mercoledì, Luglio 16, 2025
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The Guardian – HH-60 J Jayhawk dal kit Italeri e conversione Cobra Company in scala 1/48.

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Introduzione:

Tutto ebbe inizio in una calda sera d’estate guardando un film in TV! Il titolo della pellicola era “The Guardian”, dove il protagonista (Kevin Kostner) interpretava il ruolo di un aero-soccorritore della Guardia Costiera Americana.
Mentre mi gustavo la proiezione rimanevo sempre più affascinato dalle scene che ritraevano gli elicotteri in forza all’U.S.C.G, gli HH60-J, e la mia mente modellisticamente deviata iniziò immediatamente a pensare di riprodurre in scala uno di quei soggetti….! Il giorno successivo attivai subito la ricerca di tutto l’occorrente per il mio progetto: recuperare il modello di partenza non era difficile, mi sarebbe stato utile l’SH60-B commercializzato dalla nostrana Italeri; girovagando per il web, trovai una ditta statunitense, la Cobra Company, che in catalogo aveva una mega conversione in resina e metallo bianco perfetta per il mio scopo (codice 48033). Al carrello della spesa aggiunsi una lastrina di fotoincisioni dell’Eduard creata per la versione B, ma che sarebbe comunque stata utile.

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A questo punto la vera difficoltà era trovare le decalcomanie, ma le vie del web sono infinite (parafrasando un famoso versetto) e con un pizzico di fortuna m’imbattei in una piccola azienda artigianale dell’Alabama, la Fireball Modelworks che commercializzava un bellissimo foglio (codice FMD-08-48) dedicato agli HH-60 J dell’U.S.C.G.!

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Mini Recensioni:

Vale la pena spendere due parole sugli aftermarket utilizzati per il mio modello in modo tale da offrire delle piccole recensioni.

Cobra Company 48033 – HH-60 J Conversion Set:
Nel 2003 la Cobra ha immesso sul mercato quest’attesissima conversione. Essa si compone di circa cinquantadue parti in resina che comprendono tutte le modifiche esternamente visibili, più ventisei pezzi in metallo bianco che andranno a sostituire e meglio dettagliare il rotore principale e quello anticoppia. Nella confezione è presente anche una lastrina di styrene trasparente con il vacuform delle finestrature bombate per i finestrini laterali dei piloti, e qualche dettaglio per l’interno dell’abitacolo compreso il cruscotto e la consolle centrale con la corretta disposizione dei quadranti e delle pulsantiere. La qualità di stampa è molto buona e i ritiri o sbavature sono pressoché assenti.

Fireball Modelworks FMD-08-48 – HH-60 J Jayhawk U.S.C.G. :
In realtà la Fireball Modelworks è formata solamente… da una persona! È il Sig. re Joseph Osborn che crea in casa suoi fogli decal. Proprio per la sua natura “casalinga”, il prodotto è stampato mediante il metodo ALPS su di un unico supporto trasparente… al modellista è quindi delegato un certosino lavoro di scontornamento delle insegne e un’accurata preparazione del fondo lucido.
Nonostante la fattura di certo non professionale, le decalcomanie sono estremamente corrette nelle forme e nei colori e, soprattutto, sono ben riprodotte con contorni nitidi e precisi. La scelta è poi vastissima, si può riprodurre addirittura l’intera flotta della Guardia Costiera americana (parlo di quarantadue macchine in totale)!

Il montaggio:
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Per prima cosa ho iniziato a studiare le istruzioni della conversione e a raccogliere quanta più documentazione possibile per avere un’idea ancora più precisa sulle parti soggette a modifiche.
Il Jayhawk deriva direttamente dall’HH-60 H Sea Hawk, ma ne differisce per l’installazione di numerose dotazioni avioniche specifiche per il teatro d’operazione marittimo: è presente un radar da ricerca e meteo che dà al muso una nuova e caratteristica forma. Sotto la prua è alloggiata una torretta FLIR (ad infrarosso) per le missioni Search & Rescue notturne e sono stati aggiunti due travetti esterni per il trasporto di tre serbatoi ausiliari e del pod sonar opzionale (con l’aggiunta delle taniche esterne il Jayhawk ha aumentato la sua autonomia a ben sei ore e cinquanta minuti con un raggio d’azione di circa 300 miglia nautiche). Conseguenza di tale implementazione è stata la totale riprogettazione di entrambe i portelloni d’accesso alla cabina, ed è proprio da quello sinistro che hanno avuto inizio le mie fatiche.

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Per montare correttamente la finestratura scorrevole fornita dalla Cobra Company ho effettuato un taglio all’esterno della fusoliera seguendo come riferimento le pannellature già presenti. Consultando le immagini a mia disposizione mi sono reso conto che lasciando il portellone destro aperto avrei dovuto arricchire l’interno con diverse apparecchiature e battellini gonfiabili; così, utilizzando dello stucco bi-componente e delle cartine per le sigarette, ho ricostruito alcuni canotti e delle borse contenenti materiale sanitario. Ho ricreato anche una scaffalatura posta nel lato sinistro dietro al copilota che conteneva varie apparecchiature elettroniche (fornite in resina dalla Cobra) mediante l’uso di Plasticard sottile da 0,2 mm. Un’altra zona molto visibile è il lato sinistro della cabina dove ci sono due sedute ripiegabili fatte di tessuto rosso, da me riprodotte utilizzando dei disegni reperiti in Internet e le solite cartine da sigaretta: ho incollato con del Vinavil tre strati, poi ho atteso che tutto fosse asciutto per procedere alla verniciatura (in rosso) e all’invecchiamento ottenuto con un po’ di Dry Brush in grigio chiaro. La “tecnica delle cartine” è molto utile per l’autocostruzione di questi particolari poiché, una volta che il collante si essicca, la velina tende ad aggrinzirsi e ad assumere quell’aspetto ruvido tipico della tela.

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Per la struttura tubolare delle panche ho sagomato il solito Plastirod di sezione tonda e spessore opportuno e, già che ero all’opera, ho anche realizzato nella zona alta il cablaggio del verricello esterno con l’aggiunta di qualche cavetto e tubazione di olio idraulico.
Dopo aver terminato le varie ricostruzioni, sono passato alla colorazione degli interni ottenuta con l’XF-18 Tamiya per il vano di carico, e il Nero opaco per la cabina di pilotaggio e i seggiolini. Conseguentemente ho eseguito vari lavaggi ad olio con nero e bitume, e alcune passate di dry brush per dare un effetto vissuto a tutta la zona.

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Finalmente si giunge alla fase di montaggio vera e propria chiudendo le due semi fusoliere ma, prima di quest’operazione, ho forato mediante un Dremel il dettaglio stampato in plastica che riguarda lo scambiatore di calore dell’albero del rotore di coda. Dopo aver assottigliato il labbro interno e rifinito i bordi, ho ricreato la “retina” traforata usando un lembo di Organza “cannibalizzato” da una bomboniera. Il tutto è stato poi incollato con dell’Attack e ulteriormente lavorato per dare la giusta forma al Tulle.
Causa la scarsa precisione degli incastri delle semifusoliere ho preferito lasciare riposare gli incollaggi per qualche giorno, dedicandomi nel frattempo al “pacchetto” pale e rotore di coda. Sempre con l’ausilio delle buone foto che avevo a disposizione, ho voluto dettagliare per rendere più realistico il rotore principale e quello di coda aggiungendo vari cavetti e tubazioni idrauliche che in questi punti abbondano parecchio. Sono poi passato alla colorazione: prima una mano di fondo che ha funzionato da “aggrappante”, poi del Nero opaco Gunze per le superfici inferiori del rotore principale e, per finire, superfici superiori in grigio chiaro FS 36375 Gunze H308. Le estremità delle pale sono, invece, in tre colori: grigio, rosso, nero e giallo.

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Prima di iniziare a stuccare tutte le varie giunzioni, ho aggiunto tutti quei particolari forniti dalla conversione: il caratteristico “naso” (il radome) sul muso più alcuni sensori e antenne situate sotto la prua e la coda. L’uso dello stucco su questo elicottero è stato abbastanza esteso, sia a causa dei già citati difetti di assemblaggio, sia per la grande quantità di pezzi in resina da dover aggiungere; per tutte le operazioni ho utilizzato il mio solito e fidato “Green Putty” della Squadron che è rapido nell’essiccazione e non ritira molto. Prima di passare alla colorazione definitiva ho controllato che tutto il montaggio fosse stato eseguito correttamente e le varie fessure riempite per bene; purtroppo le grandi superfici vetrate inevitabilmente mi hanno costretto a nuovi interventi poiché già al loro primo inserimento lasciavano dei gap abbastanza accentuati. Per colmarli sono ricorso a una buona quantità di “schegge” di plasticard inserite all’interno degli interstizi e a un uso abbastanza esteso di stucco bi-componente Tamiya. Qualche carteggiatura è stata inevitabile con la spiacevole perdita del dettaglio di superficie in alcuni punti e dell’opacizzazione dei trasparenti. Per dare nuovamente l’appropriata trasparenza, essi sono stati lucidati con varie passare di carta vetrata man mano sempre più sottile (dalla grana 1500 alla 2000) e pasta abrasiva poi, con l’uso dell’aerografo, vi è stato spruzzato sopra uno strato di cera per pavimenti Future che ha completato l’opera!

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La colorazione:

La colorazione degli HH-60 J della Guardia Costiera americana è la fase più caratteristica di questo modello. Lo schema ad alta visibilità è molto lineare ma realizzato con colori primari che a livello modellistico possono riservare qualche sorpresa. Ma niente paura… adesso vi spiego cosa fare!

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La prima fase della colorazione ha riguardato il bianco, quello da me scelto è l’H316 Gunze steso in varie velate leggere sull’intera superficie del kit in modo da creare un fondo idoneo per far “aggrappare” anche l’arancione e il giallo. Ad asciugatura avvenuta (attendiamo almeno una giornata) ho realizzato le mascherature di tutte quelle zone che andranno colorate in arancio alta brillantezza, colore che mi ha dato qualche problema poiché il suo Federal Standard non è prodotto da nessuna ditta. Il riferimento ufficiale è l’FS 12197 (CG Orange) e dalle istruzioni del foglio decal è suggerito un pigmento della Model Master abbastanza difficile da trovare. Così, in mancanza di altre soluzioni, mi sono dovuto arrangiare basandomi su un paio di foto stampate ad alta qualità dal mio fotografo di fiducia. Le prove fatte sono state molteplici, ma alla fine sono riuscito a trovare la giusta mescola miscelando due diverse tonalità di rosso Gunze H3 e H23 (non chiedetemi le percentuali esatte poiché mi regolo molto ad occhio!). Per avere un riscontro ancora più preciso ho aggiunto anche qualche goccia di arancio H14 riuscendo quindi ad azzeccare il colore in modo alquanto fedele. La fascia gialla sulla deriva che riporta le indicazioni di pericolo è in Yellow FS 33538 Gunze H329.

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L’andamento simmetrico delle zone in arancio e giallo mi hanno costretto ad un lavoro snervante di mascheratura: la precisione e la cura sono fondamentali per non ritrovarsi delle linee storte o sbavate alla fine della verniciatura. Personalmente ho usato l’insostituibile nastro Tamiya per delimitarle e ho aerografato le vernici cercando di mantenere il getto più perpendicolare possibile alla superficie del modello. A questo punto ho steso almeno quattro mani di trasparente lucido Gunze su tutto il mio Jayhawk allo scopo di creare un fondo liscio e idoneo alla posa delle decal. Questo passaggio sarà fondamentale per evitare il fastidioso effetto Silvering, rischio molto probabile data la fattura casalinga del prodotto della Fireball Modelworks.

Le decal ed il weathering:

I fogli decal contenuti nella busta trasparente della Fireball sono due in formato A5: uno per i vari stemmi e matricole, l’altro con tutti gli stencil e le scritte di servizio. Come già detto, la qualità è buona ma essendo stampate con sistemi alquanto artigianali è meglio proteggere le insegne prima di immergerle in acqua. A tale scopo la ditta di Tanner (Alabama) suggerisce di “isolare” le decalcomanie con uno strato di Decal Film della Microscale o una mano di cera Future, e di lasciarle “riposare” un paio di minuti prima di rimuoverle dal supporto cartaceo. Devo dire che, nonostante il film sia esageratamente esteso, esso è molto sottile. E’ poi importante utilizzare correttamente i liquidi emollienti Micro Sol e Set (che reagiscono molto bene) per far aderire correttamente le decal e “fissarle” al modello definitivamente.

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Il set è fornito anche delle estese walkways, ma personalmente ho preferito creare una mascherina per poi dipingerle ad aerografo.
Anche questa fase è filata via tranquillamente e senza particolari intoppi, tranne qualche accortezza e attenzione in più del normale. Dopo aver fatto riposare il modello per circa dodici ore, ho passato una mano di lucido per sigillare tutte le decal e per preparare la superficie al passaggio finale: il lavaggio a olio.

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Osservando le foto che avevo a disposizione ho notato che la colorazione è sempre pulita e brillante tranne in alcuni punti (come la zona degli scarichi dei motori che sono un po’ anneriti) che inevitabilmente si riempiono di sporcizia. In accordo con la documentazione ho deciso di non esagerare con i vari invecchiamenti limitandomi ad evidenziare le pannellature con un washing selettivo (realizzato in parti uguali di Nero e Bruno Van Dyck), e qualche “sbuffata” di nero nella zona degli exhaust.

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Un’ultima e ulteriore mano di trasparente lucido e il montaggio di alcuni particolari (l’antenna a filo sulla parte destra della trave di coda, alcune antennine a lama e le luci di posizione e navigazione) hanno messo fine alle mie fatiche… E si aggiunge così un altro modello alla collezione!

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Conclusioni:

Che dire… realizzando il mio primo Jayhawk mi sono reso conto che montare un elicottero richiede una buona dose di cura in più rispetto agli aerei. Se si vuole ottenere qualcosa di buono, bisogna avere molta documentazione fotografica e lavorare di autocostruzione, giacché almeno per certi soggetti il vano di carico è molto visibile dall’esterno e i set di dettaglio, per quanto curati, non sono mai il massimo. Una cosa buona però c’è: gli elicotteri m’intrigano parecchio e questo non sarà di certo l’ultimo!
Ciao a tutti gli amici modellisti, spero di farvi vedere presto qualche altro bel “frullino” (come li chiamiamo noi in gergo modellistico)!

