mondiale. Credo che non dimenticherò mai l’acquisto di questa scatola di montaggio. E’ avvenuto nell’aprile del 2014 durante uno dei viaggi più belli degli ultimi anni, a Tokyo, in Giappone. La cultura del nostro hobby, nel paese del Sol Levante, è evidente: vedere interi piani di negozi colmi di kit fa venire la pelle d’oca e l’acquisto compulsivo è quasi obbligato! Nella vasta scelta a mia disposizione (forse anche troppa!!) il mio occhio è caduto sull’A6M2 prodotto dalla Tamiya in scala 1/48.

Il kit:

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Il kit è una “old edition” dello strafamoso Zero che tutti conosciamo. Lo stampo risale agli anni ’90 ma, nonostante non sia un’uscita recente, è tutt’ora in grado di farci divertire. Il modello conta circa cento componenti in plastica grigio chiaro dove, su tutto spiccano delle pannellature in positivo. Purtroppo circa l’85% del dettaglio superficiale è in rilievo e per questo ho deciso di procedere ad una totale reincisione dei pezzi.

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Aftermarket.

Molteplici sono le ditte che producono set in resina o in foto-incisione per arricchire il nostro Zero Tamiya! Personalmente, non essendo un amante degli aftermarket non ho voluto esagerare limitandomi all’acquisto del minimo indispensabile:

  • Eduard Mask : codice EX318
  • Techmod decal : codice 48095

Prima parte del montaggio.

Come di consueto sono partito dal cockpit che, nonostante l’età, è già abbastanza soddisfacente. Noi modellisti, però, siamo sempre alla ricerca dell’iper dettaglio e della perfezione per cui armato di santa pazienza, Plasticard, tubicini in gomma e rame sottile, ho iniziato a miglioralo.

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Quello che ha richiesto più tempo è stato il pannello strumenti perché la ditta giapponese lo proponeva del tutto piatto e con la sola decal da applicare per simulare la strumentazione. Ovviamente questa soluzione mi è sembrata poco realistica ed efficace, tanto da indurmi a ricostruire praticamente da zero l’intero cruscotto con del Plasticard sottile. La decalcomania fornita dalla Tamiya mi è tornata utile in seguito: infatti ho ritagliato le singole veglie e le ho applicate nei fori che avevo precedentemente creato per ricreare i vari quadranti.

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Al seggiolino, caratteristico e spartano, ho aperto i fori di alleggerimento usando l’ago di una siringa caldo. In seguito, per pulire e rifinire il tutto, ho spennellato un po’ di Extra Thin Cement della Tamiya.

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Il colore del cockpit dei velivoli giapponesi era un verde abbastanza accesso che fungeva da primer contro la corrosione. Questa vernice era spesso soggetta a usura e sbiadimenti, quindi perché non ricreare questo effetto? Ho usato l’XF-71 Tamiya (ci avviciniamo al Federal Standard 36251) aggiungendo ad esso quattro gocce di bianco sempre della stessa ditta! Una volta stesa la miscela, ho eseguito i soliti lavaggi (o “washing”) per donare tridimensionalità alla cabina. Ho preparato la superficie spruzzando il Clear Tamiya poi, dopo aver fatto asciugare circa otto ore, con un pennellino ho steso i colori ad olio (un mix tra bruno van dyck e nero diluiti in acqua ragia) in modo tale che per capillarità entrassero negli angoli e nei recessi. Infine, ho steso ad aerografo l’opaco Revell (Matt 2) per donare la giusta finitura al posto di pilotaggio. Alcuni dettagli li ho meglio evidenziati con la tecnica del dry-brush usando un grigio chiaro Humbrol.

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Tocca adesso al motore Sakae 12 da 14 cilindri (940 hp). Quello da scatola non è buono, ma con qualche foto sotto mano ed un pò di pazienza si può aumentare il livello di dettaglio.

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Colorazione a base di XF-16 Tamiya e poi un pesante lavaggio con nero ad olio e colature varie. Per finire un dry-brush in grigio chiaro (stesso usato sopra) per enfatizzare le lamelle di raffreddamento dei cilindri.

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E’ la volta dei carrelli, molto buoni di base; mi sono limitato ad inserire tra due striscette di nastro Tamiya un filo sottile sottile di rame per simulare i condotti idraulici!

