lunedì, Aprile 28, 2025
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Angel Knight Warhammer 40K – Kabuki Studio. Tutorial per il montaggio e la pittura.

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Questa miniatura della Kabuki Studio, in tiratura limitata, si ispira a Sanguinius –  uno dei venti figli dell’Imperatore (Universo di Warhammer 40000). La box art raffigurata non è perfettamente aderente allo schema colore da utilizzare per cui, volendo raffigurare il Primarca nella sua colorazione corretta, mi sono documentato su art work e relativi codex di riferimento.

Questo personaggio, infatti, ha caratteristiche diverse: prima tra tutte le grandissime ali bianche, l’armatura dorata e la sua arma canonica che è la Lancia (anche se nel duello finale con il Primarca traditore Horus utilizza la spada). Altra peculiarità è la pelliccia solitamente di un colore bianco sporco con macchie nere.

Assemblaggio miniatura e prima fase della colorazione:

Solitamente monto la miniatura seguendo due schemi ben precisi: per comodità dei pezzi oppure per continuità di tonalità del colore. In questo caso ho incollato tutto il corpo e i due semi gusci di ciascuna ala, lasciando separata la mandibola dalla testa del Demone nella basetta.

Conclusa la fase di assemblaggio, per poter mettere in risalto i vari dettagli e permettere al  ho steso su tutta la miniatura una base di nero XF-1 Tamiya spruzzata ad aerografo su tutte le parti ad eccezione delle ali. Il primer scuro aiuterà la vernice ad aderire meglio.

Per le mie miniature utilizzo quasi esclusivamente colori Citadel e  la tecnica del pennello asciutto (Dry Brush, che in questo articolo troverete spesso abbreviata come “Dry”) accompagnati dai lavaggi per scurire il colore e creare delle ombre.

Ora partiamo con la basetta:

  • Adeptus Battelgrey di base per le rocce.

  • Dawnstone (colore più chiaro) per dare le prime luci.

  • Administratum Grey per schiarire di una tonalità e far risaltare i contorni.

  • Infine un mix 50/40/10 di Administratum Grey, Ceramite White e Ushabti Bone.

Il risultato finale è questo :

Passando al Demone, ho deciso di riprodurre uno dei demoni rossi di Khorne (atavici nemici del Primarca). Consiglio di non incollare la mandibola al resto della testa. Questo vi permetterà di  colorare agevolmente il palato.

  • Base di Khorne red.

  • Lavaggio pesante con il Nuln oil.

  • Per i denti ho utilizzato il Flayed One Flesh al fine di dare l’impressione di un colore osseo (giallastro).

  • Per uniformare la colorazione del Demone ho fissato a secco la testa iniziando, poi, a colorare la pelle con la base Khorne red.

  • Lavaggio pesante Rosso con il Carroburg Crimson.

  • Ora per accendere il colore del demone ho fatto un Dry con il Mephiston Red e Khorne Red in miscela 50/50.

  • Sulle Corna e sui denti base di Flayed One Flesh.

  • Lavaggio pesante con l’inchiostro marrone Agrax Earthshade.

  • Nel frattempo che i pezzi continuano la naturale asciugatura, consiglio di lavorare sulle parti non inchiostrate, in questo caso le vene, con una tinta violacea per dare un po di colore ad una parte altrimenti a tinta unica. I colori utilizzati sono Genestealer Purple e Liche Purple sempre miscelati al 50/50.

  • Una volta asciutto il lavaggio sono tornato a definire più in profondità le corna, utilizzando la tecnica del Dry Brush con un mix 50/50 di Ceramite White e Flayed.

  • Sugli occhi ho optato per una clorazione gialla, quindi ho dato la base con l’Averland Sunset.

  • Agrax Earthshade sul corpo e sugli occhi per uniformare il tutto.

  • Con lo stesso mix utilizzato per le vene consiglio di dipingere anche l’interno della testa, per differenziarela da quella interna.

  • Infine ho scelto il Mephiston Red per le labbra e per qualche punto di luce sulla mascella e sul contorno in corrispondenza del taglio del cranio.

Ora la nostra basetta è finalmente completa!

Ed ecco la prova a secco del figurino sulla basetta, ancora non incollato, ma che fa da ottimo supporto per le fotografie.

Andiamo avanti dedicandoci all’armatura:

  • Per l’oro ho usato una base di Retributor Armour.

  • Lavaggio di Agrax Earhshade.

  • Una volta asciutto il washing, Dry di Gehenna’s Gold (10%) e Retributor Armour (90%).

  • Ancora Dry Brush, questa volta mirato per i punti luce superiori con il Liberator Gold in modo da terminare la nostra armatura.

  • Ora passiamo ai vari dettagli, iniziando con quelli che dovranno risultare di colore bianco. Per fare questo ho preparato una base di un Grigio tendente all’azzurro molto chiaro, l’Astronomican Grey.

  • Con il Ceramite White ho ottenuto dei punti luce a mano libera.

  • Le parti in verde sono in Caliban Green che è perfetto come base.

  • Dry di Warpstone Glow.

  • Con il Moot Green ho ripassato i contorni delle foglie per dare luce.

Alla fine si presenta così:

  • Per i dettagli delle gemme e del cuore che ha sul petto sono partito da un rosso scuro come il Khorne Red.

  • In attesa che asciugasse il rosso, ho steso il Nero sul bastone e i fregi delle spalline.

  • Sono ritornato sulle gemme dando loro un pò di luce con il Mephiston Red.

  • Puntinatura nella parte superiore della gemma in Macharius Solar Orange per ottenere i necessari riflessi.

  • Infine con il giallo (Averland Sunset) ho creato un punto luce unico all’interno della puntinatura stessa.

  • Per la lama della lancia  ho dato una base di nero, quindi ho colorato per intero la lama con il Leadbelcher.

  • Lavaggio pesante con il Nuln Oil.

  • Infine per dare l’effetto dell’affilatura ho steso il Mithril Silver.

 

Ora possiamo lavorare sulle ali:

  • Base con l’aerografo di H-417 della Gunze (è un colore grigio coprente che tende all’azzurro).

  • Infine Dry con il Ceramite White.

Eccole ultimate!

Personalmente ho optato per delle ali “angeliche” molto pulite per attenermi alle caratteristiche del personaggio scelto. Per chi  volesse ottenere un effetto più marcato consiglio di andare per step partendo da un bianco sporco di base e schiarire man mano fino a raggiungere il risultato desiderato. Consiglio vivamente di non stendere mai i lavaggi sul bianco perché scuriscono troppo e lasciano molti residui!

L’ultimo step riguarda la pelliccia:

  • Base ad aerografo di XF-60 Dark Yellow ( ma anch un sabbia qualsiasi va benissimo).

  • Per il pelo biancastro ho steso una base uniforme di Flayed.

  • Dry con il Mix al 50/50 di Flayed One e Ceramite.

  • Per l’interno della pelliccia ho utilizzato l’XV-88.

  • Un leggero Dry di Balor Brown e Flayed fa il resto.

  • Infine per le macchie ho utilizzato l’Aerografo con l’H-77 Gunze.

E… Finalmente abbiamo finito la nostra miniatura!!!

Il Work In Pogress completo lo potete trovare sul nostro FORUM!

Buon modellismo a tutti! Jacopo “Jac” Ferrari.

Un Gustav per Roma – Bf.109 G6/R6 dal kit Eduard in scala 1/48.

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Nel concitato periodo che andò dalla perdita dei territori in Africa Orientale all’8 settembre del 1943 la stremata Regia Aeronautica, visto anche il ritardo con il quale giungevano in linea i nuovi caccia della “Serie 5”, chiese aiuto all’alleato tedesco per avere mezzi freschi e poter fronteggiare le incursioni alleate che sempre più frequenti mettevano a dura prova sia la popolazione, sia l’apparato industriale (già di per se non proprio fiorente) nazionale.

Dalla Primavera all’estate del 1943 la Luftwaffe riversò alla R.A. centoventidue Bf.109 nelle versioni F4, G2, G4 e in maggior parte G6. La prevalenza dei Gustav fu dislocata al Sud per cercare di contrastare lo sbarco alleato in Sicilia, e molti di essi vennero comunque distrutti al suolo durante i bombardamenti che precedettero l’inizio dell’Operazione Husky. Solo una piccola aliquota (alcune fonti dicono undici velivoli, altre diciannove) fu assegnata al 23° Gruppo, di stanza a Cerveteri, a difesa della Capitale.

Ho voluto riprodurre proprio uno di questi velivoli, in carico alla 70a Squadriglia, che è ritratto in una foto molto conosciuta durante l’estate del ‘43 sul campo di Cerveteri.

Per realizzare il modello ho utilizzato:

  • La scatola Eduard #82111, dedicata ai Bf.109 “Late Series”, ma che contiene tutti le parti per realizzare un esemplare “Early” (è richiesta solo una piccola modifica alle fusoliere, per il resto basta montare i pezzi corretti per deriva, parabrezza, tettuccio e collimatore).

  • Il set Montex 48053 che contiene le maschere per riprodurre due esemplari in forza alla Regia Aeronautica, quelle per i trasparenti, le canne delle Mg.131 e il pitot in ottone tornito della Master.

Ho resistito alla tentazione di aggiungere gli aftermarket disponibili nel catalogo Eduard perché il dettaglio da scatola è di altissimo livello e permette di ottenere una bellissima riproduzione in scala anche “Out of box”.

Il primo passo della costruzione è stato eliminare con un colpo di cutter la “bolla” del radiogoniometro dietro il tettuccio, particolare non presente sui nostri esemplari; ovviamente a semifusoliere chiuse la zona è stata poi stuccata e reincisa.

Fatto questo sono passato all’assemblaggio della vasca stendendo una mano di acrilico Gunze H-416 (RLM 66) sulle pareti e il pavimento. Successivamente ho dipinto a pennello i vari particolari delle paratie laterali e manette, e colorato di giallo il tubo del carburante lasciandone una sezione trasparente com’era anche in realtà (una vera chicca che la Eduard non si è fatta sfuggire). Dal foglio fotoinciso incluso nel kit ho prelevato le cinture di sicurezze applicandole, poi, sul seggiolino con delle micro gocce di colla ciano-acrilica.

L’unica nota dolente riguarda il tono delle fotoincisioni dedicate al quadro strumenti e di altri pezzi pre-colorati: virano troppo sul viola e, vista la resa finale, consiglio di utilizzare il cruscotto in plastica con l’aggiunta della decal trasparente; prestando attenzione e pazienza sicuramente si ottiene un risultato migliore.

Concluso il grosso del montaggio ho eseguito dei lavaggi a olio in nero e Grigio di Payne su tutto l’abitacolo. Un leggero dry brush in Bianco e Alluminio ha dato maggiore profondità e realismo al tutto.

Finito il posto di pilotaggio e incollati gli scarichi, ho chiuso le due semi fusoliere e aggiunto i vari “accessori” quali bugne, cofanature motore e piani di coda. Tutti gli elementi appena elencati s’incastrano quasi alla perfezione.

Passo, ora, a illustrarvi le operazioni fatte sulle ali: sono partito dai pozzetti carrello, anche qui il dettaglio è molto ben fatto con le guaine di chiusura del vano ruota ben riprodotte, mentre andrebbe forata la zona di riposo del carrello (lo farò sul prossimo, forse…). Anche in questo caso, una volta chiuse le semi valve che compongono il complesso alare, le parti incollate combaciano più che bene.

Fatto questo mi sono dedicato all’accoppiamento con la fusoliera, dove la proverbiale precisione fin qui riscontrata ha vacillato per qualche istante; per far assumere il corretto diedro alle ali, infatti, è necessario metterle “in tiro” usando del nastro applicato alle tip e tirato sopra la carlinga. Dopo aver spennellato una generosa quantità di Tamiya Extra Thin Cement, ho lasciato tutto a riposo rivolgendo le mie attenzioni al resto dei pezzi ancora “fermi” sugli sprue.

Presa d’aria: Il Gustav che volevo riprodurre era un “Trop”, quindi dotato di filtro antisabbia, fortunatamente previsto nella scatola. Questo, purtroppo, è fornito completamente liscio ed è necessario riprodurre la caratteristica griglia che lo rivestiva su tutta la circonferenza. In attesa di un’idea per auto costruire questo elemento (leggete oltre e conoscerete la soluzione!), sono andato oltre.

Radiatori olio e acqua: la lastrina foto incisa fornisce anche le griglie per entrambi i sistemi di raffreddamento; le copie in plastica, però, hanno già una qualità soddisfacente ed essendo poco visibili ho scelto di non complicarmi la vita preferendo evidenziare le reti protettive con un dry brush in Alluminio Mr.Metal su un fondo in nero opaco. Dato che non si butta via niente… quelle belle fotoincisioni hanno trovato subito il modo di essere di nuovo impiegate: tagliate a misura e adattate sul filtro Trop, sono andate subito a simulare la griglia che avevamo precedentemente lasciato in stand by!

Timone di profondità: il prodotto della ditta ceca oggetto di quest’articolo è equipaggiato con le derive per varie versioni, quindi bisogna far attenzione alle foto e capire quale effettivamente era montata sull’esemplare da riprodurre; il “nostro” aveva l’impennaggio di primo tipo (di dimensioni ridotte e costruzione lignea), con un solo compensatore.

E’ giunto l’agognato momento della verniciatura che ho aperto con lo splinter in RLM 74/75 sulle superfici superiori e in RLM 76 su quelle laterali e inferiori; essendo il ”mio” un velivolo di produzione MTT, non presentava le classiche “mottles” sui lati della fusoliera, ma piuttosto delle striature “allungate” verso la coda in RLM 75. Queste le ho riprodotte con l’aerografo, ovviamente a mano libera, e giacché avevo tempo a disposizione, ho verniciato anche insegne (Croce Sabauda e fascia in fusoliera in bianco, cofano in giallo RLM 04) codici individuali (utilizzando le maschere Montex) e le obliterazioni (con il Gunze H-324 utilizzando le mascherine a disposizione).

Soddisfatto dal risultato raggiunto, mi sono concentrato sulla colorazione delle parti “secondarie” quali elica (ogiva in bianco opaco e pale in RLM 70), carrelli e ruote (ho aggiunto giusto del filo di rame per simulare le tubazioni del circuito frenante) flap, slat, e antenne e contrappesi vari degli organi di governo.

Una volta terminata la colorazione ho controllato nuovamente le poche foto disponibili, e mi sono accorto di aver aggiunto verniciato le tip alari in bianco quando, in realtà, erano mantenute in RLM 74 a sinistra e 75 a destra sull’aereo reale!

CONTROLLARE SEMPRE LA DOCUMENTAZIONE E MAI FIDARSI DEI PROFILI!!

Non senza apprensione ho provveduto a correggere e ripassare le parti “incriminate”.