Fabrizio “BernaAM” Bernarducci.

 

Tools Review: Compressore MS Plus – MGSC Compressori Silenziati.

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Sulle pagine del nostro blog siamo abituati a vedere recensioni di nuove scatole di montaggio o inediti fogli decal. Certo, questi prodotti sono il “pane” quotidiano di ogni modellista, ma troppo spesso ci dimentichiamo che anche tanti altri accessori sono fondamentali per la buona riuscita dei nostri lavori; tra questi, di sicuro, un posto di rilievo lo occupa il compressore – strumento fondamentale per chi pratica il nostro hobby a buoni livelli e vuole applicare tecniche all’avanguardia nella verniciatura e nell’invecchiamento dei modelli.

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Eccomi qui a presentarvi il compressore MS Plus della MGSC – Compressori Silenziati, ditta che risiede nel cremonese e gestita dal Sig.re Maurizio Guadrini… anch’egli modellista, quindi ben consapevole delle esigenze che ogni appassionato può avere!

La MGSC offre una vasta gamma di prodotti adatti a tutti i tipi di utilizzo e a misura di tutte le tasche, ma il compressore oggetto di questa recensione è sicuramente l’articolo con il miglior rapporto qualità/prezzo tra tutti quelli in catalogo.

Passo subito a elencare le caratteristiche tecniche dell’MS Plus:

  • Serbatoio di acciaio zincato e verniciato a polvere da 5 litri.
  • Pressione massima del serbatoio 11 Bar.
  • Range di esercizio 0,2-7 Bar.
  • Potenza del motore circa 35/40 litri/minuto.
  • Tempo di carica completa (da 0 a 7 Bar), circa 45 secondi.
  • Tempo di ricarica parziale (da 5 a 7 Bar), circa 15 secondi.

Fortunatamente ho avuto modo di provare l’MS Plus di persona, quindi posso dare un parere diretto del prodotto della MGSC. Sicuramente un articolo di ottima fattura, molto versatile nell’utilizzo e progettato secondo standard di sicurezza e durabilità molto elevati. Ad esempio, il serbatoio è concepito per resistere a pressioni superiori a 10 Bar, ma la carica viene limitata a 7,0 Bar per evitare inutili sollecitazioni dell’acciaio. A monte del circuito pneumatico è apposta una valvola tarata a 8,0 Bar che interviene qualora il pressostato si guasti e impedisce al compressore di sovraccaricarsi (impossibile quindi il rischio che esso scoppi o si danneggi irrimediabilmente).

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Inoltre, sono presenti diversi accorgimenti per allungare la vita utile del prodotto, come ad esempio:

  • Fori calibrati per il deflusso controllato dell’aria in modo tale che la raccorderia non sia sottoposta sempre a una pressione elevata con conseguente cedimento dei componenti con l’utilizzo durante gli anni.
  • Membrane di controllo all’interno dei pressostati e al regolatore fine di pressione che impedisce la staratura e l’usura degli indicatori.

Altra parte veramente utile è il filtro anti condensa da 5 Micron (normalmente i comuni compressori, acquistati presso i grandi negozi di bricolage, ne montano da 20 Micron in poi…), una misura ridottissima che impedisce anche alle particelle d’acqua più piccole di passare; ciò vuol dire che l’aria immessa nell’aerografo è molto pulita offrendo un flusso d’aria sempre regolare e privo di sporcizia.

Come già anticipato qualche riga sopra, l’MS Plus può essere utilizzato dagli 0,2 Bar fino al fondo scala (7,0 Bar); volendo testare il comportamento del compressore a range di pressioni molto basse ho proceduto come segue: per cinque minuti continui ho “spruzzato” con il regolatore impostato a 0,4 Bar costatando che la fuoriuscita d’aria rimaneva perfettamente costante e senza “vuoti” anche quando il motore interveniva per la ricarica. A tal proposito, il relè dà l’impulso per “rifornire” il serbatoio quando la lancetta tocca i 5 Bar… ristabilendo in pochi secondi la quantità d’aria massima prevista di 7 Bar. Questa taratura è appositamente realizzata per avere un’ampia scorta d’aria sempre a disposizione, e per evitarne uno spreco inutile durante le fasi di pulizia; come mi ha anche detto il Sig.re Guadrini: “una volta terminata la verniciatura, il modellista può portare lo switch in posizione OFF e procedere alla pulitura dell’aerografo con l’aria rimanente… perché accenderlo nuovamente e utilizzare altra energia elettrica?”

Ulteriori notizie che possono esservi utili riguardano il peso (circa 13 chili) e l’ingombro (60x50x30 circa). La garanzia è quella standard prevista dalla legge (2 anni), e la manutenzione del compressore è praticamente inesistente: ricordo che la MGSC fabbrica prevalentemente prodotti per uso industriale, adatti a un utilizzo molto più intenso rispetto a quello modellistico! Per il ridotto impiego che ne facciamo noi (ridotto inteso come numero ore di funzionamento) non è neanche previsto un cambio dell’olio per il motore….

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Unica accortezza, se cosi si può chiamare, è la conservazione in luogo asciutto e riparato dalla luce solare diretta che potrebbe rovinare le parti in gomma.

Sicuramente un prodotto da consigliare a tutti coloro che sono alla ricerca di un compressore silenzioso, duraturo e veramente efficiente!

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Per informazioni ed ordinativi potete contattare il Sig.re Guadrini al numero telefonico +393925940925 o via mail al seguente indirizzo: vonmastain@libero.it . Potete visitare anche il sito Internet: www.mgsc.it

Dite pure che vi abbiamo consigliato noi!

Buon modellismo a tutti! Valerio – Starfighter84 – D’Amadio.

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Top Gun Scooter – A-4 E dal kit Fujimi in scala 1/72.

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L’A-4 Fujimi in 1/72 è ancora il miglior Skyhawk in questa scala e si fa perdonare il surplus di lavoro che richiede la difficile stuccatura della giunzione tra la parte anteriore e quella posteriore della fusoliera. Difficoltoso anche il fissaggio del cockpit a cui ho aggiunto solo delle cinghie fotoincise al seggiolino.

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Il modello è pronto per la colorazione, in foto si notano due delle poche modifiche al kit, il pannello rotondo sul muso costruito in plasticard e la sonda per il rifornimento in volo in filo di ferro.

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Di solito scelgo soggetti che mi permettono di sperimentare nuove tecniche di colorazione ed in questo caso mi sono concentrato sul weathering strizzando l’occhio a quel concetto caro ai figurinisti che prende il nome di “ Luce Zenitale “, ovvero la caratteristica dell’occhio umano di percepire un colore più o meno chiaro a seconda se l’oggetto che guarda sia più o meno illuminato o se preferiamo più o meno in ombra.
Ho deciso così di schiarire solo le superfici superiori ed in particolar modo le zone più esposte ed i pannelli.Si parte con il marrone chiaro Gunze H27 e H313.

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Dopo aver mascherato con il Patafix è la volta del marrone scuro H72 e lo stesso schiarito con il bianco.

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In questa foto si nota la differenza tra la parte inferiore e quella superiore.

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Le decal sono un’altro punto debole del kit, sono spesse, fuori registro e sovradimensionate, con un po di taglio e cuci il risultato è accettabile.
In foto il modello “glassato” alla Future e “decalizzato” è pronto a ricevere i lavaggi.

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Per i lavaggi ho utilizzato due prodotti della MIG, il Neutral Wash sopra e il Dark Wash sotto.

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Per enfatizzare le superfici mobili ho prima mascherato d’avanti al loro bordo d’attacco e poi ho spruzzato a bassa pressione una miscela diluitissima di Smoke Tamiya con una punta di nero.
Dato che il colore va spruzzato sul bordo del nastro bisogna stare attenti a non esagerare. Con il nastro in posizione sembra che nulla sia cambiato sulle superfici da trattare.

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Ma una vota tolte le mascherature ecco il risultato.

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A questo punto ho mescolato i due Wash ed ho sporcato la totalità dei pannelli di ispezione e le zone più soggette all’usura , bastoncini cotonati, microbrush e pennellino vanno utilizzati sia per depositare il pigmento che per toglierlo e sfumarlo una volta asciutto, il segreto per far risaltare questo lavoro è quello di pulire l’interno dei pannelli lasciando sporca solo la parte esterna.

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Gli A-4 hanno uno sfiato sul lato destro della fusoliera da cui fuoriesce un fluido che sporca quella zona con un alone caratteristico, per riprodurlo ho utilizzato i colori ad olio giallo scuro e marrone tirati con un pennellino piatto.

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Un’altra zona da sporcare è quella da cui si accede al cockpit, in questo caso ho usato il pigmento nero Tamiya ottimo anche per le colature nella parte inferiore. Il pregio di questi pigmenti è che sono più grassi di quelli classici e quindi si fissano bene anche su superfici lucide.

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Per fissare ed omogeneizzare il tutto ho spruzzato una mano di trasparente opaco Vallejo sotto e sulle zone in ombra e satinato su tutto il resto.

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Ho tolto la mascheratura dal canopy e mi sono accorto di aver dimenticato il frame centrale!! Ho mascherato di nuovo e ho corretto.

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Ho modificato il pilone centrale con del plasticard per poter ospitare il lanciatore ed il POD ACMI unici after market di provenienza Hasegawa.

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Alla fine ho montato lo scarico, i carrelli, il gancio di appontaggio e il tubo di pitot realizzati con degli aghi, le strisce “Remove Before Flight” sono decal fissate su una lamina di piombo.

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Aggressive Tinkertoy! TA-4F dal kit Classic Airframes in scala 1/48.

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Lo Skyhawk è stato, senza dubbio, un aereo militare di grande successo. Prodotto in decine di versioni e in svariate centinaia di esemplari, ha operato presso molte forze aeree e vestito una grande varietà di mimetiche. A mio avviso, le più belle e interessanti sono state quelle degli squadron “Aggressor” dell’U.S. Navy… e allora perché non riprodurne una, magari su uno Scooter (come affettuosamente veniva chiamato) biposto? Detto fatto, sono qui a presentarvi il mio ultimo lavoro: un TA-4F del VF-126 “Bandits”.

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Il modello:

Fino a pochi mesi fa, il modellista intenzionato a riprodurre in scala un A-4 biposto aveva ben poche alternative. L’unico modello disponibile era il vetusto Monogram (nella versione OA-4M) che, seppur di ottima fattura per gli standard dell’epoca, era poco adatto alle esigenze modellistiche moderne. Ad inizio 2008 la Classic Airframes ha colmato il vuoto immettendo in commercio un multimedia kit di fattura notevolmente superiore anche se prodotto in short run. A stretto giro di posta anche l’Hasegawa ha aggiunto in catalogo una sua scatola che, ad oggi, rappresenta di sicuro lo stato dell’arte.

Sembra incredibile ma, nel giro di pochi mesi, gli “Scooter Fans” hanno visto moltiplicarsi i kit a loro disposizione arrivando ad avere l’imbarazzo della scelta! Senza dubbio però, il prodotto della ditta giapponese è la più valida scelta possibile. E’ davvero un ottimo stampo, dal montaggio semplice e divertente; Io, però amo complicarmi un po’ la vita, essendo fermamente convinto che un lavoro più difficoltoso frutta alla fine maggiori soddisfazioni! Per questo, avendolo già acquistato, non ho cestinato il kit Classic decidendo di cimentarmi comunque con il montaggio, conscio di tutti i problemi che di sicuro avrei incontrato.

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Come già anticipato, il TA-4J Classic Airframes è uno short run. A questo punto potrebbe essere utile darne una definizione per gli utenti meno esperti: uno “short – run” è uno stampo ideato per una produzione limitata nel tempo, di conseguenza non presenta un elevato dettaglio ed è molto soggetto a deformazioni dimensionali e refusi. Fortunatamente questa tecnica ha da tempo raggiunto dei livelli più che buoni, e gli ultimi modelli creati presentano ben poche differenze rispetto a quelli realizzati con matrice classica. Darne una descrizione qualitativa non è così semplice! Ogni prodotto acquistato è differente dall’altro a causa dell’inesorabile deterioramento del master originale. Perciò, una scatola confezionata nel primo periodo sarà sicuramente migliore; Un’altra appartenente a un lotto produttivo più tardo potrebbe presentare dei difetti, dei ritiri o delle pannellature meno definite e precise (come nel mio caso). In generale però, si può dire che il kit presenta un dettaglio di superficie in fine negativo e delle forme sostanzialmente molto corrette. I trasparenti non sono forniti in vacuuform (e questa è sicuramente una buona notizia!) ed hanno un’ottima trasparenza. Analizzando meglio il canopy però, esso non presenta il caratteristico profilo “bombato” realizzato dalla Douglas per alloggiare correttamente i due seggiolini ESCAPAC negli abitacoli sfalsati in altezza (quello dell’istruttore, infatti, era in posizione elevata rispetto a quello dell’allievo). La piccola svista della Classic non rappresenta comunque un grosso problema… a modello ultimato questo particolare sarà del tutto irrilevante.

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A completare la dotazione del kit si può trovare una gran quantità di particolari in resina molto ben realizzati, ma c’è da rilevare che essi variano secondo l’articolo acquistato. La ditta della Repubblica Ceca ha, infatti, immesso sul mercato due scatole di montaggio che si differenziano per alcuni pezzi forniti: la prima (codice 4147) è intitolata “TA-4J Aggressor” e contiene una limitata dotazione di resin parts, tra cui i pozzetti dei carrelli, lo scarico, i pneumatici, le vasche degli abitacoli ed i seggiolini. La seconda (codice 4148) denominata “TA-4J U.S. Navy” è l’ultima in ordine di apparizione e include, oltre alle parti sopra citate, la sonda per il rifornimento in volo di tipo “cranked” (piegata – la più comune sugli esemplari Aggressor americani), la carenatura per il paracadute freno (da utilizzare solo sull’esemplare israeliano di cui sono fornite le decal), ma soprattutto la presenza dei flaps e degli aerofreni già separati dal modello per essere rappresentati in posizione aperta.