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Non dimentichiamoci delle mitragliatrici: l’A6M2 Zero model 21 era dotato di armi da 7.7 mm Type 97 montate in caccia con 500 proiettili, e due cannoni da 20 mm Type 99 situati nelle ali con 60 colpi ciascuno. Non ho voluto acquistare le bellissime canne della Master (tornite in ottone e già pronte all’uso), preferendo tagliare un ago ipodermico da siringa (soluzione sicuramente meno costosa).

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Seconda parte del montaggio.

Passo, ora, al montaggio della fusoliera e delle ali. La Tamiya è rinomata per l’eccellente qualità degli incastri…. bè, non è questo il caso! Sotto questo aspetto lo stampo soffre molto del peso dei suoi anni e il montaggio è tutto tranne che agevole e veloce. La giunzione ala/fusoliera è la più complessa anche perché il diedro positivo porta altri disallineamenti dei vari pezzi. Per chiudere le fessure ho utilizzato delle piccole striscioline di Plasticard inserite al loro interno e fissate con abbondanti spennellate di Extra Thin Cement che ha sciolto la plastica assicurando un incollaggio forte. Per la rifinitura ho preferito utilizzare l’Attack come stucco: una volta asciutto, carteggiato e lucidato con grande dalla 1000 alla 2500, il collante assume la stessa consistenza e finitura della plastica adiacente risultando invisibile sotto la verniciatura.

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Dopo aver trattato i trasparenti con la cera Future ed averli coperti con le mascherine pre-tagliate Eduard, il montaggio è terminato. Inizia, ora,la fase più divertente… quella della verniciatura!

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La colorazione e l’invecchiamento.

Prima di procedere oltre ho preferito stendere un primer per controllare le stuccature e la qualità dell’assemblaggio. Esistono tanti validi prodotti..ma per me, semplicemente ,un grigio chiaro Tamiya (precisamente l’XF-19) può comunque bastare. L’esemplare da me scelto aveva due bande gialle in coda ed una banda rossa in fusoliera; le ho realizzate prima di applicare il colore di base della mimetica per maggiore praticità.

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Ho disegnato le linee del preshading con l’XF-76 Tamiya scurito con del Nato Black. Successivamente, volendo dare l’idea dell’usura causata dallo sfregamento dell’aria, ho caricato l’aerografo con del bianco e l’ho passato sulle ali con movimenti molto veloci e paralleli alla fusoliera.

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Successivamente ho ricreato anche l’Aotake Blue del vano carrelli; ammetto che non è correttissimo ma, per questa volta, mi accontenterò! ho usato una miscela di Flat Blue Tamiya con XF-16. Il trucco sta nel mescolare una tonalità accesa di blu con una tonalità metallica!

La mimetica è stata realizzata usando il Tamiya XF-76, un colore che mi ha colpito piacevolmente per la sua fedeltà. La cappottatura motore è, invece, in Nato Black (sempre Tamiya).

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Per l’invecchiamento del modello ho effettuato un leggero Post Shading partendo dalla tinta di base schiarita, via via, con sempre maggiori quantità di bianco. Per enfatizzare le tracce di sporco nelle zone più soggette (tipo superfici inferiori o vicino ai serbatoi), ho aggiunto all’XF-76 del grigio o del giallo. Infine, ho applicato anche altri effetti con le polveri Vallejo usandole, oltretutto, anche per ricreare i fumi delle mitragliatrici. Per concludere, le scrostature le ho ottenute mediante un pennellino a punta piatta rigida imbevuto leggermente nel 66 Humbrol (basterà picchiettare le setole con precisione sulle superfici).

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Le decal Techmod si sono rivelate ottime: sottili e sature nei colori, reagiscono molto bene ad i liquidi emolienti della Microscale. Ovviamente, per evitare fastidiosi problemi legati al “silvering”,  ho “caramellato” il modello con circa quattro o cinque mani di Clear Tamiya in modo tale che potessero aderire al meglio.

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Ho scelto l’esemplare pilotato da Shigeru Itaya, decollato dalla Akagi per colpire Pearl Harbour nel “Giorno dell’infamia”.

Il modello è stato nuovamente lucidato con altre tre mani di Clear Tamiya ben diluito per livellare le insegne precedentemente applicate, ed è stato preparato per i lavaggi (eseguiti con il solito mix tra bruno van dyck e nero). Trascorse 24 ore per la completa asciugatura, ho spruzzato generosamente l’opaco Revell (Matt 2). Incollando gli ultimi particolari (quali carrelli e elica) e rimuovendo le mascherine che coprivano i trasparenti, il modello è finito direttamente in vetrina … Tora Tora Tora!

