giovedì, Maggio 1, 2025
Home Blog Page 13

La Tigre Indiana – MIG-21FL “Tiger” I.A.F. – Dal Kit Academy in scala 1/48.

4

19.

Su Modeling Time una cosa che non manca mai è la voglia di modellare, e i Group Build ne sono un esempio. Ed è proprio grazie all’interessantissimo, nonché coinvolgente, Mini Group Build dedicato ai “Velivoli Esotici” che ho deciso di costruire il caccia più prodotto e “mimetizzato” nella storia dell’aeronautica, il Mig-21. Il kit è il PF FISHBED D in scala 1/48 della koreana Academy (cod.2166).

Quest’aereo bisonico fu  principalmente impiegato dall’Unione Sovietica e da moltissime forze aeree del Patto di Varsavia e filo-sovietiche, tra cui l’India. La versione acquistata dall’I.A.F. (Indian Air Force) era la FL (variante del Mig-21PF da esportazione), equipaggiata col radar R-2L e dotata di un armamento costituito da due missili R-3 (AA-2 Atoll). Accorgendosi dell’inefficacia dell’armamento, L’Aeronautica Militare Indiana richiese di potenziare il caccia con il cannone GP-9 e, grazie a quest’arma, i Mig-21FL indiani conseguirono diverse vittorie contro gli F-104 pachistani nella guerra Indo-Pachistana del 1971. Il modello che ho riprodotto, soprattutto per la sua mimetica davvero particolare, è la versione dello squadrone “Tiger” codice C-992. A questo reparto fu affidata la difesa antiaerea del Punjab, una regione sita tra i confini di India e Pakistan.

Nonostante i molti anni trascorsi dalla sua uscita, il kit è ancora di buona fattura con ottima plastica e pannellature fini e in negativo. Naturalmente non poteva mancare una buona dose di aftermarket al seguito.

1

Per iniziare, in ordine, il Superdetail Set Verlinden cod.1395; a seguire  i vani carrello CMK cod.CMK4077, il pitot in ottone tornito della Master AM-48-064 e, per finire, il foglio decalcomanie Xtradecal cod.X48044. Questi ultimi sono i caratteri che si possono usare sui modelli Royal Navy/RAF, quindi, essendo l’India un’ex colonia inglese, si adattano bene anche su questo modello.

La prima operazione ha riguardato l’asportazione delle wheel bay principali del kit, per far spazio a quelle in resina della CMK che sono davvero ben dettagliate; s’incastrano in sede senza problemi ma richiedono l’intervento di mini “salsicciotti” di Milliput su tutto il perimetro per colmare piccoli vuoti e fessure, ma niente di particolarmente grave.

2

3

I vani carrello alari devono essere assottigliati nello spessore per inserirsi correttamente nell’ala. Come punto di riferimento per l’allineamento ho usato il foro presente anche nel kit dove verrà poi sistemato il faro d’atterraggio.

4

Una volta montati i vani alari dei carrelli, noterete subito come essi siano sotto dimensionati rispetto alla lunghezza dell’alloggiamento. Con una visione più accurata di tutto il pozzetto reale si evince che la resina deve essere allungata di almeno un paio di millimetri per coprire la giusta superficie e non lasciare anti estetici vuoti.

5

6

I vani, dettagliati con striscioline di plasticard per colmare le grandi fessure lasciate dalla resina, sono stati colorati con grigio Tamiya XF-54 e trattati con lavaggi in nero ad olio.

6 bis

Passiamo, adesso, al Pit (cockpit). Il set Verlinden è un piccolo capolavoro che, oltre ad adattarsi MERAVIGLIOSAMENTE (mai visto un pit in resina così preciso), è anche ben realizzato. Prima operazione da eseguire è il taglio della paratia posteriore del kit per far posto a quella in resina.

7

Il resto della lavorazione scorre via veloce anche grazie al perfetto adattamento dei pezzi che non richiede alcun intervento. Mi è bastato dipingere il tutto con il sopracitato Tamiya XF-54 e aggiungere qualche pulsante rosso e grigio chiaro sulle consolle laterali e il cruscotto.

11

12

13

14

Prima di procedere alla chiusura della parte anteriore della fusoliera, ho deciso di adottare il medesimo sistema usato da Starfighter84 sul suo Fishbed,  per modificare e correggere il cono radar fornito nel kit. Con un tondino di Plasticard all’interno del cono stesso, e una serie di spessori forati interni al condotto, ho modificato la configurazione degli incastri in modo da inserire il pezzo anche alla fine del modello . Ho optato per il radome del kit in quanto quello in resina Verlinden è leggermente più “magro”.

18

15

16

Ho modificato anche lo sfiato dello strato limite posto sopra la presa d’aria, assottigliandolo, e inserendo all’interno il piccolo serbatoio di alcool (in dotazione col set Verlinden) per lo sbrinamento del parabrezza.

17

Di seguito ho unito anche il troncone posteriore della fusoliera aggiungendo internamente lo scarico Wolfpack Design gentilmente donatomi dall’amico Valerio (Starfighter84) e colorato internamente con una miscela di verdi. Il passo successivo ha riguardato il montaggio delle ali il cui inserimento mi ha creato qualche difficoltà in più del previsto. Specie nella parte inferiore, infatti, si sono formate molte fessure che ho riempito con striscioline sottili di Plasticard e colla cianoacrilica.

19

L’incavo antistante lo sfiato dello strato limite e la piccola antenna sulla gobba sono stati rifatti con il solito Plasticard. Ho, inoltre, reinciso la griglia sul lato sinistro con l’apposita dima Verlinden.

20

Ho montato anche gli accessori fotoincisi Verlinden per il sistema di retrazione dei flap e per i frames di battuta del canopy.

21

22

Apro una parentesi per i flap. L’idea di montarli retratti non mi andava molto a genio… il modello sarebbe risultato troppo statico. Meglio dargli un pò “movimento” raffigurando gli ipersostentatori in posizione estratta! Da una prima prova a secco, ho subito notato che la configurazione delle superfici mobili non rispecchiava la realtà; i miei dubbi hanno trovato conferma controllando la documentazione e constatando che il kit della variante PF è derivato dallo stampo del MF/Bis dove la forma dei flap è differente. Ovviamente la ditta coreana non ha, purtroppo, preso in considerazione questa sostanziale differenza. Ho, quindi, modificato il bordo d’uscita dell’ala, allungandolo, e ho ricostruito integralmente, con Plasticard, le superfici mobili.

23

24

25

Finito il lavoro di modifica, mi sono dedicato al canopy. La laboriosa mascheratura sulle vetrature tondeggianti (interna ed esterna) è riuscita anche grazie al nastro Tamiya. Ho, inoltre, aggiunto molti particolari fotoincisi, fili elettrici (ho usato un cavo di rame)  e la struttura di rinforzo dei frame interni rifatta in Plasticard.

26

Il complesso sistema che ospita anche il collimatore, posto sotto al canopy, è quello in resina fornito dalla Verlinden. E’ già ben dettagliato ma l’ho arricchito aggiungendo i vetrini laterali in acetato trasparente, e ricreando il vetro del collimatore stesso perché totalmente mancante nel set in resina.

27

28

Il telemetro è stato arricchito con qualche cavetto; stesso procedimento per la zona anteriore della “palpebra” cui è stato aggiunto qualche filo elettrico in rame.

29

30

Le slitte e i piloni hanno subito delle piccole modifiche:  ho tolto, naturalmente, i perni in plastica per sostituirli con altri in metallo più robusti. Ho rivettato le due slitte ed aggiunto piccoli spessori tra i due componenti.

31

32

Per i missili ho usato il set Eduard degli AIM-9 (cod. 648028), che sono poi uguali agli R-2 Atoll. Ai carrelli ho aggiunto condutture idrauliche con sprue stirato sagomato e cavetti di rame. La colorazione è sempre in grigio Tamiya XF-54 e alluminio Alclad per i pistoni;  bianco opaco per i missili.

33

34

L’armamento viene completato col montaggio del gunpod Verlinden GP-9 che sostituisce quello da scatola più corto e meno dettagliato.

35

Terminato, finalmente, il montaggio, le mie attenzioni si sono rivolte alla fase di verniciatura. L’esemplare da me scelto aveva un’accattivante mimetica di cui, purtroppo, esiste pochissima documentazione. L’unica foto trovata nel web ritrae l’aereo di profilo e per giunta in bianco e nero.

Dall’immagine si notano solamente due toni di colore per la mimetica delle superfici superiori, una base chiara con applicazione di “stripes” più scure. Purtroppo c’è parecchia confusione riguardo questo schema e i suoi colori, infatti, alcune fonti danno questo Mig “Tiger” tutto alluminio con strisce di vernice nera, altre ancora, al contrario, affermano che il velivolo avesse un fondo marrone chiaro e strisce marrone scuro su tutta la fusoliera tranne le ali inferiori in alluminio; altre, invece, con la zona inferiore in azzurro… Insomma, non avendo, ahimè, nessun riscontro fotografico a colori ma solo parecchie versioni contrastanti, ho deciso di far fede ai codici colori di altri colleghi modellisti che si sono confrontati prima di me con questa verniciatura. Le tinte che ho scelto sono:

  • l’Alclad Aluminium per la superficie inferiore delle ali.
  • Marrone chiaro Gunze H313 per il colore di fondo delle superfici superiori.
  • Tamiya XF-52 per le stripes più scure.

Ho proceduto stendendo una mano di fondo in Gunze H-307 su tutto il modello, accessori compresi. Questo grigio lucido acrilico si adatta bene come primer per gli Alclad (tranne per il Chrome).

36

37

A questo punto ho steso, su tutto il modello, l’Alluminium Alclad. Una volta asciutto, ho mascherato le ali inferiori, il cannone GP-9 e lo spazio rettangolare sulla deriva dove andrà inserito il codice C-992 dell’aereo. A seguire, ho verniciato il primo colore della mimetica, l’H-313, corretto con qualche goccia di Gunze H-310 per scurirlo un po’.

38

Attesi i normali tempi di asciugatura, ho applicato una sessione di post-shading su tutto il mio Mig e qualche ritocco con H-310 su alcune pannellatura. La vera sfida è stata aerografare tutte le strisce della “Tigre”. Caricata l’aeropenna con l’XF-52 corretto con gocce di nero per ottenere una tonalità leggermente più scura, con la giusta diluizione e a bassa pressione ho verniciato le “stripes” procedendo con piccoli tratti veloci e leggeri. Il pericolo di sbagliare e rovinare tutto è stato sempre in agguato, ma è bastata una mano ferma e la giusta dose di pazienza per superare anche questa fase.

39

Dopo aver lisciato le superfici con carta abrasiva 1200 bagnata e passata con molta attenzione,  ho applicato una nuova mano leggera di post shading su tutte quelle superfici più soggette all’usura degli agenti atmosferici: dorso, ali e deriva. Come colore ho usato la tinta di base schiarita con poche gocce di bianco opaco. Per terminare la colorazione ho dipinto, con Humbrol 76, il cono radar e la parte anteriore della ventral fin.

Passata la fase più difficile, se ne apre una nuova: le coccarde indiane. Non avendo delle decals a disposizione mi sono dovuto “arrangiare” creando delle mascherine e verniciando le insegne direttamente sul modello. Una volta prese le corrette proporzioni (5mm per ogni cerchio colorato), e con l’aiuto della dima Verlinden di una taglierina circolare e del fidato nastro Tamiya, ho mascherato le zone interessante stendendo i vari colori della bandiera.

40

41

Il primo colore steso è stato il bianco opaco che ha creato un fondo più adatto ai successivi pigmenti. Il secondo è stato il rosso vermiglio/arancione ottenuto con alcune gocce di giallo e bianco ed infine il dischetto verde sempre corretto con bianco. I colori primari sono tutti Gunze. Concluso anche questo passaggio, finalmente mi sono dedicato alla fase dei lavaggi. Prima di applicarli, però, ho lucidato il modello con il Tamiya X-22 diluito col suo thinner specifico X-20A. Devo dire che è un ottimo trasparente ma necessita di diverse passate prima di ottenere una completa finitura “glossy”. Per i colori ad olio ho usato un mix di bruno Van Dick e nero (poco). Ho cercato di trattare il modello, così come mia consuetudine, con lavaggi leggeri in modo da non “appesantire” la già laboriosa mimetica. A fine operazione, e con l’aiuto di una lama di cutter, ho ricreato dei graffi (chipping) alla vernice in varie zone del modello (ali, fuso, deriva…) seguendo il senso dell’aria.

A seguire ho aggiunto anche le poche decalcomanie, per altro ottime, della Xtradecal (lettere del codice C992 sub alari e sulla deriva). Il tutto è stato, poi,  sigillato da un’altra mano di lucido Tamiya.

42

45

43 44

46

Step finale il montaggio della sonda in ottone tornito della Master: un accessorio che fa la sua grande figura e che non può mancare, a mio avviso, se si vuole costruire un Fishbed quanto più realistico possibile.

47

4.

2.

3.

Nella realizzazione di questo modello sono rimasto soddisfatto due volte; la prima perché il Mig-21 era un modello che desideravo in vetrina da molto tempo, la seconda per averlo riprodotto con una mimetica davvero favolosa nonché inusuale che mi è servita per acquisire ancora di più manualità nell’uso dell’aerografo.

1.

7.

6.

5.

13.

10.

11.

12.

22.

14.

15.

20.

26.

23.

24.

25.

27.

Ringrazio tutti gli amici di Modeling Time che, come al solito, sono stati un valido supporto tecnico ed informativo per la realizzazione di questo modello.

Al prossimo lavoro e B(u)onomodellismoVox a tutti!

Francesco “Bonovox” Miglietta.

 

No Hornet? No War… Party! – F/A-18C Dal kit Hasegawa in scala 1/48.

8

Finito 5

La United States Navy esercita, da sempre un fascino particolare sui modellisti… non si può, di certo, negare! A mio avviso, gli “ingredienti” segreti di questo successo sono pochi ma importantissimi: araldiche accattivanti, velivoli bellissimi ma…. soprattutto… sporchi, logori e mal conciati! Sfido chiunque stia leggendo quest’articolo a smentire che, almeno una volta nella vita, non si sia soffermato qualche minuto pensando a come ricreare gli effetti con cui salsedine e condizioni climatiche avverse massacrano, letteralmente, le livree degli aerei imbarcati.

Finito 4

Finito 9

Chi vi sta scrivendo rientra a pieno titolo nella categoria di modellisti sopra descritta… ed è per questo che sono qui a presentarvi il mio ultimo lavoro: un F/A-18C del VFA-87 in scala 1/48.

Finito 2

Finito 14

La scelta del kit e degli accessori:

Pensando a una scatola di montaggio dedicata all’Hornet, la scelta non può non ricadere sul modello dell’Hasegawa. Anche se lo stampo ha, oramai, parecchi anni sulle spalle, esso mantiene quasi inalterato il suo valore grazie a delle bellissime pannellature in fine negativo e un’alta fedeltà delle forme e delle linee generali. Attualmente in commercio si può trovare anche l’Hobby Boss che, in ultima analisi, è una copia più povera di dettaglio del kit giapponese. Dalla sua, il prodotto cinese ha un prezzo d’acquisto vantaggioso e una più semplice reperibilità sul mercato.

