Ogni qual volta che mi appresto a montare un aereo giapponese, parlo di quelli della Seconda Guerra Mondiale, mi soffermo sempre sul significato del suo nome. Questa volta ho avuto, sul banco di lavoro, il N1K1 “Kyofu” che significa “tempesta moderata”… un nome un po’ insolito se confrontato con quelli ben più altisonanti e blasonati dati agli altri velivoli della stessa nazione!
Il Kyofu non è un aereo molto conosciuto come l’A6M Zero o l’Aichi D3A Val, ma proprio questo fattore lo rende interessante; e poi si sa, noi modellisti spesso siamo affascinati da ciò che non conosciamo bene.
Per realizzare questo progetto, ancora una volta la Tamiya è venuta in mio soccorso proponendo una bellissima scatola in scala 1/48. Questa è degli anni ’90 ma vi assicuro che sembra stata progettata solo pochi mesi fa: i punti deboli si contano sulle dita di una mano e la qualità generale rispecchia il solito stile di questa ditta, oramai punto di riferimento nel mondo modellistico. Su questo modello ho voluto sperimentare… e divertirmi! Se continuerete a leggere, vi spiegherò il perché…
Il kit:
Il kit fa parte di una limitata serie in cui la Tamiya inseriva un motorino elettrico per permettere all’elica di girare. Soluzione “giocattolosa”, ho preferito scartare il congegno e dedicarmi subito ad altro. Ciò che manca, per me indispensabile, è il carrellino di trasporto che ho comprato separatamente.
Nella scatola c’è già tutto quello che occorre per una realizzazione in scala al passo con i tempi, per cui l’unico aftermarket che ho acquistato (oltre al succitato carrello) è stato il set di mascherine pre tagliate dell’Eduard.
Montaggio:
Come di consueto sono partito dal cockpit che ha un livello di dettaglio più che buono. Mi sono limitato ad aggiungere qualche sottile cavetto di rame e dei particolari in Plasticard per rendere più realistiche le paratie laterali. Al seggiolino ho assottigliato gli spessori per farlo risultare più in scala, oltre ad aver aperto i fori d’alleggerimento nella struttura.
Ho dovuto subito mettere mano anche al motore poiché questo deve essere inserito prima di chiudere le semi fusoliere. Parliamo di un Mitsubishi MK4E Kasei radiale a quattordici cilindri capace di erogare fino a 1530 cavalli. Il propulsore da scatola è discreto ma i più esigenti potrebbero sentire il bisogno di sostituirlo con un accessorio, magari in resina. Personalmente ho solo aggiunto qualche cavetto e l’ho impreziosito con una sapiente verniciatura.
La Tamiya produce un colore di base per i cockpit giapponesi, ma girovagando in rete ho trovato un mix veritiero e molto facile da ottenere con le seguenti tinte: 3 parti di XF-71 + 2 parti di XF-22 + 2 parti di XF-2 . Poi ho eseguito un post shading con la medesima vernice ma leggermente schiarita con del bianco.
Dopo aver colorato a pennello i componenti più piccoli, ho lucidato le superfici ed eseguito i lavaggi con colori a olio per donare profondità; infine ho opacizzato tutto per dare un effetto realistico ai pezzi. Solo dopo l’opaco sono intervenuto con la tecnica del dry-brush per mettere in risalto i dettagli in rilievo. L’ultima parte a essere aggiunta al cockpit è stato il pannello strumenti sul quale ho applicato le veglie degli strumenti fustellandole dalle decal incluse nella confezione.
Il tocco finale l’ha dato una micro goccia di trasparente lucido in ogni quadrante per simularne il vetro. Terminato il motore e l’abitacolo, sono andato avanti con il montaggio della fusoliera che scorre via senza particolari patemi.
Ho unito anche le semi valve che compongono lo scarpone che, una volta asciutto, ho incollato nell’apposito scasso previsto nella parte inferiore della carlinga. Le ali non creano problemi di sorta e lasciano fessure minime: basterà riempirle con un po’ di Mr.Surfacer 500.