Si avvicinavano le battute finali, una passata di lucido (sempre con la solita miscela 70% Leveling Thinner Gunze/ 30% Clear Tamiya acrilico più un paio di gocce di Future in coppetta) ha preparato il modello per stencil (ottima la qualità delle decal Eduard) e lavaggi (eseguiti con un grigio scuro a olio). Infine, una mano di opaco (H-20 Gunze diluito al 70% con nitro) ha sigillato il tutto e dato la giusta finitura al mio ‘109.

In conclusione è stato un piacere assemblare un kit che consente una costruzione veloce (malgrado le poche modifiche che ho VOLUTO fare per “downgradare” un G6 Late allo standard Early), divertente e soprattutto molto precisa. Sicuramente non sarà l’ultimo Bf.109 Eduard che costruirò, viste anche le versioni che la casa ceca ha già fatto uscire o ha in programma di immettere sul mercato!

Come al solito un grazie a tutti gli amici del FORUM, a un gruppo di modellisti molto “critici” che fanno crescere…e a tutti quanti hanno avuto la pazienza (e lo stomaco!) di leggere queste righe!

Buon modellismo a tutti! Alessandro “Argo2003” Gerini.

ALPHA JET- A in Luftwaffe Service – dal kit Wingman Model in Scala 1/48.

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Ho sempre avuto una certa attrazione per gli addestratori e, in particolare, il soggetto protagonista di questo articolo stuzzicava già da molto tempo le mie corde! Purtroppo, però, non esisteva un modello che mi soddisfacesse e le uniche possibilità per realizzare un Alpha Jet era la vecchia scatola ESCI, decisamente fuori dagli standard attuali, o un kit in resina molto approssimativo della PJ Production. La Kinetic ha colmato questa mancanza mettendo in catalogo, di recente, un buono stampo che non mi sono fatto scappare.

Il kit:
Dopo una ricerca on-line ho scoperto con piacere che la Wingman Model, joint venture tra l’Airdoc e Isradecal, ha re-inscatolato lo stampo della ditta cinese aggiungendo delle resine e delle ottime decalcomanie; insomma, un prodotto già completo di tutto.


Vediamo nel dettaglio cosa troviamo nella confezione:

• Le plastiche, come anticipato sono della Kinetic, nel solito negativo. Eseguendo alcune prove a secco gli incastri sono anche discretamente precisi. Una piccola considerazione in merito alla ditta a cui bisogna dare merito per l’impegno profuso in questi anni: in poco tempo ha fatto buoni passi in avanti migliorando di molto la qualità e l’accuratezza delle loro realizzazioni.
• Il cockpit in resina, di buona fattura completo di seggiolini e barre di comando.
• Antenne varie in resina e due pezzi, per la parte posteriore, che dovranno essere utilizzati se si sceglie un esemplare portoghese.
• Ruote in resina, assolutamente necessarie per sostituire quelle originali.
• Pod del cannoncino che per il mio esemplare non ho utilizzato.
• Una confezione della Master Model completa di tubo di pitot in ottone e sensori dell’angolo d’attacco.
• Una lastrina di fotoincisioni per dettagliare sedili e fusoliera.
• Mascherine adesive per tettucci e pneumatici.
• E per finire uno splendido foglio decal stampato Cartograf, completo di tutti gli stencil e scritte di servizio e con la possibilità di realizzare diversi esemplari tedeschi con due tipi di mimetica.

Anche se il costo non è proprio a buon mercato, nella “box” c’è già tutto il necessario per un risultato finale più che buono!
Mettiamoci all’opera.

Il montaggio:
Prima di iniziare il montaggio mi sono procurato la monografia della JP-4 “Dassault-Breguet-Dornier Alpha Jet-A” dedicata proprio alla versione AJ utilizzata dalla Luftwaffe; in rete ho recuperato anche delle foto che rimangono comunque un’ottima fonte di documentazione.
Ad una analisi più attenta ho deciso di riprendere alcune pannellature e rivettature, soprattutto concentrate sulla pancia, perchè non molto profonde e poco definite. Se le avessi lasciate così, infatti, dopo le vari mani di colore e primer probabilmente avrei perso il bel dettaglio di superficie.

Cockpit:
Subito ho fatto qualche prova a secco per rendermi conto di come la vasca si adattasse all’interno della fusoliera e, con soddisfazione, ho notato che i pezzi si incastrano senza particolari difficoltà (giuste qualche colpo di lima nelle zone laterali mi ha aiutato a rendere gli accoppiamenti ancor più precisi). Consultando le immagini a mia disposizione mi sono accorto che nella parte posteriore sono presenti parecchi cavetti e tubazioni molto visibili con i tettucci aperti. Ho deciso di aggiungerli auto costruendoli con fili di rame e Plastirod. Il colore utilizzato per gli interni è il Gunze H- 317 Gunze, leggermente schiarito con del bianco.


Nel frattempo ho iniziato a studiare i due cruscotti che hanno un buon dettaglio delle veglie esterne ma sono completamenti privi della strumentazione interna; così dopo averli colorati di nero e averli sottoposti ad un dry-brush in grigio chiaro, ho ricreato i vari quadranti fustellando lancette e indicatori da un foglio decal di recupero presente nel provvidenziale magazzino pezzi. Inoltre ho dettagliato la zona dietro il cruscotto anteriore del pilota riproducendo il telo di copertura della palpebra con la carta che avvolge i cioccolatini (modellista goloso…!). Colorato l’elemento di verde, l’ho poi sottoposto al trattamento col pennello asciutto in grigio chiaro.


Step successivo, i seggiolini: presentano le cinture già stampate ma non sono granchè belle. Avrei voluto sostituirli con delle copie della Neomega ma, anche in questo caso, non mi convincevano le proporzioni. Alla fine ho deciso di tenere quelli forniti dalla Wingman concentrandomi su una buona pittura e dei lavaggi mirati per migliorarne l’aspetto. I colori utilizzati per i vari particolari sono i seguenti: la struttura in un insolito sky blu H25 Gunze, le imbottiture di seduta e schienale verde n° 78 Humbrol, le cinture grigio n° 30.

Vano Carrelli:
Questi aerei in parcheggio hanno quasi tutti i portelli dei vani carrello chiusi; rimangono aperti solo quelli che sovrastano le gambe di forza dei carrelli principali. Cosi ho deciso di non dedicare troppa attenzione al loro interno limitandomi a verniciarli in alluminio H8 Gunze e dargli maggiore profondità con dei lavaggi piuttosto scuri.
Al contrario sulle già citate gambe di forza ho aggiunto qualche cavetto in filo di stagno per simulare le tubazioni idrauliche.


La scomposizione del modello obbliga a montare i carrelli prima di chiudere i relativi pannelli, e questo complica abbastanza le successive fasi di montaggio. Bisogna prestare molta attenzione nel non spezzare i pezzi che spuntano dagli alloggiamenti.

Fusoliera e Piani di Coda:
Una volta terminato il cockpit e aver incollato i vani carrello nei rispettivi alloggiamenti, ho unito i due gusci che compongono la fusoliera (non prima però di aver inserito qualche grammo di peso nella prua per evitare che il modello si potesse sedere sulla coda).


Il montaggio procede abbastanza spedito senza particolari complicazioni ad eccezione delle ali, forse gli unici pezzi del kit che non si adattano alla perfezione e che necessitano di un pizzico di attenzione in più. A tal riguardo, dopo averle inserite negli scassi, ho rinforzato l’incollaggio e colmato il gap inserendo alcuni listelli di Plasticard nelle fessure; le stesse sono state successivamente stuccate con colla cianacrilica.
Verniciatura:
Il mio Alpha Jet inizia a prendere la sua forma definitiva e allo scopo di sgrassarlo dai residui di lavorazioni precedenti, l’ho pulito con una pezza imbevuta di alcool rosa. A questo punto ho steso su tutto il modello una mano di fondo che ha avuto la funzione sia di mettere in evidenza piccoli errori e fessure non perfettamente stuccate, sia di preparare le superfici a ricevere le vernici definitive. Per questo passaggio ho utilizzato il primer grigio della Alclad.
Dopo averne atteso la completa asciugatura ho carteggiato tutte le superfici con carta abrasiva grana 2000 bagnata.


Il passaggio successivo ha riguardato il pre shading eseguito su tutte le pannellature con del nero opaco.

Vengo, ora, alla mimetica vera e propria: iI colore utilizzato per la parti inferiori è il grigio F.S. 36152 Gunze H-305 steso in mani molto leggere e diluite almeno al 70%.
Le superfici superiori del modello, invece, presentano il classico splinter della mimetica denominata Norm72. I colori sono i seguenti:

• Dark Green F.S. 34079 – Gunze H-309.
• Dark Grey F.S. 36320 – Gunze H-307.

L’esemplare da me scelto ha partecipato al Tiger Meet del 1985 e mentre era rischierato in Belgio, a Kleine Brogel, sfoggiava un bel timone di profondità completamente tigrato. La Wingman lo fornisce sotto forma di decalcomania ma, personalmente, ho preferito riprodurlo verniciandolo direttamente sul modello. Allo scopo ho ricreato delle mascherine in nastro Kabuki della tigratura sfruttando la decal come dima; poi ho verniciato la superficie di governo in nero opaco e le ho applicate sul fondo. Successivamente ho spruzzato del bianco che ha funzionato da primer al giallo H-329 Gunze. La procedura è abbastanza laboriosa ma non troppo complicata in fin dei conti. Di sicuro la resa finale ne guadagna parecchio!


Decal:

E’ mia abitudine ripetere il procedimento della carteggiatura con carta abrasiva bagnata (come già spiegato per il primer) allo scopo di rendere ancor più liscie e uniformi le superfici del modello. Così facendo si agevola anche la copertura del trasparente lucido (solitamente utilizzo il Gunze H-20 diluito con il thinner dedicato più qualche goccia di cera Future) che prepara il modello a ricevere le decal.


Quest’ultime sono di ottima qualità: sono stampate dalla Cartograf con colori saturi, perfettamente a registro, e reagiscono benissimo ai liquidi Micro SOL e SET.
Terminata la posa ho steso un’ulteriore mano di lucido che ha perfettamente livellato i già esigui spessori delle insegne.

Lavaggi e Weathering:

La fase dell’invecchiamento ha avuto inizio con i lavaggi realizzati in Bitume della Maimeri. Il colore è stato diluito con l’essenza di trementina fino a fargli assumere la consistenza della pasta dentifricia, abbastanza denso quindi.


L’eccesso non l’ho tirato via subito ma ho atteso qualche ora in modo da far rimanere il colore ben intrappolato nelle incisioni.
Al termine del procedimento ho steso una mano di trasparente opaco H-30 Gunze miscelandolo ad una piccola quantità di “FLAT BASE”, sempre della Gunze, per ottenere una finitura più opaca.


Osservando le foto dei velivoli tedeschi ho notato che in molti casi erano parecchio vissuti… bene, pane per i miei denti!
Ho iniziato caricando l’aerografo in successione con i tre colori della livrea schiariti con del bianco (ad eccezione del verde in cui ho addizionato del giallo) ed ho applicato la tecnica del post shading su tutti i pannelli. In seguito ho polverizzato due gessetti da artista di differente colore, nero e marrone, e con un pennellino piatto ho depositato i pigmenti lungo i bordi di attacco di ali, piani di coda e deriva tirando via l’eccesso con un cotton fioc.

Montaggio finale:
E finalmente arrivano le ultime battute montando le ultime parti del modello quali: carrello anteriore, tettucci, antenne varie (questo aereo ne ha diverse) e i carichi alari (per il mio esemplare solo due serbatoi di carburante).


Come ho detto in precedenza era da tempo che volevo realizzare un Alpha Jet e l’uscita dello stampo Kinetic re inscatolato Wingman è stata un’occasione troppo ghiotta! Forse una maggiore attenzione durante il montaggio e dei lavaggi meno scuri e in contrasto avrebbe avuto una resa migliore, mi servirà d’esperienza per i prossimi modelli.
Ciao a tutti vi aspetto nel prossimo Work In Progress.

Fabrizio Bernarducci “BernaAM”

The Italian JUG – P-47 D-30 Thunderbolt dal kit Tamiya in scala 1/48.

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Da appassionato di velivoli che hanno prestato servizio con le insegne italiane (Regia, ANR o A.M.I. senza distinzioni), nella mia collezione non poteva mancare uno dei soggetti più conosciuti a livello mondiale: il P-47 Thunderbolt. Dopo essere stato uno dei protagonisti indiscussi nei cieli del secondo conflitto mondiale, continuò nel dopoguerra ad essere impiegato da diverse forze aeree tra cui la nostra giovane Aeronautica Militare. Ho già realizzato un paio di anni fa, ai tempi del mio “rientro” in questo fantastico hobby, un esemplare italiano dal Kit Revell in 1/72; è stato il mio secondo modello ad aerografo, ma volevo rendere giustizia al soggetto cercando di migliorare quanto precedentemente fatto!

Il servizio in Italia della creatura di Seversky, nello specifico nella versione D-30/40, non è stato ne lungo ne particolarmente glorioso. Le macchine ricevute a titolo gratuito dell’USAF erano stoccate in Germania, inutilizzate e accantonate da almeno tre anni. All’epoca le cellule migliori erano state già assegnate alle aeronautiche militari francesi e portoghesi che, avendo avuto possibilità di scelta, selezionarono i velivoli con meno ore di volo facendo, oltretutto, incetta di ricambi e carichi (i nostri “Jug”, ad esempio, non montavano serbatoi ausiliari perché non ce n’erano più di disponibili al momento della presa in carico).

Inoltre il caccia che più degli altri aveva impressionato da nemico i nostri piloti si rivelò, una volta in mano loro, il classico “gigante coi piedi di argilla”; la capacità di incassare colpi, la velocità e la potenza di fuoco che lo avevano esaltato in guerra erano pressoché inutili in tempo di pace, mentre l’usura e l’ assenza di manutenzione per diverso tempo avevano ancor di più accentuato i difetti strutturali (fragilità del carrello principale, malfunzionamento del meccanismo di variazione del passo dell’ elica e dei circuiti idraulici delle superfici mobili) che furono causa di frequenti incidenti, spesso mortali, nel corso dei due anni di servizio nell’Aeronautica Militare Italiana.

Il P-47 fece comunque la sua parte, andando a riequipaggiare il 101° e 102° Gruppo, e creando la specialità “caccia bombardiere” che era a quel tempo assente nella nostra forza aerea.

A fine servizio, quando 5° e 51° Stormo iniziarono a ricevere i primi F-84G, i P-47 (la denominazione ufficiale “post-war” sarebbe F-47, ma io preferisco quella originale) superstiti furono riconsegnati all’USAFE (US Air Force in Europe) e riportati in Germania. Uno solo restò sul suolo italiano, l’M.M. 4653 “51-19”, che dopo varie peripezie arrivo al MUSAM di Vigna di Valle dove è rimasto fino ad almeno il 2004, dopodiché è stato stoccato in altro luogo (Guidonia? Torricola? Galatina?) in attesa di restauro. E’ appunto questo l’esemplare che ho voluto riprodurre!