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Paradossalmente il kit più indicato per riprodurre un “Aggressor” è il 4148, ed è proprio su di esso che è ricaduta la mia scelta. Vi starete sicuramente chiedendo cosa ve ne farete di uno Skyhawk in versione J se il soggetto dell’articolo è un TA-4F… le differenze tra le due varianti sono minime, ve ne riporto brevemente la storia: Il primo Tinkertoy (giocattolo di stagno – un altro dei nomignoli dell’A-4) biposto fu derivato direttamente dall’A-4E, per questo gli fu inizialmente assegnata la sigla TA-4E. La decisione di costruire un “Two Seaters” del piccolo bombardiere della Douglas fu presa nel periodo della guerra in Vietnam, con lo scopo di ottenere un addestratore avanzato con ampie capacità di combattimento. Durante lo sviluppo della cellula furono apportate molte modifiche sperimentate sulla nuova versione F monoposto (tra cui la possibilità di steering – sterzata del ruotino anteriore e l’introduzione di due airbrakes montati sopra ai flaps), per questo il TA-4E cambiò ben presto la sua designazione divenendo ufficialmente TA-4F. Per ospitare il secondo abitacolo, la fusoliera fu allungata di settantuno centimetri ed il velivolo fu dotato del nuovo propulsore J-52-P8-A con maggiore spinta (circa 9,300 libbre). L’armamento era costituito dai classici cannoncini COLT da 20 mm annegati nelle radici alari, e il carico bellico poteva essere trasportato su quattro piloni sub alari più uno ventrale. Il battesimo del fuoco avvenne nel 1966 in Vietnam durante una missione FFAC (Fast Forward Air Control) da parte del VA-125 dei Marines.

Alla fine del conflitto, molte delle cellule rimanenti furono progressivamente convertite in TA-4J (con vocazione prettamente addestrativa) mediante l’asportazione dei sistemi di sgancio e puntamento delle munizioni, e la rimozione di uno (o più spesso entrambi) i cannoncini e dei piloni sub alari più esterni. Dei 241 F prodotti, 130 di questi furono più tardi ricondizionati in J.

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Quindi, osservando con cura le pannellature riprodotte nella parte inferiore delle ali dalla Classic, i kit da essa prodotti sono più corrispondenti alla versione F dello Skyhawk. In effetti, per chi volesse riprodurre in scala un J, la modifica da eseguire consiste nella totale rimozione del dettaglio di superficie che rappresenta la predisposizione per il montaggio delle “load stations” più esterne.

Abitacoli, fusoliera e ali:

Come prassi abituale le mie fatiche modellistiche hanno avuto inizio proprio dagli abitacoli, porzione del modello che alla fine del montaggio sarà molto visibile (al contrario di ciò che accade sugli esemplari monoposto). Le vasche e i cruscotti possono anche andar bene così come sono e necessitano solamente di una buona verniciatura e di un accurato dry brush; lo stesso discorso non può di certo valere per le paratie laterali che sono appena “abbozzate” e stampate direttamente nella parte interna delle due semi-fusoliere. Dopo vari tentativi infruttuosi, ho deciso di procedere come segue per particolareggiare a dovere queste zone:

  • Mi sono procurato il set numero 4109 dell’Aires dedicato all’A-4 E/F.
  • Ho clonato, mediante uno stampo in gomma siliconica, le paratie laterali splendidamente riprodotte.
    • Dopo numerose prove a secco, le ho modificate asportando una cospicua porzione di resina dalla parte superiore per renderne il bordo dritto. La foto qui sotto vi aiuterà a comprendere meglio:

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    • Ho eliminato il dettaglio e carteggiato ulteriormente la parte interna delle fusoliere per permettere un corretto inserimento dei pezzi in resina. Questi ultimi sono stati poi incollati in posizione mediante uso di colla ciano acrilica.

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  • Per terminare l’adattamento, le paratie sono state accorciate in altezza per essere riportate alle dimensioni corrette. A tale scopo, sopra a ognuna di esse sono state appoggiate le vasche degli abitacoli tracciando una linea in corrispondenza delle consolle; sotto tale riferimento, tutto il materiale in eccesso va eliminato utilizzando una piccola punta a fresa montata su un Dremel o un trapanino elettrico.

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E’ da sottolineare che il kit è completamente privo di perni di riscontro in ogni sua parte, per questo l’allineamento di tutti i componenti è ancor più difficile. Tale mancanza si rileva soprattutto durante l’inserimento delle vasche, e mi ha costretto a compiere continue prove preliminari per inserirle correttamente nei rispettivi vani; a tale scopo, per prima cosa, ho incollato il complesso del pozzetto carrello (che ingloba anche il cockpit anteriore) e il pezzo R8. utilizzandoli come punto di riferimento durante tutte le operazioni. In seguito, ho installato l’abitacolo posteriore realizzando sotto a esso un castello di rinforzo per evitare spiacevoli distacchi del pezzo durante le successive fasi di montaggio (come da foto qui sotto).

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A questo punto ho verniciato l’intera zona in XF-54 Tamiya (Dark Sea Grey), includendo anche i cruscotti ed altri piccoli “accessori” come le pedaliere e le cloche. Le consolle laterali sono state dipinte in nero opaco, utilizzato anche sui quadranti dei pannelli stampati già in rilievo. La strumentazione è stata riprodotta utilizzando l’ottimo foglietto decalcomania della Mike Grant Decals (codice CKJ-048): basterà munirsi di una Punch & Die e fustellare ogni indicatore per poi applicarlo direttamente all’interno di ogni alloggiamento.

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Per aumentare la profondità e il dettaglio, l’intero cockpit ha subito un lavaggio in grigio scuro ad olio e, una volta asciutto, è stato lumeggiato con un intensivo uso del Dry Brush (come al solito ho usato un Grigio FS 36375). Ulteriori piccoli pulsanti in bianco, giallo e rosso hanno dato un tocco di colore in più al tutto. I seggiolini ESCAPAC, prelevati direttamente dalla fornitura della Classic Airframes essendo questi davvero ben riprodotti (tra l’altro non sono altro che la copia di quelli commercializzati dalla True Details), hanno la struttura completamente in nero opaco, mentre per i cuscini ho preferito un verde Gunze H64. Anche in questo caso ho fatto ricorso alla tecnica del pennello asciutto (impiegando sul nero l’XF-54 e sul verde il 36375) per enfatizzare i dettagli e donare maggiore volume ai sedili.

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Prima di chiudere le due semifusoliere occorre eseguire le seguenti operazioni:

    • Appesantire il muso con una buona quantità di piombini da pesca per evitare che il modello ultimato si posi sulla coda. Lo Skyhawk è particolarmente soggetto a questa problematica a causa anche del suo assetto particolarmente “seduto”.
    • Inserire la parte iniziale dei condotti delle prese d’aria con la ventola del turbo fan (dipinta in bianco opaco). Una volta sistemato, il pezzo è più corto in larghezza di almeno due millimetri. In questo caso non ho potuto far altro che incollarlo a battuta su un lato e, a fusoliera chiusa, riempiere il gap che si viene a formare con del Milliput extra-fine. Ho impiegato la variante di colore bianco dello stucco bi-componente allo scopo di non verniciare nuovamente la stuccatura. Nell’immagine sottostante sono riportati i punti dove intervenire con il mastice:

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    • Anche la palpebra del cruscotto posteriore soffre dello stesso problema. In questo caso ho cercato di limitare i danni incollandola più centrata possibile rispetto alla linea di mezzeria della fusoliera. Suggerisco di montare già il pannello strumenti che faciliterà tutte le operazioni di posizionamento. A fine lavorazione rimarranno delle grandi fessure sanabili inserendovi all’interno dei listelli di Plasticard opportunamente sagomati. Lo stesso materiale è stato adoperato per creare un ulteriore punto di appoggio sotto alla palpebra stessa, e rinforzare il tutto. Anche in questo caso, un po’ di stucco e una buona carteggiatura risolveranno ogni difetto.

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  • Il cruscotto anteriore necessita solamente qualche colpo di lima per abbassarne la base, fatto ciò potrà essere incollato tranquillamente in posizione.

Dopo aver unito le due semi-fusoliere (operazione filata via senza intoppi), mi sono reso conto che la valva sinistra era più corta di circa un millimetro rispetto a quella destra. Il mio consiglio è di allineare con la massima precisione il muso, e lasciare sbordare la differenza di lunghezza lungo il bordo di uscita del timone di profondità. Se le operazioni sono state eseguite con sufficiente attenzione, basterà limare l’eccesso di plastica per pareggiare il tutto e riportare la carlinga alla dimensione corretta. Conseguenza inevitabile di quest’operazione alquanto invasiva sarà la totale perdita del piccolo becco di compensazione del timone e della luce di navigazione di coda (per altro realizzata con la stessa plastica grigia del kit, quindi di per se poco realistica). Nell’immagine sono messi in evidenza:

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Brett Green – Hypercale.com – http://www.hyperscale.com/2008/reviews/kits/ca4147reviewbg_1.htm

Allo scopo di ricreare i particolari perduti ho utilizzato un listello di Plasticard da 0,1 mm per l’appendice aerodinamica, ed un trasparente prelevato dal provvidenziale magazzino pezzi per la Nav Light (quest’ultima è stata incollata solamente a modello ultimato). Inoltre, l’esemplare da me scelto aveva una piccola scatola (contenitore dell’antenna ECM ad impulsi  ALQ-51A/100) alla base della deriva proprio sopra allo scarico, auto costruita col solito Plasticard. In foto vedete il posizionamento dell’apparato avionico:

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Dall’immagine si può notare anche il lavoro di adattamento subito dallo scarico: questo, infatti, è stato preventivamente controllato per verificare il corretto “fitting” rispetto alla sua sede. La prova è stata molto utile poiché ha rivelato dei grossi problemi dimensionali del pezzo in resina (indicati dalla freccia rossa). Allo scopo di raccordare decentemente il terminale del propulsore al resto del modello, ho aggiunto alla sua base un tondino di Plasticard da 1 mm sagomato a dovere. Poi, dopo averlo incollato, l’exhaust è stato rifinito con ampia carteggiatura e massiccio uso di stucco. Qui sotto il risultato finale:

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Sulla gobba del mio modello, proprio dietro all’abitacolo, era presente uno spaventoso ritiro sanato con l’inserimento di una scheggia di Plasticard livellata con una piccola colata di Attack (che una volta lisciato e lucidato assume la medesima consistenza della plastica); a porre l’accento ancora una volta la tiratura “Short-Run” del kit, non è detto che lo stesso refuso sopra descritto sia comune agli altri kit in vostro possesso. Per terminare tutte le lavorazioni sulla fusoliera, ho montato le prese d’aria che non hanno dato alcun problema e per cui è stata necessaria solo una piccola porzione di stucco.

E veniamo ora alle ali, fase del montaggio che ha richiesto le maggiori fatiche. Prima di tutto, mediante un taglierino nuovo ed affilato, ho eliminato i flaps di plastica cui sono state poi sostituite le copie in resina per essere realizzati in posizione aperta; dopo aver rifilato e carteggiato i bordi ho eseguito delle prove a secco per verificare l’unione delle due semi-ali superiore con il troncone inferiore. Proprio a questo punto mi sono reso conto che la parte interna degli ipersostentatori (la faccia superiore) rimaneva liscia e priva di qualsiasi dettaglio, e per questo ho realizzato mediante una “Rivet Maker” tutta la rivettatura della superficie metallica.

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L’unione del complesso alare con il resto della fusoliera è stata veramente difficoltosa a causa anche della scarsa precisione degli incastri; per questa fase ho proceduto come segue:

    • Dopo numerose prove a secco, ho deciso di limare e ridurre di spessore gli scassi presenti sulla fusoliera poiché essi non permettevano un corretto inserimento delle ali.
    • Dopo averle incollate, lo scalino formatosi subito dietro il pozzetto carrello anteriore è stato sanato mediante l’inserimento di due lastrine di Plasticard lisciate e carteggiate in modo da appianare il dislivello. Ecco una foto:

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    • Le inevitabili fessure che si formano tra la giunzione ali/fusoliera sono state riempite da striscioline di plasticard fissate con abbondante uso di ciano acrilico. Per la stuccatura, ho utilizzato il Milliput con il solito sistema di creare un salsicciotto da spingere bene dentro il gap e portare via l’eccesso con una spugnetta bagnata di acqua; in tal modo si eviterà anche di rovinare il dettaglio di superficie non essendovi necessità di carteggiare la parte interessata. Una volta secco, lo stucco bi componente è stato lucidato con pasta abrasiva, e tutte le incisioni perse durante la lavorazione sono state ripristinate con l’uso di uno scriber.

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E finalmente si giunge alla tanto meritata fase in cui si aggiungono gli ultimi particolari: dei quattro piloni sub alari esistenti, ho montato solamente i due più interni poiché da tutte le foto in mio possesso la configurazione usuale dei TA-4 Aggressor è proprio questa. Ho incluso anche quello ventrale in previsione di installarvi un serbatoio supplementare di combustibile, come da immagine allegata:


Fightertown Decals – http://www.fightertowndecals.com/reference.html

Per completare la dotazione di carichi esterni c’è bisogno dell’immancabile Pod ACMI. L’ACMI è l’insieme di strumenti, dispositivi elettronici, computer e sensori che consentono l’addestramento al combattimento aereo manovrato senza l’uso di armi reali. Il sistema si compone essenzialmente di pod elettronici, agganciati agli aerei, che trasmettono una serie d’informazioni e parametri fisici legati al volo dell’aereo, come quota, velocità, prua, assetto etc. Il pod, già fornito direttamente dalla scatola Classic, è un po’ grossolano ma ben fatto; il sondino posto sul terminale anteriore va però rifatto poiché quello originale è sicuramente troppo tozzo e fuori scala. A tale scopo l’ho dapprima eliminato con un taglierino, ho forato la “testa” con un piccola punta e un trapanino a mano, e vi ho inserito all’interno un pezzo di ago ipodermico tratto da una siringa. All’interno della sezione di ago poi, ho incollato un segmento di plastirod tondo molto sottile… ed il gioco è fatto! Un discorso a parte va fatto per la slitta su cui sarà agganciato l’ACMI: quella originale è errata e andrà necessariamente sostituita con una copia corretta, magari prelevata da un kit Hasegawa (perfettamente riprodotta) o presente nel magazzino “spare-parts” che ogni modellista possiede.

