martedì, Ottobre 15, 2024

Kit Review – F-14D Tomcat AMK 1/48, Prima Parte.

Alla fine, è arrivato. Dopo ben 3 anni dal pre order e ben 5 dall’annuncio, il famigerato F-14D Tomcat AMK in 1/48 è qui. In questo lasso di tempo, Tamiya ha fatto uscire il suo kit, GWH ha annunciato un altro new tool (un A, per ora) mentre Hasegawa ha in catalogo un D già da molti anni. Quindi perché c’era tutta questa attesa spasmodica per un kit di cui esiste già almeno una controparte di qualità eccellente?

AMK è una ditta relativamente giovane nel panorama modellistico ma che si è guadagnata una buona reputazione tra gli appassionati soprattutto per il MIG-31, unanimemente riconosciuto come modello fedele, dettagliato, ben ricercato e dal montaggio estremamente preciso. AMK non è stata immune da scivoloni clamorosi (come ad esempio la prima release del Kfir, inficiata da un problema di forme della fusoliera) ma la qualità percepita dei loro modelli si è fatta rapidamente apprezzare tra i modellisti. Quando annunciarono il loro Tomcat, le caratteristiche del modello fecero venire l’acquolina in bocca a tutti. Esse comprendevano:

  • Ugelli super dettagliati e in due versioni (aperti o chiusi).
  • Barra per catapulta riprodotta e carello anteriore posizionabile esteso o compresso (in posizione di lancio dalla catapulta).
  • Riproduzione degli armamenti AA (aria/aria) in un solo pezzo, realizzati tramite sliding molds.
  • Aerofreni aperti o chiusi.
  • Ala posizionabile a scelta: completamente avanti, completamente indietro e oversweep in parcheggio (NOTA: AMK dichiarò che questa feature sarebbe stata presente per la prima volta in assoluto in un kit di F-14. Tamiya ha però incluso questa caratteristica anche nel suo kit, prendendosi il primato. Sempre se il vecchio Monogram non avesse già questa possibilità, cosa di cui sono abbastanza sicuro ma che non ho potuto ancora verificare).
  • Superfici mobili dell’ala posizionabili (completamente aperte o chiuse, diruttori compresi).
  • 5 livree diverse, tra cui VF-2 e VX-9.
  • Livello di dettaglio elevato.
  • Fusoliera anteriore in un solo pezzo.
  • Canopy in due versioni; a scelta in un pezzo unico o con telaio separato e trasparenti divisi (per la bolla posteriore).
  • Prezzo ultra competitivo (si parlò di circa 55$ in caso di pre ordine).

Con queste premesse è abbastanza ovvio che l’attesa fosse spasmodica. La politica commerciale AMK, per quanto discutibile dal mio punto di vista, si è rivelata in effetti vincente con i kit venduti praticamente sulla fiducia senza che se ne fosse visto ancora nemmeno un pezzo. Passò diverso tempo (parliamo di almeno due anni) e finalmente vennero mostrati i primi test shot del modello con un lancio mediatico molto aggressivo, sfruttando al massimo le piattaforme social ma evitando, tranne un paio di eccezioni, i forum specializzati. A questo punto, diversi modellisti e esperti di aviazione avanzarono forti perplessità su alcune forme e dettagli del kit, concentrandosi in modo particolare sulla parte posteriore della fusoliera che sembrava presentare i problemi più evidenti. Seguirono mesi di botta e risposta tra AMK e gli appassionati, con accuse reciproche e bordate da entrambe le parti senza però arrivare a un confronto costruttivo e imparziale. Il bailamme mediatico fece sì che diverse persone ritirarono i preordini non essendo convinti dalle risposte che AMK forniva alle varie obiezioni. Contemporaneamente, alcuni modellisti particolarmente coinvolti nel progetto iniziarono una guerra di religione contro i cosiddetti “conta rivetti”, a loro dire colpevoli di togliere voce a chi fa modellismo principalmente per divertimento e rei di accusare AMK di peccati veniali rispetto all’importanza e al livello generale del prodotto. Mentre AMK forniva i primi kit di serie a un piccolo e selezionatissimo gruppo di modellisti incaricati di realizzarne alcuni nel modo più spettacolare possibile, a dicembre 2019 il Tomcat è stato finalmente reso disponibile al pubblico pur se con un aumento di prezzo rispetto ai preordini di circa 5€. Convinto a giudicare la bontà del modello secondo i miei parametri e non leggendo le storie Facebook di qualche modellista che tutto è fuorché che imparziale, ho ritirato la mia scatola potendo così fare una recensione esaustiva e equilibrata sul modello, circostanziandola il più possibile con riscontri oggettivi.