Hornet 02

Hornet 01

Come mia consuetudine, ho corredato il modello con una serie di accessori che elenco di seguito:

    • Aires 4211 – Cockpit Set: giacché rimarrà molto in vista a modello finito, non poteva mancare il set della ditta ceca per il super dettaglio dell’abitacolo.
    • Aires 4235 – Wheel Bays: ricchi di particolari ma non esenti da difetti di cui parlerò più avanti.
    • Aires 4267 – Exhaust: acquisto obbligato per rimpiazzare gli scarichi in plastica sicuramente non all’altezza della scala del quarto di pollice.
    • Rhino Model 48006 – Seamless Intake: le prese d’aria seamless (senza giunzioni) di questa “garage factory” americana sono bellissime! Profonde come quelle reali, stampate in resina bianca (accortezza che mi ha evitato una non agevole verniciatura dell’interno dei condotti) e, soprattutto, già pronte per l’uso.
    • Legend Production 4039 – Fuel Tanks: i serbatoi forniti nella scatola hanno una forma troppo affusolata e non fedele alla realtà. Per questo ho inserito in lista anche questo set che fornisce tre fuel tanks in resina di dimensioni corrette.
    • Eduard 49223 – Photoeteched Set: non saranno molte le parti da prelevare da quest’aftermarket, ma ne varrà la pena già solo per la bellissima scaletta di accesso all’abitacolo.
    • Afterburner Decal 48018: la ditta statunitense ha, purtroppo, cessato l’attività già da qualche tempo ma queste decalcomanie sono ancora abbastanza diffuse. Un “must” per tutti coloro, come il sottoscritto, che vogliono riprodurre un Hornet del VFA-87 “Golden Warriors”.
    • Wolfpack Design 48026 – F/A-18 Update Set: tra I tanti esemplari proposti nel foglio decal Afterburner ho scelto il Bu.No 164647, uno tra quelli sottoposti ad upgrade avionico. L’aggiornamento comprendeva l’installazione di nuove antenne IFF (Identification Friend or Foe) sul muso davanti al parabrezza e del sistema di navigazione satellitare GPS (con il relativo “dome” montato sulla gobba). Oltre a queste modifiche, c’è stata l’aggiunta di due antenne a lama del Data Link dell’apparato IFF (una davanti al GPS sul dorso, l’altra in prossimità del pozzetto carrello anteriore) e di un’antenna carenata per la ricezione dei segnali Radar Warning sul portellone della wheel bay anteriore. Tutte queste parti, in scala, sono incluse nel prodotto della Wolfpack che, purtroppo, non è esente da gravi difetti. Ne parlerò nel prosieguo dell’articolo.
    • Quickboost 48287 – SJU-17 NACES Ejection Seat: anche se riferito all’F-14D, il seggiolino in oggetto può essere montato anche sull’esemplare da me scelto apportando piccole modifiche. Ricordo che l’Upgrade di cui parlavo nelle righe sopra ha riguardato anche la sostituzione del vecchio sedile eiettabile SJU-5 (da scartare, quindi, quello fornito nel set Aires relativo all’abitacolo) con il nuovo SJU-17.
    • JF Models 4804 – Wings Fold Set: incuriosito da questa ditta che non conoscevo, ho deciso di acquistare anche il succitato aftermarket in resina per ripiegare le estremità alari del mio modello e dargli un po’ di “movimento”. Devo dire che la qualità è molto buona, come del resto anche la precisione dei pezzi. Consigliato!
    • Royale Resin R031 – Corrected Wheels: i cerchioni delle ruote posteriori originali Hasegawa non sono corretti e, per questo, ho aggiunto alla lista anche questo accessorio della Royale Resin.
    • Leading Edge 48001 – Masking Set: nel sostanzioso set della canadese Leading Edge si possono trovare mascherine per il canopy, per le walkway e, addirittura, dei pezzi di spugna sagomati per coprire i pozzetti carrello. Purtroppo devo dire che la qualità delle “masks” adesive non è il massimo a causa del materiale con cui sono fatte: il vinile. Esso, purtroppo, rimane molto rigido e non permette alla maschera di aderire bene alle superfici. Meglio preferire le classiche Eduard in nastro Kabuki.

Finito 7

Conclusa la lunga “lista della spesa”, tutto è pronto per procedere con il montaggio del kit.

Finito 8

MONTAGGIO.

Pozzetti carrello:

Contrariamente da quello che la consuetudine vuole, i lavori non hanno avuto inizio dal cockpit bensì dai pozzetti carrello. La prima operazione ha riguardato la totale asportazione degli originali in plastica per far posto alle copie, più dettagliate, in resina.

Hornet 04

Le Wheel Bays posteriori Aires sono leggermente sotto dimensionate in lunghezza e, per allinearle al meglio, ho ricreato dei riscontri in Plasticard che ho incollato all’interno della fusoliera. Tutte le fessure sono state, poi, riempite con del Mr. Surfacer grana 500.

Hornet 08

Hornet 05

Il kit prevede due inserti che chiudono la carlinga ai lati. A questi due pezzi andrà asportato tutto l’ingombro evidenziato in giallo, e assottigliata la plastica per permettergli un corretto allineamento rispetto alla resina.

Hornet 06

Hornet 07

Il pozzetto anteriore è quello che crea maggiori problemi anche a causa della forma stretta della fusoliera che rende poco agevole l’eliminazione del dettaglio originale. Inoltre, anche in questo caso l’alloggiamento non è molto preciso in lunghezza e, per evitare fastidiosi “gap”, va posizionato con cura e solo dopo numerose prove a secco. 

Hornet 09

Hornet 14

Cockpit:

L’adattamento del cockpit Aires non presenta difficoltà insormontabili; andrà, però, ridotto lo spessore della parte inferiore della vasca per limitarne il volume e non interferire con il pozzetto carrello anteriore. Inoltre sarà necessario asportare un po’ di materiale dalle zone evidenziate in giallo onde evitare che l’abitacolo faccia troppa pressione sulle pareti laterali del kit.

Hornet 13

Hornet 12

Per ciò che riguarda la fusoliera, invece, gli interventi da eseguire sono i seguenti:

Hornet 10

Eliminazione della palpebra del cruscotto…

Hornet 15

… riduzione della plastica nei punti contrassegnati…

Hornet 16

… apertura di questi “scassi” per permettere il corretto allineamento dell’abitacolo.

La trasformazione dei pezzi in plastica per far posto a quelli in resina non è ancora conclusa. Un’altra lavorazione da eseguire riguarda la zona alle spalle del seggiolino che comprende, tra le tante cose, anche il vano avionico (in gergo chiamato “Hell’s Hole”). Il pezzo in plastica numero G4 Deve essere modificato eliminando tutta la zona indicata in giallo per far posto al pianale in resina alle spalle dell’abitacolo.

Hornet 49

Lo stesso pianale soffre dei medesimi problemi di sottodimensionamento cui ho accennato prima e, per risolverli, ho inserito un listello di Plasticard che ha funzionato da appoggio:

Hornet 31

Identico materiale è stato utilizzato (sempre in listelli sottili) per riempire le fessure ai lati:

Hornet 50

In conclusione, il “Pilot’s Office” è stato verniciato in Light Grey F.S. 36375 (Gunze H-308), ad eccezione delle consolle laterali e delle cornici degli strumenti in Nero Opaco. I dettagli sono stati evidenziati con il solito lavaggio il grigio medio ad olio e utilizzando la tecnica del “Dry Brush”.

Hornet 26

Hornet 24

Come già anticipato nella presentazione, il seggiolino SJU-5 incluso nel set della Aires è stato sostituito con un SJU-17 della Quickboost. Poiché il sedile è dedicato ai kit degli F-14D, dovrà essere leggermente rielaborato eliminando i due piccoli rostri sul poggiatesta e aggiungendo una cinghia di ritenzione delle cinture (simulata con un pezzo di nastro Tamiya). Il mio “ejection seat” è stato verniciato in Nero Opaco (la struttura), in Olive Drab Vallejo (i cuscini) e in Luftwaffe Camo Green, sempre Vallejo, le cinture di sicurezza. Altri piccoli particolari, come ad esempio delle targhette prelevate dal set di decalcomanie della Mike Grant’s Decal e la leva di espulsione, hanno completato il tutto.

Hornet 158

Hornet 159

Ali e prese d’aria:

A mio avviso gli aerei imbarcati con le estremità alari ripiegate hanno una marcia in più! Del resto, è una delle caratteristiche che li distinguono dai velivoli “terrestri”…

Hornet 17

Approfittando del bel set della JF Models, mi sono messo all’opera per adattarlo alle superfici alari originali del kit. Prendendo come riferimento le pannellature, e misurando i pezzi in resina, ho tagliato la plastica nel punto specifico utilizzando uno scriber passato ripetutamente lungo l’incisione fino al completo distacco del materiale. Con questo metodo si ottengono delle separazioni molto nette e pulite, basterà solo rifinire la sezione con della carta abrasiva.

Hornet 18

La fase più delicata del lavoro è conclusa ed ora non resta che incollare il troncone “fisso” dell’ala mediante colla ciano-acrilica. La resina è abbastanza precisa in quanto a forme e dimensioni e, fortunatamente, l’uso dello stucco per pareggiare dislivelli o fessure è ridotto al minimo.

Hornet 19

Passo ora alle prese d’aria: come detto, quelle della Rhino sono delle “seamless” e già pronte per l’uso. A causa del loro maggiore “ingombro” è necessario modificare anche la zona più interna delle ali, sagomando la plastica come indicato in foto:

Hornet 29

Hornet 30

Inoltre, alla base dei pozzetti carrello posteriori ho dato una forma “concava” in modo da creare più spazio per i condotti e di fornire loro una base:

Hornet 35

Hornet 28

Prima di procedere con l’unione della parte superiore e inferiore della fusoliera, ho approfittato sostituendo le griglie originali per lo sfiato dello strato limite con altre in fotoincisione prelevate dal set Eduard; inutile dire che fanno tutt’altra figura!

Hornet 32

Montaggio della fusoliera e del muso Wolfpack:

Dopo parecchie ore di lavoro spese nell’adattare i vari aftermarket, è giunto il momento di assemblare la fusoliera. La resina, inevitabilmente, ha apportato delle piccole modifiche alle geometrie del kit e si sono resi necessari degli aggiustamenti per far quadrare di nuovo le sagome. Parte delle colpe possono essere “addossate” ai condotti d’ingestione dello strato limite che interferiscono con l’incastro delle semi-ali. Per questo ne ho ridotto lo spessore limando la loro superficie da ambo i lati.

Hornet 33

Con questo intervento l’unione della fusoliera migliora ma, in ogni caso, ho proceduto con incollaggi multipli dalla coda fino al muso per allineare tutto al meglio.

Hornet 37

Vengo ora alla fase che mi ha creato più problemi durante tutto l’arco della costruzione, il montaggio del musetto in resina della Wolfpack Design. Come triste consuetudine della ditta coreana, i suoi pezzi sono normalmente sotto dimensionati e anche di molto. In particolare il set a mia disposizione era in deficit di almeno un millimetro per parte, davvero troppo.

Hornet 42

Fortunatamente, un “difetto” ha giocato a mio vantaggio… e vi spiego il perché. Come detto in precedenza, il pozzetto anteriore della Aires è leggermente più piccolo rispetto alla sua sede e, una volta incollato in posizione, tra la parte interna della fusoliera e il pezzo in resina si forma un’intercapedine.

Hornet 41

Proprio grazie a questo interstizio ho potuto comprimere la plastica riportando le dimensioni del troncone anteriore alle stesse (o quasi) proporzioni del musetto.

Hornet 44

Per incollare il radome al resto della fusoliera ho preferito l’epossidica della Z-Poxy. Questa colla bicomponente “tira” in meno di cinque minuti e mi ha permesso di eseguire dei piccoli (e preziosi) aggiustamenti fino a pochi secondi prima della sua completa catalizzazione.

Hornet 46

Quella che vedete era la situazione iniziale con delle importanti fessure da riempire con Plasticard:

Hornet 45

Di seguito, invece, la lavorazione pressoché ultimata. La step più tedioso è stato, senza dubbio, la reincisione delle tante pannellature andate perse a causa delle carteggiature invasive cui ho dovuto ricorrere (per eliminare gli “scalini” ho utilizzato perfino carte con grana 320). Oltretutto la resina Wolfpack non ha una qualità eccelsa e, sotto allo scriber, si sgretola facilmente rendendo i bordi dei pannelli poco precisi e puliti.

Hornet 47

Hornet 48

Con il momento più critico del montaggio oramai alle spalle, le mie attenzioni si sono rivolte alla cura di alcuni dettagli. Per iniziare, ho ricreato con nastro adesivo di alluminio due piastre di rinforzo (una per lato) in coda, all’altezza delle luci di formazione.

Hornet 53

Hornet 52

Con lo stesso materiale, e in accordo con l’ottima documentazione fornita dal volume “Uncovering the F/A-18 Hornet” della DACO, ho aggiunto altre due strisce di rinforzo anche nella zona delle prese d’aria.

Hornet 69

Hornet 68

Inoltre ho chiuso il vano aerofreno con la relativa parte mobile poiché, a terra, nessuna foto lo ritrae aperto.

Hornet 55

Flaperons:

Il “flaperon” è una superficie di controllo di un velivolo posta sul bordo di uscita delle ali che può assumere contemporaneamente le funzioni di flap e alettone. Tutti gli Hornet ne sono equipaggiati, come del resto anche la quasi totalità dei velivoli militari moderni. Il loro meccanismo è molto complesso nella realtà, figuriamoci se volessimo riprodurlo, in modo più accurato possibile, in scala!

Hornet 61

Quando i citati flaperons sono estesi, assieme alle superfici di governo si abbassa anche una flangia che copre tutti i servo meccanismi interni all’ala. Inutile dire che l’Hasegawa, scegliendo una soluzione troppo semplicistica per la scala del quarto di pollice, ha fornito questa flangia di copertura in un unico pezzo da incollare al resto dell’ala.

Dopo qualche prova a secco ho constatato che l’unione tra i due pezzi lasciava delle fessure inaccettabili e, inoltre, l’effetto finale dell’insieme non mi soddisfaceva per nulla. Quindi, per iniziare, ho deciso di ricostruire la copertura in Plasticard (come dima ho usato il pezzo fornito nella scatola) anche per ottenere uno spessore della plastica in scala:

Hornet 62

Dall’originale ho prelevato solamente la porzione più a ridosso dell’ala che, anche nella realtà, è sagomata sul lato che si ritrae all’interno dell’ala stessa.

Il sistema d’incastri progettato dai tecnici giapponesi è veramente fragile e non permette alla flangia di incollarsi saldamente; per questo motivo ho rinforzato la struttura aggiungendo dei “braccetti” ricreati dalla cornice di una vecchia fotoincisione. Pensandoci bene, quello che ho usato è un po’ lo stesso meccanismo del velivolo reale.

Ovviamente sarà necessario eliminare i perni di riscontro in plastica che sono più adatti quando si vogliono rappresentare le superfici di governo in posizione “neutra” (rarissima ipotesi nella realtà).

Hornet 60

Quello che vedete più in basso è il risultato finale. Nonostante tutte le attenzioni, le stuccature lungo la linea di giunzione sono inevitabili. A tale scopo ho utilizzato la solita colla ciano-acrilica che mi ha permesso di ricreare le pannellature su una superficie più dura e compatta.

Hornet 66

Hornet 63

Ultimi dettagli:

Con il montaggio quasi concluso, il tempo che mi separa dalla verniciatura è stato impiegato nella cura degli ultimi dettagli. Prima di incollare le derive in posizione, ho ricreato la zona di rotazione dei timoni (forniti già separati) scavando all’interno dell’impennaggio mediante una lima a sezione tonda. Successivamente ho asportato la plastica fino a ottenere la forma semi-circolare che vedete qui sotto in foto:

Hornet 76

I piloni sono stati prelevati dal set Wolfpack e, fondamentalmente, hanno come base di partenza quelli della scatola con l’aggiunta di qualche particolare. Non aderiscono bene alla superficie inferiore, per questo ho deciso di montarli e stuccarli prima di mettere mano all’aerografo.

Hornet 74

A causa del musetto in resina la palpebra del cruscotto è troppo corta e, di conseguenza, ho dovuto allungarla e sagomarla nuovamente usando del Milliput “fine”.

Il canopy presenta la solita riga centrale di stampo che ho eliminato con una limetta da unghie a quattro gradazioni. Successivamente ho dato nuova brillantezza e trasparenza al vetrino con il solito “bagno” nella cera Future. Il set della Aires dedicato al cockpit fornisce delle fotoincisioni (belle quanto complicate da montare) per dettagliare i frames interni:

Hornet 77

Hornet 78

Hornet 79

Hornet 86

Hornet 88

Hornet 98

Hornet 95

Anche l’abitacolo è stato definitivamente completato con l’aggiunta dell’Head Up Display, e ulteriormente “impreziosito” con un Dry-Brush, eseguito con un colore ad olio in grigio non troppo chiaro, su tutti i dettagli:

Hornet 90

Hornet 92

Per ultimo, ho aggiunto le belle cornici foto incise delle formations light (sul muso, sulle derive e sui fianchi della fusoliera), la griglia del sistema APU (freccia blu – prelevata dal set Eduard), i Chaff & Flare Dispenser (frecce rosse – già forniti nel kit) e ho eliminato le due bugne del vecchio sistema Radar Warning AN/ALR-67 impiegato sugli Hornet A/B (sulle versioni C/D le antenne RWR sono state spostate sulla gobba dietro al canopy).

 

Hornet 106

Hornet 105

Hornet 102

 

Verniciatura:

La fase della verniciatura è quella che necessita di molto studio ma che, alla fine del lavoro, porterà maggiori soddisfazioni. Prima di caricare l’aerografo con le tinte del TPS (Tactical Paint Scheme – la mimetica utilizzata da tutti i velivoli U.S. Navy moderni), ho passato ore nel ricercare foto di Hornet imbarcati soggetti all’usura della salsedine e del clima marino. Particolare attenzione l’ho posta a tutti i ritocchi che gli specialisti realizzano sulle cellule usando delle bombolette spray. Per simulare un invecchiamento realistico ho preso spunto anche dai DVD di Simone Fiorito, alias F12AAA. Troverete una recensione cliccando QUI. Le tecniche illustrate nei video sono utilissime ma, personalmente, le ho adattate al mio stile di verniciatura. Per questo motivo, di fatto, ho ottenuto un procedimento differente che andrò ad illustrarvi passo per passo.