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Per ultimo, ho incollato e raccordato con grande fatica il parabrezza: esso, infatti, tocca in più di qualche punto sulla palpebra del cruscotto anteriore non combaciando completamente alla fusoliera e rimanendo qualche decimo di millimetro sollevato. Colto da un attacco di pigrizia, ho preferito tralasciare interventi troppo complicati… limitandomi ad eseguire un incollaggio quanto più “forte” possibile e risolvendo il problema con ampio uso di stucco! Ammetto però che si poteva fare certamente di meglio…

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Entrambe i trasparenti sono stati dapprima lucidati con carta vetrata a grane sottili e pasta abrasiva, poi immersi nella miracolosa cera per pavimenti Future che ha donato una perfetta finitura splendente. Da rilevare però che i vetrini sono molto delicati, ed anche tenendoli in mano tendono a opacizzarsi e graffiarsi con estrema facilità… attenzione quindi a come li maneggiate. Prima di procedere con la tanto attesa fase di verniciatura, ho dato un’occhiata alla qualità dei portelloni e delle gambe di forza dei carrelli; la maggior parte di questi pezzi sono stampati in modo poco scrupoloso e con vistose sbavature. Le possibilità sono due: carteggiare con cura ed eliminare tutti i residui di plastica in eccesso o, più semplicemente, recuperare il già citato kit Hasegawa, prelevare tutte gli elementi analoghi che presentano una fattura decisamente superiore degna di un modello in scala 1/48 e sostituirli integralmente (opzione da me scelta). Per ultimo, ho raddrizzato il bordo d’uscita dei flaps forniti in resina poiché essi si presentavano molto svergolati. Li ho semplicemente immersi per qualche secondo in acqua bollente poi, man mano che si raffreddavano, gli ho ridato la forma corretta pressandoli contro un piano orizzontale.

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Verniciatura e Decals:

Già da qualche tempo il mio archivio decalcomanie custodiva gelosamente un bellissimo foglio della Fightertown. L’articolo numero 48026 dall’evocativo titolo “Bandits Scooter” permette di riprodurre ben sette differenti velivoli, tutti appartenuti al VF-126 “Bandits” di stanza presso la Naval Fighter Weapons School sulla NAS Miramar… in poche parole, la TOP GUN! L’esemplare da me scelto è il Bu.No 154334. Esiste un piacevole aneddoto su questo Scooter: inizialmente era assegnato allo Squadron gemello VF-127 “Cyclons”, e nel corso degli anni variò per tre volte la sua mimetica guadagnandosi il titolo di “The Chameleon” (il camaleonte); nel 1992 infine, fu ceduto al VF-126 e definitivamente riverniciato con un bellissimo camouflage a tre toni per simulare un “Bandito” libico. Le vernici da me utilizzate sono le seguenti, riportate secondo l’ordine con cui sono state stese sul modello:

  • Desert Sand FS 30279. Per riprodurre correttamente questo colore ho seguito il suggerimento incluso nel foglio istruzioni adattandolo leggermente alle mie esigenze. Per questo ho prelevato con una siringa 8 ml di Radome Tan Gunze H-318 e 2 ml di Dark Earth Gunze H-72. Una volta mescolati per bene assieme, otterrete un match quasi perfetto.
  • Brown FS 30219 – Gunze H310.
  • Dark Green FS 34079 – Gunze H309.

I pigmenti sono stati diluiti circa al 70%, e le macchie realizzate utilizzando la validissima tecnica del Patafix (per chi volesse saperne di più, basta cliccare su questo link: Modeling Time.com Forum).

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La rotaia del pod ACMI (il pod vero e proprio è in Red FS 11136 – Gunze H327), il pannello d’ispezione posto sul lato sinistro, il serbatoio ausiliario e la parte interna degli slats è verniciata in Grey FS 36375 (Gunze H308); la parte esterna di questi ultimi invece è in Grey FS 36320 (Gunze H307). Per lo scarico ho preferito utilizzare il Darkened Alluminium della linea metallizzati ALCLAD, mentre per i pozzetti dei carrelli con relativi portelloni (ricordatevi di aggiungere i bordi ad alta visibilità in rosso su di essi) e gambe di forza ho preferito il Bianco Opaco della Tamiya, a mio avviso molto facile da gestire e molto veloce nell’essiccazione. Altri particolari, come gli pneumatici, sono in Tyre Black Gunze H77 lumeggiati con una velatura in 36375 data ad aerografo.

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Prima di procedere alla posa delle decal, il modello è stato protetto con un paio di mano di trasparente lucido Gunze; dopo la sua completa asciugatura, allo scopo di enfatizzare e mettere in risalto tutte le pannellature, ho eseguito un lavaggio su tutto il modello con un mix di 80% Bruno Van Dyck e 20% di Nero Avorio ad olio diluiti con diluente per smalti Humbrol. Ho scelto questa miscela perché più si addice ai toni terrosi del mio TA-4, ma mi sono subito reso conto che sulle zone dipinte in grigio e bianco essa risultava molto “contrastata” risaltando troppo alla vista (soprattutto nei pozzetti carrello). Per questo ho scelto un washing in grigio medio (un po’ di Bianco di Marte tagliato con una puntina di Nero Avorio) molto più allungato, che ha donato maggiore profondità integrandosi perfettamente con i colori di fondo più chiari.

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Altre tre mani di trasparente hanno creato una base lucida e perfettamente liscia su cui far aderire le decalcomanie. Che dire di quest’ultime? Sono davvero bellissime, sottili, perfettamente stampate e dall’alto potere adesivo. Reagiscono senza opporre resistenza ai vari liquidi Sol e Set e si ammorbidiscono facilmente per assumere un effetto “painted on”. Dopo aver eseguito un lavaggio anche sulle insegne, il mio Scooterino è stato sigillato con l’ultima mano di lucido e preparato per ricevere lo stadio finale del weathering. Ho, infatti, eseguito un Post Shading selettivo su ogni parte della mimetica desaturando i colori originali con del bianco per il 30279, del sabbia per il 30219 e del verde chiaro per il 34079. Sono partito dal centro dei pannelli con colori molto diluiti (90% alcool e 10% pigmento), per poi sfumare man mano verso l’esterno nell’intento di ricreare la “cottura” tipica dovuta agli agenti atmosferici. Il tutto però senza esagerare… anche a giudicare dalle foto in mio possesso, questo esemplare era abbastanza pulito ed in buono stato. Sul serbatoio mi sono fatto prendere un po’ la mano ed ho eseguito parecchi “spot” di varie tonalità il grigio per simulare uno sporco un pochino più pesante.

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Gli accessori più “sfiziosi” con cui la Fightertown rifinisce i propri fogli decal sono gli stencil di manutenzione e le placchette indicatrici da apporre all’interno dei portelloni e sulle gambe di forza. Sembrerà incredibile, ma questi piccoli particolari danno quel tocco in più che fa risultare il modello molto curato e appetibile alla vista di chi lo osserva. Ovviamente non ho lesinato sul loro utilizzo, applicandone diversi ove indicato! L’aggiunta di qualche cavetto idraulico (soprattutto quelli molto visibili dello steering del carrello anteriore) verniciato in nero ha completato poi il dettaglio di queste zone.

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Ultimi particolari e conclusioni:

Ed eccomi finalmente giunto alle fasi conclusive di questo TA-4F. Non mi rimane che incollare le due antenne a lama dietro all’abitacolo e sotto la fusoliera, proprio davanti al ruotino anteriore, ed un piccolo pitot sul muso. Installare i carichi esterni, carrelli, portelloni, pneumatici, flaps, slats, piani di coda e stendere su tutto il modello un’abbondante mano di trasparente opaco Gunze. Sono solito montare gli ultimi pezzi e poi opacizzare il modello in modo che anche le più piccole sbavature e macchie di colla residua si confondano con il resto della mimetica senza lasciare alcuna traccia. L’opaco secca quasi istantaneamente, e già dopo pochi minuti è possibile aggiungere le parti più delicate come i trasparenti. Quindi ho montato le luci di navigazione a goccia di cui ho dipinto il fondo in rosso e la Nav Light di coda, e liberato il windshield ed il tettuccio dalle mascherine che li hanno protetti fino a questo momento. All’interno del canopy principale ho aggiunto tre specchietti retrovisori tratti dal set foto inciso dell’Eduard (codice 48409) ed aggiunto il supporto centrale per il sistema di sollevamento (fornito in resina). Il pistone idraulico che permette il movimento del tettuccio è stato completamente ricostruito con la solita porzione di ago ipodermico da siringa poiché più sottile e perfettamente in scala. Questo poi non è stato per nulla verniciato, sfruttandone la già perfetta finitura cromata (per accentuarne la brillantezza anch’esso è stato “bagnato” con la Future). L’ultimo particolare a essere fissato è stato il faro di atterraggio posto all’interno del portellone posteriore destro.

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Senza dubbio il Classic Airframes (tra l’altro la ditta è fallita e parte degli stampi, tra cui proprio quello del TA-4, sono stati acquistati dall’AZ Model) non è un kit per principianti. Richiede molte ore di lavorazione e parecchia attenzione durante tutte le fasi del montaggio. Osservandolo una volta terminato però, devo dire che non sfigura affatto rispetto al ben più blasonato cugino commercializzato dall’Hasegawa. In conclusione, una scatola di montaggio onesta che permette agli appassionati (me in prima persona) di aggiungere alla collezione una degna riproduzione in scala di questo fantastico velivolo.

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Buon modellismo! Valerio – Starfighter84 – D’Amadio.

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Group Build Modeling Time.com – Mirage 2000-N dal Kit Eduard in scala 1/48.

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Introduzione.

Vi posso subito dire che partecipare a dei Group Build dà la possibilità di costruire dei modelli che non avresti mai realizzato, e che magari sarebbero rimasti sullo scaffale chissà per quanti anni ancora.
Approfittando di questa iniziativa di Modeling Time dedicata ai velivoli Dassault, ho deciso di mettere in cantiere una delle scatole che da tempo erano lì a prendere polvere: un Mirage 2000 N.

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Il modello.

La scelta del kit è ricaduta sulla scatola difficilmente reperibile dell’Eduard. Come tanti di voi già sapranno, il kit oggetto di quest’articolo non è una novità della ditta ceca, bensì una riedizione del vecchio stampo Heller re inscatolato con l’aggiunta di una lastrina di fotoincisioni pre-colorate, un paio di seggiolini in resina e delle comode Xpress Mask per la mascheratura delle parti trasparenti.

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E’ d’obbligo per me fare una piccola premessa sugli abitacoli forniti nel kit: questi sono molto essenziali e purtroppo lasciano spoglia una zona che a modello ultimato sarà molto visibile. Per questo, ho dovuto acquistare i due set in resina appositamente creati da una ditta semi – artigianale francese – la Renaissance Flight. I due articoli n° 48036 e 48029 comprendono: il primo l’intero cockpit sia per la versione N, sia per la D. L’altro set, utilizzabile anche per il Mirage 2000-C, comprende lo scarico del motore Snecma, i compassi delle gambe carrello, le ruote con effetto peso, la possibilità di sostituire i flap e realizzarli nella posizione abbassata e molti altri particolari.

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Per chi fosse interessato a una più completa recensione degli articoli indicati fin qui, basta cliccare sul LINK !

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Il montaggio.

Come prima cosa ho realizzato alcune rivettature su specifici pannelli suggeriti da svariate immagini prelevate dalla mia documentazione. In seguito ho carteggiato tutte le superfici interessate con carta abrasiva molto fine, allo scopo di “pulire” e lucidare la superficie dai residui di plastica che la rivettatrice inevitabilmente lascia.

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Come consuetudine, ho iniziato il montaggio dal cockpit eseguendo le solite prove a secco preventive; con mio stupore la vasca in resina del set Renaissance si adatta a meraviglia nella sua sede e non ha bisogno di alcun intervento di modifica per inserirla nel proprio alloggiamento. La verniciatura degli interni è stata eseguita con una mescola di Tamiya XF-54 scurito con qualche goccia di nero al fine di favorire una resa più realistica del successivo dry brush. Di seguito ho dipinto con il solito nero opaco i due cruscotti e le fotoincisioni che rappresentano le quattro consolle laterali. Ho notato che le parti PE (PhotEtched) fornite nell’aftermarket francese riproducono i vari pulsanti con dei piccoli fori di diverso diametro; per rendere più realistico ogni singolo bottoncino ho riempito i fori con una goccia di Kristal Kler che, una volta asciutto, è stato dipinto dal retro con vari colori (rosso, giallo e grigio chiaro) in modo da avere definire e rendere meglio visibili i piccoli particolari.

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Prima di montare gli interni, essi hanno subito a più riprese un dry brush in Grey FS 36375 fin quando non ho ottenuto un risultato soddisfacente. Una volta inserito il cockpit nel suo alloggiamento, ho riempito il muso con una buona dose di piombini da pesca (mi raccomando, altrimenti rischiate di ritrovare il vostro Mirage seduto sulla coda una volta terminato) ed ho chiuso le due sezioni della fusoliera incontrando solo limitate difficoltà.

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Le ali sono fornite divise in due valve, ma prima di procedere al loro assemblaggio ho voluto dettagliare l’interno dei vani carrello giacché questi risultano abbastanza “piatti”. A tale scopo ho aggiunto delle piccole centine sul fondo utilizzando dei listelli pre tagliati di Plasticard, e rifatto qualche cavetto e tubazione idraulica.

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I veri problemi sono arrivati con le fasi successive del montaggio: l’intero complesso alare si unisce con molta fatica alla fusoliera, e inevitabilmente esso lascia delle profonde fessure lungo tutte le giunzioni. Per riempirle ho utilizzato delle schegge di Plasticard opportunamente sagomato e in seguito stuccate. La seguente estesa carteggiatura ha asportato gran parte del dettaglio di superficie, costringendomi ad un lungo lavoro di ripristino delle pannellature perdute armato di Scriber e molta pazienza.