Per costruire un P-47 D-30 in scala 1/48 attualmente ci sono due scelte “da scatola”: la rara e quasi introvabile Hasegawa o il kit del P-47M Tamiya, che permette di realizzare tutte le versioni del Bubbletop dal D30 alla N. Io ho optato per quest’ultima (molto più reperibile) dotandomi, come aftermarket, della lastrina di fotoincisioni Eduard (foglio FE-354) dedicata alla variante M (non ho usato tutto), mascherine per i trasparenti Eduard (codice EX-186) e decal Tauromodel (fogli 48-549 e 48-528) per codici ed insegne.

Le parti del kit da utilizzare per un corretto D-30 sono:

  • Pavimento del cockpit liscio e non corrugato.
  •  Pinna dorsale “appuntita” e fiancata destra del cockpit senza tubo dell’ossigeno maggiorato.

Inoltre bisogna far riferimento alle foto dell’esemplare scelto per capire che tipo di collimatore fosse montato e quale elica montasse delle tre quadripala utilizzate dal Thunderbolt.

Sono partito, ovviamente, dall’abitacolo utilizzando le fotoincisioni Eduard per arricchire ulteriormente il dettaglio del kit di per se già superbo. Ho verniciato tutto in Dark Dull Green (mescolando vernici Tamiya: 2 parti XF-5 ed 1 parte XF-8) che era il colore utilizzato nelle macchine di costruzione Republic (vedendo le foto dell’esemplare prescelto, si notano alcune zone in Chromate Yellow – questo tipo di primer era utilizzato solo dalla Republic. Al contrario le macchine di produzione Curtiss avevano sia la cabina che tutte le strutture interne trattate in Interior Green). A seguire ho applicato un lavaggio con il Panel Liner Tamiya Dark Brown ed un successivo Dry – Brush con colore ad olio grigio su tutto l’interno; sul pavimento ho usato l’alluminio (Gunze Mr. Metal) per simulare un po’ di usura da sfregamento.

Terminato il “pilot’s office” mi sono dedicato al Pratt &Whitney R-2800, anche questo da scatola e molto ben dettagliato, cui ho aggiunto solo i cavi delle candele.

Il passo successivo è stato verniciare le parti in Zinc Chromate (vani carrello, interno naca, parte di fusoliera visibile dalle “scoop” del compressore) e, dato che mi piace giocare con i colori, ho provato a fare un mix per riprodurlo:

  • 30% Tamiya XF-5 e 70% Gunze H-34.

Per fare un raffronto l’ho spruzzato su tutte le superfici interne di un’ala, dopodiché ho steso nell’altra il prodotto Tamiya “dedicato”, vale a dire l’XF-4, constatando con soddisfazione che non c’era differenza tra i due! quindi se voleste riprodurre lo Zinch Chromate e siete a corto della boccetta pronta, potete usare tranquillamente le percentuali sopra descritte!

Fatto questo (ed inseriti gli sfiati della valvola Waste Gate e lo scarico posteriore del Supercharger) ho chiuso la fusoliera unendola, poco dopo, alle ali. Il montaggio scorre via che è un piacere, senza sforzi e senza alcun utilizzo di stucco (se non un filo di Milliput bianco nella zona della pinna dorsale).

A questo punto sono passato speditamente (anche troppo, forse!) alla preparazione del fondo per la successiva finitura metallica; ho spruzzato il Nero Lucido Mr.Color diluito con Nitro, per avere un’asciugatura veloce ed una superficie lucida, con rapporto di diluizione 70% diluente/30% colore.

Con la mano di vernice mi sono accorto della presenza di una serie di ritiri sulle ali in corrispondenza dei carelli, dei vani dei flaps e delle tip alari, difetti che di solito non ci si aspetta su di un kit Tamiya!

Questo inconveniente mi ha costretto a sverniciare interamente il modello, controllare tutte le superfici in cerca di altre imperfezioni ed, infine, preparare di nuovo il primer.

Grazie anche ai consigli ed ai feedback trovati nel FORUM di Modeling Time.com ho sperimentato un altro tipo di finitura nera lucida, sempre con il Gloss Black Mr. Color, ma questa volta diluito al 70% con il Mr. Levelling Thinner (sempre Gunze) e l’aggiunta di un paio di gocce di future direttamente nella coppetta dell’aerografo. Le proprietà autolivellanti della Future e del Leveling Thinner, in aggiunta alla diluizione particolarmente “spinta”, hanno prevenuto la formazione del fastidioso effetto “buccia d’arancia” sulla superficie riuscendo ad ottenere una finitura compatta e liscia, pronta per ricevere i metallizzati.

Senza ulteriori “esperimenti” ho optato per l’utilizzo delle vernici Alclad II nella tonalità White Aluminium sulla quasi totalità del mio P-47, ad eccezione delle coperture dei vani armi che spesso “cuocevano” col calore delle culatte; per queste ho scelto il Dark Aluminium.

Non ho voluto differenziare ulteriormente i pannelli sia per evitare l’effetto “patchwork”, sia perché nelle (poche) foto reperibili del mio esemplare si nota una uniformità di toni su tutte le superfici come se fosse comunque stato riverniciato in una sorta di alluminata.

Qualcuno storcerà il naso vedendo l’interno della zona rotazione dei flap dipinta in Zinc Chromate, ma guardando molte foto sulle pubblicazioni da me consultate prima e durante la realizzazione del modello ne ho trovata qualcuna nella quale si nota chiaramente questa zona ”primerizzata”. Non sono sicuro che il velivolo scelto come riferimento le avesse realmente… mi è piaciuto realizzarle così, è stata un’interpretazione personale, magari ad una mostra sarebbe causa di esclusione ma dato che non vi parteciperà mai il problema non si pone!

Finita la fase dei metallizzati sono passato al pannello antiriflesso (verniciato in NATO BLACK e desaturato con una velatura di H-301 Gunze molto diluito) e ai riferimenti per il bombardamento in picchiata sulle ali in nero. Le zone “no step” sono, ovviamente, rosso.

La lucidatura è stata applicata con il Clear Tamiya, anche in questo caso diluito (70% diluente-30% colore) con il Levelling Thinner Gunze e le solite due gocce di Future. Le decal Tauromodel non mi hanno dato problemi di silvering ed hanno “copiato” bene i dettagli ove necessario. Dopo una seconda passata di trasparente ho eseguito un lavaggio in grigio ad olio per dare un po’ di profondità e movimento alle pannellature.

Gli ultimi passaggi prima del posizionamento del modello nella mia personale “linea volo” sono stati il Post-Shading sul pannello antiriflesso (effettuato con passate veloci di German Grey Tamiya e Gunze H-417 diluiti al 90%) e l’applicazione del Flat Clear H-20 Gunze diluito con nitro per “spegnere” un po’ la lucentezza della finitura natural metal.

In conclusione, mi ha divertito riprodurre un aereo che è tra i miei preferiti e al quale ho cercato di rendere onore.

Un DOVEROSO grazie a tutti gli amici del FORUM , per il supporto, per i consigli e SOPRATUTTO le necessarie ed opportune critiche, sempre costruttive, che servono e fanno crescere molto più dei complimenti!

Buon modellismo a tutti! Alessandro – Argo2003 – Gerini.

European Deuce – F-102A Delta Dagger dal kit Meng in scala 1/72.

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Il Convair F-102 Delta Dagger, chiamato più comunemente “Deuce”, fu un caccia dell’USAF che entrò in servizio nella seconda metà degli anni ‘50. Progettato come intercettore, il velivolo era privo del cannone (arma considerata obsoleta all’epoca – con la stessa filosofia furono costruiti anche i Phantom destinati all’U.S. Navy) e armato di soli missili aria-aria. Gli ordigni, inoltre, erano alloggiati all’interno di una stiva ubicata nella fusoliera per rispettare la “regola delle aree” e aumentare le prestazioni aerodinamiche della macchina. L’F-102 fece parte, insieme con altri aerei, della famiglia dei “Century Series”, progetto al quale sto lavorando da un po’ avendo già realizzato l’F-100 e l’F-101.

Il kit:

Per realizzare questo splendido velivolo mi sono affidato alla Meng che, in scala 1/72, ha finalmente offerto una validissima alternativa all’oramai obsoleto Hasegawa. Il dettaglio di superficie a una prima occhiata è molto buono con pannellature incise e stampate senza errori o ritiri. Con le decal fornite si possono rappresentare tre livree, due in ADC Gray e uno in mimetica SEA utilizzato in Vietnam. Proprio un esemplare in ADC Gray è il protagonista di quest’articolo e più precisamente è il velivolo del capitano del 431st FIS della Zaragoza AB in Spagna nel 1959.

Nonostante il cockpit abbia un buon dettaglio, ho voluto acquistare un set fotoinciso dell’Eduard (codice SS474) che migliora sia l’abitacolo, sia altri particolari all’esterno del modello. Nella lista della spesa sono da annoverare anche le mascherine pre-tagliate (anch’esse prodotte dalla ditta ceca con il codice CX352) ed infine, con pochi Euro in più, anche il radome in resina della Quickboost (codice QB-74-412) che ha forme decisamente migliori rispetto a quello in plastica fornito dal kit.

Assemblaggio:

Si inizia con l’abitacolo verniciandolo col grigio Gunze H-308 F.S. 36375 e collocando le fotoincisioni che rappresentano le consolle laterali ed il pannello frontale. Il seggiolino è stato assemblato con varie PE dedicate e verniciato con lo stesso colore dell’abitacolo, mentre con una “fettina” di Plasticard sagomato ho ricostruito il cuscino (verniciato in Gunze H-304 Olive Drab). Sul sedile ho incollato le cinture pre-colorate e dipinto il poggiatesta in rosso opaco. Il cockpit è stato oggetto di lavaggi ad olio con Bruno Van Dick scurito con nero.

Per quanto concerne lo scarico del motore, la verniciatura si esegue con l’Alclad Steel come base, poi velature di Copper per rendere più “caldo” l’effetto; una passata finale di Burnt Iron sempre Alclad e un dry-brush in alluminio completa la fase.

L’assemblaggio generale del velivolo scorre via veloce anche grazie agli incastri precisi e ben studiati delle plastiche. Con la dovuta attenzione lo stucco praticamente non si utilizza!

L’unica modifica che ho attuato ha riguardato gli elevoni, tagliati e separati per rappresentarli come spesso si potevano vedere a terra: con assetto leggermente a picchiare.

Ho immerso i trasparenti nella Future per dargli maggiore brillantezza e per renderli immuni ai vapori della ciano; una volta incollati, ho posizionato le mascherine della Eduard. Infine ho sostituito il pitot con un ago da siringa opportunamente tagliato e in seguito completato con un filo sottile di ferro all’estremità.

 

Verniciatura:

Una volta terminato il montaggio ho steso sul modello una mano di Mr.Surfacer 1000, ad aerografo, diluito con il Laquer Thinner per verificare l’efficacia degli interventi di stuccatura. Successivamente ho lisciato l’intero modello con della carta abrasiva bagnata grana 2000 e steso il pre-shading sulle pannellature con del nero acrilico.

 

La positiva sperimentazione della nitro come diluente per acrilici già applicata sull’F-101 mi ha lasciato molto soddisfatto del risultato per cui, anche questa volta, l’ho riutilizzata sul Deuce! L’ho aggiunta al Gunze H-57 ADC Gray per dare il colore base sul modello stendendolo con passate leggere in modo da non nascondere l’effetto del pre-shading.

Ad asciugatura avvenuta ho mascherato e steso il nero sulle walkway ai lati del canopy, sul radome e nel pannello antiriflesso.

Con l’Alclad Aluminium ho verniciato le piastre e i bordi d’attacco dei due intake, mentre la zona dello scarico è stata completata con l’Alclad Steel come base; dopo con dell’Alclad Stainless Steel ho dato delle passate leggere e veloci in modo da rendere più brillante l’effetti del metallo naturale. Si passa poi nella zona inferiore, mascherando e verniciando i vani carrelli con il Gunze H-58 Interior Green, ed il pitot con del bianco per poi applicarvi una strisciolina di decal rossa. Terminata la fase di verniciatura si sigilla il tutto con varie passate di trasparente lucido Tamiya X-22 diluito con il Tamiya circa al 70% e con l’aggiunta di qualche goccia di Paint Retarder.

Col trasparente ben asciutto ho iniziato la posa delle decal: quelle fornite dalla scatola sono molto buone e ben stampate, l’utilizzo del Mark Softer è necessario soprattutto per le insegne sul timone e l’aerofreno perché le stesse sono molto estese e grandi. Per altre insegne, oltre al Softer, è stato necessario utilizzare un ago per farle aderire nelle incisioni delle pannellature. Un ultimo strato di lucido ha sigillato il tutto livellano, nel contempo, anche gli spessori (seppur minimi) delle decalcomanie.

Invecchiamento:

Nonostante i Deuce e buona parte degli aerei in ADC Gray fossero estremamente puliti, l’effetto sul modello sarebbe stato troppo finto e “giocattoloso”. A questo scopo, per aumentare il realismo, ho desaturato le decal spruzzando del Gunze H-57 diluito quasi al 95%; per valorizzare i volumi e le forme, invece, ho eseguito un lavaggio ad olio con del Bruno Van Dick scurito con del nero e il risultato mi ha lasciato abbastanza contento! tengo a precisare che la Meng ha riprodotto delle incisioni forse un po’ troppo profonde, perciò ho ripassato su tutto il modello un pennello bagnato con acquaragia in modo da rimuovere parte del colore ad olio e diminuire parzialmente la definizione delle pannellature perché troppo evidenti.

Nel frattempo, sempre con gli oli, ho invecchiato i vani carrello in cui ho anche applicato un dry-brush con grigio per accentuare i dettagli in rilievo al loro interno.

Assemblaggio finale:

Finito il lavoro principale sul modello ho preparato i vari particolari. I serbatoi del carburante sono verniciati in H-57 invecchiati come l’aereo. I carrelli ed i vari leveraggi sono stati verniciati in Alclad Aluminium ed sottoposti ad un “washing” con olio nero per dare più tridimensionalità. Gli pneumatici, invece, dipinti in Tyre Black Gunze ad eccezione dei cerchioni in Aluminium. Infine il gancio d’arresto ha un alternanza di bianco e nero con l’estremità in H-57. L’incollaggio, soprattutto dei carrelli, è stato abbastanza laborioso ma nulla l’impossibile.

Una volta assemblato il tutto, ho steso il trasparente finale composto di un mix tra lucido ed opaco. L’ultima operazione è stata, in effetti, anche la più delicata: dopo aver eliminato le mascherature dei canopy, ho posizionato delle decal pre-verniciate in giallo per simulare le guarnizioni delle parti vetrate (stessa tecnica già utilizzato sul mio Voodoo). E’ stato un passaggio ad alta tensione ma, alla fine, ha dato una marcia in più al modello.

Conclusioni:

Messo in vetrina insieme ai suoi compagni, anche il terzo componente della Century Series è terminato. Messi gli uni accanto agli altri l’effetto è notevole e l’occhio riesce ad apprezzare la notevole diversità aerodinamica di questi splendidi aerei. Questo modello mi ha dato molta soddisfazione e mi ha permesso di utilizzare tecniche già sperimentate in passato ma riadattate ed evolute. Approfitto per ringraziare i componenti del forum di MT per il supporto che mi hanno dato.