Brevi conclusioni.

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Spero che la lettura di questo articolo e la visione del modello sia stata di vostro gradimento. Ringrazio, naturalmente, tutti coloro che durante il Work In Progress sul forum di Modeling Time mi hanno dato una mano nel completare il lavoro.

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Esorto anche coloro che ancora non ci conoscono, ad iscrivervi ed entrare a far parte della nostra simpaticissima community! Le occasioni per parlare di sano ed allegro modellismo non mancheranno, statene certi!

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Per questa volta è tutto.. buon divertimento!

Saluti dallo Stretto di Messina,figghiulazzi.

Roberto Boscia – rob_zone

 

Decal Review: Missionmark Decal – 1/48 Mirage F.1 of the Armee de l’Air.

Voglia di Mirage?

Immagine inserita a scopo di recensione-Tutti i diritti del legittimo proprietario-Fonte airplanepictures.com

 

Se anche a voi ultimamente la Mirage’s Family vi inizia a solleticare allora vi consiglio di dedicare pochi minuti alla lettura di questa recensione, mentre se li amate e avete intenzione di iniziare la costruzione di un modello di casa Dassault nella versione F.1, allora questa recensione vi potrà tornare utile. Se poi siete anche estimatori e collezionisti di fogli decals di qualità, allora non potete cambiare pagina.
Missionmark decals è uno dei nuovi brand produttori di decals in scala 1:48 a carattere aeronautico nati da poco più di un anno a questa parte; il fondatore, Yury Tepsurkaev che ringrazio per averci dato la possibilità di recensire il suo prodotto, è un modellista Russo di lungo corso e questa peculiarità la si riconosce chiaramente nel suo prodotto. Le decals che ho in questo momento tra le mani, e che tra qualche riga vi mostrerò, sono prodotte e pensate direttamente da lui. Il foglio in questione è il mmd48001, The First issue, uscito l’anno scorso e avente per tema i Mirage F.1 Francesi nelle versioni CT e CR.
In questo aftermarket, pensato per il kit della KittyHawk, troviamo rappresentate e riprodotte in scala 1:48 le decals dei Mirage F.1CT/CR in carico a l’Armee de l’Air che hanno preso parte a molte delle operazioni internazionali in cui questa era presente a partire dall’estate del 2008 sino all’agosto del 2013: Op. Serpentaire, Op Unified Protector, NATO mission Air Baltic 2013, OP. Serval.

 Foreword

Prima di analizzare le decals e le sue peculiarità è meglio gettare una luce in più sulle varie versioni esistite ed esistenti di questa macchina. Vi risparmio la storia, la genesi e le prestazioni di esso che potete tranquillamente leggere e trovare in rete oppure reperire sotto forma di cartaceo. Il focus lo farò sulle varianti che questo Mirage en flèche, “Miraggio a freccia” in francese, ha avuto nel corso degli anni guadagnandosi degli acronimi singolari, così da togliere ogni dubbio per le righe a venire.
Il più grande acquirente del Mirage F1 è stata la Francia che ne ha ottenuti per la propria Aeronautica circa 246 esemplari (162 F1C, 64 F1CR e 20 F1B) a cominciare dal 1973. Gli ultimi sviluppi sono stati quelli relativi al programma F.1 CT, cacciabombardiere tattico con armi guidate, ricavato per conversione dei ‘C’.

Immagine inserita a scopo di recensione-Tutti i diritti del legittimo proprietario-Fonte fox-two.com

Nel 2011, risultavano in servizio con l’Armée de l’Air i Mirage F1 B / CR / CT rispettivamente in 7 / 48 / 10 esemplari e sono inquadrati nei seguenti squadroni:
• Escadron de reconnaissance 2/33 Savoie sulla BA 112 Reims-Champagne con i Mirage F1 B / CR / CT
• Escadron de chasse 5/33 Côte d’Argent sulla BA 118 Mont-de-Marsan con i Mirage F1 CR

I Mirage F.1 sono stati ritirati dall’Armée de l’air il 13 giugno 2014.