Hornet 108

Hornet 109

Prima Fase – Pre Shading: dopo aver steso su tutto il modello una mano di Mr. Surfacer 1000, ho applicato il Pre Shading su tutto il modello. Colore scelto Nero Opaco Tamiya, diluizione all’80%, pressione 0,7 bar.

Hornet 111

Hornet 112

Seconda Fase – Mimetica: dopo il Pre Shading ho steso il TPS, prima sulle superfici inferiori (36375 – Gunze H-307 schiarito al 50%), poi su quelle superiori (36320 – Gunze H-308 schiarito al 50%). I colori sono stati diluiti al 90% con l’aggiunta di qualche goccia di Paint Retarder Tamiya. Importantissimo, in questa fase, avere la mano molto leggera e pressioni di esercizio basse (0,6 bar); in pratica si devono stendere dei veli di vernice in strati sottili e sovrapposti gli uni sugli altri a distanza di pochi minuti per permettere una parziale asciugatura tra i livelli.

Hornet 113

Hornet 115

Hornet 116

Terza Fase – Differenziazione Iniziale: dopo i colori di base è necessario dare la prima variazione cromatica al TPS e, a tale scopo, ho iniziato stendendo su tutto il modello uno strato delicato di German Grey Tamiya (un grigio molto scuro quindi) estremamente diluito. L’importante è ricreare un effetto randomico per simulare la prima patina di sporco sul modello. Successivamente ho ricreato una seconda variazione cromatica aggiungendo degli spot (anche questi molto casuali) in grigio più chiaro. A tale scopo ho utilizzato, sia per le superfici inferiori, sia per quelle superiori, il 36320 schiarito del 70% (pressione 0,6/0,7 bar).

Hornet 118

Hornet 119

 

Quarta Fase – Secondo Pre Shading: dopo la prima differenziazione dei toni ho applicato un secondo Pre Shading. Questa volta non è stato esteso a tutto il modello, bensì sono lungo i pannelli dove, dalle foto dei velivoli reali, sono più evidenti le riverniciature e gli effetti del weathering. In particolare mi sono concentrato sulle pannellature delle “avionic bay” in fusoliera poiché sono continuo oggetto di attenzioni da parte degli specialisti.

Hornet 122

Hornet 120

Hornet 121

Quinta Fase – Copertura Pre – Shading: successivamente ho velato il Pre Shading “fase 2” con i colori di base PURI e molto diluiti (90%). L’importante è non coprire totalmente il colore scuro di fondo, bensì lasciare intravedere un pò del nero sotto ai bordi. Con una seconda mano molto veloce, ancora più diluita e schiarita con del bianco, ho ripassato ancora le linee creando un’ulteriore variazione.

Hornet 125

Sesta Fase – Tecnica Del Sale: per applicare il sale ho bagnato la superficie del modello con acqua e un pennello a setole morbide; successivamente l’ho steso cercando di non creare una “salatura” uniforme, bensì sempre molto casuale (come fatto anche per tutti gli altri effetti applicati finora). Dopo aver atteso circa trenta minuti per permettere alle superfici di asciugarsi e ai chicchi di “aggrapparsi” a dovere, ho iniziato a stendere i colori: per prima una miscela marroncina/giallastra che ho ricreato partendo dal Gunze H-310 schiarito con del bianco e “tagliato” con qualche goccia di giallo opaco; a seguire, su tutte le superfici in 36320, il colore di base schiarito del 30%.

Hornet 127

Stesso procedimento anche per parte delle superfici inferiori più esposte agli agenti atmosferici per le fiancate della fusoliera e le derive in 36375. Anche in questo caso è importante diluire moltissimo i colori e stendere delle velature veloci ed irregolari su tutte le suddette superfici. Il sale è stato applicato anche ai piani di coda e ai serbatoi. Dopo aver atteso l’asciugatura delle vernici (almeno ventiquattro ore), ho iniziato a rimuovere i chicchi di con un vecchio spazzolino da denti. Successivamente ho lavato il modello sotto acqua corrente… OPERAZIONE, QUESTA, FONDAMENTALE! non bisogna lasciare residui sul modello altrimenti, con il tempo, questi riaffioreranno provocando il distacco degli strati di colore. Dopo il lavaggio asciugate bene il kit e provvedete ad eliminare l’umidità residua con un colpo di asciuga capelli. Mi raccomando, intensità del calore molto bassa!

Hornet 123

Hornet 124

Hornet 129

Settima Fase – Fading: come potete vedere dalle immagini, dopo il “salt weathering” l’effetto rimane molto “grezzo”. Per questo è necessario uniformare bene il tutto con nuove passate di colore di base schiarito. Ho, quindi, aerografato sulle superfici il Gunze H-307 e 308 diluitissimi e schiariti al 50% coprendo i contrasti ma lasciandone traccia al di sotto delle velature; successivamente ho spruzzato degli spot abbastanza vasti di Dark Grey e di Olive Drab Tamiya… sì, avete letto bene, Olive Drab! incredibilmente il verde lascia delle sfumature molto belle e molto realistiche, provare per credere. Ancora una volta sono intervenuto con i colori di base (questa volta ho ri-utilizzato quelli schiariti al 30%) coprendo a spot le velature in verde e grigio scuro; l’effetto finale deve assomigliare ad un puzzle irregolare di tonalità chiare e scure. Fatto ciò, ho ripassato tutte le zone dove precedentemente avevo creato dei rattoppi di vernice fresca usando, nuovamente, i colori di fondo schiariti al 50%.

Hornet 131

Hornet 130

Ottava Fase – ritocchi: l’ultima fase di questo lungo processo ha riguardato i ritocchi e la colorazione dei particolari. L’ogiva del radome è stata verniciata con l’apposito colore della Gunze: Radome H-318. Le antenne RWR sul muso, sul dorso e sulle derive, invece, sono in 36375 schiarito al 70% con del bianco.

Quelli che vedete sotto sono gli scarichi parzialmente completi. Come base ho steso lo Steel della Alclad senza primer (stesso discorso per gli anelli sulla fusoliera e la volata del cannone sul muso). Successivamente ho passato delle velature molto diluite di Pale Burnt Metal per ricreare dei leggeri riflessi dorati. Quest’ultima procedura, però, è stata eseguita solamente sui petali.

Hornet 160

 

Lavaggi e decalcomanie:

Come al solito, prima di stendere i colori ad olio per la tecnica dei “lavaggi” ho preparato il modello con tre mani leggere di trasparente lucido X-22 Tamiya. Non ho volutamente esagerato con il clear per evitare che esso coprisse tutti gli effetti conseguiti nella fase di verniciatura; inoltre volevo ottenere un delicato “filtro” che scurisse nuovamente i toni.

Hornet 135

Hornet 140

Ho scelto il solito colore tono su tono per enfatizzare le pannellature, quindi un grigio un pò più scuro di quello della mimetica. Nella zona delle gondole motore, nella parte inferiore, ho optato per il Bruno Van Dyck scurito allo scopo di riprodurre sporcizia e colature dei liquidi idraulici (in molte foto dei velivoli reali si nota una patina marroncina che ricopre gran parte delle superfici). Fatto ciò, ho passato altre tre mani di X-22 e atteso la completa asciugatura (anche in questo caso, almeno ventiquattro ore).

Hornet 139

E’ giunto il tanto atteso momento della posa decal. Nulla da eccepire sulla qualità del prodotto Afterburner; le insegne aderiscono bene e, con un minimo utilizzo dei liquidi emollienti Microscale, si conformano bene ai pannelli sottostanti.

Hornet 149

L’unica nota negativa riguarda le istruzioni: come da me sperimentato, le indicazioni sul posizionamento delle coccarde alari non sono corrette. Infatti, viene indicato di applicarle entrambe sulla semi ala ripiegabile sinistra, nello stile dei Super Hornet, ma in realtà è un’informazione errata. Ricontrollando le foto e la documentazione ho avuto conferma che gli Hornet Legacy (come sono definiti i velivoli prima dell’avvento dei Super Hornet), anche dopo le ultime riverniciature, presentano le Stelle sulla parte fissa delle ali – rispettivamente a sinistra sopra e a destra sotto.

Hornet 148

Hornet 150

Carichi esterni e di caduta:

L’Hornet è una piattaforma di lancio estremamente versatile, per questo c’è l’imbarazzo nella scelta dei carichi esterni e di caduta. Personalmente amo le configurazioni particolari, ed è per questo che ne ho scelta una totalmente asimmetrica.

Hornet 162

In particolare ho optato per una bomba a guida satellitare JDAM da 1000 libbre, una GBU-12 da 500 libbre (ad entrambi gli ordigni ho aggiunto la texture del rivestimento ignifugo picchiettando con un pennello a setole dure sul Mr. Surfacer 500 ancora fresco), un solo AIM-9X da autodifesa, un pod FLIR AN/AAS-38A, e due serbatoi supplementari (uno sul pilone centrale ed uno sul pilone interno destro). Tutti gli armamenti provengono dai Weapons Set dell’Hasegawa (set #E e #D) ad eccezione dei fuel tanks (in resina della Legend) e del FLIR (già incluso nella scatola di montaggio).

Hornet 141

 

Montaggio finale:

A questo punto, tutto è pronto per il montaggio finale. Al modello è stata applicata un’ulteriore leggera sessione di Fading per aumentare i contrasti e per desaturare le decalcomanie. Fatto questo, un’abbondante mano di trasparente opaco Gunze H-20 ha dato la finitura finale al modello.

Hornet 155

I carrelli, rifiniti a parte, sono stati completati con filamenti di stagno atti a simulare le tubazioni idrauliche che corrono lungo le gambe di forza. Le fascette di ritenuta dei condotti, invece, le ho rappresentate con delle striscioline sottili di nastro Tamiya verniciate in color Acciaio.

Hornet 161

Hornet 143

La sonda di rifornimento in resina è stata colorata in Flat Red XF-7 e, una volta in posizione, contribuisce a dare un tocco di colore ad un camouflage molto “Low Visibility”!

Finito 10

La scaletta di accesso all’abitacolo in fotoincisione della Eduard è davvero molto bella e fa un’ottima figura una volta montata. Da parte mia ho ricostruito il pistone che la fa calare dal relativo alloggiamento utilizzando una sezione di ago da siringa cui, all’interno, ho infilato un pezzo di sprue stirato a caldo.

Finito 13

Il tocco finale l’ho dato riproducendo le tante colature di grasso e liquido idraulico disseminate un po’ su tutto il modello, ma in particolare nella zona delle gondole motori. Per far ciò mi sono avvalso del Weathering Set D della Tamiya prelevando i gessetti Oil Stain e Burnt Red.

Hornet 154

Hornet 147

In conclusione, indubbiamente il kit Hasegawa dedicato all’Hornet non è un “semplice affare”. E’ ancora il migliore in commercio ma gli anni iniziano a pesare sulla qualità dei dettagli. Inevitabile, per chi come me ama il super dettaglio, rivolgersi agli aftermarket e complicarsi un po’ la vita.

 

Senza dubbio, però, la soddisfazione di poter sfoggiare un F/A-18 nella propria vetrina ripaga tutte le fatiche spese!

Per il Work In Progress completo, clicca QUI

Finito 11

Finito 1

Buon modellismo a tutti!

Valerio – Starfighter84 – D’Amadio.

Finito 15

Finito 16

Finito 12

 

‘‘Con poca prora per l’insidia vasta” – S.L.C. “Maiale” dal kit Italeri in scala 1/35.

fine

Vi è mai capitato di trovare, per caso, un negozio di modellismo, vagare tra gli scaffali senza un’idea ben definita e aspettare che un determinato soggetto faccia “scattare la scintilla”? Beh, i modelli da “colpo di fulmine” spesso si rivelano i più belli e divertenti. Forse proprio perché inattesi? Fatto è che il soggetto che vi sto per presentare mi ha fatto divertire da matti, nonostante fosse un soggetto insolito in una scala ancor più insolita.

fine2

Note storiche:
Ora più che mai è il caso di spendere qualche parolina su questo mezzo, vero pezzo di storia italiana.
L’S.L.C., acronimo che sta per “Siluro a Lenta Corsa”, fu ideato nel 1935 da Teseo Tesei – Maggiore del Genio navale e operatore della Xª flottiglia MAS. Egli stesso, pur di portare a termine una missione, si fece esplodere sotto l’obiettivo impostando la spoletta dell’ordigno su zero secondi a causa di un problema tecnico che avrebbe compromesso la riuscita dell’operazione.

fine13

L’idea del “Maiale” (com’era comunemente chiamato) deriva da un altro tipo di “siluro umano” utilizzato già nella prima guerra mondiale: la “mignatta”. Più tardi, l’introduzione di nuovi respiratori a ciclo chiuso permise di rendere sia il mezzo, sia gli operatori “sommergibili”. Il siluro fu quindi dotato di comandi, accumulatori, casse stabilizzatrici e strumenti basilari.

fine4

Gli attacchi erano portati a termine trasportando gli S.L.C. dentro appositi contenitori stagni fissati sulla coperta di un sommergibile (S.L.C. e contenitori sono esposti in ottimo stato al museo navale di Venezia). Arrivati in prossimità dell’obiettivo, gli operatori estraevano i Maiali per avvicinarsi fin sotto lo scafo del naviglio nemico a una velocità massima di tre nodi. Una volta in posizione, la testata (o, in rari casi, le testate) veniva sganciata dal Maiale e fissata sotto la chiglia, assicurandola tramite un cavo alle alette stabilizzatrici presenti sotto le navi. Fatto ciò, gli incursori avevano la possibilità di allontanarsi tornado al sommergibile impostando la spoletta, solitamente, con un ritardo di due ore. Le vittime più “famose” di questo congegno furono le navi da battaglia britanniche HMS Valiant e HMS Queen Elizabeth: immaginate l’enorme vantaggio strategico di affondare giganti del mare con solo un ordigno grande poco più di una botte e due o quattro incursori!

fine8

 

Il kit:

Il kit è l’ottimo Italeri in 1/35 e, devo dire, non mi aspettavo davvero un tale livello di precisione e accuratezza. I pezzi principali del corpo del siluro sono ottimamente scomposti per nascondere il 70% della linea di giunzione superiore. In pratica tutti i particolari sono stati riprodotti senza alcuna omissione (a parte qualcosina che poi vi mostrerò). Inoltre nella scatola è compreso un set di fotoincisioni (un po’ spesse ma domabili) e un piccolo foglio di plastica trasparente per realizzare il vetro del panello strumenti e della finestrella dello scudo. Il modello è uno dei tre principali mezzi della Xª flottiglia proposti dalla casa Modenese nella stessa scala.

fine10

Penso di poter affermare che, se il M.A.S. e il M.T.M. “Barchino” sono della stessa fattura del Maiale, potrete riempire un intero scaffale con pezzi di ottima qualità! È bene ricordare anche che la confezione contiene anche l’utilissimo ”PRM”, il Photographic Reference Manual, ossia un libricino con note storiche, foto d’epoca e walk around.

Montaggio:

Partiamo dal quadro strumenti. Esso è scomposto così: cassa in plastica, decals rappresentanti gli strumenti, vetrino da tagliare su misura e la cornice in fotoincisione.
Per dare più di spessore agli strumenti ho sagomato dei tondini di Plasticard molto sottili e del diametro giusto. Una volta fissati in posizione, ho steso prima una base di colore in grigio scuro, poi il trasparente lucido. Asciugato il tutto, ho applicato le decalcomanie sopra i suddetti tondini. Infine ho montato il vetrino e la cornice. Attenti a non incollare il vetrino con l’Attack! I fumi rilasciati durante l’asciugatura potrebbero opacizzarne la parte interna!

pannello1
Nel complesso il quadro è davvero molto realistico. Il tocco in più è dato dalla lastrina trasparente che simula perfettamente l’effetto vetro… brava Italeri!

pannello2
Il montaggio procede molto spedito con l’intero corpo siluro. Arrivati alle testate belliche, l’Italeri propone sia quella singola, sia la più rara doppia. Come potete vedere, io ho scelto la seconda opzione. Il momento più complesso del montaggio è senza dubbio il posizionamento della gabbia attorno all’elica, pezzo proposto in fotoincisione. L’Italeri ci viene incontro fornendo un “master” in plastica per dargli la giusta forma ma, vista l’elevata resistenza alle deformazioni, è meglio scaldare la fotoincisione con una fiamma e poi raffreddarla subito con acqua. Tale procedimento renderà il tutto più malleabile. Magari rimandiamo le spiegazioni del fenomeno fisico a un altro articolo…!
gabbia1

Con un po’ di pazienza, la struttura va al suo posto. Unica accortezza: fate in modo che la linea di giunzione delle due estremità della fotoincisione si trovi in un punto nascosto, come ad esempio in corrispondenza della pinna verticale inferiore.

gabbia2

 Vista l’ottima fattura del kit, gli interventi di scratch-building si sono limitati a:

  • Aggiungerei un piccolo gancio nella zona caudale.
  • Auto costruire dei cavi di comando dei timoni, realizzati intrecciando tra loro due fili elettrici delle lucine di natale.

scalette

Per il resto il modello si monta velocemente e senza particolari problemi da segnalare. Se volete rilassarvi, è proprio quello che fa per voi!

insieme

Colorazione:

Arriva il momento di prendere in mano l’aerografo!