 

Spero che quest’articolo sia stato di vostro gradimento.

Buon modellismo a tutti!!!

Alessandro – Brando – Brandini

 

Defender of the East: Mig-29G Fulcrum – Polish Air Force dal kit Academy in scala 1/48.

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Polish Fulcrum 1

La mente di un modellista è sempre attiva… non si ferma mai, nemmeno in vacanza! E fu così che, un bel giorno di primavera, stavo visitando la cittadina medievale di Malbork nella regione della Pomerania – Polonia. Mentre passeggiavo nei pressi del castello sito all’interno del centro abitato (tra l’altro è la fortificazione meglio conservata in tutta l’Europa), vedo sfrecciare sopra la mia testa una formazione stretta di tre Mig-29 Fulcrum! La macchina fotografica, in modo quasi automatico, ha smesso di inquadrare merli e mura di cinta e ha spostato l’obiettivo verso il cielo!

Polish Fulcrum 4

Rientrato in albergo la curiosità era troppa, per cui mi sono messo immediatamente a “googolare” scoprendo che Malbork ospita anche un aeroporto denominato 22. Baza Lotnicza (Base Aerea 22) su cui ha sede il 41 Eskadra Lotnictwa Taktycznego (41° Tactical Squadron) equipaggiato, dal 2004, con i Mig-29G ricevuti dalla Luftwaffe.

Nel giro di pochi attimi si è accesa la lampadina: “OK, il prossimo modello a finire sul banco… sarà un Fulcrum polacco”!

Polish Fulcrum 5

Il Kit:

Nonostante nella mia pila di scatole di montaggio sia presente anche il recentissimo Great Wall Hobby, alla fine ho scelto di concentrarmi sul ben più anziano Academy. Da anni faceva parte della mia collezione e, nel tempo, lo avevo corredato di molti aftermarket. In questi periodi di spending review lasciarlo ancora sullo scaffale sarebbe stato un vero spreco.

Fulcrum 01

Lo stampo risente in modo palese della sua vetustà e diversi dettagli sono molto al di sotto degli standard attuali. Inoltre alcune forme, la più evidente è quella del muso, sono errate e vanno corrette.

Fulcrum 02

Per tutti i motivi sopra indicati, la lista degli accessori a corredo del mio kit è stata molto lunga. Ve la riporto:

  • Neomega Resin Cockpit: assolutamente necessario per sostituire l’abitacolo da scatola.
  • Aires Wheel Bay #4188: i pozzetti carrelli in plastica, oltre ad essere quasi del tutto privi di dettaglio, hanno un fitting terribile rispetto la fusoliera. Tanto vale sostituirli con i pezzi in resina dell’Aires che sono davvero ben fatti.
  • Aires Exhaust #4189: indispensabili per sostituire gli scarichi in plastica che hanno spessori ampiamente fuori scala.
  • Aires Airbrake #4365: più un vezzo che un’effettiva necessità. Benché, molto spesso, a terra l’aerofreno sia chiuso, ho deciso comunque di rappresentarlo aperto anche per evitare un tedioso lavoro di correzione della superficie mobile inferiore originale (che ha un profilo della bugna non proprio fedele). Errato nelle forme anche il bulbo che copre l’alloggiamento del parafreno; Aires fornisce anche questo dettaglio in resina.
  • Eduard Brassin Wheels #648037: assieme agli pneumatici e cerchioni in resina, bellissimi e molto particolareggiati, la Brassin include anche il caratteristico parafango per il ruotino anteriore (estremamente preciso nelle dimensioni rispetto al modello Academy).
  • Quickboost Corrected Nose #48122: come anticipato, il radome del kit ha una forma troppo rastremata e appuntita. Con la spesa di pochi Euro si acquista questo set che risolve definitivamente il problema con poco sforzo.
  • Quickboost Sensing Units #48118: questo prodotto fornisce, in resina, tutti i sensori di temperatura, di angolo d’attacco e alcune antenne utili per completare esternamente il “piccolo” Fulcrum.
  • Dream Model Brassed Pitot #0710: il pitot in metallo di questa ditta cinese è molto bello e resistentissimo agli urti (inevitabili, purtroppo, date le dimensioni del Mig-29 in scala).
  • Eduard Xpress Masks #EX007: set di mascherine pre tagliate per le parti trasparenti. Anche queste da inserire nella categoria “must have”.
  • Eduard Interior #49277: fotoincisioni pre colorate per gli interni. Molto utili per alcuni particolari quali leve di espulsione del seggiolino e struttura interna del canopy.
  • Eduard Exterior #48429: da questo set PE ho prelevato poche parti (soprattutto antenne e altri piccoli dettagli) ma, tra queste, le più importanti sono state le paratie anti-fod delle prese d’aria. Già solo per loro vale la pena di acquistare l’accessorio.
  • Master Mig Static Discharger #48087: impressionanti per quanto siano piccoli e, allo stesso tempo, così belli. Danno una marcia in più a tutto il modello!
  • Techmod Decals Set #48119: buona la qualità delle decal ma molto fragili e difficili da applicare. Nel corso dell’articolo spiegherò più approfonditamente quali problemi ho riscontrato nel loro utilizzo.

Con il carrello pieno… ho iniziato il montaggio!

Troncone anteriore di fusoliera e cockpit:

Lo stampo Academy, in generale, ha un dettaglio di superficie in negativo preciso e pulito. Alcune pannellature sono assenti, altre totalmente inventate e devono essere rimosse. La qualità dei dettagli è oramai superata e non più all’altezza degli standard odierni ma, con pazienza e attenzione, basta attuare alcuni interventi di miglioria per ottenere una riproduzione in scala ancora di tutto rispetto. Il primo fra questi è stato il totale rifacimento della volata del cannone:

Fulcrum 03

La griglia di sfiato dei gas caldi è ovviamente aperta, mentre nel kit la plastica è piena; ho quindi proceduto all’apertura degli sfiati utilizzando una fresa montata su un trapanino elettrico. Passando alle lamelle, ho usato una strisciolina di alpacca proveniente dalla cornice di una vecchia fotoincisione per la spina centrale, mentre i deflettori sono in Plasticard.

Fulcrum 04

All’interno ho ricreato, con una lastra sottile di rame, una copertura curva che protegge la canna dell’arma.

Fulcrum 05

Superato questo primo “scoglio”, le mie attenzioni si sono rivolte all’abitacolo in resina della Neomega. Sono rimasto alquanto deluso da quest’accessorio poiché la qualità è molto inferiore alle mie attese; i particolari non sono ben definiti (mancanza che è messa ancor più in risalto dopo la verniciatura) e la stampa è molto artigianale. A parte questi aspetti negativi, i pezzi si adattano con estrema facilità essendo basati su quelli originali da scatola. Per inserire la palpebra e la grande scatola avionica alle spalle del sedile mi è bastato eliminare le zone evidenziate in foto:

Fulcrum 06

Con il trapanino elettrico ho praticato dei fori, che ho poi unito con una fresa, asportando la plastica in eccesso con relativa facilità.

Fulcrum 07

In foto notate anche la fotoincisione proveniente dal set 49277 dell’Eduard che completa i frame della fusoliera, quelli su cui va in battuta il canopy.

Fulcrum 08

Fulcrum 10

Fulcrum 11

Ho apportato delle piccole modifiche al cruscotto e alla relativa palpebra, aggiungendo il display del GPS sopra il pannello di selezione delle armi. La relativa antenna con le staffe di fissaggio, invece, è montata sopra il seggiolino nei velivoli polacchi; andando avanti con l’articolo vi mostrerò dove collocarla di preciso.

Fulcrum 13

Lo Zvezda K-36D della Neomega non è per niente male. Il cinghiaggio superiore mi ha lasciato, inizialmente, perplesso perché dà l’impressione di essere troppo “rigido” e poco realistico; ad ogni modo, con una sapiente verniciatura, rende bene l’idea.

Fulcrum 27

I colori del sedile eiettabile non sono molti… anzi! È praticamente tutto nero, cuscini inclusi. Le cinture sono in grigio F.S.36375 ad eccezione di quelle più larghe sullo schienale; in alcuni esemplari sono anch’esse in grigio, nel walkaround pubblicato dalla Kagero, invece, sono in marroncino molto chiaro. Dato che il libro ritrae esemplari polacchi, mi sono rifatto alle foto scegliendo il Dark Yellow XF-60 Tamiya.

Fulcrum 17

Ho aggiunto un paio di targhette in decal sul poggiatesta (provengono dal set della Mike Grant’s Decal) e le maniglie di espulsione fotoincise (di forma neanche troppo corretta) dal set Eduard. Sempre in fotoincisione sono anche le due “cinghie” di ritenuta delle gambe in basso. Vedendo le foto reali ho notato che queste “fasce semi rigide” vengono distese e lasciate dritte dal pilota prima di abbandonare il velivolo… per il volo successivo, poi, vengono “arrotolate” nuovamente intorno agli arti inferiori.

Fulcrum 18

Il resto dell’abitacolo è stato verniciato con questo mix di colori:

  • 160 gocce di Gunze H-308.
  • 15 gocce di XF-23 Tamiya.
  • 5 gocce di Gunze H-25.
  • 60 gocce di Flat White.

Fulcrum 12

Fulcrum 19

Non è facile trovare la giusta tonalità perché, nella maggior parte dei casi, le immagini pubblicate sui libri o sul web hanno strane dominanti dovute all’uso del flash. Con un po’ di sorpresa ho scoperto di aver riprodotto quasi esattamente il colore delle fotoincisioni pre colorate contenute nel set 49277 e che, personalmente, non ho utilizzato. L’informazione tornerà senza dubbio utile a chi, invece, preferirà il loro uso!

Fulcrum 20

Fulcrum 24

Fulcrum 26

La cloche ha dei particolari un po’ troppo abbozzati, mentre il cruscotto è abbastanza fedele a quello reale. Il problema di quest’ultimo riguarda la strumentazione che la ditta russa ha riprodotto sommariamente, sicuramente non all’altezza per un modello nella scala del quarto di pollice.

Fulcrum 23

Per ovviare al problema ho completato il quadro strumenti con le apposite decal dell’Airscale dedicate ai velivoli russi. In realtà sarebbero più indicate per gli “early soviet jet” ma rendono comunque bene l’idea.

Per terminare l’opera nel “pilot’s office”, su tutte le parti ho applicato un Dry Brush e i soliti lavaggi, entrambi eseguiti a olio con un grigio medio.

Una volta inserita la vasca all’interno della fusoliera, ho potuto procedere all’unione dei vari pezzi che compongono il troncone anteriore dell’aereo. Prima di affrontare quest’operazione mi sono documentato un po’ sul web e ora posso confermare tutto ciò che ho avuto modo di leggere: questo kit si monta veramente male!

Fulcrum 28

La scomposizione è infelice (anche perché l’80% dello stampo è in comune con la versione biposto) costringendo a numerose prove a secco e a un uso intensivo di stucco (nel mio caso ho usato, come sempre, la colla ciano acrilica); necessari anche degli inserti di Plasticard per riempire le tante fessure che inevitabilmente si formano.

Fulcrum 29

Fulcrum 30

Oltre a questo, osservando meglio il dettaglio di superficie mi sono accorto degli errori grossolani, cui ho fatto accenno qualche riga sopra, commessi dalla ditta coreana.

Fulcrum 32

Le linee in verde sono le incisioni aggiunte e/o modificate (in rosso, al contrario, le eliminate) per rappresentare solo quelle effettivamente presenti sul velivolo reale. Il pannello sagomato immediatamente sopra la volata del cannone sarebbe, nella realtà, una piastra di rinforzo in acciaio; anche dal vero è sottilissima, per cui ho preferito non riprodurla con il nastro d’alluminio (come uso fare solitamente) per non portare lo spessore fuori scala.

Fulcrum 31

Nell’immagine sopra, le zone in rosso sono state modificate e corrette. Quelle in giallo, al contrario, sono delle pannellature eliminate perché non presenti sul lato sinistro del velivolo.

Fulcrum 32bis

Fulcrum 31bis

Come detto il muso del kit è sbagliato, e di molto, nelle forme (troppo affusolato e sottile) ed è stato prontamente sostituito con quello in resina della Quickboost. Purtroppo il diametro del radome è più largo di circa mezzo millimetro rispetto al resto della fusoliera e deve essere carteggiato con cura per riportarlo in sagoma.

Troncone posteriore di fusoliera e pozzetti carrello:

Mancanze e omissioni simili a quelle riscontrate sul troncone anteriore della fusoliera le ho, purtroppo, ritrovate anche su quello posteriore.

Sotto le gondole dei motori sono presenti vari sfiati e fori di drenaggio che la ditta coreana ha completamente tralasciato o che ha riprodotto solo parzialmente. Personalmente ho cercato di migliorarli aprendoli tutti:

Fulcrum 34

Quelli contrassegnati con le frecce rosse li ho forati seguendo le incisioni del kit come guida. Quello con la freccia in verde, al contrario, è stato spostato più internamente.

Altri due portelli rettangolari sono stati aggiunti assieme a due fori posti in posizione leggermente disassata rispetto alla linea di mezzeria.

Fulcrum 35

Ovviamente è stato necessario assottigliare la plastica internamente per ridurre lo spessore dei bordi e rispettare l’effetto scala.

Fulcrum 36

I vani carrello in resina dell’Aires sono come sempre una gioia per gli occhi! Di contro ci vuole anche tanta pazienza per inserirli nei rispettivi alloggiamenti.

Fulcrum 41

Le aree in rosso sono quelle che devono essere carteggiate per recuperare millimetri preziosi al fine di evitare che i due semi gusci, superiore e inferiore, facciano fatica a chiudersi. Inoltre è necessario eliminare quanta più resina possibile dal fondo dei pozzetti fino a raggiungere, quasi, la trasparenza.

Fulcrum 38

Fulcrum 39

Fulcrum 37

Sul dorso della fusoliera sono presenti delle griglie che coprono i condotti di espulsione dello strato limite delle prese d’aria. Ovviamente sul kit sono stampate in modo approssimativo e perdono parecchio del loro realismo. Nel set fotoinciso della Eduard sono disponibili i pezzi che sostituiscono direttamente tutti i pannelli interessati, ma li ho scartati e utilizzati solo come guida di taglio (il motivo lo spiegherò più avanti).

Fulcrum 14

Fulcrum 15

Alla fine, dopo numerose prove e l’utilizzo di un bisturi affilato, ho asportato le relative porzioni di plastica dal modello e ho aggiunto delle guide (ricavate da sezioni di Plastirod quadrato) su cui, in seguito, poggiare le menzionate griglie.