Immagine inserita a scopo di recensione-Tutti i diritti del legittimo proprietario-Fonte wallpaperhd.com

 

Quelle che seguono sono le versioni principali del velivolo:
• il Mirage F1 A, monoposto da attacco al suolo diurno;
• il Mirage F1 B, biposto da addestramento;
• il Mirage F1 C, monoposto intercettore;
• il Mirage F1 C-200, Mirage F1 C dotati di una sonda per rifornimento in volo fissa;
• il Mirage F1 CR, monoposto da ricognizione tattica;
• il Mirage F1 CT, monoposto da attacco al suolo;
• il Mirage F1 D, versione da esportazione del Mirage F1 B;
• il Mirage F1 E, versione da esportazione del Mirage F1 C;
• il Mirage F1 R, versione da esportazione del Mirage F1 CR;
• il Mirage F1 M-53, versione per il concorso NATO, non prodotta.

Nel dettaglio:

Mirage F1A
Modello da attacco al suolo e caccia diurna. È una versione “degradata” dell’F1C standard in quanto equipaggiato solo di un radar telemetrico (modelli degradati simili apparvero anche per i Phantom e i MiG-23). Esportato in piccole quantità in paesi come Sudafrica (Mirage F1AZ) e Libia (Mirage F1AD) .

Mirage F1B/D
Versioni biposto da addestramento del modello basico C. Generalmente usata per compiti di seconda linea, non ha i cannoni, ma possiede quasi tutte le capacità del tipo monoposto. La B è la versione per l’Armée de l’air, la D quella per l’esportazione.

Mirage F1C
Modello basico da caccia, prodotto prevalentemente per le esigenze francesi. Radar standard Cyrano IV, 1-3 missili R.530 o Super R.530; generalmente sono assenti i carichi aria-superficie teoricamente utilizzabili, in quanto l’F1C è una macchina utilizzata prevalentemente come caccia intercettore. La versione con la sonda fissa per il rifornimento in volo, vantaggiosa nonostante una certa perdita di prestazioni (non nota nella sua entità), è chiamato F1C-200.

Mirage F1E
Modello multiruolo, con vari standard di equipaggiamento (almeno 7, da E1 a E7); esportato prevalentemente in Iraq e capace, nelle varie sottoversioni, di trasportare Exocet antinave o missili Super R.530D.

Mirage F1CR/R
Caccia ricognitore da esportazione (R) e in servizio con l’Armée de l’air (CR). Sofisticate apparecchiature di navigazione e attacco, con un computer balistico e un vero HUD, per la prima volta nelle macchine francesi. Il Mirage F1CR è stato tra gli ultimi apparecchi di questo tipo ad essere prodotto, con entrata in servizio nel 1984 e cessazione della produzione attorno al 1987. Esistono pod esterni di vario tipo e macchine fotografiche interne diurne e ad infrarosso. Tra queste vi sono le camere OMERA 33 e 40, la prima usata per la mappatura a media quota, la seconda per le fotografie a bassa quota diurne. Il pod da ricognizione RP35P ha invece 2 macchine da presa con focale di 600 mm, una verticale e l’altra obliqua. Esso serve per le riprese a medie quote. Per allineare la macchina sugli obiettivi da fotografare vi è un traguardo sul tettuccio oppure in maniera automatica, con il sistema di navigazione inerziale e più di recente, il GPS. Per operazioni diurne e notturne vi è il sistema termico SAT Super Cyclope, che è installato in una stiva ventrale e viene tenuto raffreddato a meno 193 gradi. Esso è così in grado di sentire differenze di 0.15 gradi e fornire immagini in bianco e nero risultanti. La ricognizione in condizioni ognitempo comprende anche lo SLAR 2000 RAPHAEL TH, sistemato in un pod sotto la fusoliera. Capace di “vedere” e memorizzare strisce di 100 km per 40 di larghezza (solo ad una quota relativamente elevata), esso può memorizzare i dati e trasmetterli fino a 350 km di distanza, con un grande vantaggio operativo perché i dati sono prontamente processati dalle consolle informatiche a terra, come le CINNA 3. Per ascolto elettronico ELINT esiste il sistema ASTAC (dal 1994) con un set di antenne esterne.
I cannoni sono assenti, sempre presente invece la possibilità di trasportare bombe e missili R.550, che lo rendono praticamente un cacciabombardiere-ricognitore (usato come tale nel Golfo, con attrezzature per la ricognizione assieme ai missili e 2-4 bombe da 250 kg.). Sempre presente anche la sonda per il rifornimento in volo (con la denominazione di CR.1-200).