Per prima cosa sono partito con un grigio chiaro, steso come primer per coprire, soprattutto, le fotoincisioni.
Segue la stesura del colore base: mix di Gunze H-64 (5 gocce) e Nero Opaco (2 gocce). Già questo potrebbe bastare per prendere il nostro modello e metterlo in vetrina, ma… vogliamo deliberatamente dimenticare che il nostro mezzo era un “mezzo” brutto sporco e cattivo in continuo contatto con salsedine, condizioni avverse e operatori un po’ distratti?? Certo che no!
Ho, quindi, deciso di “massacrare” questo tubo da stufa esplosivo a dovere schiarendo il colore base con qualche goccia di Bianco Opaco. I colori dovranno essere diluiti molto (non abbiate paura di esagerare, va bene anche l’80% di diluente!) e stesi con rapide passate molto veloci dall’alto verso il basso (o viceversa) lungo il corpo del siluro. Considerando la grande percentuale di diluente nella miscela, i risultati non saranno subito evidenti… quindi, andateci piano!

weathering1

weathering2

Quando la verniciatura sarà un già più “movimentata”, svuotate la coppetta dell’aerografo, riprendete il colore base e questa volta aggiungete qualche goccia di nero. Seguite, poi, lo stesso procedimento di prima. In questa fase non preoccupatevi troppo delle distanze tra le linee; l’importante è che siano tutte perpendicolari al suolo.
Le tinte che otterrete in questi passaggi potranno essere usate anche per un classico Post-Shading sulle aree più ampie e regolari, come il cassone dietro l’operatore a poppa.

Lo scopo di questi effetti d’invecchiamento è spezzare la monotonia del colore piatto e scuro dell’S.L.C per ricreare la sensazione di usura tipica di un mezzo navale. A questo, poi, si possono aggiungere diversi tipi di “illuminazione”… mi spiego meglio: guardando un qualunque oggetto monocolore difficilmente lo vedrete effettivamente…monocolore! Luci e ombre faranno percepire all’occhio diverse sfumature di una stessa tonalità. Proprio per questo, se lasciassimo il modello con il colore base ci sembrerebbe piatto e “giocattoloso”: luci e ombre non sarebbero “in scala” rispetto la realtà!

weathering3

weathering4

Una volta raggiunto un risultato soddisfacente con gli acrilici, ho lasciato riposare l’aerografo per prendere i più classici colori a olio! La stessa operazione fatta con l’aerografo l’ho ripetuta con la tecnica del Dry-Brush, usando però i suddetti pigmenti da artista a olio. Per i principianti, con “Dry-Brush” s’intende una tecnica dove si “strofina” il pennello appena sporco di vernice contro i dettagli, gli spigoli e le rientranze da mettere in risalto. Come dosare bene il colore? Semplice! Basta sporcare il pennello e poi pulirlo quasi completamente su un panno di stoffa o un pezzo di carta assorbente. Quelle poche particelle di colore rimaste basteranno allo scopo.

Usando, quindi, il Bianco d’Avorio, ho creato tante striature nel senso dell’altezza sul corpo principale del siluro cercando di simulare le tracce che l’acqua salata lascia con il tempo defluendo da una superficie. Proprio per questo mi sono concentrato in zone dove il liquido tende ad accumularsi e scorrere di più, come in corrispondenza dei ganci o delle spolette.

weatgering pt2 1

weathering pt2 2

Ho usato la stessa tecnica per mettere in risalto particolari in rilievo o spigoli (come detto prima). Il colore a olio è molto più facile da applicare rispetto agli acrilici, consiglio vivamente di provarlo.
Utilizzando un Terra di Siena Bruciata ho ricreato qualche colatura marroncina dovuta alla ruggine o, comunque, sporco in generale!

Prima di fare questo, però, consiglio di passare una mano di lucido e applicare le poche decals in modo da invecchiare anche quelle di pari passo con la vernice.

weathering pt2 3

weathering pt2 4

Avevo tralasciato una caratteristica di questo kit: tra le stampate troverete anche due figurini!
Vista la mia scarsa conoscenza di questa branca modellistica, tralascerò commenti e descrizioni. Se avessi avuto più tempo, mi sarebbe piaciuto studiare le tecniche per rendere al meglio l’incarnato e le pieghe dei tessuti. Alla fine, però, un  po’ per pigrizia, un po’ per paura, mi sono limitato a pitturare il figurino con la maschera in modo da limitare i danni! Per la tecnica pittorica, alla fine non ho fatto altro che applicare le medesime tecniche con i colori a olio utilizzate sul modello: Dry-Brush sui particolari in rilievo e sulle zone più colpite dalla luce.

figurino

Fatto tutto questo, non rimane che sigillare siluro e figurini con una mano di trasparente opaco Gunze, metterlo al sicuro in vetrina e contemplarlo. Il percorso naturale di ogni modello, no??

Come al solito è d’obbligo un ringraziamento alla community del forum di MT, sempre di grande aiuto e pronta a consigliare al meglio!

fine4

Saluti e… buon modellismo!

fine5

Leonardo “thunderjet” F.

fine6

fine7

CH-47 C “Chinook” Italian Army – dal kit Italeri in scala 1/48.

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

Il CH-47 “Chinook” è senza dubbio uno degli elicotteri da trasporto più famosi al mondo. Facilmente riconoscibile per la sua caratteristica configurazione a due rotori e dalla forma della fusoliera, che poco ricorda le classiche linee dei suoi colleghi minori, fu sviluppato dal 1956 come versione ingrandita del CH-46 “Sea Knight”. Compì il suo primo volo nel settembre 1961 e l’anno successivo ebbe il vero e proprio battesimo in un conflitto bellico: la guerra del Vietnam.Nel corso degli anni il progetto iniziale ha subito continui aggiornamenti, fino ad arrivare nella più moderna versione F.

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

Questo velivolo è utilizzato da molti paesi, soprattutto per trasporto truppe o spostamenti logistici in conflitti bellici; oltre al massimo utilizzatore, l’U.S. Army, è ampliamente impiegato da molteplici paesi europei, tra cui Regno Unito, Spagna, Grecia, Olanda e, appunto, Italia.

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

Proprio il nostro paese alla fine degli anni ’70 ordinò trentotto CH-47C, che nel 1987 subirono un aggiornamento per aumentarne il peso al decollo e aggiornare le pale dei rotori (montandone in fibra di vetro, molto più resistenti e in linea con gli standard moderni); anche le turbine furono sostituite con le più potenti Lycoming t55-l-712e.

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

Nel 1989 alla flotta si aggiunsero altri quattordici esemplari equipaggiati per compiere missioni di soccorso per la protezione civile e provvisti, rispetto ai più vecchi, di verricello di carico in corrispondenza del portellone laterale. Con gli anni molti di questi elicotteri, per mancanza di fondi o semplicemente perché troppo vecchi, sono stati pian piano messi fuori servizio o utilizzati come parti di ricambio per i restanti ancora operativi.

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

L’esemplare che ho deciso di riprodurre, l’M.M.80824, era di base sull’aeroporto di Viterbo e inquadrato nel 1° Reggimento Antares. Nel 2005 fu rischierato in Afghanistan nell’ambito dell’ISAF e, in quell’occasione fu rimossa la classica mimetica a due toni Standard NATO e completamente riverniciato in verde oliva.

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

Nel 2009, dopo essere rientrato in Italia, fu ripristinato il vecchio schema a due toni di grigio e verde per essere reinserito io servizio attivo per altri due anni, prima di essere radiato. Il “Progetto Chinook” per l’Italia prevede che i mezzi che sono stati messi fuori servizio, saranno sostituiti nei prossimi anni con i più moderni CH-47F.

Il modello:

CH47 Chinook Italeri 1/48

Per realizzare uno Chinook nella scala del quarto di pollice la scelta può ricadere solamente sul kit della nostrana Italeri, recentemente commercializzato anche dalla Revell. La scatola utilizzata è la 2672, che oltre l’esemplare da me scelto, permette di realizzare anche la più moderna versione D con un bell’elicottero olandese o spagnola. In alternativa si potrà optare anche per un C dell’U.S. Army. L’Italeri in concomitanza con il rilascio del kit in plastica, ha realizzato anche un set di dettaglio completo di fotoincisioni e parti in resina che danno quel tocco in più di realismo a uno stampo che è già completo di suo. Per avere maggiori informazioni, v’invito a leggere la recensione già pubblicata sulle pagine di questo sito cliccando QUI. Non sono un estimatore degli aftermarket, perciò ho deciso di fare a meno del kit di dettaglio sopra citato. Questa volta, però, mi sono pentito della scelta fatta e col senno di poi posso dire che le fotoincisioni contenute nel set della ditta di Calderara di Reno sono indispensabili soprattutto per ciò che riguarda le tante griglie Anti-FOD che circondano la zona delle turbine.

CH47 Chinook Italeri 1/48

Aprendo la scatola ci si ritrova davanti cinque grandi stampate e la prima cosa che è evidente, oltre al meraviglioso dettaglio generale, sono le dimensioni delle fusoliere; una volta ultimato il modello raggiunge la ragguardevole dimensione di 45 cm, rotori compresi. Un piccolo appunto, se proprio si vuole trovare un difetto, si può fare alle pannellature un po’ troppo larghe e profonde. Questa caratteristica può tornare utile in fase di montaggio, dopo la stuccatura e carteggiatura: il rischio di rovinare o coprire il dettaglio di superficie è, in pratica, pari allo zero!

CH47 Chinook Italeri 1/48

Il montaggio:

Solitamente il montaggio parte dal cockpit. In questo caso i lavori hanno avuto inizio dalla grande stiva di carico interna che è costituita da una struttura a semi-guscio che andrà, in seguito, inserita all’interno della fusoliera. Le pareti interne hanno un buon dettaglio generale con il rivestimento fonoassorbente ben riprodotto e che ben si presta ai lavaggi finali con colore a olio diluito. Lo stesso non si può dire delle centinature interne che ho deciso di ricostruire con listelli di Evergreen della stessa larghezza di quelli originali.

CH 47 CHINOOK ITALERI 1/48

Nella zona in prossimità del portellone do carico, quella più in vista una volta finito il modello, ho deciso di aggiungere qualche tubazione idraulica e dei “pannelli comandi”; non sono riuscito a dare quel senso di “affollamento” del velivolo reale, ma così è decisamente meglio di prima.

CH 47 CHINOOK ITALERI 1/48

Un piccolo lavoro di scratchbuilt l’ho dedicato anche al corridoio che collega il cockpit alla stiva: anche qui dei listelli di Plasticard mi hanno aiutato!

CH47 CHINOOK ITALERI 1/48

Siamo giunti al momento dei primi colori! Il pavimento ha ricevuto una base di Tamiya XF-19 Sky Grey, mentre le zone più scure (dopo ore di mascheratura) le ho realizzate con il Tamiya XF-24 Dark Grey; quest’ultimo l’ho steso con velature leggere per ricreare quell’effetto consumato tipico dei velivoli da carico. Per finire, ho verniciato i vari stencil in giallo presenti a terra, e ho eseguito dei lavaggi in Nero d’Avorio e Bruno Van Dick mixati al 50% – 50%.

CH47 CHINOOK ITALERI 1/48

Stesso discorso per le paratie laterali e il cielo della cabina: base in XF-19 Sky Grey Tamiya, pre shading per evidenziare le strutture interne con XF-24 Dark Grey Tamiya e successive velate di XF-19 Sky Grey; washing effettuati con Nero D’ avorio a olio molto diluito e strutture interne evidenziate con Light Grey Vallejo a pennello con la tecnica del Dry-Brush.

CH47 CHINOOK ITALERI 1/48

Per la zona in Zinc Chromate ho realizzato il colore con un mix di XF-1 Flat Black Tamiya e XF-3 Flat Yellow Tamiya con un rapporto di 1:3 gocce.

CH47 C CHINOOK ITALERI 1/48

Messi, momentaneamente, da part gli interni, le mie attenzioni si sono rivolte al montaggio dei trentadue seggiolini per il trasporto delle truppe. Come dettaglio non sono il massimo del realismo, ma per quanto si potranno poi vedere una volta chiuse le semi-fusoliere, secondo me svolgono bene il loro compito! In questo caso, per chi è appassionato di fotoincisioni, l’Eduard fornisce un bellissimo set (Eduard – Nr. 49422) completo di panche e cinture separate tra loro.

CH47 CHINOOK ITALERI 1/48

Per il colore di questi ultimi ho usato come base il Tamiya XF-7, schiarito con qualche goccia di XF-2 Flat White. Per le cinghie, invece, marrone chiaro Citadel.

 

CH47 CHINOOK ITALERI 1/48

Il cockpit, rispetto alla qualità generale del modello, è forse la zona più semplificata. I seggiolini sono sprovvisti di cinture e il pannello strumenti può essere riprodotto solamente con l’uso di una decals. Anche in questo caso nonostante le tante superfici vetrate, l’abitacolo rimane molto nascosto.

CH 47 CHINOOK ITALERI 1/48

 

Ora passiamo alla fase che mi ha preso più tempo in assoluto, il montaggio.

CH47 C CHINOOK ITALERI 1/48

una volta chiuse le fusoliere esterne, che combaciano molto bene con i gusci interni, si presentano subito i primi problemi concentrati soprattutto nella zona superiore; in questo punto, difatti, si viene a creare una fessura di 1 mm.

CH47 CHINOOK ITALERI 1/48

Stessa situazione in coda, dove la parte terminale è leggermente sottodimensionata; problema facilmente risolvibile inserendo degli spessori di Plasticard al suo interno.

CH 47 CHINOOK ITALERI 1/48

La fase di stuccatura è stata più dura del previsto, soprattutto sotto la “pancia”, dove a causa della scomposizione abbastanza complicata dello stampo si creano una miriade di fessure tra le parti.

CH 47C CHINOOK ITALERI 1/48

Le gondole motori non presentano grossi problemi d’incastri, ma per un allineamento più preciso è meglio tagliare i perni di riscontro. Una volta rimossi, può sembrare strano, ma si risparmierà parecchio tempo in termini di stuccature e prove a secco.

CH47 CHINOOK ITALERI 1/48

Le griglie di aerazione le ho riprodotte con una retina di tulle prelevata da una bomboniera. Le due turbine entrano senza particolari problemi nelle loro sedi – anche qui, però, l’uso stucco è d’obbligo.

CH 47 CHINOOK ITALERI 1/48

La colorazione:

Finalmente si giunge alla fase che ogni modellista ama di più, la colorazione! Per prima cosa ho dato una base di XF-2 Flat Black ai montanti del parabrezza, sfruttando la trasparenza del vetrino per realizzare anche il colore nero dei frames interni.

CH47c CHINOOK ITALERI  1/48

In seguito ho steso su tutto il modello una base grigia, in questo caso il Gunze H-306 schiarito con del bianco opaco, sfruttando questo passaggio per evidenziare eventuali errori di montaggio.

CH47 CHINOOK ITALERI 1/48

Il passaggio successivo è stato il Pre – Shading, effettuato con Nato Black Tamiya. Devo ammettere che questo tipo di effetto mi piace molto, anche se come in questo caso, i passaggi successivi sulla colorazione l’hanno attenuato quasi del tutto.

CH47 CHINOOK ITALERI 1/48

Completati base e Pre – Shading si passa al primo vero tono della mimetica, il Gunze H-69 Dark Grey.

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

A questa tinta ho aggiunto, però, qualche goccia di XF-82 Ocean Grey 2 Tamiya; dalle foto reperite in rete, questo colore tende a una tonalità azzurra.

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

Per il verde ho utilizzato il Gunze H-330 Dark Green, cui ho aggiunto 2-3 gocce di Tamiya XF-58 Olive Green per renderlo leggermente più acceso. Per lo stacco tra i due toni della mimetica mi sono avvalso dell’ormai fidato Patafix.

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

La fase meno rilassante di tutto il progetto è stata la riproduzione delle scritte “Esercito” e i vari stencil gialli presenti in fusoliera, ma assenti nel foglio decals fornito nella scatola di montaggio.