Fulcrum 16

Allineare il troncone anteriore a quello posteriore è, senza dubbio, la fase più complicata del modello. Accostandoli durante le necessarie prove a secco, si formano subito dislivelli abbondanti tra i due blocchi. Dopo svariati tentativi di saldarli senza complicarmi troppo la vita sono giunto a una conclusione drastica: ho inserito degli spessori di Plasticard all’interno della fusoliera anteriore per aumentarne in altezza le forme e l’ho incollata, provvisoriamente, al tronco posteriore applicando dei “punti” di colla ciano acrilica. Successivamente ho forzato, nel vero senso della parola, i pezzi per tentare di limitare l’insorgere di scalini. Una volta trovata la “quadra”… ho colato quantità mostruose di Attack dall’esterno verso l’interno sfruttando le aperture delle prese d’aria ancora da installare. Sono riuscito nell’impresa ma non del tutto… il resto l’ha fatto una buona dose di olio di gomito e carta abrasiva!

Fulcrum 44

Fulcrum 43

I più attenti tra quelli che leggono quest’articolo, si staranno ancora chiedendo il perché abbia deciso di non utilizzare le parti fotoincise per completare il lavoro concernente le griglie dello strato limite. Il motivo è semplice: le PE Eduard mi hanno creato, letteralmente, svariati mal di testa! Dopo aver tentato invano di incollarle al resto del kit (si staccavano di continuo a causa delle sollecitazioni conseguenti la carteggiatura e la stuccatura dei tanti scalini che esse formavano rispetto l’estradosso della fusoliera) ho deciso di utilizzarle come dima e di ricrearle direttamente in Plasticard.

Fulcrum 53

Per questo passaggio è corso in mio aiuto l’amico Fabio che ha tagliato i nuovi pezzi utilizzando un plotter elettronico da taglio. Il loro montaggio è stato semplice e veloce: mi è bastato sistemare le misure con qualche colpo di lima, appoggiarle nelle loro sedi e spennellarle con abbondante Tappo Verde.

Fulcrum 51

La rete che protegge i condotti dall’ingestione di corpi estranei proviene da un’altra fotoincisione della Eduard. Purtroppo la trama è risultata leggermente troppo grande per la scala ma, vi assicuro, a modello ultimato l’incongruenza non è così evidente.

Fulcrum 50

Prese d’aria, ali, derive e altri dettagli:

Con le fasi più critiche del montaggio alle spalle, mi sono concentrato sul complesso delle prese d’aria.

Fulcrum 55

La prima modifica ha riguardato le zone attinenti i pozzetti carrello principale, dove le istruzioni del set Aires, giustamente, suggeriscono di allargare l’apertura per raffigurarne le corrette dimensioni rispetto al velivolo reale (è necessario asportare circa 7 mm di materiale originale del kit).

Fulcrum 58

Fulcrum 59

Osservando le foto dei Fulcrum in scala 1:1 si notano bene alcuni particolari che devono essere aggiunti:

  • Le piastre di rinforzo su cui ruotano i cardini dei portelloni a chiusura dei vani, indicate con le frecce in rosso, sono riprodotte con del Plasticard spessore 0,2 mm e incollato con una leggera spennellata di Tamiya Extra Thin Cement.
  • Con la freccia in giallo, invece, ho indicato la “sagomatura” della lamiera posta in corrispondenza della zona di retrazione dello pneumatico. Questa permette allo stesso di rientrare nel proprio alloggiamento e deve essere realizzata anche sul modello scavando la plastica con una fresa montata sul fidato trapanino elettrico.

Fulcrum 54

Molto spesso a motori fermi (in fase di rullaggio, invece, sempre), gli intake sono chiusi da delle paratie anti-fod che si estendono automaticamente dopo l’avvio dei turbofan. Oltre ad essere una caratteristica peculiare del Mig-29, modellisticamente parlando sono utilissime per nascondere il “vuoto cosmico” che regna all’interno dei condotti del kit. La Eduard le fornisce già pronte in fotoincisione e sono abbastanza complicate da montare, oltre a richiedere molte prove a secco prima di procedere al loro incollaggio. Il risultato finale, in ogni caso, appaga pienamente l’occhio critico di ogni appassionato!

Fulcrum 56

L’unione dei condotti alla pancia della fusoliera fa sudare le proverbiali sette camicie. I pezzi, oltre ad essere leggermente svergolati, non hanno pin di riscontro e devono essere incollati con attenzione per allinearli correttamente. Il grossolano sistema d’incastri, sviluppa come naturale conseguenza una miriade di fessure più o meno importanti che ho riempito utilizzando listelli di Plasticard e stucco bicomponente Magic Sculpt.

Fulcrum 60

I pod del sistema Radar Warning montati alle tip alari ho preferito costruirli completamente da capo poichè quelli stampati dalla Academy hanno una forma non rispondente al vero. Quindi, dopo averli asportati, sono stati sostituiti da un pezzo di Plastirod Evergreen di sezione quadrata e medesime misure, sagomato in modo opportuno. Ho anche aggiunto le luci di posizione, rossa a sinistra e verde a destra, ricavate da schegge di resina trasparente colorata.

Fulcrum 66

Fulcrum 67

Nelle immagini seguenti potete notare una piccola accortezza che, a modello praticamente ultimato, mi ha fatto risparmiare tempo e possibili arrabbiature! Sui bordi d’uscita delle ali, piani di coda e deriva sono montati degli scaricatori elettrostatici ben visibili anche in scala; la Master, ditta polacca specializzata in accessori in ottone tornito, ha da qualche tempo commercializzato un bellissimo set che li riproduce in scala 1/48… sono davvero bellissimi, ma anche fragili e complessi da montare. Per questo motivo ho “annegato”, letteralmente, nella plastica degli spezzoni di ago da insulina che hanno l’esatto diametro per accogliere i piccoli pezzi in ottone sopra citati (basterà infilarli a pressione rendendo l’operazione immediata e, soprattutto, pulita); successivamente li ho stuccati per raccordarli alla superficie del modello.

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Per terminare le modifiche sulle ali, la freccia gialla indica il punto dove era stampato l’attuatore idraulico degli alettoni; di spessore nettamente fuori scala, è stato eliminato e sostituito con lo stesso meccanismo riprodotto in fotoincisione.

Anche la zona degli scarichi è povera di dettagli ed anche poco rispondente al vero. Dalle poche foto che ritraggono l’aerofreno aperto, sono riuscito a capire che in corrispondenza dei punti indicati dalle frecce c’è una piastra (ricostruita in Plasticard) che scherma termicamente il vano dell’airbrake. Ha una forma pressoché romboidale con delle rivettature aggiunte con l’apposito strumento della “Rosie The Riveter”.

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Le ali si uniscono alla fusoliera senza particolari patemi; lasciano comunque delle fessure importanti ma per oltre tre quarti, sopra, queste sono coperte dalle derive e dalla carenatura aerodinamica che contiene i lanciatori chaff/flare. Sotto, invece, le ho chiuse ricorrendo nuovamente alla pasta bi-componente Magic Sculpt.

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Stessa cosa non si può affermare per le derive stesse sui cui ho attuato interventi più invasivi. Nel mio caso, forse per un disallineamento in senso orizzontale dei gusci, la sinistra sporgeva di mezzo millimetro rispetto al fianco della carlinga. Ho risolto il problema inserendo uno spessore, sempre in Plasticard, esterno e pareggiando il tutto con una buona dose di colla ciano acrilica utilizzata come stucco.

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Gli impennaggi hanno ricevuto altre migliorie tra cui l’aggiunta di tutte le file di rivetti e viti (marcati sulla superficie grazie a delle micro punte da 0,2 mm per circuiti stampati elettronici) più visibili e gli inviti per gli scaricatori elettrostatici (realizzati, come per le ali, con un pezzo di ago da insulina).

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L’aggiunta delle viti ha interessato anche la gobba e parte dei pannelli delle gondole motore (su cui sono state reincise anche le pannellature mancanti indicate dalla freccia), sia superiormente, sia inferiormente.

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Sempre nella zona motori, inoltre, ho aggiunto due piccoli air scoop rifatti con un half round Evergreen da 0,7 mm scavato al suo interno, poi incollato su una basetta sagomata in Plasticard con spessore 0,1 mm.

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Sulla gobba, dietro all’abitacolo, ho realizzato un piccolo indicatore idraulico. Ho semplicemente aperto uno scasso, senza bucare la fusoliera, sfruttandone il fondo per verniciarlo in nero. In seguito ho riempito il tutto di Attack lisciandolo e lucidandolo con carte abrasive via via sempre più fini per simulare il vetro.

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Per concludere ho aggiunto il tubo del parafreno e la relativa paratia proveniente dal set in resina della Aires.

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Il sensore IR del Fulcrum è un particolare molto visibile. Sul kit è appena abbozzato e stampato in plastica piena… certamente non all’altezza di un modello al passo con i tempi.

Per questo motivo ho deciso di rinnovarlo completamente con un po’ di auto costruzione. Ho, quindi, eliminato la plastica del kit ricreando, poi, un “abbozzo” del meccanismo che fa muovere la lente del sensore. Quest’ultima l’ho fustellata da un pezzo di acetato trasparente da 0,3 mm.

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Da una bacchetta di plexiglass da 4 mm ho ottenuto la sagoma della bolla trasparente e l’ho termoformata in vacuuform.

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Pulito il pezzo ottenuto, l’ho incollato parzialmente con un velo di Vinavil, poi ho sigillato il tutto con ciano acrilica. Un’accurata lucidatura con paste abrasive Tamiya e una spennellata di Future ha concluso il lavoro.

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La presa d’aria dell’APU è un’altra parte del kit che va immediatamente cestinata perché del tutto errata nelle forme (soprattutto) e nelle dimensioni. Quella che vedete proviene dal set in resina della Neomega dedicato al Mig-29 C, ma è identica anche per l’A. Io mi sono limitato ad assottigliare i bordi per renderli più in scala, e ad aprire il foro che entra direttamente in fusoliera alla sua base.

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Passo ora ai trasparenti.

Dopo aver bagnato il parabrezza nella Future, ho verniciato le resistenze interne anti appannamento spruzzando il Magnesium dell’Alclad.

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La palpebra del cruscotto dipinta, sottoposta a dry brush con colori a olio, e corredata dell’Head Up Display.

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Il canopy l’ho completato con le fotoincisioni Eduard e la resina Neomega: tutti i pezzi sono stati incollati provvisoriamente con delle piccole gocce di cianacrilico. Il successivo bagno nella Future ha funzionato sia da incollaggio vero e proprio, sia da lucidante per gli inevitabili graffi che si erano formati sulla superficie.

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Il pitot della Dream Model è un piccolo gioiellino. Resistente anche a colpi di una certa entità, come da me felicemente sperimentato (si piega ma non si spezza… è proprio il caso di dirlo!), è anche molto realistico.

Il passaggio più complicato è, senza dubbio, il montaggio delle alette generatrici di vortici ai lati perché davvero piccole. Ad ogni modo con un pò di Attack Gel e mano ferma si riesce a finire con successo l’opera.

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Attenzione a non montarlo dritto! Il Fulcrum, anche in volo livellato, è un “Tail Seater”, ovvero ha un assetto leggermente cabrato; per questo motivo la sonda non è perfettamente in linea con l’asse longitudinale della fusoliera, bensì puntata di qualche grado verso il basso.

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In accordo con la documentazione in mio possesso (è tornato di nuovo utile il volume Kagero della serie “Top Shots”) ho aggiunto i bulbi delle antenne RWR integrate nel Lerx: ho dapprima forato la fusoliera per poi inserirvi all’interno un pezzo di profilato tondo da 0,2 mm.

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Sotto al muso ho aggiunto delle fotoincisioni Eduard per ricreare la configurazione d’antenne dei Fulcrum G.

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Altra differenza sostanziale è la rimozione dell’antenna IFF una volta montata davanti al parabrezza. Attualmente, sui velivoli, è rimasta solo la piastra romboidale fissata alla lamiera che chiude il vecchio alloggiamento (già inclusa nel set Eduard).

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Le gambe carrello hanno ricevuto parecchie attenzioni. A quelle posteriori ho aggiunto tutte le tubazioni idrauliche (disordinate e caotiche in pieno stile dei velivoli russi!) simulate con fili di stagno di varia misura della Plus Model.

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Quella anteriore è stata pesantemente modificata per renderla più realistica e fedele; parecchi dettagli e parte delle strutture di rinforzo, infatti, sono stati completamente omessi dalla Academy:

Fulcrum 116Sul frontale ho aggiunto una piccola taxi light ricavata da un tondino di Evergreen da 0,7 mm scavato per ricreare la parabola interna del faro. Poi ho praticato un piccolo foro passante sul fondo dentro cui ho inserito un pezzo di sprue nero che simula la lampada. Per finire, ho fustellato il vetrino della giusta misura, ho verniciato l’interno in Cromo e incollato il trasparente con la Future.

Del tutto inesistente il complesso idraulico dello steering composto da due cilindri idraulici che comandano vari rinvii e leveraggi. Anche qui il Plastirod l’ha fatta da padrone.

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Ho eliminato l’abbozzo che, secondo la ditta coreana, rappresentava la struttura a “Y” che collega la gamba di forza anteriore alla struttura del velivolo e l’ho rifatta con del profilato “H Column” ancora una volta della Evergreen; il tutto è stato rivestito con il solito nastro d’alluminio. Ho aggiunto, anche in questo caso, le tubazioni idrauliche, quelle elettriche (anche della taxi light) e alcuni connettori ricavati da sezioni di ago da insulina.

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Nei pressi del radome ho praticato due scassi (uno per lato) dove, in seguito, ho fatto scivolare le piastre in fotoincisione dei sensori dell’angolo d’attacco. Un terzo è presente sotto, nella carenatura che contiene antenne e avionica.

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Fulcrum 126I piloni sub-alari sono stati provvidenzialmente sostituiti con altri provenienti dalla scatola della Great Wall Hobby (ringraziando ancora una volta Jacopo per la sua gentilezza); gli originali, oltre a non assomigliare molto a quelli veri, sono anche errati nelle forme.

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La fase del montaggio si è chiusa con l’upgrade del serbatoio ventrale (spesso installato). L’Academy l’ha, ovviamente, semplificato al massimo “dimenticandosi” di rappresentare l’enorme scarico dell’APU che gli passa proprio attraverso.

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Con il solito trapanino elettrico ho praticato un foro di 7mm di diametro leggermente disassato a sinistra rispetto alla linea di mezzeria. Il condotto dello scarico l’ho rappresentato con una cannuccia da cocktail che, fortunatamente, ha proprio le dimensioni che servono allo scopo.

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Ho, poi, aggiunto il “collare” di rinforzo riprodotto utilizzando il nastro d’alluminio adesivo (tagliato con la taglierina circolare OLFA). È doveroso, da parte mia, ricordare che il fuel tank è più corto di quasi un centimetro e andrebbe allungato con una sezione di medesima misura dal centro. Dal canto mio ho preferito tralasciare questa modifica sapendo che, a modello ultimato, il difetto non si nota poi tanto.