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Il nostro Mirage inizia a prendere forma, e dopo aver incollato i pezzi restanti (deriva e prese d’aria) è iniziata una fase abbastanza noiosa un po’ a tutti i modellisti: quella della stuccatura e della lisciatura. Così, utilizzando una spatolina, ho sanato tutte le giunzioni con il “Green Putty” della Squadron, mentre la carteggiatura è avvenuta servendomi di varie grane di carta abrasiva utilizzate dalla più grossolana alla più sottile per lucidare la plastica e rendere ancor meno visibile i raccordi. Con il montaggio in pratica terminato, ho steso una prima mano di fondo (o primer) allo scopo di controllare e risolvere i piccoli problemi di assemblaggio che spesso saltano fuori. Come primer sono solito utilizzare dei semplici grigi chiari o anche del bianco opaco Tamiya: questi colori hanno la caratteristica di essere molto opachi, “gessosi” e molto coprenti, caratteristiche queste che creano un ottimo fondo su cui la mimetica vera e propria possa “aggrapparsi” meglio.
A questo punto il nostro “francesino” è pronto per la verniciatura definitiva!

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La colorazione.

La scatola Eduard ci dà la possibilità di riprodurre ben quattro livree, di cui tre in grigio-verde e una desertica in sabbia-nocciola. Io ho preferito la classica Standard NATO, per la precisione un Mirage 2000-N della storica Squadriglia “La Fayette” con il loro caratteristico simbolo – la testa di indiano dipinta sulla deriva. Sono partito dalle superfici inferiori utilizzando un grigio chiaro (Gunze H308). Non volendo alterare più di tanto il colore con le varie schiarite successive, ho deciso di scurirlo un po’ fin dall’inizio con un grigio (Tamiya XF 56). Dopo aver atteso i soliti tempi tecnici per l’asciugatura, ho eseguito il mio solito lavaggio pesante ad olio con del bianco e alcune gocce di nero ottenendo un grigio. Consiglio di dosare bene i due pigmenti cercando di non ottenere una tinta troppo scura da utilizzare nel Washing.

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Dopo aver cosparso tutta la parte inferiore del nostro modello con la “mistura” ottenuta, ho portato via l’eccesso con un panno morbido. Noterete sicuramente che sul fondo è rimasta una patina di pigmento ad olio che ha scurito ulteriormente la colorazione, ma non spaventatevi! è proprio quello che ci serve per la fase successiva. Infatti, ho ricaricato l’aerografo con il colore puro (H308 Gunze) e ho iniziato a ripassare tutti i pannelli partendo dal centro degli stessi verso l’esterno, eseguendo un vero e proprio Post Shading. Con questo sistema faremo più passate leggere fin quando non avremo raggiunto il risultato voluto. Consiglio però di non contrastare troppo le linee della pannellatura, bensì di sfumarle al resto della colorazione per non ritrovarci un modello “piastrellato”.

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A questo punto, è giunto il momento di dedicarmi alle superfici superiori del mio Mirage: prima di iniziare questa fase, come al mio solito ho studiato attentamente alcune foto notando che il grigio scuro e il verde non erano i soliti toni utilizzati dalle mimetiche NATO. Così ho cercato di avvicinarmi il più possibile alle tonalità giuste facendo alcune prove; alla fine ho scelto per il grigio l’H68 Gunze, mentre per il verde un mix così ottenuto: ho aggiunto all’H420 Gunze una piccola quantità di “Olive Drab” (Tamiya XF62), poi per renderlo un po’ più scuro con qualche goccia di grigio (Tamiya XF63).
Come prima operazione ho realizzato le macchie grigie poi, dopo aver atteso almeno una giornata per la completa essicazione, ho ritrattato la colorazione con lo stesso procedimento utilizzato per la parte inferiore del modello.

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Al colore grigio che avevamo utilizzato per la prima fase della mimetica, ho sommato qualche goccia di grigio chiaro per desaturarlo. Allo scopo ho preferito il Gunze H315. Qualcuno si starà chiedendo in che percentuali è opportuno mescolare i vari colori… bè, non saprei dire le quantità precise! Mi regolo molto ad occhio facendo delle prove fin quando non trovo la diluizione e la tonalità che reputo giusta. Dopo aver preparato la vernice da utilizzare, s’inizia con delle passate ad aerografo molto leggere, partendo sempre dal centro di ogni pannellatura verso l’esterno e cercando di lasciare quella solita ombra più scura lungo tutte le linee di pannellatura.
Le macchie in verde sono state realizzate mediante l’uso dell’insostituibile UHU Pata Fix, modellandolo in “salsicciotti” da sagomare direttamente sul modello seguendo i contorni del camouflage reale. Dopo aver opportunamente mascherato le zone non interessate alla verniciatura, ho aerografato il tono tenendo l’aeropenna più perpendicolare possibile al Pata Fix. Vedrete che, dopo aver rimosso le protezioni, avrete ottenuto delle macchie perfettamente sfumate e nitide!

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Ripeteremo lo stesso procedimento di weathering anche per le zone in verde, con la sola differenza desaturare il colore di base con un giallo.
A verniciatura ultimata, riguardando alcune foto mi sono accorto che il verde non era molto fedele tendendo troppo al chiaro. Così ho ricaricato l’aerografo con lo stesso mix di colore in precedenza preparato (consiglio sempre di realizzarne una quantità maggiore rispetto al necessario in previsione di questi inconvenienti) scurendo ancora una volta il tono con l’Olive Drab (Tamiya XF62). Quindi, ho ripassato tutte le zone cercando sempre di partire dal centro della pannellatura verso l’esterno.

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Conoscendo la mia pigrizia, prima di proseguire con la posa delle decal ho dedicato un po’ di ore alle gambe carrello ed alle ruote aggiungendo qualche cavetto in filo di rame. Dopo aver terminato il lavoro, i pezzi dettagliati sono stati sottoposti ad un “bagnetto” nella famosa cera Future: questo agirà da collante dando più solidità alle parti. I carrelli andranno dipinti in alluminio, per l’occasione scelto dalla vasta gamma Alclad. Un lavaggio a olio in nero ha simulato i trasudi di lubrificante donando contemporaneamente più “tridimensionalità” al tutto.

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La posa delle decal.

Come consuetudine, prima di iniziare la posa delle decal, bisogna lucidare il modello. Personalmente utilizzo un sistema tutto mio, che potrebbe sembrare alquanto insolito… ma vi assicuro che porta i suoi frutti! Per rendere le superfici lisce e lucide, uso l’impregnante trasparente per legno (avete capito bene!) diluito con molta Acquaragia. Per chi volesse provare tale tecnica consiglio di dare delle mani molto leggere poiché il prodotto è molto coprente. Stendendo degli strati “pesanti” si rischia solo di coprire i vari dettagli. Inoltre, è importante aspettare almeno un paio di giorni per l’asciugatura completa… purtroppo è molto lento!

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Detto questo, s’inizia con le decalcomanie: queste sono di buona qualità, forse un po’ spesse ma utilizzando i vari liquidi emollienti il problema si risolve facilmente.
Dopo aver dato un’altra velata di lucido per sigillare le decal, inizia finalmente la fase finale del montaggio: si esegue di nuovo un lavaggio più selettivo sulle insegne (o su tutte le zone dove il dettaglio di superficie non è ben messo in risalto) per evidenziare le pannellature e rivetti che esse hanno coperto. Per questo tipo di lavorazione procedo preparando un composto di colore a olio allungato solo parzialmente con essenza di trementina; si dovrà ottenere una consistenza simile a una crema per farvi capire meglio.

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Il preparato dovrà essere depositato lungo tutte le linee di pannellatura utilizzando un pennellino non molto grande (io ho usato un tre). Prima di tirare via l’eccesso, si attende qualche minuto di modo che il colore si solidifichi quel tanto che basta per marcare meglio l’incisione. Per le operazioni di “pulizia” del colore a olio utilizzo i panni per pulire le lenti degli occhiali che hanno la caratteristica di non lasciare residui di peli o polvere.
Ormai siamo alle fasi finali, e dopo aver atteso che tutto il lavaggio a olio si sia asciugato, si può iniziare col montaggio degli ultimi pezzi: carrelli, attenne varie, la sonda per il rifornimento, i seggiolini e in fine i tettucci.
Il modello è finito e pronto per andare in vetrina!

Considerazioni e conclusioni.

Il montaggio non è stato certo “una passeggiata”! Lo stampo risente molto degli anni e molti punti non sono perfetti. Inoltre, i tettucci soffrono di problemi di stampo che li rendono poco trasparenti e brillanti, neanche dopo una carteggiata e un trattamento con “cera dei miracoli” – Future. Purtroppo questo difetto non è isolato e si riscontra nella quasi totalità dei kit immessi sul mercato dall’Eduard. Alla fine però posso dire che, una volta terminato, la sua bella figura…. giusta ricompensa per i tanti sforzi spesi!
Un saluto e a risentirci presto!

Fabrizio “BernaAM” Bernarducci – Modeling Time.com.

Per le foto del Work in Progress cliccate QUI !

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Più Piccoli del Vero 2009 – Mostra modellistica G.M.P.A.T. Padova.

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Giunta alla sua 11° edizione la mostra del Club Padovano GMPAT quest’anno si è svolta dal 26 settembre all’11 ottobre 2009.

La partecipazione dei maggiori maestri modellisti ha dato un elevatissimo prestigio e soprattutto una altissima qualità nei modelli esposti. Basti pensare alle fantastiche creazioni di Andrea Vignocchi, quelle di Cesare Pigliapoco, dei ragazzi del club di Thiene e i loro fantastici Diorami. Maestri d’ascia e figurinisti eccezionali completano la carrellata di modelli che quest’ano hanno raggiunto un totale di circa 400 pezzi. Per noi della giuria è stata una vera impresa dover decidere i premi e nonostante il metodo classico di premiazione, ovvero solo primo secondo e terzo, abbiamo dovuto allargare alcune categorie perché semplicemente non si riusciva a decidere quale pezzo fosse il migliore in assoluto. Fortunatamente è stata aggiunta una categoria, Aerei in scala 1/32 vista la quantità di modelli e modellisti che si sono espressi in questa scala. Una nota negativa va alla categoria juniores, solamente 2 premiati. Questo purtroppo fa riflettere sul fatto che il modellismo non viene trasmesso ai giovanissimi. Qualunque modellista di oggi o di ieri da ragazzo o da piccolino si divertiva a impiastricciarsi le mani di colle e colori e a montare quel mucchio di pezzi di plastica dandogli forma e poi giocandoci come fosse il giocattolo più bello del mondo! Lo scopo della nostra mostra era proprio quello di divulgare il modellismo al maggior numero di persone tenendola aperta per più di 2 settimane mattina e sera! Lo sforzo da parte nostra per organizzarla e per tenerla in piedi è stato veramente molto intenso ma ne è valsa la pena visto il successo riscosso. I numeri esatti non ci sono, ma comunque l’affluenza quotidiana è stata superiore alle aspettative e le attività collaterali alla mostra hanno contribuito alla splendida riuscita dell’evento. I nostri amici reduci della seconda guerra, piloti da caccia all’epoca hanno intrattenuto le persone presenti con i loro racconti che risvegliano in noi emozioni che ogni tanto dimentichiamo e un enorme rispetto e ammirazione per il loro coraggio e onore. L’amico Luigino Cagliaro notissimo fotografo aeronautico professionista, nonché autore di diversi libri fotografici e calendari ha presentato le sue ultime fatiche, foto fantastiche di eccellente qualità che sprigionano tutta la passione che l’uomo mette nel costruire macchine volanti e nel farle volare ai massimi livelli. Il pezzo sicuramente più impressionante e più complethttp://www.modelingtime.com/wp-admin/media-upload.php?post_id=1725&type=audio&TB_iframe=trueo lo hanno presentato due modellisti del club dei red devils di Thiene, La sezione anteriore di un mezzo da sbarco inglese della seconda guerra mondiale comprensivo di molteplici mezzi militari, barche d’appoggio e figurini che non poteva non vincere il nostro premio speciale dedicato ad Aldo Guarnirei, negoziante di fiducia del club da data immlla mostra ci ha permesso di allestire dei premi personalizzati con  il nome del modellista inciso su una targa di metallo. Questi hanno riscosso un discreto successo e noi siamo molto orgogliosi di essere riusciti nell’impresa di realizzarli a tempo di record. Inoltre il tempo a nostra disposizione è servito anche a fare delle foto dedicate per ogni modello. Infatti ogni modello è stato fotografato in varie pose in uno studio allestito appositamente. L’enorme quantità di fotografie non ha permesso la realizzazione immediata di un DVD per tutti i partecipanti ma con un lavoro addizionale alla fine della mostra stiamo spedendo a ogni partecipante una copia del disco con le foto di tutti i modelli che hanno preso parte alla mostra. Il giorno della premiazione tantissimi modellisti hanno atteso con pazienza l’inizio della cerimonia godendosi gli ampi spazi espositivi nei quali avevamo posto i modelli. Ben 2 piani di modelli riempivano un ambiente enorme come una ex fornace, gli ampi spazi ci hanno consentito anche di non ammucchiare i modelli così tutti hanno avuto la possibilità di vederli da ogni angolazione. La cerimonia è proceduta spedita senza intoppi e tutti i premiati e non sembravano avere il sorriso sulle labbra. Questo per noi ha significato che il nostro lavoro è stato premiato con la soddisfazione dei partecipanti e l’altissimo numero di persone che hanno visitato la mostra, ogni tanto anche con qualche sorpresa, ovvero qualcuno che ha deciso di riprendere o iniziare l’attività modellistica dopo aver visto la nostra esposizione!

Un ringraziamento a tutti i modellisti che hanno dato il loro contributo portando le loro creazioni a quella che si è rivelata una grande festa ed un breve passaggio sulla nostra storia ovviamente riprodotta più piccola del vero!

Luca “Icari Progene” Marin.