NOTA: il kit è stato acquistato in un negozio a Roma, non ho legami di nessun tipo con nessun produttore e se uno stampo ha dei difetti li riporto senza dovermi preoccupare di urtare la sensibilità di qualcuno. Ho visto dal vivo gli F-14D in più occasioni e ho documentazione in abbondanza. D’altro canto, se siete prevenuti nei confronti di AMK o di altre ditte, siete liberissimi di chiudere qui e farvi la vostra idea.

Dividerò questa recensione in due macro sezioni e in tre puntate. La prima sezione sarà squisitamente tecnica (qualità delle parti, montaggio, stampaggio) mentre la seconda tratterà la fedeltà del modello al vero. Nella seconda puntata faremo invece un confronto con tra AMK e il suo principale competitor (cioè il kit Tamiya) e nella terza vi presenterò il kit montato (rigorosamente da scatola). Ma ora, iniziamo dalla volgare plastica.

Parte 1 – Il kit: tanto dettaglio e qualche problemino realizzativo.

Iniziamo dalla box art: bene ma non benissimo. Il disegno rappresenta un F-14D del VF-2 in decollo dalla portaerei. Abbastanza accattivante, se non fosse per il fatto che il disegno appare sproporzionato, con tutta la parte posteriore del velivolo tozza e corta. OK, l’abito non fa il monaco ma senz’altro aiuta. La scatola è abbastanza grande e comprende 24 stampate compresi i trasparenti, un piccolissimo set di fotoincisioni e decals divise su 3 fogli. Le fotoincisioni includono HUD, cinture, griglie dei flares, specchietti e maniglie del canopy.

La qualità delle stampate è buona, senza bave e in linea di massima ben definita. Ci sono diversi segni degli estrattori, alcuni dei quali in posizione molto difficile da eliminare (ad esempio sulle piastre interne delle prese d’aria).

La superficie della plastica di colore grigio scuro è leggermente rugosa ma comunque di qualità. I trasparenti sono ben fatti, senza distorsioni apparenti ma le luci di posizione alari e i frames (soprattutto del parabrezza) sembrano poco definiti. Sono inclusi due canopy: uno tradizionale in un pezzo solo e un altro diviso in 3, cioè i due cupolini e il telaio completo. Qualcuno ricorderà il Tornado ESCI che usava lo stesso sistema.

La forma a omega delle bolle sembra ben interpretata anche nel canopy in un pezzo solo. Mi domando allora il perché della complicazione: AMK ci dice che il tettuccio scomposto salva moltissimo tempo nella mascheratura dei frames e del loro interno, anche se mascherare il canopy del 14 non mi pare sia un’operazione troppo lunga e tediosa… Credo che il vantaggio di avere un solo pezzo robusto e il non dover incollare due trasparenti valgano il prezzo di una mascheratura leggermente più difficile. Nel mio esemplare, il frame centrale del canopy è spezzato a metà e viziato malgrado la stampata sia contenuta in una scatolina di cartone a parte e non sfusa nella confezione principale.

La fusoliera anteriore è stampata in un solo pezzo ed è ricca di dettagli, con la piastra di rinforzo intorno al predellino di salita posteriore di dimensioni e posizione corrette.

Sul lato destro ci sono due piccole piastre rettangolari sotto la slime light anteriore che non trovano riscontro nella realtà. Sono inoltre presenti dei fastidiosi disallineamenti nelle pannellature nel lato inferiore del pezzo.

Vanno rimosse le cornici delle slime light, nella realtà esse sono addirittura leggermente rientrate e bordi.