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Verniciatura:

Dopo tante fatiche, finalmente, la fase di verniciatura è arrivata! Essa si è aperta con il pre shading, in nero, eseguito su tutte le pannellature. Sulle superfici inferiori, inoltre, ho aggiunto degli spot di Olive Drab XF-62 Tamiya che sotto al grigio simulano molto bene tracce di olio e fluidi idraulici.

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Fulcrum 128Poi la pancia ha ricevuto il tono di base in F.S. 36495 (Gunze H-338), diluito all’80% con alcool isopropilico e l’aggiunta di qualche goccia di Paint Retarder.

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Sulle superfici superiori ho, dapprima, steso il tono più chiaro della mimetica – F.S. 36270 (Gunze H-306) e ho mascherato il modello utilizzando, come al solito, il Patafix per ottenere delle sfumature definite e in scala. A seguire, ho applicato il colore più scuro: F.S. 36118 (Gunze H-305).

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Se prendete come riferimento le istruzioni Techmod per riprodurre l’andamento dello schema, prestate attenzione! Questo, purtroppo, non è corretto soprattutto per ciò che riguarda l’ala sinistra e la zona tra le due derive.

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Studiando meglio le immagini e controllando questo utile LINK, mi sono reso conto che l’interno delle prese d’aria e le paratie anti FOD sui Fulcrum della Siły Powietrzne sono in bianco (ho utilizzato il Mr.Base Primer White della Gunze).

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Il pannello anti riflesso è in Nato Black Tamiya.

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A questo punto ho iniziato a eseguire un abbozzo di post shading su tutto il modello schiarendo i colori di base con varie percentuali di bianco e di grigio chiaro.

Lavaggi e decal:

Dopo tre mani generose di trasparente lucido Tamiya X-22, il mio Fulcrum ha ricevuto i lavaggi con tinte a olio (ho scelto diverse tonalità di grigio, non troppo scuro, miscelando in varie percentuali in Bianco di Marte e il Nero Avorio della Maimeri diluite con il thinner Humbrol).

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Un altro strato di Clear è stato propedeutico per il posizionamento delle decal Techmod. Sottili e con un potere adesivo fin troppo forte, hanno la brutta tendenza ad arricciarsi senza possibilità di recuperarle. Prestate molta attenzione quando le fate scivolare via dal supporto… come da me tristemente sperimentato, in un attimo si rischia di creare un grosso danno!

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A parte questo, le insegne si conformano benissimo, reagiscono immediatamente ai liquidi ammorbidenti e copiano le pannellature senza particolari problemi.

Ancora due mani di trasparente hanno livellato gli spessori delle decalcomanie sigillandole definitivamente.

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Scarichi, ruote, carichi esterni e montaggio finale:

Gli scarichi Aires sono stati, senza dubbio, il passaggio più divertente di tutta la costruzione! Partendo dal presupposto che sono davvero ben fatti e per questo devono essere valorizzati al massimo, ho affrontato uno studio approfondito della documentazione per capire come verniciarli al meglio.

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Il comune denominatore, in tutte le foto, è l’estrema opacità dei materiali che costituiscono l’esterno dei due exhaust; non solo, oltre a questo ho notato che i metalli tendono a brunirsi diventando blu, ma in maniera poco uniforme.

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Nell’attesa che mi venisse un’idea su come riprodurre quest’effetto, ho verniciato i petali alternativamente in Steel e Dark Alluminium Alclad (i petali che ritraendosi rimangono all’interno sono, di fatto, più scuri). L’interno del tubo di scarico, invece, è nel classico rivestimento resistente alle alte temperature in verde (tipico di quasi tutti i motori di fabbricazione russa) e che ho riprodotto con il Gunze H-302.

Poi, dopo qualche esperimento non proprio riuscito, la lampadina si è accesa… ed è nata questa “tecnica” (se così posso permettermi di chiamarla):

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Mano abbondante di trasparente lucido Tamiya su tutti i pezzi.

Mediante un pezzo di spugna che si trova nei set aftermarket (soprattutto in quelli Aires) ho picchiettato, solo sui petali più scuri, il Blu Cobalto a olio della Maimeri prelevato puro dal tubetto.

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Le macchie le ho, poi, attenuate e sfumate con un cotton fioc pulito passato sulle superfici con delicatezza per non portare via troppo pigmento.

A seguire, altra mano di lucido per sigillare il tutto, e lavaggio in Bruno Van Dyck scurito con del nero.

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Passata leggera di Transparent Smoke Alclad e di opaco H-20 Gunze per la finitura finale.

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Applicazione del dry brush con un colore alluminio a smalto per evidenziare i dettagli dei meccanismi di apertura e chiusura dei petali.

Per finire, un po’ di polveri Tamiya dal Weathering Set D (in particolare con la trousse Oil Stain e Burnt Blue) che hanno armonizzato e reso più omogenei tutti gli effetti fin qui applicati.

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Sugli anelli che si raccordano alla fusoliera ho utilizzato, in parte, gli stessi accorgimenti ma aggiungendo, nel contempo, una “fascia” blu al centro realizzata con il Trasparent Blue della Alcad aerografato direttamente sopra il Dark Alluminium.

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La configurazione dei carichi esterni che ho adottato è poco vista ma, comunque, utilizzata dai Mig-29 polacchi; essa comprende quattro missili R-73 Archer e come già detto, il serbatoio ausiliario ventrale che è in sostanza sempre montato.

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Gli ordigni aria/aria sono stati prelevati dal kit della Great Wall Hobby, essendo di qualità e fattura notevolmente superiore a quelli in dotazione nella scatola Academy, e verniciati completamente in bianco con il Mr.Base White della Gunze.

Il Fuel tank è stato invecchiato e sporcato soprattutto nella zona dello scarico dell’APU (Auxiliary Power Unit) usando colori a olio e, di nuovo, il Wathering Set D.

Ho completato le gambe di forza dei carrelli verniciando in nero i cavi idraulici; ai portelloni dei vani principali ho aggiunto i fari di atterraggio con relativi fili elettrici. Gli pneumatici sono stati dipinti in German Grey, mentre i cerchioni sono in un mix di 30 gocce Tamiya X-5 + 60 gocce Tamiya XF-26 + 60 gocce Tamiya X-8 per rassomigliare al caratteristico verde sovietico che indica le zone del velivolo soggette a potenziali rischi (anche i dielettrici dei Mig-21 o dei SU-27, ad esempio, erano nello stesso colore per il pericolo di scariche elettriche). Anche in questo caso, con il pennello a secco e un grigio a olio ho messo in risalto i tanti bellissimi dettagli stampati dalla Brassin sulle spallette dei battistrada.

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La guarnizione che sigilla il cupolino trasparente è in Pink XF-17 Tamiya. Sotto di esso, fissata alle spalle del seggiolino su una struttura metallica, è alloggiato il “dome” del GPS; l’ho rifatto da zero con Plasticard e l’ho completato con un filo di rame, non verniciato come nella realtà, per simulare il collegamento elettrico.

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A questo punto non mi resta che applicare la finitura definitiva con il Flat Clear H-20 Gunze (diluito all’80% con il Lacquer Thinner Tamiya) e assemblare gli ultimi particolari: antenne, sensori dell’angolo d’attacco (in fotoincisione), electric discharger della Master (che rendono ancor più realistico il modello) e due piccole strobe light, una sul dorso e una sotto la gondola motore sinistra, auto costruite da zero partendo da una scheggia di sprue trasparente e verniciate con il Clear Red della Tamiya.

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Conclusioni:

E’ stato un Work In Progress molto lungo e che ha richiesto molte attenzioni, soprattutto a causa della vetustà dello stampo Academy. Ma la soddisfazione di aver aggiornato e portato a termine un modello così datato, alla fine, ripaga in pieno ogni fatica!

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Buon modellismo a tutti! Valerio “Starfighter84” D’Amadio.

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Tutorial Utilizzo Pigmenti nel modellismo – Dust effect with Pigments.

Coff coff….odio la polvere soprattutto se a toglierla devo essere io!
Purtroppo è ovunque e il suo comparire è come il moto perpetuo.
Più o meno visibile, più o meno presente, ad essa anche le casalinghe più ostinate armate di panni miracolosi devono arrendersi.
Strana la sua origine e magnetico il suo scintillare ai raggi del sole sotto il turbinio caotico in un lembo di aria vorticosa, con lei non si vince…la si accetta e basta.

Qui proveremo a riprodurla….ma in scala.

In questa guida adopererò i pigmenti e nonostante il tutorial è incentrato sulla polvere, il fulcro sono l’uso dei pigmenti che si prestano a tantissimi scopi; qui li userò per ottenere l’effetto polvere.

Io a casa ho quelli della AK ma voi potete scegliere quelli che più vi aggradano e della tonalità che più riterrete giusta ai vostri scopi, l’importante è che siano di granulometria davvero fine.

Volendo, lo stesso effetto si può raggiungere anche con appositi lavaggi o filtri ma il risultato finale non è lo stesso rispetto ai pigmenti.

In commercio esistono tante tonalità, per ogni gusto e scopi. Quelli più diffusi e usati nel modellismo sono i toni di grigio, i metallici, e le terre.
Cosa importante è scegliere la giusta tonalità, mescolando anche più pigmenti.

Per veicolarli io adopererò il diluente per smalti enamel del tipo white spirit. In commercio esistono svariate offerte a prezzi diversi…a volte anche tanto per lo stesso prodotto.
Se poi sul flaconcino che abbiamo comprato c’è scritto “per modellismo” allora il prezzo sale alle stelle, senza una vera ragione che giustifichi tanta disparità.

Non userò leganti o fissanti per i primer per la ragione che desidero modellare l’effetto del pigmento una volta evaporato il thinner.
Ed ora il “neccesser”!

– Pigmento del colore scelto. In questo caso colore grigio chiaro dalle note sabbia mediterranea per l’effetto polvere; io AK-42 “European Earth”
– Due pennelli a punta tonda, piatta o entrambi come preferite
– Thinner
– Tavolozza, paint tray o altro supporto
– Pipetta dosatrice
– Linguetta rigida del colletto delle camice per prelevare il pigmento

Ora…negatevi per chiunque vi cerchi, chiudete la porta del vostro luogo segreto, anzi no….sprangatela e mettete su della buona musica.

Uno, due, tre si comincia!

Un pizzico di pigmento sulla tavolozza

Una goccia di diluente

…anzi due

Una rimestata leggera.

Il pigmento è pronto; più diluente ci sarà più il pigmento si spanderà meglio. Meno diluente per effetti più concentrati e saturi.

E ora applichiamolo per l’effetto polvere!

Come primo esempio ho scelto di riprodurre il pavimento liscio e impolverato di un magazzino, o meglio un corner di questo, con dei segni da “strusciamento” di polvere lasciati da scatoloni tirati via o qualcosa di simile.

Applico la mistura in modo uniforme ma concentrando l’azione del pennello maggiormente sulla parte inferiore della superfice.

Ho dato un fondo scuro per far risaltare meglio l’effetto.

Ovviamente il fondo deve essere scelto in modo tale da non avere reazioni con il thinner degli enamel. In alternativa basterà sigillarlo con un trasparente acrilico.

Fatto, abbiamo finito. Il pigmento è stato applicato!

Ora potete togliere la spranga dalla porta del vostro laboratorio.

Eh già! Avete proprio ragione, non si vede nulla. Tutto sto casino e poi quest’è!

Guardate però dopo qualche minuto cosa accade….

Mica vorremo lasciare tutto così! A’ ri-chiudiamo la porta e mandate dell’altra musica….non abbiamo terminato!

Vi ho parlato di strusciature, scatoloni portati via, tracce lasciate sulla superfice e polvere depositata agli angoli!

Con un vecchio pennello e cotton fioc, assolutamente privi di thinner, ho tirato via l’eccesso per modulare l’effetto e dargli un aspetto “graffiato”.

Un consiglio: non usate le dita! Per quanto possa essere invitante farlo come leccarsi le dita sporche di cioccolato….non fatelo!Mi riferisco alla polvere!

Aggiungo maggior dettaglio depositando dell’altro pigmento in maniera diretta per concentrare l’effetto.

Ho aggiunto come sempre il diluente

E questo è il risultato finale dopo ulteriori applicazioni.

Come secondo esempio ho scelto il cockpit di un aereo risalente agli anni’40.

Il pezzo è un Brassin in resina destinato ai Bf-109 precedente mente colorato in RLM 66, lumeggiato e con su un lavaggio in nero a olio. Successivamente il tutto è stato sigillato con un satinato acrilico trasparente.

Alla stessa maniera del precedente lavoro, applico la mistura diluita in vari punti concentrati.

Assolutamente sbagliato procedere come se fosse un lavaggio!

Interventi mirati!

Una volta completato si attende, proprio come prima.

Guardate cosa appare man mano che il diluente evapora…..

Con un pennello piatto morbido o un cotton fioc rigorosamente asciutti ho rimosso l’eccesso modulando l’effetto. Nei cockpit non è il caso di esagerare.

Questo è l’effetto finale:

Meglio cercare un effetto delicato ed equilibrato; l’armonia cromatica e la resa finale veritiera devono andare a braccetto.

Altre applicazioni aeronautiche sono svariate:

Non avendo usato fissativi il tutto è rimovibile con aria compressa e pennello o con un getto d’acqua corrente. Se volete fermare tutto potete usare uno dei Pigment Fixer da modellismo in commercio.

Per un effetto più grasso e meno volatile è possibile aggiungere anche un goccia di colore ad olio o un lavaggio/filtro già pronto.

Ora è tutto!Divertitevi a sperimentare!Tantissimi sono le possibilità di utilizzo di questa tecnica che non ha limiti nè confini di utilizzo.

A voi trovare la collocazione di questa nei vostri step modellistici; che sia un mezzo militare nel deserto o con della terra secca tra i cigoli o della polvere sul pianale, un diorama, un aeroplano, una macchina da rally o un figurino con gli stivali impolverati di terra o fango secco.

Ciauz! 😉
Alla prossima.

PS: E per la fanghiglia leggera umida? Provate con del lucido nel pigmento…..

PPS: ora potete togliere la spranga dalla porta…però la musica lasciatela 😉

Macchi 202 Folgore dal kit Italeri in Scala 1/72.

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Circa dieci anni fa, da tredicenne, comprai il mio primo modellino. Scelsi il Macchi 202 perché era il mio aereo preferito e nonostante fosse una macchina da guerra, aveva una linea filante, elegante, bellissima. Lo acquistai dopo aver finito la visita al Museo Storico di Vigna di Valle, e in pochi giorni lo terminai dipingendolo a pennello con degli smalti Model Master. Il risultato finale fu quello che fu, ma ero felicissimo.

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Ora, da ventitreenne e con un po’ di esperienza sulle spalle, ho voluto riprovarci e ammirare quella bellissima linea disegnata dall’Ingegner Castoldi settantasei anni fa. Il kit è sempre lo stesso, ma questa volta dalla mia parte ho un aerografo Iwata HP-CS, le decals Skymodel, acrilici Tamiya e vinilici Lifecolor!