Elenco Premiati:

Categoria A – Aerei fino alla 1/72.

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1° 172 Lorenzo Borgesa Cant 506 Drive & Fly Modena

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1° 175 Andrea Vignocchi B-26 Marauder Drive & Fly Modena

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2° 38 Mirko Paglia He59B AMB Brescia

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3° 156 Setfano foresti G-50 Drive & Fly Modena

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Spec 380 Marco viselli Me-262 “Verniciatura” The Knights Roma

Spec2CatA-1
Spec 50 Marco Corini Goblin AMS Verona

Categoria B – Aerei fino alla 1/48.

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1° 5 Cesare Pigliapoco P-51 Club 92 Jesi

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2° 32 Giovanni Belli F-15I AMB Brescia

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3° 10 Rodolfo Mugianesi Aichi B-7A2 Club 92 Jesi

Spec1CatB
Spec 234 Ivano Caprioli F-105 Asso di Picche Pordenone

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Spec 370 Mauro Casalini Tucano Gobbi Maledetti Bologna

Categoria C – Aerei fino alla 1/32.

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1° 219 Renzo Bortolotto Mig-3 Model’s FriendsParma

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2° 198 Ferdinando Paron Macchi 200 GAMS Udine

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3° 381 Paolo Adducci Albatros The Knights Roma

SpecCatG-1
Spec 186 Roberto Colaianni P-40 GAMS Udine

Per tutte le altre foto cliccate QUI!

Per la lista premiati completa cliccate QUI.

Group Build Modeling Time.com – Dassault Mirage III CJ dal kit Eduard in scala 1/48.

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Per quelli che…:

… arrivati a casa si appartano subito in un angolino, aprono la scatola appena acquistata e si guardano rapiti il contenuto;

… armeggiano poi avidamente staccando le fusoliere per cogliere subito le dimensionie la sagoma;

… consultano il foglio delle istruzioni e dei colori, confrontando il tutto con le foto;

… pensano che tra i momenti più appaganti del modellismo, in assoluto, questo sia il più bello…

Bene guys!

Se siete tra questi, allora, il Mirage IIICJ Eduard è il kit che fa per voi: plastica, tanta plastica, librettino di istruzioni e colorazioni, foglio decals suntuoso e coloratissimo con numerose varianti, fotoincisioni per il seggiolino, mascherine pretagliate! Insomma c’è tutto! Non abbiamo veramente quasi nessuna scusa per mancanza di alternative o aftermarket per non iniziare questo kit. Certo non ci sono limiti (carta di credito a parte) che il modellista si ponga per portare a termine un dato soggetto ma Eduard, in questo caso, ci da una grossa mano per levarci ogni incertezza.

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Montaggio:
La prima cosa che salta subito all’occhio ed al tatto del modellista è la plastica del kit, molto morbida, troppo forse. Difatti il mio kit presentava una notevole svergolatura sia di una delle semifusoliere che della parte inferiore delle ali (che diventa zona pozzetto anteriore). A tentare di piegare le parti, forzandole, si rischia di vedere subito una preoccupante riga bianca sulla plastica segno di una rottura imminente. Inoltre si può notare anche come siano minime anche le superfici di riscontro per l’incollaggio e bisogna porre molta attenzione nell’allineamento delle semifusoliere. Attenzione anche durante l’inserimento della “vasca” dell’abitacolo tra le fusoliere perché se l’incastro delle parti non avviene correttamente creandosi una forzatura si rischia di ritrovarsi un Mirage con il muso a “banana”. Quindi, fate molte prove a secco e verificate che la chiusura sia perfetta, al limite togliete plastica in eccesso.

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Per fortuna la Eduard ci fornisce un peso di piombo sagomato da infilare nel cono radar cosa che semplifica la vita. Anche la palpebra del cruscotto è un po’ sovradimensionata e il montarla così com’è fa rischiare che il parabrezza trasparente rimanga sollevato di qualche decimo di mm dalla battuta di incollaggio. Perciò levate anche qui un po’ di plastica dai lati della palpebra e fate prove a secco con il vetrino. Dopo viene il turno delle ali, scomposte in tre parti principali e che permettono tra l’altro la possibilità di “smuovere” un po’ le superfici mobili. Anche qui attenzione a seguire bene le istruzioni per i vari alettoni. Il montaggio delle prese d’aria e della parte interna è un po’ cervellotico, ma risolto questo oramai il nostro elegante modellino è praticamente tutto montato. Bisognerà ora porre solo attenzione alla fase di stuccatura e carteggiatura specie se abbiamo intenzione di riprodurre un velivolo in metallo naturale.

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Verniciatura :
sicuramente la “ragione d’essere” della scatola sono gli esemplari con i “triangoloni gialli” di identificazione dipinti sulle ali durante la guerra dello “Yom Kippur”.
Questi attirano molto la nostra attenzione specie se oramai siamo modellisti assuefatti da insegne a bassa visibilità e dal “tutto grigio” ma, fermandoci un attimo di più a sfogliare il librettino delle colorazioni fornito dal kit, ecco che potremmo dirigere anche le nostre attenzioni su una finitura che è sempre stata lo spauracchio tramandatosi di padre in figlio per generazioni intere di modellisti: il metallo naturale ovvero il non colore per eccellenza!

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Per quel che mi riguarda tale finitura, se da una parte è molto spettacolare ed esalta non poco le linee eleganti del prodotto Dassault, dall’altra è sempre stata per me di difficile attuazione per la delicatezza dei colori metallici tipo smalto o Metalizzer lucidabili che non sopportano le manipolazioni eccessive o mascherature…..almeno fino ad ora.

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Ho subito scartato i famosi Alclad vietati in casa per la loro puzza oramai leggendaria. La mia scelta è caduta quindi su due colori Tamiya acrilici: Flat Aluminium e Chrome Silver. A prima vista sembrano uguali ma una volta spruzzati la differenza tra i due si vede. Ho dato una prima mano di Silver, dopodiché, verificato che non ci fossero imperfezioni di sorta, ho fatto un esperimento: ho passato su tutto il modello la cera Future a pennello. Si: a pennello. Ho scoperto infatti che la cera data con questo strumento si stende meglio che non ad aerografo, o meglio, il risultato per me è migliore che non quando uso l’aerografo. Questo fa si che il modello sia manipolabile e, soprattutto, mascherabile, visto che avevo in mente di non usare molte delle decals rosse usate per rappresentare le zone di avviso di pericolo del velivolo ma, di verniciarle direttamente. A questo punto ci ritroviamo con un modello interamente argento cosa molto noiosa visivamente, sarà dunque necessario differenziare alcuni pannelli del velivolo a testimonianza dei diversi materiali usati nella costruzione.

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Qui saranno indispensabili foto del velivolo reale per capire dove sono le differenze. Una volta individuate le aree si mascherano si spruzzano con il Flat Alluminium sia puro che miscelato con una punta di nero, oppure di azzurro o marrone per differenziare i materiali ma anche il grado di “cottura” del metallo in determinate zone. Fatto questo il modello comincia a dare “soddisfazione” visiva. Ulteriore “botta di vita”: a bassissima pressione ho ripassato con nero diluitissimo i pannelli del modello. Si può ora dipingere il radome grigio scurissimo (mai usare il nero puro!).

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Mascherature:

Ora viene il bello, ma se non siete amanti del brivido potete passare allo step successivo usando le decals della scatola, altrimenti proseguite pure la lettura ma tenete conto che se sbagliate in questa fase potreste anche esaminare la possibilità di dover ricominciare tutto da capo sverniciando completamente il modello. Sulle prese d’aria del Mirage sono presenti delle aree curve di delimitazione e di avviso pericolo. Inoltre sulla deriva, per la versione da me scelta, c’è anche uno chevron insegna di reparto.Ripeto ci sono le decals (le decals Eduard dello chevron però sono di colore errato), ma il risultato ottenibile con le mascherature è senz’altro superiore. Eduard fornisce le mascherine autoadesive ma io, con il mio inguaribile masochismo modellistico, ho provveduto da me con il famoso e ottimo nastro telato da carrozziere. Prendendo a base le decals ho disegnato sul nastro il profilo dopodiché, dopo una bella ulteriore passata di Future a pennello, ho mascherato ed ho iniziato a spruzzare il rosso sulle prese d’aria (incrociando dita delle mani, dei piedi e tutto ciò che altro potevo).

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Ho usato il rosso non puro ma spento con una punta di bianco (occhio che non diventi rosa!!!) e giallo. Buona la prima, buona la seconda ed il peggio è passato! Gli “chevron” in coda diventano una passeggiata dopo le prese d’aria. Per quest’ultimo la Eduard ha toppato clamorosamente il colore delle decals fornendoli di colore blu! Errore: il colore per il 119° squadron era il rosso!!!

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Finitura e decals (o viceversa!):

Ora passiamo a dare un bel lavaggio di “terra di Siena” ad olio nelle pennellature facendo debordare sempre un po’ il colore dato, questo per poter poi sfruttare il leggero effetto filtro nella successiva fase di pulitura. Si possono ora mettere le decals facendo attenzione soprattutto alla delicatezza delle walkways sulle ali. Incolliamo i carrelli facendo attenzione al particolare angolo convergente di quelli principali, mettiamo i portelli, i serbatoi (scelta tra quelli tipo supersonico o da 825 Lt.), il tettuccio e l’armamento. Io ho optato per serbatoi supersonici e due Aim-9 D Sidewinder.

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Insegne e collocazione storica:

Il modello rappresenta un Mirage III CJ (“Shahak” per l’aviazione israeliana) numerale “768” in servizio nel 119° squadron durante la “Guerra dei Sei Giorni” nel 1967. Con questo velivolo il pilota Avraham Salmon abbatté nel giugno del 1967 due MiG19 Egiziani.

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Conclusione:

Un bel modello nel complesso dove l’unico difetto, o almeno per me tale, è la morbidezza eccessiva della plastica che può provocare deformazioni indesiderate.  Per il resto sono un fanatico delle belle linee morbide ed eleganti del Mirage IIIC che sonostate ben catturate dalla Eduard. La colorazione metallica infine non fa che esaltare la purezza delle forme e la cui riuscita in modo soddisfacente è fonte di appagamento modellistico assoluto (ma anche per ogni modellista che si accinga tale finitura credo sia lo stesso).

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Buon modellismo a tutti! Massimo – PitchUp – De Luca da Livorno.

Cliccate QUI per il Work in Progress completo sul nostro forum!

TF-104 G-M Hasegawa 1/48…. Il mito non muore mai!

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Ed eccolo qua! Finito. Qualcuno potrà essere contento nel vedere un altro Spillone, qualcun’altro potrà pensare: “Noooo, un altro ‘104… basta”; ma sapete, al cuore non si comanda! Ognuno di noi modellisti dovrebbe avere in vetrina un ‘104, ed io finalmente l’ho aggiunto. Sì proprio così, un bel kit Hasegawa in 1/48 rappresentato nella versione nei colori della nostra Aeronautica Militare, rigorosamente grigio.

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Il Kit è uno tra i migliori che l’Hasegawa produca ed è anche molto ben curato con pannellature in negativo e rivettature distribuite ovunque (anche fin troppe). Potrebbe essere lasciato tutto come da scatola, visto che non manca proprio niente (puoi fare anche la versione monoposto), ma purtroppo la mia disgrazia (e anche di qualcun’altro) è quella di farsi prendere la mano e la tasca dall’aftermarket; ed in preda a questa voglia irrefrenabile ho deciso di aggiungere anche il cockpit Aires (codice 4325), un vero e proprio capolavoro in resina.

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Ma non tutte “le ciambelle riescono col buco”. Infatti i problemi hanno inizio sin da subito, inserendo il cockpit nella fusoliera. Esso necessita di un bell’assottigliamento di ambedue le paratie laterali interne e, sopratutto, di assottigliare di molto la plastica del kit per permettere all’abitacolo di potersi “infilare” nel suo alloggiamento.

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Questi è dipinto in grigio Gunze H308 con reparto comandi in nero opaco. La struttura dei due seggiolini Martin Baker IQ7A invece è in nero opaco con sedile in FS37038, cuscini in FS34087, poggiatesta in FS27040 e cinghie in FS33531. Dopo aver fatto un bel Dry-Brush generale dei vari colori schiariti, si procede all’inserimento e chiusura della fusoliera.

Seggiolini TF-104G AIRES

E qui l’Hasegawa, presa d’invidia dell’Aires, ci mette un pò del suo con qualche incastro non proprio perfetto, sia nella parte dove è stato inserito il vano carrelli posteriore che dalla parte del cono radar. Ma con un pò di plasticard, ciano e tanta attenzione si può risolvere il tutto.

Una volta provveduto alla carteggiata, alla ripannellatura e rivettatura dei punti mancanti, si procede al montaggio dei due serbatoi e delle ali.

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A questo punto, ho proceduto con la fase più bella: La colorazione!

Dopo aver dipinto l’interno dei portelli, i carrelli e i vani ruote, in Silver H8 e mascherati quest’ultimi, ho ricoperto il modello con un primo strato di grigio chiaro come primer. Successivamente ho dato un leggero Pre-Shading in grigio scuro lungo le pannellature senza badare molto alla precisione del getto dell’aerografo. Poi sono passato alla colorazione vera e propria: le istruzioni Hase portano il colore di fondo in grigio Gunze H308, ma dopo aver visionato qualche foto e documentazione varia, per avvicinarmi alla tinta originale dell’aereo ho dovuto aggiungere al colore di base un buon 30% di grigio chiaro H311 ed un 5% di Bianco.

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Asciugata la tinta base per benino, ho aggiunto una minima quantità ancora di bianco e diluito tanto ho spruzzato a pressione bassissima una prima mano all’interno di ogni pannellatura senza toccare i bordi. Successivamente una spruzzata di tinta base scurita con una minima quantità di grigio H305 nuovamente tra le pannellature e non, e poi di nuovo con la tinta chiara del Post-Shading fino ad ottenere l’effetto voluto. Ho cercato principalmente di mettere in “luce” le parti usurate ed esposte al sole dell’aereo (dorso, ali e serbatoi).