A livello di stampaggio delle parti, in alcuni punti si nota una certa disomogeneità delle incisioni, in particolare in quelle nella zona inferiore della fusoliera posteriore che sono molto evidenti. È presente un segno di stampo che corre lungo tutta la presa d’aria e che sarà difficile da eliminare senza rovinare il dettaglio adiacente. Nel mio esemplare è abbastanza profondo e evidente.

Le decals, il cui artwork è stato curato da Furball e che includono 5 esemplari, a prima vista sono ben stampate e in registro, con le scritte leggibili. Guardando meglio, però, si nota che la saturazione (soprattutto dei colori più scuri) è scarsa e fa apparire i neri slavati e i toni falsati. Questo difetto è stato riscontrato in diverse confezioni ma non posso dire se è un problema comune o limitato ad alcuni batch produttivi. Sarebbe un peccato se le decal dovessero risultare inutilizzabili, perché i soggetti sono molto interessanti e il progetto ben realizzato… La strumentazione per gli interni e i cruscotti è ben stampata e copia bene la parte in plastica. Gli interni e l’abitacolo sono molto dettagliati e fedeli, così come i seggiolini e i vani carrelli.

Le soluzioni adottate da AMK per la scomposizione della cellula sono un misto di tradizione e innovazione. Detto del troncone anteriore in un solo pezzo, troviamo il radome in un pezzo unico e la fusoliera posteriore divisa orizzontalmente in due. La beaver tail e le carenature dei motori sono separate, così come i cuscini gonfiabili dell’ala e la carenatura posteriore del carapace. Ovviamente, derive semiali e tailerons sono anch’essi parti scomposte.

AMK ha deciso di fornire due cassoni alari completi di martinetti e della riproduzione del perno di rotazione. È necessario scegliere all’inizio del montaggio in quale posizione verrà costruita l’ala perché essa non è mobile e verrà bloccata in posizione di freccia massima o di freccia minima dal cassone stesso. Stesso discorso per i taileron: prima della chiusura della fusoliera bisogna scegliere quale delle tre posizioni consentite dovranno assumere: tutto a picchiare, neutro o tutto a cabrare. In base alla scelta, si è obbligati a montare il perno corrispondente senza possibilità di interventi successivi. Di contro, l’assemblaggio è estremamente robusto e a prova di errore.

Gli aerofreni sono anch’essi posizionabili così come anche la sonda RIV; un tocco di classe è dato anche dalle paratie interne delle prese d’aria raffigurabili in regime di volo subsonico, transonico e supersonico a seconda della scelta desiderata. Veniamo ora a quello che secondo me è il pezzo forte di questo kit: l’ala.

AMK ha scelto la via più costosa a livello di stampo ma probabilmente la migliore, fornendo due ali complete in configurazione clean (tutto chiuso) o con tutta la “biancheria” estesa, compresi gli spoiler divisi in 3 sezioni come al vero. La parte sotto gli slat è liscia e senza soluzione di continuità con l’estradosso alare: ottimo. Nel vero Tomcat, infatti, la superficie mobile si poggia sopra la pelle della semiala senza alcun tipo di incasso: brava AMK, bel lavoro.

Sono forniti due scarichi completi per i GE F110-400, aperti e chiusi. Mentre la riproduzione degli scarichi aperti è molto buona, quelli chiusi sono davvero scarsi di dettagli e praticamente inutilizzabili.

I motori sono completi ma solo abbozzati; è comunque una base per eventuali lavori di super dettaglio o eventuali portelli aperti. Le palette del compressore e la griglia dell’AB sono ben fatti e dettagliati. Il condotto di scarico, invece, presenta delle nervature troppo spesse e il solito problema della scomposizione che lascia una vistosa fessura, difficile da stuccare, una volta assemblato.

Il carrello d’atterraggio principale è molto buono, dettagliato e scomposto in modo efficace. Il carrello anteriore (o meglio, le sue ruote) ha qualche problema ma ci torneremo sopra tra poco.

Sono inclusi tutti i principali armamenti (sia aria/aria che aria/terra) usati dal D e i lanciatori corrispondenti. I missili e le bombe sono stampati in un pezzo unico ma anche qui c’è qualche problema di dimensioni.