Prima di applicare i colori della mimetica sono solito stendere una leggera mano di primer allo scopo di controllare eventuali difetti delle stuccature. Personalmente utilizzo spesso il Tamiya XF-19. Costatata la bontà dell’assemblaggio, ho applicato un fondo in Alclad Alluminium per sfruttare, in seguito, la base metallica.
Successivamente ho eseguito un pre shading “alternativo”: invece di scegliere il classico nero o grigio scuro, ho direttamente utilizzato il colore delle superfici superiori – ovvero il Gunze H-59 – steso con una consistenza più “piena”. A questo punto ho diluito all’80% almeno lo stesso verde scuro e ho aerografato il resto del modello riproducendo delle “striature” non troppo vicine per conservare il fondo trattato con gli Alclad. Ho spruzzato il colore con movimenti veloci e in senso perpendicolare alle ali e alla fusoliera. Infine, con delle velature leggerissime date con l’aeropenna più distante dal soggetto, ho armonizzato e reso più omogeneo l’effetto fin qui ottenuto.
Sul ventre, invece, ho eseguito il pre shading in Tamiya XF-69 e, in seguito, ho passato il grigio vero e proprio – il Gunze H-61.Tutte le vernici fin qui elencate sono state diluite con la nitro al posto del classico alcool o diluente specifico.
Terminata la mimetica, ho proceduto con l’invecchiamento eseguendo delle sessioni di post shading; anche in questo caso la tecnica non è stata applicata come solitamente si usa fare (schiarendo il centro del pannello), bensì continuando a ricreare delle striature sempre più vicine.
Molto divertente è stata la realizzazione delle insegne giapponesi, le Hinomaru, che ho riprodotto mediante mascherine tagliate con l’ausilio del compasso circolare OLFA. Le più semplici sono quelle delle ali, le altre in fusoliera sono più ostiche a causa del bordino bianco che circonda il cerchio rosso. Prestate molta attenzione durante l’applicazione del nastro tagliato e coprite con cura il resto del modello perché il rosso è un colore che tende a infilarsi ovunque e sporcare anche dove non deve! Inoltre ricordate che sotto questo colore è sempre bene applicare una base di bianco opaco per evitare di stenderne troppi strati e creare degli anti estetici scalini.
Sempre tramite il nastro ho ricreato le zone in giallo sul bordo d’attacco delle ali e la fascia rossa di pericolo sullo scarpone.
Terminata la verniciatura ho passato su tutto il modello il lucido acrilico X-22 della Tamiya, anch’esso diluito con la nitro. Questo passaggio, fondamentale, mi ha permesso di posizionare le uniche due decal che rappresentano i codici individuali su entrambe i lati della deriva e, soprattutto, realizzare i lavaggi. Per questi ultimi ho scelto i soliti e affidabili colori a olio allungati in acqua ragia, ovvero il Bruno Van Dyck scurito con un po’ di nero. Gli stessi pigmenti sono stati utili per ricreare colature, perdite d’olio e di fluidi idraulici.
Terminata anche questa fase è giunto il momento di opacizzare il mio Kyofu utilizzando il Gunze H-20 Flat Clear diluito al 60% con alcool rosa. Con qualche passata il gioco è fatto.
Attesa la sua completa asciugatura, ho realizzato delle scrostature con una penna gel argentata; i fumi di scarico del motore sono stati riprodotti ad aerografo con varie misture di grigi scuri e marroncini.
Come detto all’inizio di quest’articolo, il carrellino di supporto è stato acquistato a parte perché nella scatola non è fornito. Si monta in men che non si dica!
Per dipingerlo ho utilizzato il Tamiya XF-64 e, dopo, è stato sottoposto a invecchiamento usando sia i washing a olio, sia il set della Lifecolor per il weathering del legno.
Il modello finalmente è terminato e poggia sulla sua versatile basetta che ho auto costruito sfruttando questi tutorial.
Ringrazio i ragazzi del forum di Modeling Time per i preziosissimi consigli e pareri e v’invito ancora una volta, a iscrivervi nella nostra utile e soprattutto simpaticissima community! Il modellismo, da noi, è soltanto l’inizio!
Saluti dallo Stretto di Messina, figghiulazzi.
Roberto “rob_zone” Boscia