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Il muso è stato verniciato in grigio H311, mentre il pannello antiriflesso (che deborda fino ad includere il parabrezza) in grigio scuro H305. Lo scarico invece l’ho dipinto prima con nero opaco e dopo vari “maltrattamenti coloristici” ho passato varie macchie di grigio a pennello asciutto su ogni petalo.

A questo punto si passa alla posa delle decals!

Per rendere lucido il modello ho usato il Clear Gloss H30 Gunze per ottenere una buona patina lucida. Quindi, ho lasciato ad asciugare almeno due giorni (non mi fido delle vernici “Gloss”) e armato di taglierino è cominciata la fase di “portare all’osso” (cioè scontornare) tutte le decals per la loro messa in opera. E qui purtroppo l’Hasegawa non è stata magnanima con me, povero modellista… sig!, inducendolo anzi all’errore. Infatti le coccarde sono ancora quelle rappresentate in versione “Alta Visibilità” e dislocate in sei posizioni, ma in realtà tutti gli esemplari verniciati nel nuovo schema grigio “Lo-Vis” avevano le insegne di nazionalità di ridotta dimensione apposte solo su quattro punti. Pazienza… oramai va bene lo stesso!

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Dopo aver posato l’ultima decal con tanto di Mr. Mark Softer Gunze, ho dato una nuova mano leggera di Clear per poi procedere con i colori ad olio e conseguenti lavaggi..

Odio usare il nero per le pannellature, lo trovo irreale e “spara” troppo sul modello. Allora meglio aggiungere del bianco in modo da formare un grigio medio! infatti ho passato la tinta ottenuta (non troppo diluita) fino a coprire tutto il modello, interessando sia le pannellature sia la superficie circostante. Dopo circa cinque minuti di asciugatura, con un “cotton-fiocc” ho ripulito a caso l’interno di ogni pannello lasciando la preferenza alla parte centrale, e così per tutto il modello. Per le varie sporcature e colature invece ho usato, sempre ad olio, il “Bruno Van Dyck”, anche poi per i carrelli, per i vani e per i portelloni.

Terminata anche questa fase, non ho fatto altro che sigillare il tutto con un paio di spruzzatine leggere di Semi-Gloss Gunze.

Prima di provvedere al montaggio dei vari accessori (particolare attenzione deve essere data al montaggio dei carrelli) ho aggiunto la cavetteria dei carrelli, all’interno dei due portelli e quella delle luci. Ho costruito inoltre con filo di rame le strutture interne dei due tettucci con relative manigliette di chiusura. Ho creato le due antennine con pezzi di metallo fotoinciso e costruito con plasticard quella superiore, visto che quelle del kit mi sembravano troppo spessorate. Infine ho posizionato gli slat e i flap in maniera abbassata ed il timoncino leggermente piegato, solamente perché penso che nel modellismo conti anche un po’ di scena, e per dare perché no, un po’ di movimento al modello altrimenti troppo “piantato”.

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Per concludere, questo è un ottimo kit, non dà particolari problemi e il montaggio in linea di massima fila che è una bellezza. Da consigliare a tutti coloro che insieme a me guardando quel mobiletto trasparente pensino “Un 104 ci dev’essere dentro quella vetrina!”

E’ tutto!

Ciao e B(u)onomodellismoTF104GVox a tutti!

Francesco “BonoVox” Miglietta.

Group Build Modeling Time.com – Tornado IDS “Luftwaffe” dal kit Italeri in scala 1/48.

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Il Panavia Tornado IDS è un sofisticato velivolo da attacco interamente progettato e costruito in Europa, in servizio in 4 nazioni nelle tre varianti (IDS, ADV e ECR) da più di 25 anni, circa 800 esemplari prodotti, ha combattuto in tutti gli ultimi conflitti con ottimi risultati. Insomma una vera pietra miliare della storia dell’aviazione moderna. Ovviamente, penserete, con tali credenziali il soggetto abbia stuzzicato a ragion veduta l’appetito dei grandi produttori di kit. SBAGLIATO!!!

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Se in scala 1/72 la scelta si riduce ad un paio di buoni kit, più un altro paio di meno buoni, in scala 1/48 il quadro è desolatamente scarso e ridotto a sole due scatole: Italeri ed Airfix (che poi si riduce ad una vista la scarsissima disponibilità di scatole Airfix!). Giocoforza quindi, se proprio vogliamo riprodurre questo eccezionale velivolo, rivolgere le nostre attenzioni sul prodotto Italeri di maggiore reperibilità sul mercato.

Quando si prospettò l’idea di cimentarsi nella costruzione di questo velivolo un po’ di timore a mettere mano a questo kit ce l’avevo, ma alla fine mi sono detto “o adesso o mai più!” e pur sapendo che sarebbe stato difficile il fatto di far parte comunque di un gruppo di modellisti impegnati nello stesso soggetto mi ha fatto scattare la molla giusta per riuscire a portare a termine il lavoro su questo kit.

Vi avverto però: il montaggio non sarà sicuramente una passeggiata quindi munitevi di pazienza,  attrezzi, documentazione e molti ritagli di tempo libero. Se riuscirete ad arrivare alla fine però il risultato sarà appagante.

Montaggio:

Cominciamo allora! Il kit Italeri ha circa 15 anni di vita e non è sicuramente uno dei prodotti più riusciti della ditta bolognese, inoltre la stessa, pur avendolo rivitalizzato negli anni aggiungendo decals suntuose, continua a riproporlo senza apportare modifiche di sorta. In generale nelle stampate traspare un aria come di “tirato via” testimoniata da pannellature in negativo che cominciano e spariscono, particolari mancanti, grossolani  o errati.

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L’ottimismo e la passione che nutriamo per questo velivolo però ci mostrerà anche che, malgrado tutto, la linea aggressiva ed imponente di questo velivolo è stata comunque ben catturata dall’Italeri dandoci un ulteriore motivo per lavorarci su.

I lavori di affinatura e modifica alla fine non sarebbero neanche insormontabili, tenendo conto della marea di accessori in resina prodotti dalle varie aziende, ma visto che a me piace autocostruire e modificare ecco che allora un po’ di tempo ci vuole.

Ecco la mia lista delle modifiche ma, per non annoiarvi troppo, rimando al topic del forum di “Modeling Time” http://www.modelingtime.com/forum/viewforum.php?f=81 dedicato al GB “Tornado” dove potrete trovare tutte le foto relative al montaggio e alle modifiche da me effettuate nella seguente sequenza:

1)     Il cruscotto del pilota può andare così com’è con piccole modifiche;

2)     Le scatole dell’avionica, gli schermi ed il cruscotto del WSO sono completamente da rifare. Per gli schermi ho utilizzato la pellicola fotografica di un negativo, effettone!

3)     La grande deriva dovrà essere affinata ed inoltre il bordo di attacco alla base, tondeggiante nel kit, dovrà essere reso aguzzo.

4)     Accentuazione del diverso angolo di attacco degli equilibratori.

5)     La parte degli scarichi dovrà essere “complicata” in quanto al centro, tra i due reattori, vi sono i meccanismi degli inversori di spinta.

6)     Ricostruire la canna con alette di raffreddamento dei cannoni Mauser.

7)     Ricostruzione dei sistemi interni del tettuccio principale.

8)     Modifica e miglioria dei seggiolini per renderli simili ai MB mk.10.

9)     I piloni principali sono sottodimensionati per cui si dovrà intervenire ingrandendoli.

10)  Costruzione guaine dove l’ala scompare in fusoliera durante la rotazione.

11)  Miglioramento carrelli anteriore e principale.

Ovviamente confrontando i pezzi con le foto che consulteremo queste chiariranno dove intervenire.

Ma il problema più antipatico da risolvere risiede sicuramente nella zona di rotazione carapace/perno/ala. Qui infatti montando da scatola il tutto ci si ritroverebbe con due buchi enormi (almeno volendo riprodurre le ali a chiusura freccia max). Sul come intervenire io ragiono in termini di “senno di poi” nel senso che su queste soluzioni non garantisco tipo: rimuovere i perni ed avanzarli, oppure rimuovere i perni ed inserire le ali senza questi ultimi dopo il montaggio. Io personalmente ho optato per la ricostruzione del bordo del carapace e ricostruzione della parte di rotazione dell’ala, il tutto usando plasticard, stucco e “olio di gomito”. Lavoraccio lungo e difficile per cercare di rendere tutto il più continuo ed aerodinamico possibile!

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Anche le prese d’aria nascondono all’interno il nulla e non avendo voglia di sobbarcarmi un ulteriore lavoro ecco che ho fatto due “teloni” di copertura come spesso si vedono in foto sui velivoli reali. Come li ho fatti? In carta stagnola incollata e poi ricoperta di carta igienica bagnata con abbondante colla vinilica ed acqua alla maniera di Art Attack!! Il tutto risulta robusto e ben pitturabile.

Per il resto si dovrà dar fondo a tutta la nostra “arte” incollando, stuccando e reincidendo perché questo kit “da veri uomini” (definizione del mio amico di forum Mauro “CoB” anche lui impegnato con tale “bestia”) non farà sconti. Se alla fine avremo resistito alla voglia di gettare tutto alle ortiche (e cominciare un F104 Hasegawa o un FW190 Tamiya) ecco la possente linea del bireattore trinazionale stagliarsi sul nostro banchetto di lavoro.

Colorazione e rifinitura:

Bene oramai il peggio è passato, possiamo quindi cominciare (ma sicuramente già l’avrete fatto) a scegliere quale “vestito” dare al nostro Tornado. Scopriamo che negli anni di servizio questo velivolo ha indossato svariate colorazioni il che ne fa un soggetto appetibile sia per quelli che non amano il tutto grigio (me!) che per quelli che ne fanno uno stile di vita! Ovviamente il gusto personale ed il campanilismo la farà da padrone. Io, chissà perché, ho scelto di riprodurre un esemplare della Luftwaffe in una delle varianti della mimetica definita “Norm 83” (simile alla “Europe 1”)  coi seguenti colori: verde 34102, verde 34079 e grigio scurissimo 36066 utilizzando colori acrilici Gunze, Tamiya e Vallejo.

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Come al solito ho proceduto con l’applicazione ad aerografo di bianco opaco seguito da un preshading lungo le pannellature. Poi ho applicato i tre colori della mimetica seguendo gli schemi proposti ricavati sul web e dopo ho effettuato post shading con colori schiariti già usati per la mimetica.

Una mano di lucido e proteggiamo il tutto dalle ditate di Nutella o di sangue sulle dita dovuto ai mesi di carteggiatura!

Armamento e carichi:

Anche questa è una fase molto importante per il nostro modellone oramai quasi terminato in quanto il Tornado è un vero camion volante a cui possiamo veramente appendere di tutto. Ovviamente però, pur nella standardizzazione NATO, ogni nazione ha cercato di utilizzare carichi operativi specifici per un dato impiego, o anche di produzione nazionale, che non è detto siano poi stati impiegati da altri operatori. Inoltre nelle stesse forze aeree alcune squadriglie impiegano armi per compiti particolari (es. antinave, antiradar)  che altre squadriglie non usano. Insomma stiamo attenti a non creare un “falso” e rifacciamoci sempre alle foto dell’operatività reale del velivolo e dei reparti. Per quanto mi riguarda dovendo rappresentare un velivolo della Luftwaffe i carichi più rappresentativi sono: 2 immancabili serbatoi da 1.500 litri appesi ai piloni principali (nella mia scatola Italeri “vintage” i serbatoi non erano previsti, mentre nella scatola dell’ADV erano presenti! Comunque nelle riedizioni successive i serbatoi ci sono), un pod BOZ-102 all’estremità ed un pod AEG Cerberus all’altra estremità. Quest’ultimo è frutto di un’autocostruzione integrale (non so nemmeno se esista come aftermarket) partendo da due sezioni sovrapposte di diverso spessore di sprue, come corpo centrale e due ogive (derivate da bombe laser guidate in 1/72 della “valigia degli avanzi”) e varie parti in plasticard.

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Decal:

Ho usato quelle del kit perché per la versione tedesca non c’è niente di meglio reperibile in giro. Ovviamente prima della posa ho lucidato il modello e fatto i lavaggi col nero ad olio. Le decals erano vecchiotte ma alla fine scontornate per bene dalla pellicola il loro lavoro lo fanno egregiamente. Una volta posate  “sparavano” un po’ troppo ed allora dopo un’altra lucidata sono intervenuto caricando l’aerografo di verde diluitissimo e spruzzando sopra le decals per creare una velatura che ne attenua la brillantezza e omogenea il tutto. Alla fine il mio Tornado rappresenta un velivolo della Luftwaffe dello JaBo G34 basato a Memmigen (Germania), reparto dismesso oramai da molti anni.

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Conclusione:

Dopo 4 mesi di lavoro (circa una o due ora a sera non di più alternate a fasi di completo scoramento) il lavoro è finito! Si inseriscono i seggiolini, e perché no, anche un pilotino in scala così per provare che effetto fa. Si incollano le ultime parti e…..wow… Bello però, malgrado la faticaccia, modellisticamente, il Tornado Italeri ha una bellissima linea!!!

Saluti a tutti

Massimo “pitchup” De Luca  da Livorno

Group Build Modeling Time.com – Il diavolo rosso di Ghedi – Tornado IDS dal kit Italeri 1/48 – Parte terza: verniciatura, rifinitura e stoccaggio in vetrina!

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Per chi si fosse perso come siamo arrivati fino a questo punto, c’è l’articolo precedente riguardante il montaggio e la preparazione alla verniciatura QUI! Ma bando alle ciance, ripartiamo dal nostro Tornado “primerizzato” e pronto per la verniciatura!

Dopo aver tribolato ancora un mese circa per lisciare e reincidere molte delle parti critiche di questo kit, ho iniziato la verniciatura partendo dai vani degli aerofreni e dei carrelli. Sopra potete vedere i vani degli aerofreni appena verniciati. Per proteggerli dalle mani di vernice della mimetica li ho coperti montando gli aerofreni e tenendoli con un po’ di nastro Tamiya.

Stesso discorso per l’immagine che potete vedere qui sopra, i vani appena verniciati di bianco opaco e le prese d’aria preventivamente mascherate per evitare il “paint-striking”….