In particolare, tutti i missili AA sono leggermente sottodimensionati. Un paio di rapidi calcoli portano a questi risultati:

Weapon Lunghezza al vero riportata in 1/48 Lunghezza effettiva AMK in 1/48 Scarto
AIM-54 82,50mm 82,35mm -0,15mm
AIM-7 75,84mm 75,4mm -0,44mm
AIM-9 59,375mm 59,2mm -0,17mm

Poca roba, senza dubbio. Però anche qui bastava davvero poco per essere precisi al millesimo…

Passiamo al montaggio delle parti principali. Il modello si assembla agevolmente, con incastri ben fatti e una scomposizione che consentirà la realizzazione delle altre versioni del Tomcat. Sono previsti inserti e parti alternative in fusoliera, la precisione delle parti più grandi è molto buona ma nel montaggio a secco si evidenziano delle fessure e dei punti critici come l’unione tra la parte anteriore e la fusoliera centrale. Anche la beaver tail lascia vedere un accoppiamento difficile; consiglio di unire la metà superiore della beaver tail alla fusoliera (e lo stesso per la metà inferiore) prima di unire le due semi fusoliere. Sarà più facile lavorare sulla giunzione orizzontale piuttosto che stuccare la fessura che si creerebbe montando la beaver tail completa. La soluzione adottata da AMK per le rampe mobili delle prese d’aria, molto buona a livello teorico, all’atto pratico si è dimostrata complicata e poco funzionale. Vi consiglio di montare a secco tutto diverse volte e di restringere leggermente con una lima le piastre posteriori. Montate prima queste e solo dopo aver installato tutto il complesso nella fusoliera, aggiungete quelle anteriori. Così facendo sarà più facile assemblare il complesso delle rampe allineando correttamente il tutto alla presa d’aria.

Il vano carrello principale è pure abbastanza antipatico da allineare e va forzato un po’ per restare a posto. Nessun problema invece per le prese d’aria esterne che sono molto precise malgrado la lunghezza e chiudono bene sulla fusoliera inferiore. Il condotto interno, invece, presenta una brutta rugosità dovuta allo stampaggio e richiederà parecchio lavoro. Anche qui mi sorprendo di come questo problema sia passato indenne al controllo qualità, visto che è davvero molto evidente e molto fastidioso.

Parte 2 – La fedeltà al vero: gioie e dolori (anche se forse sono più dolori che gioie)…

Il kit è stato rivisto pesantemente durante la fase di sviluppo ma alcuni aspetti (già emersi durante le prime presentazioni sul web) non sono stati corretti. Malgrado la buona impressione generale guardando i pezzi nella scatola, andando ad analizzare le forme del modello mi sento di dire che qualcosa decisamente non va.

  • Le ruote anteriori sono troppo piccole (10,2mm in scala, dovrebbero essere 11,5mm)
  • Anche le ruote posteriori sono piccole (19,08mm in scala, dovrebbero essere 19,38mm)
  • Il carrello anteriore è leggermente corto (circa 0,8mm. in meno misurato sul perno di retrazione); questo fatto, sommato all’errore nelle ruote, fa sì che tutto l’aereo sembri pendere verso il muso
  • Il parabrezza ha forme e proporzioni sbagliate. Il pezzo poggia troppo in basso sulla linea della fusoliera e se visto di ¾, il problema si nota abbastanza. La lunghezza del blindovetro è scarsa di 1 mm. e la curvatura della parte superiore vicino al frame è spigolosa e poco raccordata. Soprattutto, la base del canopy è più larga di quasi un millimetro rispetto all’originale, alterando di fatto le proporzioni tra i frames e i trasparenti.
  • Gli scarichi General Electric sono lunghi. Credo che contribuiscano alla sensazione di “strano” che si ha guardando la zona posteriore del modello (sono lunghi 15,9 mm. invece di 14 mm.).
  • Come detto sopra, gli scarichi chiusi sono davvero bruttini. Sembra quasi di guardare il GE F404 dell’Hornet! La curva dei petali è troppo dritta, dovrebbe essere più pronunciata. Il diametro sembra comunque corretto.
  • Il radome ha il profilo inferiore che sale verso l’alto troppo repentinamente, cosa che lo fa apparire goffo. Il vero F-14 ha un muso grande ma decisamente filante mentre il muso AMK sembra tozzo e leggermente troppo largo all’altezza dell’ordinata del radar, segno che forse tutta la semi fusoliera anteriore potrebbe essere un pelino larga. Questo difetto comporta anche un’inclinazione delle pareti del cockpit poco accentuata. Se visto di fronte, le paratie laterali dell’abitacolo del vero Tomcat sono abbastanza inclinate mentre nel kit AMK sono più verticali.
  • Il chin pod doppio è sbagliato sia come dimensioni, sia come forme.
  • Le slime light sono a rilievo mentre nel vero sono a filo.
  • La sezione anteriore dei pallet dei Phoenix è riprodotta in modo errato sia in sezione che in profilo.
  • Il bordo d’attacco della parte fissa dell’ala è troppo spesso, facendo sembrare l’aereo impacciato e anche qui, sproporzionato.
  • Nella parte inferiore delle gondole motori mancano 4 fastener del portello di ispezione motore (al vero controllo olio) sulla gondola destra. In quella di sinistra sono invece presenti delle pannellature non presenti sul velivolo reale.