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

Conclusa la verniciatura iniziale, ho iniziato ad applicare i primi effetti di usura alla livrea con del Post – Shading. A tale scopo ho usato i colori di base schiariti con l’XF-2 Flat White Tamiya e li ho stesi (molto diluiti) al centro dei pannelli con spot irregolari. Poi ho cercato di evidenziare le varie linee di pannellature con una profilatura eseguita con le solite vernici di base, ma scurite con Nato Black Tamiya e diluite all’80%. Già dopo questi primi passaggi la colorazione ha acquistato molto più volume.

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

Le superfici inferiori del modello le ho verniciate il Mitril Silver della Citadel diluito con alcool isopropilico al 70%.

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

Nel foglio decals fornito nel kit sono presenti anche le Walkways, che sui CH-47 coprono la fusoliera per quasi la totalità della sua lunghezza. Data l’estensione delle decalcomanie, ho deciso di riprodurre anche i camminamenti tramite mascherature: il colore usato, in questo caso, è l’XF-24 scurito con qualche goccia di XF-1 Flat Black, in rapporto 3:1. Le linee nere di demarcazione con XF-1 Flat Black.

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

Come già detto qualche riga sopra, l’esemplare che ho scelto per la mia riproduzione in scala non è tra quelli presenti nelle decalcomanie fornite dall’Italeri. In realtà, però, con un’attenta scelta delle insegne da utilizzare, e l’aggiunta della scritta “Esercito” (dipinta tramite mascheratura), è possibile optare anche per elicotteri con configurazioni più recenti e ancora in carico all’AVES (Aviazione Leggera Esercito). Per capire quali decal utilizzare e quali tralasciare ho ricevuto un valido aiuto nel forum di Modeling Time, e in particolare da Davide “Davmarx” che ringrazio pubblicamente!

CH47c CHINOOK ITALERI 1/48

Tornando al lato prato, prima di tutto ho preparato la superficie del modello con il classico Lucido X-22 Tamiya. Poi ho applicato i tantissimi stencil e, purtroppo, si sa… più una decals è piccola è più il rischio di silvering è dietro l’angolo. Purtroppo in più punti l’inconveniente si è puntualmente presentato e ho cercato di attenuarlo desaturando le tante scritte di servizio con i colori di base diluiti al 90%.

CH47 CHINOOK ITALERI 1/48

Per i lavaggi ho optato, all’inizio, per il Bruno Van Dick puro e diluito con acquaragia; l’effetto ottenuto sulle pannellature era troppo in contrasto con il resto della mimetica (anche a causa dell’eccessiva profondità e larghezza delle incisioni), per cui ho ripassato tutte le superfici con il grigio di base molto diluito lungo tutte le linee di pannellatura.

CH47 CHINOOK ITALERI 1/48

CH47 CHINOOK ITALERI 1/48

Montaggio finale:

CH47 CHINOOK ITALERI 1/48

Tutto è pronto per aggiungere gli ultimi particolari: gli pneumatici dei carrelli sono stati dipinti con una base di XF-85 Rubber Black Tamiya, mentre i cerchioni in alluminio Vallejo. Allo scopo di ricreare un minimo di sporco ho utilizzato per la prima volta anche i pigmenti dell’AK costatando una resa molto realistica.

CH 47 CHINOOK ITALERI 1/48

Una successiva mano di trasparente opaco, Tamiya XF-86, su tutto il modello ha anche assunto il compito di amalgamare al meglio i vari effetti e colori. Per aumentare ancor di più il weathering, ho preferito applicare nuovamente una sessione di Post – Shading solo su alcuni pannelli.

Per ultima, ma non meno importante, ho ricreato il filo dell’antenna presente sulla fusoliera: nel mio caso rispetto al classico sprue tirato a caldo, ho preferito il filo da pesca… più flessibile e facile da curvare.

A questo punto non resta che completare il tutto con i rotori verniciati in XF-1 Tamiya Flat Black e completati con un leggero Dry Brush in alluminio Vallejo sul bordo d’attacco delle pale.
Giunge, così, la conclusione del mio CH-47 nella scala del quarto di pollice. Spero di essere stato quanto più esaustivo possibile e non avervi annoiato troppo! Per il Work In Progress completo potete dare un’occhiata QUI! (LINK WIP)

grazie e Buon modellismo a tutti.

Mattia-eurofighter Longo.

The Battle for Britain – Bf.109 E-3 dal kit Eduard in scala 1/48.

2

fine4

Approfittando del Group Build dedicato alle Forze Armate Tedesche partito sul forum di Modeling Time, ho finalmente deciso di mettere mano ad un grande classico che non può mancare nella vetrina di nessun collezionista: un Bf.109 E .Nonostante sia ormai stato riprodotto migliaia di volte in tutte le salse, la linea snella ed aggressiva del capolavoro di willy Messerschmitt non stanca mai!

fine2

fine3

Come kit,ho deciso di utilizzare il fantastico 109 E-3 della Eduard in versione “profipack”, ossia completo al di mascherine pretagliate per i vetrini e fotoincisioni varie. Ma il vero motivo che mi ha spinto a questa scelta è  stata la possibilità di lasciare il motore Daimler Benz in bella vista… come non approfittarne?

fine13

Montaggio:

Provenendo dalla scala 1/72, quando inizio un modello sono solito staccare dalle stampe i pezzi per il cockpit e perdere parecchie ore a dettagliarle aggiungendo i particolari mancanti. Con questo stampo, però, ho dovuto rivedere i miei piani: l’abitacolo è talmente fatto bene che c’è davvero poco da aggiungere! Mi sono divertito auto costruendo qualche cavetto che, alla fine, neanche si vedrà più di tanto… per il resto va già più che bene da scatola.

pit1

pit2

Su tutto l’abitacolo ho steso una prima mano di grigio RLM 02 (Gunze H-70) su cui, poi, sono intervenuto con un leggero post shading (schiarendo con del bianco il colore di base) allo scopo di dare maggiore profondità ad una zona che altrimenti rimarrebbe troppo “buia” all’interno delle fusoliere.

pit3

Per le cinture ed il pannello ho utilizzato le fotoincisioni fornite nel kit: mentre le prime si sono rivelate ottime, le secondo ,essendo pre-colorate, non davano il giusto grado di realismo. Per rimediare, ho provato a ricolorare il cruscotto (la faccia senza le lancette degli strumenti che vanno incollate sotto), eseguendo un attento dry brush per tentare di mettere in risalto i piccoli rilievi presenti sulla superficie stampata. Nonostante gli interventi di lumeggiatura, il pannello non ha purtroppo assunto la profondità che speravo ma, dato che il pezzo in plastica era molto peggio, mi sono dovuto accontentare.

pit4

pannello

Motore:

Deluso per la mancata possibilità di cimentarmi con un po’ di scratch-building nel pit (come chiamano il “cockpit” i colleghi americani!) , ho iniziato a montare il propulsore. La Eduard lo fornisce in plastica e, pur essedo già abbastanza dettagliato, il materiale con di cui è fatto non permette di stampare dettagli piccoli e complicati. In questa fase della lavorazione la mia voglia di auto-costruzione è stata soddisfatta: basandomi sulle foto del DB-601 reale, ho aggiunto i cavi mancanti utilizzando filo di stagno da 0,2 della Plusmodel, o filo di rame delle dimensioni adatte. Stesso dicasi per il castello motore e la paratia para fiamma.

motore 1

motore2

motore 3

motore 5

ensamble

Mitragliatrici:

Nonostante le MG-17 del kit fossero già soddisfacenti ,ho deciso di sostituire le canne con quelle della Master in ottone tornito. Ad un prezzo modico e con un piccolo intervento, esse elevano di molto la qualità generale del modello. Vi lascio una foto per il confronto visivo:

Master

master2

Vano radio:

A questo punto rimaneva solo da unire tutte le parti e passare all’aerografo. Ma come, di già??!

Tanto per perdere tempo e “sprecare” un po’ di plastica ho deciso di aprire il portello del vano radio e ricostruire tutto quello che era al suo interno. Con a disposizione del plastirod della Evergreen della giusta forma, il lavoro è stato meno complicato di quello che può sembrare :

evergreen

radio1

radio2

Più difficile è stata la ricostruzione del telaio interno alla fusoliera (verniciata anch’essa in RLM02) si avvitava il pannello del vano stesso: dargli la giusta forma ad “esagono” irregolare ha portato via parecchio del mio tempo. Dopo vari tentativi, facendo tutto ad occhio, sono comunque arrivato ad un buon compromesso.

radio3

radio4

Assemblaggio:

Per ciò che riguarda l’assemblaggio, posso affermare che la esperienza con un kit Eduard è stata più che positiva. Gli incastri praticamente perfetti hanno reso l’uso dello stucco quasi inutile. Piccolo suggerimento per chi intraprende la costruzione di un Bf.109: la linea di giunzione tra i due gusci delle fusoliere, quella che va da dietro il canopy fino alla coda ,non va eliminata del tutto! In realtà lì corre una pannellatura che spesso nei disegni tecnici è confusa con il filo dell’antenna; la stessa pannellatura si trova anche nella parte inferiore.

pronto

Quali colori usare?

Se avete un aerografo (difficile fare questa mimetica senza) i colori più semplici da usare sono gli acrilici Gunze, facilmente diluibili anche con alcool rosa. I colori consigliati dalle istruzioni della ditta ceca (H-417, H-70, H-64 e H-65) vanno benissimo.

C’è da dire che, su questo modello, ho utilizzato l’RLM-70 della Italeri che differisce dai Gunze in quanto vinilico a base acquosa. Gestirlo ad aerografo è molto più complesso, tant’è che non saprei darvi un rapporto di diluizione preciso, né consigliarvi un diluente specifico. Gli Italeri sono colori appena usciti sul mercato e necessitano ancora di molte prove

Colorazione e decal:

Avrete sicuramente notato che l’andamento della mimetica è lontano dal classico schema mimetico Luftwaffe utilizzato durante la Battaglia d’Inghilterra. Anche in questo caso mi sembra giusto spendere qualche parolina riguardo la colorazione: nata come un classico Splinter in RLM 70-71 sulle superfici superiori e RLM 65 su quelle inferiori, come su molti altri Bf.109 il colore più chiaro della “pancia” era stato prolungato lungo i bordi della fusoliera fino all’altezza del cockpit.

splinter

splinter 2

L’esemplare da me scelto, il Giallo 1 utilizzato da Josef Priller, ha però subito ulteriori modifiche: i fianchi della fusoliera erano stati ulteriormente coperti con macchie di RLM 71 molto fitte e sfumate, mentre sulle ali e lungo i piani di coda orizzontali troviamo macchie molto estese e altrettanto sfumate di RLM 02.

Vista così sembra un gran bel pastrocchio! La cosa più difficile infatti ,non è stato tanto rifare le varie macchie, ma amalgamarle bene con tutto il contesto. Per praticità consiglio di partire percorrendo, in pratica, la vera storia dell’aereo iniziando dallo schema Splinter originale molto più facile da riprodurre grazie ai bordi netti di ogni colore.

preshading

panza

Fatto questo, potrete scegliere due modi di proseguire:

  1. Stendete il lucido, applicate le decals e poi le successive macchie. Questo sarebbe il metodo più rispondente alla realta poiché, di fatto, l’aereo fu riverniciato mentre aveva ancora tutte le insegne di nazionalità e di reparto. Per seguire questa strada è necessariauna grande padronanza dell’aerografo per fare in modo di non coprire gli stemmi, ma verniciare solo le zone limitrofe.
  2. Creare le macchie, passare il lucido e solo dopo applicare le decals (che poi è il metodo da me seguito). Bisogna solo aver cura di lasciare un minimo di spazio per le decals, provando a fare in modo che poi queste non vadano a sovrapporsi alle macchie.

Visti i contorni sfumati e irregolari, la verniciatura è stata eseguita a mano libera con il colore ben diluito per controllare meglio le sfumature. Come ho già detto qualche riga sopra, dipinto il modello si lucida per bene le sue superfici con più passate di trasparente Tamiya X-22 .Questo serve, come sempre, ad evitare l’effetto “silvering” delle decals e favorirne il posizionamento.

camo

camo2

Il kit sorprende anche per la qualità delle decalcomanie: incredibilmente resistenti ,sottili e aderenti a qualsiasi curva o rigonfiamento .Tali caratteristiche hanno addirittura reso superfluo l’uso dell’ammorbidente specifico.

Una mano di opaco Gunze H-20 ha sigillato il tutto. Per completare l’opera ho incollato quelle parti che sono state colorate separatamente: elica, carrelli, canopy e filo dell’antenna; quest’ultimo è stato ricavato scaldando e tirando dello sprue già di colore nero .

elica

Bene, se siete arrivati a leggere fino a questo punto significa che non vi ho annoiato troppo… non posso che esserne felice! La smetto quindi con le chiacchere e vi lascio qualche foto.

fine 6

Per maggiori info, vi rimando al relativo Work in Progress sul forum di Modeling Time dove, eventualmente, potrete chiedere ulteriori chiarimenti. Infine, un doveroso ringraziamento a tutti i membri della community che hanno seguito lo sviluppo del modello e mi hanno consigliato sempre al meglio. Gazie ragazzi!

fine 5

 

Buon modellismo a tutti!
Leonardo ‘thunderjet’ F.

fine 7

fine 8

fine 9

fine 10

fine 11

fine 15

A volte ritornano… – Lockheed F-104 G dal kit Italeri in scala 1/72.

4

IMG_1696

PREMESSA: “A volte ritornano”.

Come direbbero le più  blasonate riviste modellistiche??? “….Il soggetto è troppo arcinoto per cui sorvoliamo sulla storia e descrizione del mezzo…..”, ed in effetti, per chi ci ha volato sopra o se l’è visto (e sentito soprattutto) sfrecciare sulla testa per più di 40 anni potrebbe anche essere così. In realtà lo “spillone” continua a fornire interessanti spunti di ricerca storica ogni qual volta il modellista si appresti al montaggio di uno Starfighter. E’ innegabile, per noi italiani il ‘104 è un po’ come la mamma, la sorella o la squadra del cuore…guai a chi ce lo tocca!!!

IMG_1693

IMG_1700

Per carità poi si sbaglia, ma sarà sempre e comunque fatto in buona fede oppure perché si è convinti di essere nel giusto!!! Se poi ci si accorge dell’errore macroscopico, com’è che si dice???? Quando la moglie ti scopre nel letto con l’amante negare sempre!!! Detto questo, visto che siete ancora qua a leggere e visto che il soggetto è troppo arcinoto, direi invece di raccontarvi qualcosa sul kit Italeri! I modellisti che sono sulla quarantina ne riconosceranno sicuramente lo stampo di provenienza della ESCI. Quando uscì negli anni ’80 era sicuramente il miglior kit di F-104 in questa scala, ed anzi, qualcuno (ebbene si lo ammetto sono io!) afferma che, come linee generali, è  tutt’oggi ancora il più fedele. Il dettaglio generale (pannellature, interni, particolari) è però chiaramente molto più povero rispetto ai concorrenti Revell ed Hasegawa.

IMG_1654

Di contro, però, direi che: la dotazione armi/serbatoi è completa (vengono forniti 4 serbatoi, un pod esercitazioni ventrale, due AIM-9 Sidewinder), il foglio decals Italeri è molto bello come scelte ed inoltre viene fornito un bel pod Orpheus per una possibile configurazione della versione “G” in Recce” (quindi non un RF si badi bene!). Inoltre nelle stampate sono previsti (oltre a due tipi di seggiolini) anche tutti i piloni di carico subalari, rotaie missili, e strakes ventrali aggiuntivi, cosa che faciliterà la possibilità di trasformare (con le dovute modifiche mi raccomando) il nostro “G” in un bel “S” o “ASA” procurandosi  AIM-7 (o Aspide) e AIM-9 L  per una bella configurazione “ready in 5’ ”. Il mio soggetto è stato completato per onorare un Group Build dedicato ai velivoli (e mezzi) che abbiano inalberato le insegne tedesche fino ad oggi (intesi anche come ex DDR, Ex RFT) partito sul Forum di “Modeling Time”. Quindi il tema e le possibilità di rappresentazione erano veramente vastissime. Avendo sotto mano questo “kittino” mi son chiesto: visto che ho un po’ più di esperienza sulle spalle (da teenager ne ho montati un paio) cosa se ne potrebbe tirare fuori lavorandoci un po’ su?

Montaggio:

Per prima cosa ho provveduto, con molta cautela, a tagliare il tettuccio (fornito in un unico pezzo) in tre parti distinte come l’originale. Poi un momento di raptus  mi ha preso ed ho tagliato via alcuni vani dell’avionica, il vano inferiore di ispezione motore ed i flaps. L’idea era di ricostruire alcuni particolari interni mediante “scratch” e particolari fotoincisi. Le parti in “scratch” sono il vano e componenti dei circuit breakers, il vano turbinetta RAT in fusoliera, il portello del vano ispezione motore ed il ribaltabile dell’avionic bay.