Mirage F1CT
Aggiornamento della versione C con capacità di attacco al suolo, per le esigenze dell’aeronautica francese. 55 le macchine interessate, con ECM e radar Cyrano IVMR con modalità aria-superficie avanzate. Inizio consegne delle macchine così modificate dal 1994. La modifica esterna più evidente dell’ F.1CT è nel telemetro laser Thomson-TRT TMV630A situato in una piccola carenatura sotto il naso. Questa versione è stata equipaggiata anche dello SHERLOC digital RWR, Matra Corail chaff-flare e alcuni sono stati dotati di una fotocamera a ripresa obliqua. Internamente, la cellula è stata rinnovata e rafforzata aggiornando l’ avionica con un nuovo processore digitale, un SAGEM Uliss 47 INS, e una sistema radio rivisitato.

Mirage MF2000
La MF2000 è un aggiornamento completo da ASTRAC per il Marocco, con un motore migliore e un nuovo pacchetto avionico basato su quello del Mirage 2000.
• Helmet-mounted display (HMS) Un display montato sul casco
• Radar RDY-3 (multifunzione)
• Democles Pod per la designazione Laser
• Capacità di usare i missili: Exocet AM.39, R550 Magic II, MICA EM IR, AASM
• Radar warning receiver (RWR)
• Sistemi di navigazione GPS ibrido SIGMA

Chiusa la parentesi tecnico/storica, spalanchiamo finalmente la porta del nostro laboratorio per dare spazio alla nostra passione ma soprattutto per soddisfare le vostra curiosità.

 Le decals

Immagine inserita a scopo di recensione-Fonte missionmarkdecals.com
Immagine inserita a scopo di recensione-Fonte missionmarkdecals.com

Il prodotto si presenta bene e senza sorprese se non quelle positive che ci lasciano scoprire minuto dopo minuto un’ottima qualità con ricche e interessanti informazioni che supportano il modellista, rendendo veramente piacevole il lavoro sin dalle prime fasi della costruzione e colorazione. La sensazione che ho avuto è quella di un piccolo scrigno ricco di preziosi che trasmettono chiaramente l’imprinting di action modeller del produttore.


Iniziamo dal foglio contenente le decals. Ne sono due, stampati ottimamente dalla BoaAgency.

Le decals sono organizzate in maniera pulita e funzionale sul foglio che le contiene secondo una suddivisione virtuale dello stesso in tre distinte aree: stemmi con emblemi di reparto e decori, stencils di servizio , numeri di matricola e reparto. Questa è una delle molte cose che subito si apprezzano perché si ha una chiara idea di dove cercare cosa.

Appare subito evidente la finezza e la buona qualità di queste decals. Il film di supporto è lucido quanto basta a tener lontano il silvering e dare agli stencils quella indispensabile sottigliezza e trasparenza tanto ricercata da noi modellisti in un prodotto di qualità tant’è che quasi non lo si avverte sotto le dita.

Nel 90% degli stencils questo segue il contorno stesso della stessa riducendo al minimo la quantità di film trasparente che circonda ognuna di esse, evitando così anche inutili perdite di tempo dovute ad operazione di scontornamento.

I colori son saturi e ben stampati, anche le immagini più piccole sono chiare e nitide e gli stemmi di nazionalità hanno il colore e la dimensione giusta.

Numeri e scritte sono precisi e rispondenti ai font utilizzati dall’Aviazione Francese con i tipici tratti d’interruzione che si possono ben distinguere nelle foto dei Mirage reali.

Mancano sul foglio i numeri di identificazione degli stencil; niente paura perché questi li ritroviamo ben identificati nelle istruzioni con i successivi richiami nei vari profili.

Questo richiederà sicuramente un po’ di attenzione in più durante la posa ma nulla di trascendentale, difatti la suddivisione razionale e intelligente menzionata prima fa si che il foglio decals sia “pulito” e di facile orientamento nella ricerca degli stencil.

Passiamo alle istruzioni che si presentano in 3 fogli formato A4 ottimamente stampati e ripiegati lungo la metà e scritte in lingua inglese con termini alla portata di tutti. Di questi, due contengono le 12 varianti stampate a colori con ottima definizione, che si possono riprodurre con le decals a disposizione e sono rappresentati tutti nello disruptive camouflage scheme di cui 3 in overall dark green / dark gray e 9 in dark green/dark grey e superfici inferiori in light grey.

Di questi 12 si potrà sceglierne solo uno con le decals disponibili.

Su questi profili troviamo il posizionamento di una parte delle decals, quelle di reparto.
Sono incluse molte informazioni riguardo anche il tipo di operazione bellica a cui quella particolare macchina ha partecipato oltre le usuali e immancabili informazioni sulla versione e numero di matricola; tutto è molto chiaro. Viene indicata e specificata perfino il tipo di camera montato su quella particolare macchina, tra i due in adozione: omera 33 e omera 40.