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Il kit:

La scatola Italeri permette di realizzare un buon modello; lo stampo, in comune con il kit del Mc. 205 Veltro (uscito qualche mese dopo…), è, di fatto, un ibrido che richiede un buono studio della documentazione per ottenere una riproduzione in scala coerente e realistica. Gli incastri non sono il massimo e ci sono delle parti abbastanza delicate che richiedono diverse prove a secco e una particolare attenzione durante l’incollaggio.

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Le ali hanno le due mitragliatrici da 7.7mm già stampate e rappresentano quelle destinate agli esemplari della serie costruttiva dalla X in poi. Queste cellule, per quanto fossero le più armate, non furono molto diffuse nei reparti per cui ho preferito stuccare ed eliminare tutti i particolari menzionati. Se volete realizzare un aereo “late” bisogna aggiungere anche il blindovetro all’elemento centrale del parabrezza.foto-35

Il dettaglio generale invece è buono, l’abitacolo è spartano ma comunque onesto per quello che si vedrà, le incisioni non sono pesanti. L’unica pecca è il pozzetto del carrello completamente di fantasia, ma essendo “sotto” ci si può benissimo convivere…

Si comincia!

Come detto i primissimi interventi hanno interessato le mitragliatrici alari e la loro completa eliminazione. Poi mi sono dedicato all’abitacolo, dove l’Italeri propone il cruscotto come un pezzo piatto di plastica e una decalcomania per gli strumenti; non mi sono accontentato e con un po’ di Plasticard da 0.25 sagomato correttamente, e forato in corrispondenza degli strumenti, ho ottenuto questo:

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Quindi sono passato ai carrelli, dove ho dipinto in Alclad Chrome lo stelo del martinetto e il resto della gamba in White Aluminium (Sempre Alclad). Le ruote hanno ricevuto lo stesso colore sul cerchione, mentre il copertone l’ho colorato di nero opaco Lifecolor, con drybrush di vari grigi e marroncini.

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Anche sul seggiolino ho fatto qualche modifica eliminando tutto il dettaglio del paracadute con un trapanino elettrico, per poi riprodurlo nuovamente con del nastro Tamiya (stesso usato anche per le cinture, poi dipinte in Dark Earth). Le catene al lato e sotto le ho create facendo una spirale di un filo elettrico sottilissimo, per poi schiacciarla tutta su di un lato con una pinzetta.

Ho aggiunto qualche dettaglio anche sulle paratie laterali, ma senza esagerare poiché non si vede veramente nulla a fusoliera chiusa. Ho usato plasticard da 0.25mm e filo di piombo da Ø0.2mm

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Poi è arrivato il momento di lavorare sul pozzetto del carrello principale: ho preso ispirazione dalle fotoincisioni Eduard per questo kit, e per prima cosa con il trapanino ho asportato tutto il dettaglio già stampato. Ho realizzato una paratia in plasticard da 0.25mm da incollare nella parte posteriore del vano che poi è stata sagomata a misura con la fusoliera e l’ala. Con lo stesso procedimento ne ho ottenuta un’altra da mettere nella parte anteriore. Nelle foto si può notare il paragone con il dettaglio originale proposto dall’Italeri.

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Con filo di piombo da Ø0.2mm e Ø0.4mm e Plastirod Ø0.5mm e Ø0.75 mm ho riprodotto la struttura del castello motore, e le varie tubature idrauliche/carburante. Ho raccordato la paratia posteriore con l’ala utilizzando del Mr. Surfacer 1000 dato a pennello.

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Ho, quindi, spruzzato un primo strato di Verde Anticorrosione Lifecolor su tutta la zona e, con un pennellino molto sottile, ho dipinto i dettagli. Del drybrush in bianco e grigio 36375 hanno aiutato a dare una maggiore tridimensionalità ai nuovi dettagli. Successivamente ho steso, ad aerografo, uno strato di Future propedeutico per dei lavaggi in Bruno Van Dyck e nero a olio. Infine li ho sigillati con l’opaco Lifecolor.

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Ho anche ricostruito i martinetti per la retrazione del carrello con due brass rods dell’Albion Alloys da Ø0.4mm e Ø0.6mm. La parte da 0.4 l’ho verniciata col Chrome della Alclad, mentre su quella da 0.6 ho usato il nero opaco Lifecolor con del drybrush in grigio 36375. (Ilraffronto con il pezzo Italeri è, ovviamente, impietoso).

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L’abitacolo ha subito un trattamento molto simile al vano carrello, ho però rifatto la pedaliera, rispetto a quella che si vedeva nella foto precedente.

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Ora, viene la fase più difficoltosa: assemblare la fusoliera. Purtroppo, essendo lo stampo condiviso col Macchi 205, alcuni pezzi sono intercambiabili. Comodo per il produttore, scomodo per il modellista…

La fusoliera stessa, quindi, è composta di ben quattro parti. Le due valve sono abbastanza facili da unire, la capottatura superiore e inferiore del motore è un vero disastro!

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Ho usato degli inserti di Plasticard per riempire i buchi e colla cianoacrilica per stuccare. Una buona dose di carta vetrata e olio di gomito mi ha permesso di raccordare al meglio tutti i pezzi. Si nota come anche il filtro dell’aria sia, come dire, rovinato? Non è stato stampato correttamente ed era mancante degli ultimi 2-3 mm. Anche in questo caso, usando del Plastirod per riempire il buco e stucco Tamiya per rifinirlo, ho ricostruito ciò che mancava. Ho inoltre provato a forare gli scarichi, in modo da dargli maggiore profondità.

Attenzione anche alla radice dell’ala e alla zona posteriore al radiatore dell’acqua sotto la pancia. Gli incastri non sono proprio precisi e l’uso di plasticard e stucco è inevitabile.

Ho aggiunto del dettaglio anche al radiatore stesso rifacendone la parte anteriore e aggiungendo due listelli di plasticard all’imboccatura. Dopo aver finalmente stuccato tutto, ho reinciso i pannelli a copertura delle scatole munizioni per le mitragliatrici in caccia calibro 0,50 situate davanti al parabrezza; nel kit, ovviamente, sono completamente dimenticati.

I trasparenti sono stati bagnati nella cera Future; prima di incollare il parabrezza, che ha avuto bisogno di una piccola stuccatura col Mr. Surfacer sul lato destro, ho aggiunto il mirino San Giorgio fatto con tre pezzi di Plasticard e uno di acetato trasparente.

Colorazione:

E mano all’aerografo!

Primissima cosa, una mano di grigio 36375 per controllare eventuali difetti di montaggio. Dopo di ciò, sulla radice dell’ala sinistra, una passata di White Aluminium Alclad!

Quindi una generosa mano di Nocciola Chiaro 4 F.S.30219 Lifecolor su tutte le superfici superiori.

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E di Grigio Azzurro Chiaro sul ventre. Ho eseguito un leggero post-shading con del Nocciola Chiaro 4 schiarito con del bianco.

Ho anche messo insieme e dipinto l’elica..

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Anche con un po’ di weathering

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Ho aggiunto le linee idrauliche per i freni sulle gambe del carrello.

Gli scarichi (un po’ piccini secondo me) li ho dipinti con una mano di nero opaco, quindi vari drybrush di ruggine, grigio 36375 e bianco.

Ora viene la sfida vera e propria, quella di realizzare i famosi anelli di fumo (o smoke rings). Il primo tentativo l’ho fatto spruzzando il Verde Oliva Scuro 2 Lifecolor: ho provato diverse alchimie diluendolo con il Flow Improver della Windsor & Newton a varie pressioni ma, purtroppo, il risultato non è stato un granché. I pigmenti Lifecolor non sono sottili e tendono ad asciugarsi rapidamente sull’ago intasandolo, e questo li rende inutilizzabili per tal genere di mimetiche.

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Dopo aver sverniciato tutto e ridipinto il Nocciola Chiaro 4, ho cambiato strategia usando il Tamiya XF-27 NATO Green. L’ho diluito al 50% circa con il diluente nitro, e ho rimosso dall’aerografo (HP-CS) la corona che protegge la duse. La pressione del compressore l’ho tarata a 0,8 bar… e sono riuscito nell’intento!

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Ho realizzato le amebe a mano libera, senza nessuna mascheratura o tratto a matita da seguire. Prima ho fatto un sacco di tentativi su fogli di carta e su di un povero P-39 Academy che ha assunto il triste ruolo di “cavia”.

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In queste foto si vede la banda bianca in fusoliera (Bianco opaco Lifecolor) un po’ troppo estesa, poi l’ho corretta.

Le scrostature sulla radice dell’ala le ho realizzate “graffiando” via il colore Lifecolor con la punta del cutter (con lama #11), e sotto è comparso lo smalto Alclad molto più resistente.

Ho inoltre realizzato le luci di posizione sull’ala e sul poppino, tagliando la plastica grigia, incollando e sagomando un pezzo di plastica trasparente.

Weathering e decals:

A questo punto tre mani di lucido Tamiya diluito con la nitro hanno fatto da base per le (poche) decal Sky Models da cui ho prelevato le insegne per un esemplare del 4° Stormo operativo in Tunisia. Ho trattato le decalcomanie con il Mr.Mark Softer e non sono rimasto molto soddisfatto del risultato: rigide e poco inclini a reagire ai liquidi ammorbidenti, alla fine le ho dovuto aiutare spingendole nelle pannellature con uno stuzzicadenti e molta attenzione. A seguire ho sigillato con un’altra mano di lucido, sempre Tamiya, per poi eseguire dei lavaggi con il Bruno Van Dyck a olio insistendo nelle zone vicino al motore. Sul ventre ho usato un grigio medio.

Sul dorso ho anche usato il bianco, in alcuni punti dato puro, e poi tirato via con un cotton-fioc. Ho fatto anche una leggera brunitura da gas di scarico spruzzando Bruno Van Dyck diluitissimo con acquaragia sulla fusoliera giusto dietro gli exhaust. Per sigillare tutto, due mani di opaco Lifecolor hanno dato la giusta finitura! Il sole e la polvere del Nord Africa non lasciano nulla di lucido…

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Ho infine incollato lo stelo dell’antenna, rifatta in plasticard da 0.5mm, il tubo di pitot (brass rod da Ø0.4mm), il carrello e i portelli.

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Per finire, il tettuccio in posizione aperta, e il filo della radio fatto con sprue tirato a caldo.

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Dieci anni dopo, ecco il mio secondo Macchi 202!

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In armadio ho anche il 205 e perché no, mi piacerebbe fare un altro Folgore con mimetica da fronte orientale…!

Un ringraziamento particolare a tutto il forum di Modeling Time!!

Alla prossima, Roberto – Folgore – Bianchin.

N1K1 “Kyofu” dal kit Tamiya in scala 1/48.

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Ogni qual volta che mi appresto a montare un aereo giapponese, parlo di quelli della Seconda Guerra Mondiale, mi soffermo sempre sul significato del suo nome. Questa volta ho avuto, sul banco di lavoro, il N1K1 “Kyofu” che significa “tempesta moderata”… un nome un po’ insolito se confrontato con quelli ben più altisonanti e blasonati dati agli altri velivoli della stessa nazione!

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Il Kyofu non è un aereo molto conosciuto come l’A6M Zero o l’Aichi D3A Val, ma proprio questo fattore lo rende interessante; e poi si sa, noi modellisti spesso siamo affascinati da ciò che non conosciamo bene.
Per realizzare questo progetto, ancora una volta la Tamiya è venuta in mio soccorso proponendo una bellissima scatola in scala 1/48. Questa è degli anni ’90 ma vi assicuro che sembra stata progettata solo pochi mesi fa: i punti deboli si contano sulle dita di una mano e la qualità generale rispecchia il solito stile di questa ditta, oramai punto di riferimento nel mondo modellistico. Su questo modello ho voluto sperimentare… e divertirmi! Se continuerete a leggere, vi spiegherò il perché…

Il kit:
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Il kit fa parte di una limitata serie in cui la Tamiya inseriva un motorino elettrico per permettere all’elica di girare. Soluzione “giocattolosa”, ho preferito scartare il congegno e dedicarmi subito ad altro. Ciò che manca, per me indispensabile, è il carrellino di trasporto che ho comprato separatamente.

Nella scatola c’è già tutto quello che occorre per una realizzazione in scala al passo con i tempi, per cui l’unico aftermarket che ho acquistato (oltre al succitato carrello) è stato il set di mascherine pre tagliate dell’Eduard.

Montaggio:

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Come di consueto sono partito dal cockpit che ha un livello di dettaglio più che buono. Mi sono limitato ad aggiungere qualche sottile cavetto di rame e dei particolari in Plasticard per rendere più realistiche le paratie laterali. Al seggiolino ho assottigliato gli spessori per farlo risultare più in scala, oltre ad aver aperto i fori d’alleggerimento nella struttura.

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Ho dovuto subito mettere mano anche al motore poiché questo deve essere inserito prima di chiudere le semi fusoliere. Parliamo di un Mitsubishi MK4E Kasei radiale a quattordici cilindri capace di erogare fino a 1530 cavalli. Il propulsore da scatola è discreto ma i più esigenti potrebbero sentire il bisogno di sostituirlo con un accessorio, magari in resina. Personalmente ho solo aggiunto qualche cavetto e l’ho impreziosito con una sapiente verniciatura.

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La Tamiya produce un colore di base per i cockpit giapponesi, ma girovagando in rete ho trovato un mix veritiero e molto facile da ottenere con le seguenti tinte: 3 parti di XF-71 + 2 parti di XF-22 + 2 parti di XF-2 . Poi ho eseguito un post shading con la medesima vernice ma leggermente schiarita con del bianco.
Dopo aver colorato a pennello i componenti più piccoli, ho lucidato le superfici ed eseguito i lavaggi con colori a olio per donare profondità; infine ho opacizzato tutto per dare un effetto realistico ai pezzi. Solo dopo l’opaco sono intervenuto con la tecnica del dry-brush per mettere in risalto i dettagli in rilievo. L’ultima parte a essere aggiunta al cockpit è stato il pannello strumenti sul quale ho applicato le veglie degli strumenti fustellandole dalle decal incluse nella confezione.

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Il tocco finale l’ha dato una micro goccia di trasparente lucido in ogni quadrante per simularne il vetro. Terminato il motore e l’abitacolo, sono andato avanti con il montaggio della fusoliera che scorre via senza particolari patemi.

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Ho unito anche le semi valve che compongono lo scarpone che, una volta asciutto, ho incollato nell’apposito scasso previsto nella parte inferiore della carlinga. Le ali non creano problemi di sorta e lasciano fessure minime: basterà riempirle con un po’ di Mr.Surfacer 500.

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Verniciatura:

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Prima di applicare i colori della mimetica sono solito stendere una leggera mano di primer allo scopo di controllare eventuali difetti delle stuccature. Personalmente utilizzo spesso il Tamiya XF-19. Costatata la bontà dell’assemblaggio, ho applicato un fondo in Alclad Alluminium per sfruttare, in seguito, la base metallica.