IMG_1670

Avendo aperto il vano ispezione motore stavo dunque per accingermi ad autocostruire un pezzo del motore J-79 da inserire in fusoliera quando ecco che mi appare in aiuto l’amico Jacopo, vera colonna portante del forum Modeling Time che mi dice: “fermati… nel sacro nome di Verlinden e della sua resina….ci penso io!!!” In un paio di giorni ecco arrivare a casa mia un sacchetto pieno di pezzi in resina (tra cui, appunto, un pezzo di motore) e fotoincisioni. Grazie Jacopo che Dio ti benedica!!!

IMG_1668

A questo punto ho inserito il motore in resina nella fusoliera, ricostruito il pannello elettrico presente in fusoliera, migliorato il cockpit e le “scatole nere” posteriori mediante l’aggiunta di particolari in fotoincisione. Ho avuto come l’impressione che un seggiolino aftermaket in resina non sarebbe mai entrato nel cockpit senza essere pesantemente modificato ed adattato, quindi, ho deciso di modificare e migliorare quello del kit (con cinghie e levette varie). Altro miglioramento auspicabile è quello dei carrelli, specie quello principale, visto che quelli del kit mancano di molti particolari quali aste di rimando, ganci, faretti. Per il resto una volta fatte (se vogliamo) le nostre migliorie (sono andato un po’ a rilento ma il particolare che mi ha fatto perdere molto molto tempo è stato la ricostruzione del vano ribaltabile posto dietro il cockpit) il kit si monta velocemente.

Colorazione:

La colorazione è la classica “Norm72” cioè a splinter grigio/verde superiormente ed alluminio per le superfici ventrali. Dopo un paio di prove e valutazioni ho usato i seguenti colori Tamiya:

  •  Tamiya XF-66 grigio F.S.36132;
  •  Tamiya XF-13 verde oliva F.S.34079
  •  Tamiya XF-19+bianco per simulare l’alluminio (che poi sembra un grigio in effetti).

Tutto ciò è  la base di partenza perché poi al solito ho provveduto ad “effettare” le vernici per movimentare po’ il risultato finale (a proposito, se fate un esemplare tedesco con questa colorazione lasciate perdere lo schema proposto dalle istruzioni Italeri in quanto lacunoso ed impreciso). Quindi ho fatto un robusto preshading in nero (tanto la mimetica è scura) su una base di primer bianco opaco Tamiya.

IMG_1671

Poi ho dato il grigio XF66 sul quale ho poi effettuato un ulteriore postshading per schiarire i pannelli centrali e lumeggiare le parti più esposte alla luce. Si procede poi alla mascheratura per le macchie verdi (XF13) ed al successivo postshading (uso il giallo per schiarire il verde).

IMG_1674

L’effetto iniziale è pesante come vedete in foto ma tanto la Future rimetterà tutto in riga successivamente. Poi si passa alla mascheratura per dare il grigio ventrale. Detto fatto direte???? Non proprio, sembra facile ma, in realtà, il procedimento diventa lungo specie se qualche mascheratura cede un po’ facendoci perdere la linearità delle macchie di tale schema mimetico così particolare.

IMG_1675

Se poi è andato tutto bene si maschera e si procede alla verniciatura del radome che negli esemplari tedeschi è bianco, ma non un bianco latte come quello dei ‘104 italiani, bensì un pò meno brillante, quindi aggiungete una goccia di grigio (in pratica un Off White tipo F.S.36622). Poi si passa alla verniciatura del pannello antiriflesso (anche qui valutate bene la documentazione perché si passa dal grigio scuro al verde scuro a seconda del velivolo). Una passata finale di trasparente lucido sigillerà il tutto ed attenuerà gli effetti speciali troppo marcati.

IMG_1689

Si passa alle decals. Io ho usato un mix di decals avanzate da vari kit (ESCI, Italeri, Revell) combinandole tra loro ed ottenendo quindi un F104G del JG 74 “Moelders”, codice individuale 25+97, basato a Neuburg (ex RFT) alla fine anni ’70. Ammetto di non essere riuscito a scontornare bene alcune delle decals quindi ho pagato un minimo sindacale di silvering che impietoso appare sulle foto ravvicinate!!! Ovviamente ho dato una mano di grigio diluitissimo per desaturare e spegnere la brillantezza delle decals. Incollo gli ultimi pezzi ed il lavoro è concluso!

IMG_1695

Basetta:

E ora vogliamo lasciare tutto solo il nostro ‘104????? Giammai!!!!


IMG_1723

Una basettina minimale si impone, ed anche un figurino (mi piace dare riferimenti dimensionali a chi guarda). Non mi andava di mettere il solito specialista o pilotino solitario questa volta.

IMG_1702

Frugando tra i miei avanzi all’inizio ho trovato un bel …… cane, pastore tedesco ovviamente (provenienza “Airfix NATO Ground crew”), poi però ho trovato anche un fante inglese moderno in tenuta anti NBC. Inglese appunto che disdetta!!!! Ma no, a pensarci bene la ex RFT a quei tempi era disseminata di basi RAF Germany dunque perché non immaginare il velivolo fermo in una di quelle basi per una sosta tecnica o esercitazioni con a guardia un soldato inglese?????

IMG_1698

Come base per la pista uso carta abrasiva 500, incollata su una basetta di legno e verniciata ad aerografo, su cui delimito qualche striscia di colore giallo e simulo un po’ di sporco.

Ringrazio gli insostituibili amici del Forum Modeling Time e tra tutti, soprattutto, Jacopo!

IMG_1705

Saluti.

Massimo Maria “Pitchup” De Luca.

IMG_1709

Accessories Review – MD3 Aircraft Generator by Videoaviation.com

recensione-1

E’ con piacere che torno a parlare degli accessori prodotti dalla Videaviation.com. Dopo aver recensito il trattore aeronautico Clark (cliccate QUI per leggere l’articolo), questa volta sotto la mia “lente d’ingrandimento” è finito l’Aircraft Generator MD3. Largamente utilizzato dall’USAF, e non solo, l’MD3 è stato in uso dagli inizi degli anni ’60 fino alla fine degli anni ’70, ma alcuni esemplari furono ritirati dal servizio svariati anni dopo. Costruito dalla Consolidated Diesel Electric Company, il generatore era capace di erogare corrente a 28 Volt (1000 Ampere) grazie ad un motore diesel da 6 cilindri della Continental. L’MD3 ha fornito energia ai più famosi velivoli da combattimento del periodo, tra cui vale la pena ricordare il Sabre, il T-33, gli aerei della “Century Series” e, soprattutto, l’F-4 Phantom.

recensione-2

La qualità dell’accessorio, stampato in resina, è la solita a cui ci ha abituato la Videoaviation: dettagli perfettamente riprodotti e totale assenza di bolle e sbavature. I pezzi sono in tutto quattordici e sono contenuti in una robusta scatola in cartone.

recensione-3

recensione-4

A differenza dei precedenti accessori, questa volta a corredo del modello in scala possiamo trovare un filo di colore nero che simulerà il cavo elettrico da collegare al velivolo, e un ottimo foglio decalcomanie contenente stencil, numeri di matricola e la strumentazione da applicare al cruscotto di controllo. Le decal sono stampate in UK dalla Fantasy Print Shop, sono sottilissime, nitide e con un supporto trasparente ridotto al minimo.

recensione-5

Le istruzioni sono chiare, intuitive ed accattivanti nella grafica.

Recensione6

Il generatore è disponibile sia nella scala del quarto di pollice, sia in quella più piccola della 1/72. Per ordinare un set o, più semplicemente, per richiedere ulteriori informazioni potete contattare direttamente il titolare della Videoaviation. Com al seguente indirizzo mail: info@videoaviation.com

The Yom Kippur Warrior – Mig-21 MF dal kit Academy in scala 1/48.

4

Mig-118 (Large)

Nella mente di un modellista, spesso, nascono idee strane e piene di controsensi! Prendete me come esempio… non amo i velivoli del blocco sovietico (fatta eccezione, forse, per quelli di penultima generazione quali il Fulcrum o il Flanker) perché li trovo esteticamente sgraziati, tozzi e davvero poco accattivanti.

Mig-127 (Large)

Eppure sono continuamente attirato dalle mimetiche che essi hanno vestito nei loro lunghi anni di servizio nelle più svariate e variegate forze aeree mondiali. Più un’aeronautica era relegata nell’angolo più sperduto del pianeta, più questa dotava i propri aerei di colorazioni particolari e interessanti…. ci sarà un oscuro “teorema” alla base di questo principio?

Mig-123 (Large)

Tutto questo preambolo serve a motivare, almeno in parte, la scelta di riprodurre in scala il soggetto di quest’articolo: un Mig-21 MF dell’Egyptian Air Force.

Mig-126 (Large)

La scelta del kit:

Il Fishbed è uno dei velivoli che è passato alla storia, è un’icona tra gli aerei da combattimento. La maggior parte delle case modellistiche mondiali ha in catalogo almeno un kit a esso dedicato, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Con l’uscita del nuovo Eduard (bellissimo e completo, bisogna ammetterlo) sul web e sulle riviste si è visto un proliferare di modelli della ditta ceca, quasi un’inflazione di mercato! Dal mio canto, invece, ho deciso di fare un passo indietro di qualche anno, e scegliere un “veterano”: il modello dell’Academy da pochi mesi re-inscatolato dalla nostrana Italeri. Forse vi starete chiedendo se la mia scelta sia stata dettata da un insano masochismo, ma in realtà le motivazioni sono state due: avevo voglia di fare un confronto tra il nuovo che avanza (Eduard), e il vecchio che rimane (Academy/Italeri) e, soprattutto, evitare di lasciare nel dimenticatoio e di sprecare i soldi impegnati per acquistare le scatole (ben quattro!) del vecchio stampo coreano. In questi tempi di “spending review” mi è sembrato un gesto morigerato… non credete?

Mig 1 (Large)

Il prodotto Academy/Italeri è, oramai, ben conosciuto e di lui sono noti pregi e difetti. Per chi ne fosse a “digiuno”, qualche tempo fa avevo pubblicato una recensione qui su Modeling Time; la trovate cliccando QUI. Aprendo la confezione sono rimasto piacevolmente colpito dalla finezza del dettaglio di superficie. Le pannellature sono riprodotte in un ottimo negativo impreziosito da precisi rivetti collocati, giustamente, solo dove serve. La scomposizione è, tutto sommato, logica e lineare – peculiarità che facilita, tranne in rari casi di cui dopo vi parlerò, tutte le operazioni di montaggio. Tuttavia i segni del tempo si fanno, inesorabilmente, notare nei dettagli delle zone interne: cockpit, scarico e pozzetti dei vani carrelli e aerofreni sono molto spogli e certamente non all’altezza degli standard attuali. Fortunatamente il panorama degli aftermarket dedicati a questo kit è florido, e con essi si può facilmente sopperire alle mancanze sopra evidenziate. Come solitamente uso fare, la lista degli accessori da me acquistati è abbastanza lunga:

FM Detail cockpit Set 489807: ho scelto il set della ditta ungherese per la sua completezza. All’interno della confezione, infatti, sono forniti numerosi particolari tra cui una bellissima lastrina di fotoincisioni per il cruscotto e i dettagli interni del canopy (l’Aires, ad esempio, non li fornisce). La vasca in resina è ricavata direttamente da quella originale, per cui le sue forme sono poco realistiche. Ad ogni modo alla fine del montaggio quest’imperfezione si nota veramente poco. Il punto forte del prodotto rimane il seggiolino che oserei definire il migliore in circolazione.

CMK Wheel Bay 4077: come già accennato, i pozzetti carrello originali vanno, a mio avviso, sostituiti. Ho scelto quelli della CMK per il loro rapporto qualità/prezzo vantaggioso. Non sono, purtroppo, esenti da difetti.

CMK Wheels 4076: le ruote ristampate in resina sono, a tutti gli effetti, delle copie delle originali già assemblate e stuccate. Il vantaggio nell’acquisto di quest’aftermarket sta nelle fotoincisioni fornite che permettono di aggiungere dei bei particolari al sistema frenante dei tre cerchioni (in particolare al ruolino anteriore). In fin dei conti l’acquisto può essere anche evitato.

Wolfpack Design Exhaust 48096: non eccezionale come qualità, ma sicuramente migliore di quello fornito nel kit originale. L’alternativa è di acquistare e adattare un set della Brassi che, però, è dedicato al modello Eduard (il prezzo è notevolmente più alto n.d.r.).

Quickboost Air Scoops 48367: quest’accessorio in resina ha un prezzo praticamente irrisorio, ma contribuisce notevolmente a dare una marcia in più al vostro Mig-21! Ovviamente consigliatissimo.

Quickboost Corrected Spine and Tail 48035: senza dubbio è questo l’aftermarket più importante tra tutti. Se avete dato uno sguardo alla recensione sopra linkata avrete appreso che lo stampo Academy/Italeri non è, in realtà, dedicato alla versione MF, bensì alla Bis. Il set della Quickboost risolve questo problema permettendo una conversione in sostanza “no cut” – senza eseguire tagli della plastica.

Master Brassed Pitot 48061: sono un convinto sostenitore di questa ditta polacca. I loro pitot torniti in ottone costano pochissimo e danno risultati notevoli! Tanto più che la sonda per i dati atmosferici del Mig-21 è molto vistosa e “ingombrante”!

Eduard Mig-21 MF Photoetched set 48238: in realtà il prodotto della Eduard l’ho inserito nella lista solamente per prelevarne le bellissime superfici mobili degli aerofreni. Già loro valgono l’acquisto! Ad ogni modo dal set ho prelevato anche altri utili dettagli tra cui i portelloni dei pozzetti e piccole antennine.

Afterburner Decals “Fabulous Fishbed Part 1” Codice 48083: l’enorme foglio decal dell’Afterburner manda, letteralmente, in visibilio qualsiasi modellista già solo per le sue dimensioni – è stampo su un foglio A-4! Vi consiglio di affrettarvi se avete intenzione di ottenerlo poiché, purtroppo, l’azienda americana ha chiuso i battenti cessando la produzione.

Dopo questa “scorpacciata” di aftermarket, tutto è pronto per dare inizio al montaggio che, contrariamente a quanto sono solito fare, ha avuto inizio dalle wheel bays.

Pozzetti carrello e montaggio delle ali:

Mig 3 (Large)

Mig 5 (Large)

La prima operazione da eseguire riguarda la totale asportazione della plastica del kit per far posto alla resina della CMK. Per far ciò mi sono avvalso dell’aiuto del mio fidato trapanino elettrico forando, dapprima, i bordi più esterni dei pozzetti per poi eliminare il materiale in eccesso mediante una fresetta da sgrosso.

Mig 6 (Large)

Mig 4 (Large)

Mig 7 (Large)

Per gli alloggiamenti alari ho preferito, invece, rimuovere i dettagli con una fresa diamantata che, nel contempo, mi ha permesso di ridurre lo spessore interno e lasciare più spazio ai pezzi aftermarket. Eseguendo le doverose prove a secco mi sono subito reso conto che i nuovi alloggiamenti sono sottodimensionati di almeno un millimetro ed è in pratica impossibile riportarli alle forme corrette senza rovinare il dettaglio interno. Alla fine ho deciso di allinearli a filo con il bordo dell’ala che andrà a contatto con la fusoliera: in questo modo, almeno, non si sarebbero intravisti degli antiestetici vuoti in una zona abbastanza ben visibile del modello. Ovviamente il rovescio della medaglia sta nel fatto che, traslando in avanti, il pozzetto “stravolge” gli ingombri dell’estremità opposta, quella dove è presente lo scasso per l’innesto delle gambe di forza del carrello (che andrà eliminato e riposizionato più indietro). Per ricrearlo ho utilizzato un profilato di ottone tondo incollato sul fondo con della colla cianacrilica.

Mig-38 (Large)

Di seguito una foto che vi farà comprendere meglio la situazione:

Mig 10 (Large)

Con la freccia rossa ho evidenziato la porzione di resina che andrà asportata per ripristinare la profondità originale del vano.

Mig 9 (Large)

Questi, invece, gli interventi sul pozzetto anteriore: ai lati esterni del vano ho incollato due pezzi di Plasticard che mi hanno permesso si centrarlo al meglio.

Mig 17 (Large)

L’unione delle due parti che compongono le ali non presentano difficoltà di sorta mentre, al contrario, il montaggio delle superfici di governo è più ostico. Gli alettoni, infatti, hanno uno spessore ridotto rispetto alle loro sedi e questo inconveniente mi ha costretto a utilizzare abbondanti quantità di Mr. Surfacer 500 per appianare i dislivelli.