Ma non finisce qui, molte altre chicche a livello di informazioni e curiosità arricchiscono il contenuto di questo set, agevolando il lavoro del modellista. Si percepisce benissimo che dietro c’è stato un bel lavoro di ricerca e passione, tipico di chi ha un degree da modellista. Come specificato ogni aereo può avere piccoli discostamenti della mimetica e questa è una cosa vera.
Nei 12 profili presentati questa è perfettamente rispondente alla realtà e le piccole variazioni che sono riportate nelle istruzioni rispecchiano molto fedelmente la controparte reale. Non è stato fatto un copia e incolla ma ognuno dei 12 rappresentati ha le proprie linee di demarcazione della mimetica. La ricerca non si ferma solo qui, anzi questo è solo l’inizio. Queste trovano riscontro anche nella realtà e tutte le particolarità menzionate a partire dalla mimetica, passando per il radome e finendo alle taniche da 2200l e 1200l, trovano un perfetto riscontro nelle macchine operative.

Da menzionare tra i 12 profili due che non possono esimersi dall’essere rappresentati per la loro particolare vivacità rispetto gli altri: sono l’F.1CR #604 118-CF avente la lion head sul serbatoio ventrale da 2200l e l’F1.CR #658 118-NQ con shark mounth riportata sempre sul medesimo serbatoio; ambedue in carico al 2/33 Savoie.

Nel terzo foglio di istruzioni troviamo la numerazione degli stencil, il posizionamento di quelli generali con le 4 viste del Mirage F.1, le indicazioni sulla colorazione, il tipo di carico bellico adottato e una dima correttiva per il kit della KittyHawk. Andiamo con ordine.
Sono presenti poche decals da non utilizzare e queste sono ben individuate in questo foglio perché riportanti una sbarratura, inoltre vengono menzionate le decals correttive riguardanti le lion heads e alcuni piccoli stencil numerici. Le informazioni di posizionamento sono ben descritte e ricche da non sbagliarsi.

Dietro troviamo, con somma gioia, le mescole esatte per riprodurre gli 11 colori usati. Il riferimento è verso i Tamiya. Addirittura su queste proporzioni che il produttore ci mette a disposizione, troviamo un piccolo appunto che recita: <<…paint mixes already reflect “ scale effect”…>> ed ancora : <<…1:48 model will look too dark if painted with authentic colors.>>
Bhè tanto di cappello a questa ottima iniziativa che sarà una panacea per molti. Ma non finisce qui. La ricerca si è estesa anche ai carichi adottati. Vi ho già menzionato che i 12 Mirage rappresentati hanno partecipato tutti alle seguenti missioni: Op. Serpentaire, Op Unified Protector, NATO mission Air Baltic 2013, OP. Serval. Il produttore ha tenuto conto anche di questo nella sua ricerca infatti viene fornito per ogni operazione il tipico carico montato per quell’occasione dai Mirage. Tutto rappresentato chiaramente tramite immagini con annessa legenda ed eventuali note.

A completare la ricchezza di informazioni troviamo delle utili note riguardanti il kit della KittyHawk. Queste riguardano il posizionamento errato di alcune pannellature poste sul serbatoio da 2200lt che il kit fornisce.

Il produttore provvede a correggerle fornendoci una dima stampata nella medesima pagina, che indica l’esatta posizione di queste ma anche quella dei filler cap.

Delle spare decals di colore giusto provvederanno a sopperire eventuali ritocchi lì dove sono presenti stencil divisi in due metà.

Tutti e 12 i Mirage F.1 rappresentati in questo aftermarket erano in carico al 2/33 Savoie sulla BA 112 Reims-Champagne.

 

Decisamente un foglio decals da non lasciarsi sfuggire non solo per la qualità ma anche per la cura e dedizione che il produttore ha investito per farla arrivare a noi modellisti non perdendo di vista l’aspetto modellistico/storico e rendendo il suo lavoro davvero alla portata di tutti. Bravo Yury, continua così con la tua MissionMark e speriamo che troveranno posto nei tuoi futuri progetti anche soggetti in scala 1/72. Per maggiori info: www.missionmarkdecals.com

 

Immagine inserita a scopo di recensione-Tutti i diritti del legittimo proprietario-Fonte wallpaperhd.com

 

Aurelio Laudiero – FreestyleAurelio