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Successivamente ho eseguito un pre shading “alternativo”: invece di scegliere il classico nero o grigio scuro, ho direttamente utilizzato il colore delle superfici superiori – ovvero il Gunze H-59 – steso con una consistenza più “piena”. A questo punto ho diluito all’80% almeno lo stesso verde scuro e ho aerografato il resto del modello riproducendo delle “striature” non troppo vicine per conservare il fondo trattato con gli Alclad. Ho spruzzato il colore con movimenti veloci e in senso perpendicolare alle ali e alla fusoliera. Infine, con delle velature leggerissime date con l’aeropenna più distante dal soggetto, ho armonizzato e reso più omogeneo l’effetto fin qui ottenuto.

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Sul ventre, invece, ho eseguito il pre shading in Tamiya XF-69 e, in seguito, ho passato il grigio vero e proprio – il Gunze H-61.Tutte le vernici fin qui elencate sono state diluite con la nitro al posto del classico alcool o diluente specifico.

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Terminata la mimetica, ho proceduto con l’invecchiamento eseguendo delle sessioni di post shading; anche in questo caso la tecnica non è stata applicata come solitamente si usa fare (schiarendo il centro del pannello), bensì continuando a ricreare delle striature sempre più vicine.
Molto divertente è stata la realizzazione delle insegne giapponesi, le Hinomaru, che ho riprodotto mediante mascherine tagliate con l’ausilio del compasso circolare OLFA. Le più semplici sono quelle delle ali, le altre in fusoliera sono più ostiche a causa del bordino bianco che circonda il cerchio rosso. Prestate molta attenzione durante l’applicazione del nastro tagliato e coprite con cura il resto del modello perché il rosso è un colore che tende a infilarsi ovunque e sporcare anche dove non deve! Inoltre ricordate che sotto questo colore è sempre bene applicare una base di bianco opaco per evitare di stenderne troppi strati e creare degli anti estetici scalini.

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Sempre tramite il nastro ho ricreato le zone in giallo sul bordo d’attacco delle ali e la fascia rossa di pericolo sullo scarpone.

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Terminata la verniciatura ho passato su tutto il modello il lucido acrilico X-22 della Tamiya, anch’esso diluito con la nitro. Questo passaggio, fondamentale, mi ha permesso di posizionare le uniche due decal che rappresentano i codici individuali su entrambe i lati della deriva e, soprattutto, realizzare i lavaggi. Per questi ultimi ho scelto i soliti e affidabili colori a olio allungati in acqua ragia, ovvero il Bruno Van Dyck scurito con un po’ di nero. Gli stessi pigmenti sono stati utili per ricreare colature, perdite d’olio e di fluidi idraulici.

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Terminata anche questa fase è giunto il momento di opacizzare il mio Kyofu utilizzando il Gunze H-20 Flat Clear diluito al 60% con alcool rosa. Con qualche passata il gioco è fatto.
Attesa la sua completa asciugatura, ho realizzato delle scrostature con una penna gel argentata; i fumi di scarico del motore sono stati riprodotti ad aerografo con varie misture di grigi scuri e marroncini.

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Come detto all’inizio di quest’articolo, il carrellino di supporto è stato acquistato a parte perché nella scatola non è fornito. Si monta in men che non si dica!
Per dipingerlo ho utilizzato il Tamiya XF-64 e, dopo, è stato sottoposto a invecchiamento usando sia i washing a olio, sia il set della Lifecolor per il weathering del legno.

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Il modello finalmente è terminato e poggia sulla sua versatile basetta che ho auto costruito sfruttando questi tutorial.

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Ringrazio i ragazzi del forum di Modeling Time per i preziosissimi consigli e pareri e v’invito ancora una volta, a iscrivervi nella nostra utile e soprattutto simpaticissima community! Il modellismo, da noi, è soltanto l’inizio!

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Saluti dallo Stretto di Messina, figghiulazzi.
Roberto “rob_zone” Boscia

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D9R Armored Bulldozer dal kit Meng in scala 1/35.

Un bel giorno, navigando online alla ricerca di un nuovo modello da realizzare, sono incappato in questo Armored Bulldozer della Meng e me ne sono decisamente infatuato: è stato amore a prima vista!

Da sempre affascinato dai mezzi di movimentazione terra, mi trovo davanti ad un “bestione” adattato per scopi militari e non me lo sono fatto scappare. Questo D9R è dotato di una struttura corazzata che protegge egregiamente il potente motore, l’impianto idraulico/elettrico e, ovviamente, il personale di bordo, essendo dotato di vetri blindati. I numerosi finestrini permettono agli operatori di avere un’ottima visuale in pratica a 360°.

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Il kit è possente: ci sono molti pezzi, ma comunque scomposti in modo logico, cosa che permette di evitare assemblaggi tediosi e contorti tipici di certi stampi.

Serve comunque una certa attenzione durante la fase di assemblaggio ma le parti combaciano alla perfezione e le stampate sono ottime e ben dettagliate; sono solo necessari alcuni ritocchi con lo stucco in certe giunzioni, più che altro nel gruppo di rotolamento e in quello della lama posteriore, ma comunque si tratta d’interventi di poco conto: tutto si monta che è una meraviglia.

Nella scatola sono compresi i cingoli in plastica maglia/maglia di ottima fattura, i trasparenti per i finestrini sono presenti sia nel classico colore neutro, sia in versione azzurrata per una riproduzione più realistica dei vetri blindati. Fornito anche un tubicino di gomma da utilizzare per ricostruire i collegamenti idraulici del gruppo lama.

Per complicarmi un po’ la vita (ma ne vale la pena!) ho acquistato alcuni aftermarket: cingoli in metallo con perno passante dell’Easy Links (metal set D9R) e due set di fotoincisioni della Eduard (36270 Cooling Slats e 36265 Exterior).

Adesso passiamo alla fase operativa.

Per affrontarlo più agevolmente, il modello è stato così suddiviso: corpo principale, gruppo pala, gruppo cabina, gruppo rotolamento e gruppo lama posteriore. Per prima cosa ho lavorato sul corpo principale: con l’aiuto del Dremel, e di un taglierino molto affilato, ho eliminato tutte le griglie dalle stampate che compongono il vano motore in modo da poterle sostituire con quelle foto incise della Eduard (composte di telaio e lamelle singole).

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In seguito ho anche sostituito i condotti in plastica con filo di ottone sagomato.

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La parte frontale del radiatore è stata, invece, interamente sostituita dal suo alter-ego in metallo sempre della Eduard: un lavoro piuttosto lungo e un po’ noioso che però, a lavoro finito, ripaga ampiamente delle fatiche donando un aspetto notevolmente realistico.

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Dopo di ciò ho messo insieme la struttura portante del mezzo arricchendola con altre fotoincisioni: le pedane per l’accesso alla cabina, le quattro pedane laterali ripieghevoli, le protezioni per il sistema idraulico del sollevamento pala e altri accessori.

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Quindi sono passato agli interni per poter poi unire i sottogruppi, il corpo principale e la cabina. Quest’ultima è molto ben dettagliata, peccato solo che a modello finito sia alquanto arduo intravedere i dettagli interni più significativi, nonostante i numerosi finestrini.

Volendo riprodurre un modello piuttosto vissuto anche gli interni hanno ricevuto un discreto trattamento d’invecchiamento: dapprima con scrostature varie e dopo con qualche lavaggio mirato con prodotti Mig molto diluiti. Il sedile dell’operatore è stato prima ricoperto con un sottile strato di Milliput, testurizzato con un pennellino da battaglia e, successivamente, colorato con acrilici Lifecolor. Il risultato è forse leggermente troppo ruvido ma in fin dei conti non mi dispiace.

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A questo punto sono passato al gruppo rotolamento.

Come anticipato, è stato necessario eseguire solo una leggera stuccatura lungo le linee di giunzione per avere una finitura perfetta del gruppo, che abbinato ai cingoli in metallo, è decisamente accattivante. L’assemblaggio dei cingoli non è stato difficoltoso, bisogna solo ripassare i fori per i perni con una punta di diametro adeguato alla dimensione degli stessi. Una volta infilato il perno tra le due maglie ho aggiunto una piccola goccia di ciano, evitando di precluderne la mobilità, ma sufficiente a impedire ai perni più laschi di sfilarsi.

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Il gruppo pala e la lama non presentano particolari difficoltà. L’unica accortezza, nel gruppo lama, è quella di controllare bene l’orientamento dei cilindri in modo da non ritrovarsi con gli innesti per i tubi idraulici nel verso sbagliato.

Altra cosa molto interessante è che la Meng ha riprodotto sul lato di una sprue la testa delle brugole da tagliare e attaccare sui corpi dei pistoni per la movimentazione del gruppo lama.

Un paio di stuccatine leggere per rifinire alcune linee di giunzione e via che si procede con la prova a secco per controllare il corretto assemblaggio di tutti i vari gruppi.

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Ed eccoci alla verniciatura.

Per quest’operazione ho continuato a lavorare per sottoinsiemi, con la differenza che il gruppo cabina è stato definitivamente fissato al corpo principale.

Dopo il classico primer Tamiya Fine, ho passato una mano di color ruggine Vallejo, seguito da una seconda e terza mano, molto leggere, di colore sempre più schiarito per dare una leggera variazione tonale in alcune zone. Quindi, ho sigillato il tutto con una mano di trasparente lucido.

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Una volta fatto asciugare il tutto a dovere, sono passato a un mix di Desert Yellow e Dark Yellow  Tamiya, in parte miscelati tra loro in diverse mani, per ottenere anche qui leggere variazioni tonali. In seguito ho iniziato a realizzare i primi graffi e scrostature mediante la tecnica della lacca e l’utilizzo del Maskol, ottenendo così un primo abbozzo di usura che è stato in seguito ritoccato in fase di finitura. In questa passaggio ho aggiunto il gruppo di rotolamento, sottoposto allo stesso trattamento, per ottenere un effetto uniforme tra i due blocchi strettamente correlati tra loro.

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Ed eccoci arrivati alla verniciatura della pala: una bella sfida!

Dopo il primer Tamiya Fine, ho passato due mani leggere del color acciaio della linea Mister Metal Color della Mr. Hobby, ed ho fissato il colore con un velo di trasparente lucido.

Successivamente ho dato una leggera mano di Desert Yellow molto diluito sulla parte interna della pala e uno strato più consistente sulla griglia di protezione posta sopra di essa. Anche qui ho ricreato qualche piccola scrostatura.

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In seguito ho steso ad aerografo diverse velature molto diluite sulla pala con diverse tonalità color ruggine della Lifecolor, seguendo un andamento dall’alto verso il basso per ottenere striature leggere, stando attento a evitare l’indesiderato effetto maculato.

Con il colore non completamente asciutto ho passato un pennellino piatto leggermente umido, sempre con passate dall’alto verso il basso, per avere transizioni tonali più realistiche e casuali. Passata un’altra mano di lucido, ho ulteriormente scrostato alcuni punti con un pennello usurato, sfruttando anche qui la tecnica della lacca e del Maskol (che mi hanno permesso di lavorare in modo piuttosto selettivo sulla griglia in alto, sui lati della pala e sulla lama ottenendo un effetto soddisfacente).

Ho iniziato, quindi, ad applicare a pennello dei pigmenti Mig in polvere, dopo aver inumidito le zone interessate con il fissatore per pigmenti sempre della medesima ditta. A questo punto ho lasciato la pala in attesa delle rifiniture finali da portare a termine una volta preparata la basetta, in modo da adattarla in funzione della stessa.

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Passiamo al gruppo lama: anche qui, primer Tamiya Fine, passate leggerissime color acciaio e ruggine sempre ad aerografo, di nuovo una miscela con Desert Yellow e Dark Yellow dopo una generosa mano di trasparente lucido; poi, con le stesse tecniche utilizzate in precedenza, ho provveduto a creare segni di usura qua e là, dedicandomi a qualche ritocco color acciaio sulla lama vera e propria.

Infine ho ricostruito i collegamenti idraulici con il tubicino in dotazione.

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Giunto a questo punto ho completato il montaggio unendo tutti i sottogruppi al corpo principale e sono passato alla fase d’invecchiamento vero e proprio con lavaggi a olio molto diluiti su tutto il modello per enfatizzarne i contrasti.

Ho aggiunto pigmenti Mig per replicare sedimenti polverosi e terrosi, ho fatto colature di sporco e ruggine con lavaggi Mig, ma cercando di non esagerare. La difficoltà di quest’operazione sta proprio nel decidere quando fermarsi perché su questo tipo di modello è veramente facile strafare. Ancora oggi, quando lo guardo, mi viene istintivo il voler aggiungere un po’ di ruggine lì o una colata d’olio, ma comunque mi sono imposto di fermarmi quando il mio gusto personale lo ha ritenuto opportuno (anche se la tentazione del “ritocchino”, è sempre dietro l’angolo)!

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Siamo arrivati all’ambientazione: sostanzialmente ho utilizzato un pezzo di basetta in resina della Verlinden che riproduce detriti e macerie (vasi, mattoni, ecc.), ritagliando con un Dremel la parte che m’interessava.

Ho sistemato il pezzo ottenuto all’interno di una cornice per foto ed ho realizzato il terreno con del DAS, steso umido, sopra uno strato di Vinavil, per incollarlo al fondo. Fatto questo, ho impresso con alcune maglie dei cingoli avanzati, svariati solchi sul terreno in diverse direzioni per dare l’idea di un mezzo all’opera.

Infine ho pitturato il tutto con un fondo acrilico marrone, poi ho schiarito con del nocciola, poi un mix nocciola e Dark Yellow, poi Desert Yellow + Dark Yellow. Per ultimo ho creato un mix di colori per ottenere una tonalità simile al pigmento utilizzato per impolverare il mezzo e ho dato una spolverata su tutta la basetta con i pigmenti bloccandoli con un po’ di lacca.

Ho aggiunto qualche agglomerato di terreno utilizzando dell’Akadama, una terra in grani di diverse pezzature solitamente utilizzata per la coltivazione dei bonsai. Per spezzare un po’ l’ambientazione e dare di movimento alla scena ho costruito un palo della luce in legno con alcuni tondini e listelli che uso per il modellismo navale.

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Prima di passare alle foto conclusive, ci tengo a dire che questo modello mi ha a dir poco entusiasmato! E’ un kit meraviglioso, che anche senza aftermarket può dare risultati eccezionali data la qualità delle parti.

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Essendo io ancora un novello del settore modellistico, posso certamente dire che questo sia stato il mio primo lavoro veramente “tosto”. Mi ha tenuto occupato per diversi mesi sotto ogni aspetto: dal montaggio alla lavorazione delle fotoincisioni, dalla verniciatura fino alla fase d’invecchiamento.

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E’ stato per me un lavoro davvero impegnativo, ma altrettanto avvincente. Ci tengo a ringraziare tutti i partecipanti del forum di Modeling Time, che durante questo W.I.P. , realizzato in occasione del Group Build Desert Storm 2016, mi hanno consigliato e supportato in tutte le fasi della costruzione.

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Buon Modellismo! Giovanni “Digge” Tosatti.