Mig-54 (Large)

Abitacolo e presa d’aria:

Come già accennato qualche riga sopra, l’abitacolo originale è stato sostituito con uno in resina della FM Detail. La ditta ungherese non ha fatto altro che prendere la vasca di plastica migliorandola e particolareggiandola a dovere, di conseguenza essa s’inserisce nella fusoliera senza creare alcun fastidio. Basterà solamente limare via i dettagli già stampati sulla plastica delle semi fusoliere e accorciare parzialmente il pianale che ospiterà la palpebra (zone in giallo nelle foto) del kit, e aggiungere un paio di tasselli di Plasticard per creare nuovi perni di riscontro su cui poggiare la “cockpit tub”.

Mig 11 (Large)

Mig 12 (Large)

Mig 16 (Large)

Mig 14 (Large)

Mig 13 (Large)

Molto belle anche le paratie laterali su cui ho preferito, però, aggiungere tutta quella serie d’interruttori posti sul lato destro e molto evidenti anche a lavoro ultimato. Per riprodurli ho tagliato degli spezzoni di misura quanto più uguale possibile da un filo di rame elettrico; il risultato finale è leggermente fuori scala ma, fortunatamente, fa la sua figura!

Mig-33 (Large)

Veniamo alla nota dolente dell’aftermarket, il cruscotto con la relativa palpebra. La ditta ungherese, un po’ come fa anche l’Aires, ha previsto che la strumentazione sia fornita in fotoincisione e un pezzo in resina sagomato funga da base.

Nel mio caso specifico, quest’ultimo era riprodotto in modo molto approssimativo e, inoltre, la consistenza del materiale di stampa era molto morbida – come se il processo di catalizzazione non fosse andato a buon fine. Purtroppo, su di esso sono presenti anche alcuni dettagli del collimatore e dello schermo radar… ovviamente inutilizzabili. Per superare l’inconveniente sono stato costretto a ricostruire da zero il pannello strumenti utilizzando la fotoincisione come dima e il solito e fidato Plasticard. Ecco a voi un confronto:

Mig 24 (Large)

La parte in resina che rappresenta la palpebra è, purtroppo, molto stretta sui fianchi e lascia molto spazio con il parabrezza; guardando le foto proveniente dai walkaround si nota bene come la zona sotto il windshield sia parecchio affollata e caratterizzata da spazi angusti. Inoltre il cruscotto rimane notevolmente fuori sagoma:

Mig 25 (Large)

Mig 26 (Large)

Inevitabile ho dovuto aumentare gli ingombri del pezzo aggiungendo ai suoi lati due “alette” ricreate con del sottile lamierino di rame. Il tutto è stato, poi, stuccato e carteggiato per eliminare eventuali fessure. Questo è il risultato:

Mig 28 (Large)

Mig 27 (Large)

Mig 29 (Large)

Una peculiarità inconfondibile dei velivoli russi è il colore degli abitacoli. Vi siete mai chiesti il perché i progettisti russi abbiano scelto quella determinata tonalità? No?

La risposta non è intuitiva: il particolare colore turchese non sottoponeva gli occhi del pilota ad ulteriore stress e permetteva un adattamento più veloce della vista cambiando la visuale dall’esterno verso l’interno dell’abitacolo (utile soprattutto in condizione di forte luce). Se ci pensate bene anche le sale operatorie e le stanze degli ospedali sono spesso dipinte con questa tinta. Per ricrearla ed aerografarla su tutte le superfici interne del mio Mig-21 ho mixato al 50% l’Emerald Green Gunze H-46 e lo Sky Blue Gunze H-25. Alla miscela ho poi aggiunto 4/5 gocce di Flat White. Una volta steso il colore è un pochino troppo acceso e tendente al verde ma, con i successivi lavaggi (eseguiti con un grigio neutro ottenuto mischiando bianco e nero ad olio) la tonalità assume il viraggio quasi esatto. Per dare un tocco di colore in più ho aggiunto dei pulsanti in rosso e giallo, ma senza esagerare!

Mig-34 (Large)

Mig-35 (Large)

Il seggiolino KM-1M è veramente molto bello! Curato nei minimi dettagli e molto fedele, presenta le cinture di sicurezza già stampate. La sua struttura è stata dipinta con un azzurro molto chiaro ottenuto mescolando 3 gocce di Flat Blue XF-8 Tamiya a 20 gocce di Light Compass Grey Gunze H-308 (usato anche per i cuscini); il poggiatesta è in Light Grey XF-66 Tamiya, mentre il paracadute pilota sopra di esso è in Dark Grey XF-59 Tamiya e le cinture di sicurezza in Flat Black. Il tutto è stato sottoposto al solito lavaggio in grigio neutro (stesso usato per il cockpit) ad olio e ad un accurato dry brush ancora una volta eseguito con il Gunze H-308.

Mig-30 (Large)

Mig-31 (Large)

Osservando le foto dei sedili eiettabili reali ho notato che nella maggior parte dei casi sul poggiatesta sono stampati alcuni stencil: questi li ho prelevati un po’ a caso dal foglio decal del kit… non chiedetemi, però, cosa c’è scritto… sono in cirillico!

Terminato il “pilot’s office”, le mie attenzioni si sono rivolte alla zona della presa d’aria dove il modello, ancora una volta, risente di alcune scelte tecniche decisamente antiquate. Il primo intervento da me eseguito ha riguardato il cono del radome che, nella realtà, fungeva anche da parzializzatore per l’ingresso dell’aria nell’intake muovendosi avanti o indietro all’interno del muso in base all’assetto e alle velocità del velivolo.

Come potete vedere nella foto qui sotto, esso è tenuto in posizione tramite due “alette” che s’inseriscono in altrettante asole stampate all’interno della fusoliera. Inutile sottolineare come questa sbrigativa soluzione costruttiva faccia sì che le menzionate “alette” si notino moltissimo una volta chiuse le semi-fusoliere, rendendo il tutto poco realistico.

Mig 18 (Large)

Quindi, per prima cosa, ho eliminato le due “appendici” e ho fissato un profilato quadrato di ottone al centro (o quasi) del radome. Cogliendo l’occasione l’ho anche appesantito con qualche grammo di piombini da pesca per evitare che il modello ultimato si possa sedere sulla coda.

Mig 19 (Large)

Poi ho eliminato i vari scassi e perni di riscontro che potevano essere visibili a modello ultimato.

Mig 15 (Large)

Per ultimo, sfruttando il pozzetto del carrello anteriore come base di appoggio, ho incollato una sezione di profilato quadrato in ottone di dimensioni leggermente più grandi rispetto a quello sistemato all’interno del cono radar. Per garantirgli una certa stabilità e resistenza ho preferito rinforzare il punto di contatto con listellini di Plasticard e un generoso strato di colla.

Mig 20 (Large)

Quello che vedete è il risultato finale che, né più né meno, ricalca in scala il sistema di funzionamento reale installato nel velivolo.

Mig 22 (Large)

Mig 21 (Large)

Andando avanti, gli ingegneri dell’OKB Mikoyan-Gurevich posizionarono un piccolo sfiato per l’espulsione dello strato limite davanti al parabrezza che sul kit Academy è riprodotto in modo totalmente approssimativo ed errato. Per iniziare, ho asportato la plastica evidenziata nella foto qui sotto avvalendomi del fidato trapanino elettrico:

Mig 23 (Large)

In seguito, mediante un pezzo di lamerino di rame tagliato alla giusta misura, ho ricreato nuovamente il fondo dello sfiato dandogli la caratteristica forma svasata. Per raccordare il tutto ho steso un abbondante strato di colla cianacrilica che, una volta carteggiata, ha appianato alla perfezione i dislivelli; ulteriori rifiniture sono state eseguite con il Mr. Surfacer 500 della Gunze.

Mig-37 (Large)

Scarico e fusoliera:

Come già anticipato nella presentazione dei tanti aftermarket da me utilizzati, lo scarico della Wolfpack Design non eccelle certamente in fatto di qualità e bellezza. Esso, però, ha un costo abbastanza contenuto ed è, soprattutto, ideato e dimensionato per il kit Italeri/Academy.

Mig-41 (Large)

I motori Tumansky R13-300 con cui furono equipaggiati i Mig-21 MF presentano un caratteristico rivestimento interno resistente alle altissime temperature, di colore verde acceso, che ho ottenuto mixando queste vernici:

  • 2 gocce di Escorpena Green (Vallejo Game Color 72032).
  • 4 gocce di Green Zinc (Vallejo Air 71094)
  • 1 goccia di Silver Grey (Vallejo Model Color 70883).

La parte del condotto non rivestita dalla speciale vernice, i petali esterni e la parte interna della fusoliera sono stati verniciati in Gun Metal Tamiya. Lavaggi in Bruno Van Dyck, dry brush in alluminio e le polveri Tamiya del Weathering Set D hanno fatto il resto.

Mig-42 (Large)

Terminato il lavoro sull’exhaust ho potuto assemblare, finalmente, le due semi fusoliere posteriori; l’unione non ha creato problemi di sorta, e la precisione degli incastri è ben sopra la media.

Mig-43 (Large)

Stessa cosa, purtroppo, non si può affermare del collegamento tra troncone posteriore e anteriore poiché, cercando di allineare al meglio un pozzetto aerofreno con le relative pannellature incise intorno ad esso, l’altro posto sul lato opposto non sarà di certo in squadro. Alla fine è necessario trovare un compromesso che permetta ai due alloggiamenti di assumere una forma quanto più corretta possibile con conseguente utilizzo intensivo di stucco e Plasticard per eliminare gli scalini che, inevitabilmente, si formano.

Mig-49 (Large)

Mig-62 (Large)

Mig-63 (Large)

Veniamo ora alla deriva con relativa “dorsal spine”; come vi ho già anticipato all’inizio dell’articolo, quest’aftermarket è necessario per correggere i pezzi del kit che, in realtà, sono corretti per la versione Bis e non per la MF. Per prima cosa ho eliminato il perno di riscontro originale che, se lasciato nella sua posizione originale, impedirebbe il corretto montaggio dell’aftermarket in resina.

Mig-45 (Large)

Il set della Quickboost è ben stampato ma, purtroppo, leggermente sottodimensionato in lunghezza. Facendo delle veloci prove a secco, infatti, vi renderete conto di come tra la gobba e l’impennaggio ci sia un gap di almeno un millimetro.

Mig-46 (Large)

Per riempirlo ho aggiunto uno spessore ricavato dal solito ed immancabile Plasticard: mi è bastato incollarne una “fetta” che è stata, poi, limata e sagomata a dovere.

Mig-48 (Large)

Un ulteriore piccolo tassello è stato incollato nella posizione che vedete qui sotto. In pratica quest’accorgimento mi ha permesso di far coincidere quasi perfettamente la gobba in resina con quella in plastica stampata alle spalle dell’abitacolo.

Mig-44 (Large)

Unione ali/fusoliera:

Anche il montaggio delle ali, terminate in separata sede, richiede un po’ di attenzione e di accortezze. Le prove a secco, fondamentale strumento a disposizione di noi modellisti, hanno evidenziato la formazione di un lieve scalino nel punto indicato dalla freccia (da notare che la complicazione si presenta in modo speculare su entrambe i lati).

Mig-55 (Large)

Con l’applicazione di un po’ di stucco è possibile risolvere il problema con poca fatica… ma la successiva fase di carteggiatura sarebbe, poi, risultata distruttiva per il fine dettaglio di superficie (in particolare per le rivettature) stampato tutto attorno. Quindi ho preferito inserire, anche in questo caso, uno spessore in Plasticard per riportare in paro i dislivelli. In questo modo basterà una stuccatura veloce per riempire le fessure eseguibile con il già citato Mr.Surfacer.

Mig-61 (Large)

Mig-64 (Large)

Mig-56 (Large)

In fase di incollaggio ricordatevi di dare alle ali del vostro Fishbed un diedro negativo di circa 10 gradi.

Rifinitura e ultimi dettagli:

Allo scopo di “impreziosire” ancora di più il mio modello ho sostituito gli air scoop originali del kit con quelli del set Quickboost (spesa irrisoria, massima resa):

Mig-65 (Large)

I piloni sub alari forniti nella scatola non sono male anche se, purtroppo, presentano delle rivettature più consone a un carro armato o ad un mezzo terrestre. Nonostante ciò ho deciso di utilizzarli così come sono limitandomi a modificare il sistema di aggancio dei rail per i missili Aria/Aria:

Mig-68 (Large)

In pratica ho ricreato due piastrine per rotaia, atte a simulare il sistema di ritenzione.

Per semplificarmi la vita durante il montaggio finale, ho aggiunto due perni di riscontro per ogni serbatoio supplementare poiché il sistema di incastri previsto dalla Academy/Italeri è, a mio avviso, poco pratico e resistente.

Da notare che per il mio Mig-21 ho previsto una configurazione a lungo raggio con tre “auxiliary tanks”: nelle stampate ne troverete solo due, il terzo è stato “cannibalizzato” da un ulteriore kit in mio possesso.

Mig-69 (Large)

Da sostituire anche gli aerofreni in plastica e, allo scopo, ho utilizzato quelli forniti nel set di fotoincisioni della Eduard. Inutile dire che i pezzi PE (PhotoEtched) sono davvero belli, la foto parla da sola.

Mig-67 (Large)

Continuando con le parti foto incise Eduard, ho sistemato l’antenna ADF circolare sotto alla fusoliera anteriore…

Mig-86 (Large)

… e la piastra dell’antenna SRO-2 Krom del sistema IFF (identificazione amico/nemico) sulla sommità della deriva.

Mig-85 (Large)

In accordo con la documentazione, ho ricreato due particolari ben visibili sul bordo d’attacco delle ali. Quella evidenziata in rosso è l’antenna del sistema radar warning SPO-10 “Sirena” che ho riprodotto incollando una piccola sezione di rod quadrato da 1 mm di lato della Evergreen cui ho sovrapposto un pezzettino di rod cilindrico da 0,75 mm (opportunamente lavorato con una limetta per ricreare la forma sferica della testa). Il tutto è stato poi raccordato con una goccia di ciano, lisciato e lucidato una volta asciutto. Quello evidenziato in giallo è un alto sensore “a bottone” del sistema IFF sopra citato. Anche in questo caso ho utilizzato il rod con sezione da 0,75 mm.

Mig-87 (Large)

Mig-88 (Large)

Sulla gobba ho reinciso due pannellature circolari. Quella in rosso, sui cui ho aggiunto un piccolo air scoop, è il sistema di pressurizzazione dei serbatoi di carburante. Quella posta davanti evidenziata in blu, è il tappo che protegge il bocchettone del rifornimento. Sul fianco sinistro della dorsal spine ho aperto un piccolo foro che, nella realtà, serve da spurgo per la sovra pressione del sistema di pressurizzazione.

Mig-83 (Large)

Mig-91 (Large)

Con lamierino di rame sagomato ho riprodotto questo piccolo “deflettore” che, nella realtà, serve a proteggere il contenitore del para-freno dalle alte temperature dei gas di scarico.

Mig-89 (Large)

Mig-90 (Large)

Il cannone Gsh-23 fornito ha poco a che vedere con quello reale. Andrebbe ricostruito di sana pianta ma, sinceramente, ho preferito soprassedere e sistemare quello originale. Per prima cosa ho smussato e arrotondato i bordi del pezzo in plastica ricreando così le fattezze originali. Successivamente ho eliminato le guide per l’espulsione dei bossoli e le ho sostituite con delle altre foto incise prelevate dal succitato set Eduard – molto più realistiche. Per ultimo ho praticato sei fori su entrambe i lati che nella realtà servono ad espellere i gas combusti del munizionamento.

Mig-96 (Large)

Mig-97 (Large)

Osservando le foto dei velivoli in scala 1/1, ho notato come a terra gli elevoni assumano spesso una posizione leggermente a picchiare; da qui l’idea di rappresentarli così anche sul mio modello in scala.  Ho, quindi, chiuso gli scassi originali con un listello di Plasticard ritagliato a misura, ho forato la fusoliera per creare un nuovo invito (freccia rossa), e ho ricreato la zona di rotazione del piano di coda (freccia gialla) con una fresa montata sul solito trapanino elettrico.

Mig-77 (Large)

Sui piani mobili ho montato due perni di rotazione in modo da verniciarli a parte e montarli a fine lavoro.

Mig-78 (Large)

Canopy e windshield:

Un capitolo a parte lo meritano le parti trasparenti poiché gli interventi eseguiti su di esse sono molti e degni di nota.

Il canopy, in particolare, ha subito un lungo lavoro di dettaglio che è partito con il montaggio delle belle fotoincisioni previste dal set della FM Detail dedicato al cockpit. Prima di applicarle a mezzo di colla cianacrilica (le PE si possono incollare, purtroppo, solo con questo tipo di collanti), il vetrino è stato trattato con la cera per pavimenti Future. Questa, oltre ad aumentarne la brillantezza, ha creato uno strato protettivo che ha impedito ai vapori della ciano di attaccare la superficie ed opacizzarla.