“Curvy” o no?

Ci sono state infinite polemiche e discussioni circa la zona posteriore del kit. Molti modellisti hanno giustificato le forme AMK in tutti i modi, ad esempio sovrapponendo il pezzo C1 del kit su svariati disegni in scala (diversi dei quali di dubbia provenienza), parti di altri kit, fotografie, forme di cartone, prosciutti, sportelli di auto abbandonate e chissà cos’altro…

La questione è complessa ma cercherò di essere il più chiaro possibile: per me, tutta la parte posteriore della fusoliera è abbastanza approssimativa e non riproduce in pieno le forme del vero Tomcat. La curvatura della fusoliera verso i motori è troppo accentuata e la fusoliera in quel punto è larga; il problema diventa evidente se si monta TUTTA la zona posteriore del modello, comprese le carenature dei motori e i motori stessi. Gli errori, piccoli o piccolissimi se presi singolarmente, si sommano portando tutta la zona fuori sagoma e rendendo, di fatto, il nostro povero Tomcat più fuori forma di una pin-up degli anni ’50.

Ma perché nel 2020 ancora si fanno errori simili e le ditte degli anni ’70 tiravano fuori modelli che erano praticamente perfetti nelle forme e nelle proporzioni? Il discorso è lungo ma fondamentalmente dipende dal modo in cui si realizzano i kit oggi rispetto a trent’anni fa.

Negli anni prima del CAD, le ditte si procuravano i progetti (o blue prints, dal colore della carta su cui erano stampati) del velivolo e mandavano una squadra a misurare l’aereo vero. Fatto questo, un masterista realizzava un modello in scala 1/10. Questo prototipo veniva confrontato con i disegni, le foto e le rilevazioni fatte sul campo e corretto in base alle necessità. Quando tutto era a posto, il prototipo in scala grande veniva pantografato nella scala definitiva e da questo venivano tratti gli stampi in acciaio del modello di serie. Questo processo, per quanto lungo e costoso, faceva sì che il prodotto fosse realizzato da persone che avevano visto sia i progetti che il velivolo vero garantendo in qualche modo la fedeltà delle forme che venivano percepite e poi confrontate sui disegni. Il rovescio della medaglia era che il dettaglio ottenibile rimaneva condizionato dalla bravura del masterista e dall’accuratezza dei rilevamenti fatti al vero. Ciò non toglie che alcuni kit progettati negli anni ’70 riescano ancora a tener testa ad alcuni realizzati quarant’anni dopo. Mi vengono in mente l’F-106 Monogram e lo Spitfire Mk.5 Airfix, giusto per citarne un paio. Sto parlando di forme e fedeltà e non di dettaglio, sia chiaro; anche se i vani carrelli e i cockpit Monogram credo siano ancora favolosi, molto più di certe cose che ho visto in alcuni blasonati kit moderni provenienti dall’estremo oriente…

Oggi, grazie al CAD, le cose sono decisamente cambiate (e non sempre per il meglio).