Dato che iniziavo già ad andare in panico da “vediamo se vola veramente”, ho iniziato a dettagliare i carrelli con le varie tubature…due diversi spessori di filo di rame per 6 tubi ogni gamba di forza. Se non ricordo male…

Ultimo passo prima di iniziare il lavoro divertente…. mascheratura dei tettucci…nastro Tamiya a go-go anche qui…

La livrea inizia dal color alluminio di fondo dato con il Tamiya X-11 diluito con il suo specifico diluente. Rende bene nonostante sia un acrilico e non uno smalto dell’ultima generazione a patto che lo si diluisca bene…3 mani di silver e via!

Per mascherare la delicata finitura metallica ho preventivamente passato alcune mani di “clear” Gunze sulla pancia del modello ed una volta asciutto il trasparente lucido ho delimitato le aree da maschere con nastro Tamiya,  scotch da carrozziere e fazzoletti di carta…

Prima di iniziare la verniciatura vera e propria hofatto quello che comunemente si chiama pre-shading. Di solito ripasso tutte le linee di pannellatura con un nero lucido, ma stavolta sono andato di nero opaco ed ho anche fatto delle macchiette in modo aleatorio all’interno dei pannelli per poter giocare meglio con luci ed ombre verniciando…per il mio La-7 avevo sfumato l’interno dei pannelli mentre qui li ho riempiti di macchiette….dipende dall’effetto che si vuole dare…

Un altro dettaglio del dorso preshadizzato…

Vista frontale…

Per un modello dalle tinte così forti e scure il preshading è bene farlo per la parte grigia della mimetica, perchè sotto al verde scuro non si vedrà più nulla e converrà lavorare invece di post-shading…io da sostenitore del pre shading l’ho fatto comunque..

Questo è l’effetto che avremo una volta steso il grigio di base della mimetica (Gunze H331 Dark Sea Grey sono partito da tinte inglesi in quanto semilucide)…ho steso un velo di vernice sulle parti trattate con il preshading e poi una volta attenuate le linee nere gioco con l’aerografo intorno alle zone scurite per sfumare il tutto…

Un altro scatto…

Per mascherare le zone in grigio e dare vita alla mimetica vera e propria (passando al verde Gunze H330 Dark Green) ho usato una tecnica che non avevo mai testato prima. Ho usato l’UHU Patafix…questo materiale, una specie di pongo appiccicoso servirebbe per attaccare cose come poster o foto  sulle pareti imbiancate senza lasciar tracce quando lo si toglie. Non ci ho mai provato ma penso che da quanto appiccica oltre alla tempera porta via anche l’intonaco e qualche foratella. Per i modelli invece va bene! E bravo Patafix!

Per mascherare col Patafix si procede così: aprendo il pacchetto avrete delle striscioline di questa “sostanza”. C’è da ricavarne dei salsicciotti come li chiama il nostro amico Valerio “starfighter” e poi si applicano lungo le linee di mimetica del nostro modello, come vedete nella foto sopra. Essendo dal profilo tondo questi “salsicciotti” andranno a regalare una linea appena sfumata, l’ideale per la livrea strike nato di cui vestirà il Tornado…Le aree da coprire andranno coperte poi con del nastro da carrozziere. Usatelo perchè altrimenti di nastro Tamiya ne buttate via due rotoli!

Questo è il risultato. Linee sfumate il giusto e praticità d’uso. Il tempo per effettuare le mascherine è lo stesso di realizzarle in carta gommata, ma è nettamente + facile…usate il Patafix ragazzi. Ve lo consiglio.

Ulteriore scatto …

Nella foto sopra potete notare la differenza tra la linea metallizzata mascherata con normale nastro e quelle mascherate con il Patafix…dopo tutta questa pubblicità che ho fatto a questo materiale, non dico che voglio la percentuale ma spero che mi assumano come testimonial almeno!! Bene proseguiamo..non distraiamoci!!!

La parte lunga ed anche quella che mi ha messo di più alla prova è stato realizzare tutte quelle mascherine per delimitare antennine, dielettrici ecc… ce ne sono solo 14 sulla deriva da realizzare e 4 per i piani di coda…

Mascheratura del radome, delle bande rosse intorno alle prese d’aria, antennina circolare sul dorso (ne manca un’altra semicircolare che ho fatto dopo), estremità alari ecc ecc…più guardo le foto più mi stupisco della mia pazienza nel realizzare maschere e stencils vari.

Inizia l’opera di verniciatura dei vari dettagli…

Naturalmente c’è stato da verniciare in grigio medio o “aircraft grey”  (Gunze H57) le parti delle ali che andranno nel cassone quando l’ala sarà completamente retratta. Tanto bel nastro tamiya, delle ore di mascheratura, monografie sottomano, mentre i giorni scorrevano inesorabili. Siamo già all’inizio di maggio a 6 mesi dall’inizio del montaggio.

Ed ecco la parte incriminata verniciata. Ripetere la stessa operazione per la parte inferiore delle ali ed il gioco è fatto!!

Una visione d’insieme del lavoro fin qui effettuato. Niente male vero?

Un’altra foto prima di iniziare a pasticciare il modello con colori ad olio e vernici trasparenti! Bello pulito. Purtroppo i modelli puliti a me non piacciono… mi sono rimboccato le maniche ed ho simulato ore ed ore di volo e di missioni con pennelli ed aerografo sulla “pelle” del mio Tornado.

Si inizia passando alcune mani di colore trasparente lucido. Io uso il “clear” della Gunze diluito con il diluente specifico. Una volta asciutto si passa a trattare il modello con gli oli. Io lavo le linee di pannellatura con una miscela di bruno van dyck mista a nero al 50%, molto diluita in acqua ragia facendo scorrere letteralmente la tinta nelle pannellature senza lavorare con delle miscele dense come fanno molti altri modellisti più bravi di me. Una volta che l’olio è quasi asciutto tiro via gli eccessi con un panno in microfibra, ma un panno di cotone va bene ugualmente….servirà ripetere il trattamento alcune volte ma il risultato è garantito…

Dopo aver effettuato i lavaggi lavoro tutto il modello con la tecnica del post shading. Tirando via l’olio si lascia una patina scura sulla superficie trattata che farà da base ai giochi di luci ed ombre che creeremo appunto col post-shading. Per il grigio la situazione è molto più semplice del verde in quanto basta schiarire con del bianco la tinta di base. Io ho effettuato due mani di schiaritura, la prima miscelando il Dark Sea Grey della mimetica con del normale bianco, la seconda con del bianco e del Light Gull Grey f.s. 36440 (Gunze H51). Per quanto riguarda il verde ho lavorato prima con il Dark green schiarito con del bianco, poi con la tinta di base schiarita con del Light Gull Grey 36440 senza però miscelarlo al bianco. Con queste miscele diluite al massimo e la pressione dell’aerografo al disotto del bar, si lavora all’interno dei pannelli ai confini delle linee di mimetica ed il risultato è quello della foto sopra…

Ancora un paio di scatti, tanto in 10 mesi di lavori….ne ho fatte a palate di foto!

Dopo aver terminato verniciatura ed invecchiamenti vari, mi sono accorto che avevo tralasciato le bande grigie su ipersostentatori e alette krueger. Altre mascherature ed altre spruzzate di aerografo in “aircraft grey”  Gunze H57…

Ecco come si presentava il modello all’inizio di Luglio, poco più di sette mesi di lavoro. Lo step successivo è stata la verniciatura degli scarichi…

Ho passato (previa mascheratura) sulla parte mobile degli inversori di spinta e sugli ugelli dei motori, una mano di Titanium Gold acrilico Tamiya, seguita da diverse mani di Smoke Tamiya. Per rendere il tutto più scuro ho sfumato con del Tyre Black Gunze. Sono stati effettuati dei dry brush in grigio ed altri in grigio f.s. 36375, altri ancora in blu opaco Tamiya… il risultato è quello che vedete in foto.

Vista inferiore…

Per realizzare le fumate nere tipiche dei Tornado che investono la deriva dovute agli inversori di spinta, ho mascherato ancora con Patafix e carta da carrozziere. I colori usati sono stati lo Smoke Tamiya ed il Tyre Black della Gunze…

Una vista dei dettagli del cockpit che non fa mai male, tanto per vedere l’effetto che fa, dato che le foto che avevo pubblicato durante il montaggio non erano granchè…

Dato che non l’avevo fatto prima sono passato a mascherare con nastro Tamiya, verniciare in 36118 Gunship Grey Gunze, dettagliare con sprue filato e plasticard l’interno del tettuccio. Ho cercato di colorare un po’ ma l’effetto scala porta sempre fuori dalla realtà quindi ho fatto solo qualche tocco di pennello in Flesh Tamiya, un colore piuttosto neutro che non vivacizza troppo, ne’ lascia smorti i dettagli. Gli specchietti sono in fotoincisione e della Eduard.

Verniciatura delle gambe dei carrelli…bianco opaco e tubi in Tyre Black. Lavato con la mia solita mistura di nero e van dyck al 50% diluiti in acqua ragia. Dry brush in bianco. I portelli delle ruote li avevo già verniciati mesi prima, ma non avevo mai pubblicato foto. Le ruote sono state verniciate in Tyre black a pennello poi sfumate con un grigio 36118 ad aerografo. Lavaggio alla mia maniera…

Inizio di settembre 2009. Il punto sul Tornado. I pod boz ed i loro piloni sono stati verniciati in grigio 36320, il giusto colore il 36280 non si trova nella gamma Gunze. Sono quindi partito da un’altra tonalità di grigio cercando di ricreare la “cottura” del nostro grigio low-viz dovuta all’azione del tempo. Anche per i boz ed i loro piloni ho effettuato pre shading, verniciatura, lavaggi, lucidatura e post shading.

Per i serbatoi ci vorrebbe un articolo a parte. Le loro alette sono troppo angolate verso l’interno, le ho dovute tagliare e reincollare più aperte, naturalmente stucco e carta abrasiva hanno avuto il loro bel da fare anche qui. I piloni dei serbatoi sono sottodimensionati in altezza. Li co ricostruiti da zero in plasticard. Spessore 1,5 mm. Verniciatura metà Dark Green metà X11 Tamiya. Ho anche ricostruito in sprue filato il sistema di sgancio dei serbatoi. Per la verniciatura stesso invecchiamento dei pod boz e dei piloni che sono grigi…ma il perchè ve lo spiego più tardi!

Quella piccola cosa a punta che vedete a sinistra del radome è il pitot. Devo pubblicamente ringraziare il mio amico Massimo “pitchup”, modellista livornese doc, per avermelo spedito dato che avevo perso il mio. Grazie Max, senza il tuo pitot il mio Tornado avrebbe avuto seri problemi in volo, ed io seri problemi di autocostruzione!!!

Non ho foto purtroppo dei dettagli della sonda per il rifornimento in volo però anche lei è stata dettagliata con filo di rame. Il suo alloggiamento è stato arricchito con particolari in sprue filato.

La posa delle decal. Ho scelto il Tornado MM 7002, numero 6-10 stanziato a Ghedi perchè era l’esemplare più vissuto ed allo stesso tempo accattivante che avessi mai visto. Ho delle sue foto nel libro di Bruno Damascelli “custodi dei cieli”, se riuscite a trovarlo compratelo che è veramente bello sia dal punto di vista fotografico che da quello dei racconti scritti dai piloti. Da li sono partito alla ricostruzione del mio aereo. L’aereo in questione aveva una mimetica strike nato consumatissima e sotto alle ali montava i pod boz grigi a bassa visibilità. Mi sono preso una piccola licenza realizzando anche i piloni grigi. Tanto questi sono intercambiabili.

Le decal sono Tauro Model (48567), le uniche che ci permettono di realizzare i nostri velivoli a.m.i. Hanno il difetto di essere spesse e di avere il film troppo lucido, ma già è tanto che ci sono ed è grazie a questa ditta che ci possiamo permettere di vestire dei nostri colori molti aerei di costruzione estera, sia presenti che del passato. Le decal vanno trattate con il liquido “micro set” della microscale per farle aderire bene sul modello e con il Mr. Mark softer della Gunze per farle entrare benino nelle pannellature. Le coccarde sono del foglio decal originale stampato Cartograph. Prima di attaccare le nostre insegne dobbiamo però lucidare di nuovo il modello per scongiurare il silvering e dopo il posizionamento ed il trattamento con i liquidi, ancora una lucidata, che io faccio con il “clear” della gunze. Per stemperare i colori delle decal dato che sono troppo sgargianti rispetto al livello di invecchiamento di questo Tornado, le ho sfumate con qualche passata leggerissima ed a bassa pressione di Light Gull Grey 36440 della Gunze, diluito all’estremo. Il risultato non è affatto male! Operazione consigliata!

Come dicevo in precedenza le uniche due parti per quanto riguarda il dettaglio che non ho autocostruito sono i sedili. Due ottimi Martin Baker Mk 10 in resina della Pavla.

I sedili sono stati verniciati in Gunship Grey 36118, con poggiatesta nero opaco e spalliera verde scuro. Le cinture sono in Tamiya Flesh, letteralmente sarebbe color carne ma non ci somiglia affatto. Qualche puntino di rosso applicato dove serve. Sono stati poi lavati con la mia solita mistura di colori ad olio metà nero metà bruno van dyck. Alla fine un bel drybrush in grigio chiaro. Nella foto non era ancora avvenuto il lavaggio ne’ il dry brush.

Ecco qua l’abitacolo nella sua veste definitiva!

Mancava solo da assemblare le varie parti, verniciare qualche antennina…ed ecco qua il modello pronto per i primi scatti! Dopo esattamente 10 mesi ed un giorno di lavori, il 30 settembre 2009 terminavo il mio Tornado iniziato il 29 novembre 2008. Ho finito il lavoro per il group build con molto anticipo…3 ore!! L’ho finito alle nove di sera quando scadeva a mezzanotte! E dopo aver ripercorso mentalmente e fotograficamente il mio lavoro mi concedo un meritato riposo…iniziando a studiare il mio prossimo soggetto! Fate un salto nel forum, sono già online i primi scatti! A presto!

Mauro “CoB” Balboni….