La ditta si procura un set di disegni che non è detto siano quelli originali anzi, a volte provengono da fonti non proprio affidabili. Partendo da questi, un disegnatore CAD inizia a sviluppare le forme del modello per poi scomporre il tutto nei pezzi che troveremo negli sprue. Nel contempo vengono aggiunti tutti i particolari e si verifica che il progetto sia “chiuso”, cioè che non ci siano elementi non gestibili dal software o, peggio, elementi in conflitto tra loro. Alcune ditte arrivano a impiegare la scansione 3D per misurare i velivoli veri ma questa pratica non è ancora diffusa anche se probabilmente prenderà sempre più piede nel futuro prossimo. Una volta che è tutto pronto, i disegni vengono passati a una macchina CNC che realizza direttamente gli stampi, di solito per fresatura o elettroerosione. Gli stampi prototipali sono di metallo più morbido rispetto a quelli definitivi per una ragione di costi e il test shot del modello può anche essere stampato in 3D per verificare rapidamente forme e volumi del pezzo finale, facilitando le correzioni del caso in tempi molto brevi. Parte quindi un processo di QA (quality assurance) che segnala errori e correzioni fino a quando il prototipo è considerato definitivo e pronto per l’industrializzazione. Se è il caso, il QA rimanda indietro il prototipo alla progettazione fino a quando tutto non sia stato sistemato. Quindi, con tutta questa tecnologia a disposizione, perché ci ritroviamo ancora con profili sbagliati e errori più o meno seri nei nostri kit di ultima generazione?

Anche qui, come spesso accade, è una questione di tempi e di costi. Per realizzare una forma curvilinea, è necessario trasformare un disegno 2D in un qualcosa che si sviluppa in 3 dimensioni. Fare questo significa “sezionare” detta forma in migliaia (spesso decine di migliaia) di punti che possano essere interpretati dal software come una curva e non come un poligono. In poche parole più punti vengono rilevati, migliore è la fedeltà alla forma iniziale. In caso di sagome estremamente complesse bisogna, poi, interpolare tutti questi punti (o coordinate) tra loro per disegnare le curve che compongono la sezione finale. I software aiutano il progettista suggerendo, ad esempio, come raccordare una sezione o come scomporre un volume. Il problema è che i software suggeriscono sempre il modo più semplice per risolvere l’equazione ma in aviazione quasi mai la forma più semplice è quella che ritroviamo effettivamente sull’aeroplano. Diciamo che spesso, entro certi limiti, le ditte ritengono queste approssimazioni accettabili consapevoli del fatto che i “conta rivetti” in grado di accorgersene sono in netta minoranza rispetto a chi monterà ugualmente il kit perché “Oh, somiglia a un Tomcat quindi va bene. E poi ha gli aerofreni e le ali aperte, ma vuoi mettere?”.

Quindi, possiamo dire che i fattori che impattano pesantemente sul risultato finale sono essenzialmente due:

  • L’abilità del disegnatore nel “capire” l’andamento di una sezione per poi tradurla in coordinate da fornire al software CAD senza usare scorciatoie.
  • Il tempo che si è disposti a spendere sul progetto. Ovviamente più tempo si ha, migliori saranno le approssimazioni che poi diventeranno il disegno da dare in pasto alle macchine CNC. Nel tempo bisogna ovviamente includere anche il processo di correzione/QA del progetto: più tempo e risorse si dedicheranno a questa fase migliore sarà il prodotto finale.

Questo spiega anche il motivo per cui se sovrapponiamo un pezzo a un disegno, questo magari coincida senza differenze apprezzabili. Stiamo guardano un pezzo tridimensionale poggiato sopra un disegno bidimensionale, che per sua stessa natura non può fornire riscontri volumetrici o nelle sezioni trasversali del pezzo.

Tornando ai nostri modelli, è ovvio che aerei con forme molto complesse (mi viene in mente l’YF-23, un vero incubo di forme complesse e raccordi complicati che infatti è stato clamorosamente sbagliato nella sua reincarnazione in 1/48) siano difficili da riprodurre partendo dal foglio bianco. Nel caso del nostro Tomcat AMK, ho la sensazione che sia successo qualcosa di simile. Non sapremo mai quali siano state le circostanze esatte, ma credo che qualcosa a livello di progettazione e QA non sia andata esattamente come ci si aspettava.

Analizzando le forme del modello più in dettaglio, ho riscontrato queste che per me sono le “anomalie” più evidenti del kit:

  • Il profilo sopra il perno dei taileron scende facendo una specie di “S” che nella realtà non esiste (la fusoliera in quel punto è molto meno sinuosa). In quella zona specifica, nel kit è presente una specie di depressione come se qualcuno avesse premuto sulla fusoliera facendola rientrare verso il basso.
  • Lo spessore della parte compresa tra il gonfiabile e la cerniera del portello motore è molto più raccordata e dall’andamento più dolce. L’angolo della paratia sotto al taileron è maggiore e quindi la parete più inclinata.
  • Il vano della sonda è spostato verso l’alto, presupponendo che lo sviluppo del cono del muso sia anch’esso spostato di qualche grado verso l’alto o comunque poco fedele.
  • Nella parte superiore della fusoliera, bisogna separare le due sezioni seguendo il pannello già presente. Nel vero F-14 c’è una fessura evidente tra le due parti.
  • La sezione della coda è più larga di quasi 3 mm. rispetto al prototipo. Quindi sì: è CURVY, anche se per qualcuno di poco o niente (per me di molto, ma si sa io sono un conta rivetti senza speranza).

Come faccio a dirlo? Semplice, “so contare!” (cit. Jack Swigert, Apollo 13 CSM pilot).

In realtà, ho semplicemente misurato e ribattuto la fusoliera usando dei disegni di provenienza certa. In particolare, ho usato una copia digitale del foglio A51F0911 della Grumman Corporation, code 26512. La misurazione è stata fatta alla station 7025 corrispondente (per darvi un riferimento) al centro delle griglie presenti sotto la deriva. La station è stata scelta perché è il punto più largo della fusoliera e anche perché è facilmente individuabile sul modello e sul disegno.

(Una piccola nota polemica a margine. Questi disegni sono disponibili pubblicamente in quanto declassificati e si possono acquistare facilmente sul web per una quindicina di dollari. Sono in scala 1/10, data la mia passione per il Tomcat non ci ho pensato un attimo e li ho comprati subito. Sono bellissimi, sto pensando di stamparli in grandezza naturale e appenderli nel mio studio. A volte o ci si accontenta o si prova venire a capo delle questioni in modo meno approssimativo e più documentato. In una parola, facendo ricerca e documentandosi).

Andiamo a vedere i risultati:

F-14 larghezza alla stazione di fusoliera 7025 riportata in 1/48: 94,31 mm.

F-14 AMK larghezza alla stazione di fusoliera 7025 misurata in 1/48: 97,79 mm.

(Attenzione, spoiler! F-14 Tamiya larghezza alla stazione di fusoliera 7025 misurata in 1/48: 94,69 mm.)

Quindi tra il disegno Grumman e il kit AMK ballano 3,48 mm. Non molto in realtà, stiamo parlando di un errore del 2% sul totale della larghezza di fusoliera che in quel punto, al vero, è larga circa 4500 mm. o di una differenza di circa 17 cm. totali.

Questa è la fredda analisi. In realtà, c’è qualcos’altro che va considerato. In generale, guardando il modello, ho la percezione nettissima che ci sia qualcosa che non va, che qualcosa sia sbagliato. Che siano le proporzioni generali o alcune parti specifiche del modello, la sensazione che l’aereo sia “strano” non riesco proprio a farmela passare. Le curve e i raccordi sono approssimativi, le lunghezze e le proporzioni sono sballate e non rendono giustizia alle forme dell’aereo vero. Sembrerà a un Tomcat una volta costruito? Si, senza dubbio. Ma a un esame più attento non cattura tutte le forme e le sfumature dell’F-14D. È un bel modello, ma sistemarlo per renderlo più “accurato” è probabilmente troppo complesso senza un rifacimento totale della fusoliera. Il fatto che anche le misure siano discrepanti con il reale non fa altro che confermare questa mia sensazione che mi lascia l’amaro in bocca.

Sì OK, ma il Tamiya invece com’è? Questa risposta, miei cari amici gattari, ve la darà la seconda puntata!

“Negative AMK, the pattern is full!”

Vi aspetto per la seconda puntata! Fulvio “Spillone” Felicioli.

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