Mig-70 (Large)

Mig-71 (Large)

Successivamente, dopo aver aggiunto una tubazione idraulica tutta intorno ai frames e un cavetto elettrico che nella realtà impedisce la formazione di ghiaccio sul periscopio, il pezzo è stato sottoposto ad un’ulteriore “bagnatura” nella Future per eliminare dei piccoli graffi dovuti alla manipolazione con le pinzette e per fissare meglio le suddette fotoincisioni (in pratica la cera ha funzionato anche da collante).

Mig-72 (Large)

Per il parabrezza il lavoro è stato più lungo e delicato. Prima di procedere al suo montaggio, la palpebra del cruscotto è stata ultimata con il collimatore e un filo di rame che simula il cavo elettrico del Gimetro.

Mig-73 (Large)

L’inserimento del windshield nel suo alloggiamento è stata l’operazione più complessa di tutto il montaggio, anche a causa dell’eccessivo ingombro della palpebra stessa (a causa della necessaria modifica di cui ho parlato qualche riga sopra); in pratica essa “spingeva” contro le parti laterali del vetrino impedendogli di incastrarsi come previsto.

Alla fine l’unica soluzione è stata quella di forzare il pezzo in posizione e procedere ad un incollaggio copioso eseguito con Attack. La colla ha avuto anche funzioni di stucco/riempitivo, e mi è bastato carteggiare con cura e attenzione la zona interessata per ottenere una superficie già liscia e pronta per essere reincisa.

Mig-76 (Large)

Mig-75 (Large)

Anche in questo caso ho preferito ripassare uno strato di cera Future (stesa ad aerografo senza diluirla) per eliminare qualsiasi piccola abrasione e rendere il parabrezza ancor più lucido.

Mig-74 (Large)

Mig-95 (Large)

Verniciatura:

La mimetica utilizzata dal mio Mig-21 egiziano era una variante tarda dello schema “Nilo” (l’andamento sinuoso delle macchie riprende le anse dell’importante fiume egiziano). Questo camouflage fu in uso per un breve periodo durante il conflitto dello Yom Kippur contro Israele e, proprio perché poco consueto, ho deciso di riprodurlo.

La fase della verniciatura ha avuto inizio con la zona dello scarico, dipinta il Dark Alluminium Alclad, e con il bordo d’attacco della presa d’aria che sul mio esemplare era in metallo naturale (allo scopo ho usato il Magnesium Alclad).

Mig-93 (Large)

Mig-94 (Large)

Dopo aver mascherato le parti “metalliche”, ho proceduto con il colore delle superfici inferiori e dei pozzetti carrello ottenuto mixando nella proporzione di 1:1 l’H-25 Gunze e il Flat White Tamiya – il tutto, ovviamente, addizionato con qualche goccia di Paint Retarder (sempre Tamiya) per rendere la finitura del colore più liscia e “setosa”.

Mig-98 (Large)

Mig-99 (Large)

Anche il Sabbia delle superfici superiori è frutto di una miscela composta da 60 gocce di XF-59 Tamiya + 65 gocce di XF-55 Tamiya. Per il verde più chiaro ho scelto il Field Green H-340 Gunze, mentre per quello più scuro ho usato il Black Green H-69 Gunze. I pannelli dielettrici sulla deriva, sulla ventral fin e l’antenna ADF subito dietro al pozzetto carrello anteriore sono in Green 34092 – Gunze H-302.

Mig-101 (Large)

Mig-100 (Large)

Le vernici sono state stese partendo dalla più chiara per finire alla più scura, e le linee di demarcazione sono state definite con il Patafix – davvero ottimo quando si tratta di riprodurre mimetiche con bordi sfumati ma perfettamente in scala.

Mig-103 (Large)

Mig-104 (Large)

Mig-105 (Large)

Mig-106 (Large)

Mig-108 (Large)

Mig-111 (Large)

Lavaggi, weathering e decalcomanie:

 

Nonostante la documentazione sul Mig-21 non manchi, trovare foto o informazioni sugli esemplari avuti in carico dalla Al-Qūwāt al-Gawwīyä al-Miṣrīyä (l’Aeronautica Militare Egiziana) è una ricerca abbastanza complessa. Le immagini a disposizione degli appassionati non sono poi molte ma, comunque, dalle poche che si possono recuperare in rete si nota come i velivoli erano generalmente ben tenuti e poco usurati.

Mig-111 (Large)

In linea con quest’analisi ho deciso di non calcare troppo la mano con l’invecchiamento del mio modello, limitandomi ad eseguire un paio di sessioni con la tecnica del Post Shading. A tale scopo i colori di base sono stati schiariti con qualche goccia di bianco in modo da simularne la desaturazione dovuta agli agenti atmosferici e all’impietosa azione del sole del deserto nord africano.

Mig-112 (Large)

Sulle parti metalliche dello scarico mi sono sbizzarrito utilizzando varie tecniche: dapprima ho scurito il primo anello con dello Smoke Tamiya steso ad aerografo (attenzione a non esagerare poiché il pigmento copre davvero poco e si corre il rischio di scurire troppo il colore metallico di fondo! Meglio procedere gradualmente con passate leggere e ben diluite), successivamente ho ricreato l’effetto “cottura” del metallo sulla sezione a diretto contatto con i gas di scarico. Per far ciò ho preferito i pigmenti del Tamiya Weathering Set B, in particolare il Burnt Red e l’Oil Stain. Se usati con cura questi “gessetti” creano delle sfumature dolci che simulano perfettamente l’azione del calore associato ai residui di combustione (la classica fuliggine) del propulsore.

Mig-125 (Large)

Successivamente ho steso due mani di trasparente X-22 Tamiya molto diluite e ad intervalli di circa trenta minuti l’una dall’altra; il lucido ha sigillato la mimetica sottostante e ha preparato le superfici per ricevere i lavaggi ad olio allo scopo di enfatizzare il bel dettaglio di superficie in negativo del kit. Per la parte superiore del modello ho mescolato in parti uguali il Bruno Van Dyck e il Nero Avorio della Maimeri, per quella inferiore ancora una volta il Nero Avorio con del Bianco di Marte in modo da ricreare un grigio medio non troppo scuro.

Fatto ciò, altre tre mani di X-22 Tamiya hanno preparato alla perfezione il fondo per le decalcomanie. Come già detto quelle da me usate provengono dal bellissimo foglio della scomparsa Afterburner Decal che, all’interno, contiene la bellezza di ventinove opzioni! Devo ammettere che, fino all’ultimo, l’indecisione sull’esemplare da riprodurre l’ha fatta da padrona… sono tutti uno più bello dell’altro!

Mig-113 (Large)

Ad ogni modo le decal hanno una qualità più che buona, perfettamente stampate (dalla Cartograph n.d.r.), in registro e dai colori saturi. Lo spessore è un pochino troppo accentuato ma, una volta posizionate e dopo aver fatto ricorso ai necessari liquidi ammorbidenti (personalmente prediligo i Micro Sol e Set), le insegne si conformano alla perfezione copiando al meglio le pannellature sottostanti.

Mig-115 (Large)

Mig-116 (Large)

Carrelli e carichi esterni:

Anche le gambe di forza con i relativi pneumatici hanno ricevuto qualche mia attenzione. Prima di tutto, essi vanno verniciati con il medesimo colore delle superfici inferiori (il Light Blue), caratteristica, questa, comune a quasi tutti i Mig-21. I cerchioni, invece, sono dello stesso colore dei dielettrici – Gunze H-302.

Mig-114 (Large)

Sempre in accordo alla documentazione in mio possesso, ho aggiunto delle tubazioni idrauliche mediante l’uso di fili di stagno di vario diametro. Le fascette che fermano i suddetti sono ricavati da striscioline di nastro Kabuki (nastro arancione Tamiya): sono già adesive e possono essere verniciate in modo da simulare alla perfezione le fasce metalliche.

Mig-115 (Large)

Come già detto, gli pneumatici provengono dal set della CMK ma altro non sono che quelli da scatola assemblati e ristampati in resina; in compenso all’interno della confezione si trova una piccola lastrina foto incisa che contiene i dischi e le pinze dell’impianto frenante.

Mig-116 (Large)

Mig-117 (Large)

I portelloni forniti sono stati prontamente sostituiti da quelli in fotoincisione della Eduard, ben fatti e con spessori ridottissimi.

I missili aria/aria K-13/AA-2 Atoll (per la designazione occidentale) sono accessori prodotti dalla Eduard Brassin. In realtà essi sono degli AIM-9B, ma fanno comunque al nostro scopo; varie fonti, infatti, riportano che i cinesi vennero in possesso di un Sidewinder a seguito di un conflitto aereo avvenuto tra un Mig-17 e un Sabre taiwanese. L’F-86 lanciò un AIM-9B che colpì l’avversario ma non esplose. L’ordigno fu studiato e poi ceduto ai russi che ne iniziarono la produzione in serie apportando solo lievi migliorie.

Tornando al discorso prettamente modellistico, nella confezione la Brassin fornisce quattro Sidewinder/Atoll con il corpo in resina, le alette in fotoincisione e la testata a ricerca IR in resina trasparente. A prima vista i missili sembrano ben riprodotti, ma quando si vanno a montare le cupoline vetrate iniziano i primi problemi (queste, infatti, non combaciano granché bene). Anche l’assemblaggio delle alette non è dei più agevoli…. morale della favola? Risparmiate qualche soldo e investitelo per l’acquisto del Weapons Set Hasegawa che ne contiene qualcuno già pronto per l’uso!

Mig-129 (Large)

Montaggio finale:

Tutto è pronto per archiviare anche questo Mig-21 “faraonico”. Prima di procedere al montaggio di tutte le parti precedentemente preparate, ho aggiunto una piccola bombola di colore bianco all’interno dello sfiato dello strato limite davanti all’abitacolo: questa, nella realtà, è caricata con circa cinque litri di alcool che funge da anti ghiaccio per il parabrezza. Il pezzo proviene dal mio magazzino “spare parts” e, più in particolare, è un avanzo di un set CMK dedicato al cockpit dello Spitfire.

Mig-118 (Large)

Fatto ciò ho iniziato a montare e posizione il bellissimo “Air Data Probe” in ottone tornito della Master. Il sondino finale è in White Alluminium Alclad, mentre il resto è dello stesso colore della mimetica (sabbia).

Mig-102 (Large)

Una mano finale di trasparente opaco Gunze H-20 ha dato la giusta finitura al modello.

Mig-120 (Large)

Per ultimo ho, finalmente, liberato i vetrini dalle proprie mascherine, ho incollato il canopy in posizione rigorosamente aperta (completato con l’asta di supporto che lo collega al windshield e un cavo di ritenzione nella parte posteriore) e aggiunto le luci di navigazione sul bordo d’attacco alare (rossa a sinistra, blu a destra).

Mig-122 (Large)

Conclusioni:

Pur rimanendo un occidentalista convinto, alla fine del mio lungo lavoro sono comunque rimasto affascinato da questo velivolo. Se prima di iniziare ero fermamente convinto che un Mig-21 sarebbe stata solo una breve e isolata parentesi nei miei gusti modellistici, forse adesso dovrò ricredermi…..!

Buon modellismo a tutti!

Valerio  – Starfighter84 – D’Amadio.

Se volete leggere il Work In Progress completo nel forum di Modeling Time, cliccate QUI!

Mig-121 (Large)

Mig-124 (Large)

Mig-128 (Large)

Mig-130 (Large)

The Big Tailed Beast – SB2C-4 Helldiver dal kit Academy in scala 1/72.

2

Mi reputo un modellista “alla buona”; non bado molto al dettaglio del kit, mi basta che esso presenti delle pannellature in negativo . La mancanza di particolari, invece che frenarmi, stimola la voglia di crearne arrangiandomi con quello che ho. Per una volta,però, mi sono tolto lo sfizio di mettere mano ad un kit che, di per sé, non meriterebbe alcuna aggiunta : l’SB2C helldiver Special Edition dell’Academy ( “ Special” perché al suo interno include flaps in fotoincisione e mascherine per canopy della Eduard, e decal Cartograph).

Lavorandoci ho potuto constatare l’ottima qualità degli incastri che, insieme alle pannellature finemente incise, lo rendono davvero un ottimo kit. Come però vedrete in seguito ( non vi anticipo niente!) il gene dello “scratchbuilder”  non se ne sta mai  lì seduto in disparte a girarsi i pollici! Alla fine qualcosa da modificare/migliorare l’ho comunque trovato …

Motore:

Come al solito si comincia dal motore. E come al solito, si aggiungono i fili delle candele realizzati con del filo di rame elettrico…con un po’ di pazienza e attack gel (consigliato per i metalli), tutto va al proprio posto.

motore

Cockpit:

Osservando i pezzi che compongono l’abitacolo, l’occhio mi è caduto sulla mitragliatrice di coda che è davvero brutta! Ovviamente ho deciso di ricostruire anche lei; ho subito sostituito le canne con un ago ipodermico da siringa opportunamente tagliato. In seguito ho voluto aggiungere anche il rivestimento esterno che dissipa il calore con il seguente metodo: ho ritagliato un rettangolino di opportuna misura da una lastra di lamierino in rame e poi l’ho avvolto intorno l’ago. Dopo, molto delicatamente ho forato il cilindro con un trapanino elettrico.Non avendo punte abbastanza piccole, mi sono arrangiato montando sul mandrino la punta di uno spillo che ha svolto perfettamente il lavoro.

canne1

Il risultato finale non è perfetto ma, considerando la scala, rende bene l’idea.

Archiviata la mitragliatrice ,ho notato un particolare interessante di questo aereo: la parte posteriore  dell’abitacolo del navigatore/operatore radio poteva essere “collassata” per rendere operativa la mitragliatice. Il kit, ovviamente, la dava stampata in posizione completamente chiusa e, da qui, l’idea di tagliare via parte della fusoliera e rendere ancor più particolare il mio Helldiver. Per prima cosa ho asportato tutta la zona “pieghevole” aiutandomi con la lama di un taglierino nuova e affilata. L’unico pezzo che ho conservato è stata la base della deriva …il resto, via! Per ricostruire parte degli interni mi sono servito dei pezzi originali asportati da cui ho, soprattutto, ricavato le misure. Tutto il resto lo si ricostruisce con  Plasticard e tanta pazienza!

taglio1

taglio2

taglio3

Per giungere al risultato che vedete non ho fatto nessuno strano calcolo. Solo una continua opera di prove a secco e modifiche finché tutti i pezzi autocostruiti non hanno assunto gli giusti ingombri e sono stati incollati nelle loro posizioni definitive.
Non so voi, ma secondo me con quella sezione di fusoliera in posizione aperta l’aereo assume un aria molto più accattivante… cosa non da poco perché, diciamocelo, aereodinamicamente parlando l’Helldiver non è proprio il massimo! A riprova di quanto ho affermato, vi invito ad cercare i nomignoli con cui i suoi piloti lo epitetarono! Ad esempio, utilizzando le lettere “SB2C”… vabbè, meglio soprassedere ed evitare di scrivere frasi poco consone per uno spazio “pubblico” come quello di Modeling Time! Di certo, il cugino SBD  Dauntless se l’è cavata molto meglio con  “Slow But Deadly”!

Andiamo avanti… molti di voi non sapranno che tra il cockpit del pilota e la postazione del mitragliere vi era alloggiato un capiente serbatoio per il carburante. Anche se a modello finito questa “tanica” non sarà poi così visibile, ho deciso comunque di riprodurla utilizzando tante “fettine” di Plasticard incollate (con Attack) l’una sopra l’altra e poi stuccate e limate per fargli assumere la forma voluta. Il tocco finale è stata l’aggiunta di alcuni fili di rame atti a simulare le varie tubazioni del sistema d’alimentazione.

fuel tank

interni5

Ho deciso di ricreare ed aggiungereanche  il canotto di salvataggio alloggiato sotto al canopy della postazione radio:

canotto

Inoltre ho cercato di migliorare i travetti esterni delle bombe simulandone i braccetti di supporto con il solito filo di rame.

ganci

Fatto ciò non c’è altro da aggiungere. Il resto degli interni proposto dal kit è di ottima fattura e basterà riprodurre le cinture di sicurezza del seggiolino con la carta stagnola per completarlo.

interni2

interni3

interni1

internivern1

Con il cockpit praticamente completato, le mie attenzioni si sono rivolte alla “pancia” del modello.

Vani carrello:

Per prima cosa ho rimosso le centinature già presenti e le ho ricostruite con del Plasticard poiché quelle originali erano decisamente approssimative e fuori scala. Inoltre esse sono state forate per riprodurre i classici fori di alleggerimento e, al loro interno, ho fatto passare qualche tubazione idraulica.

carrelli

Vano bombe:

Qui poco da dire, basta aggiungere qualche tubicino idraulico ai lati del vano ma, per il resto, il dettaglio è ottimo.

12

Dopo aver combattuto per ore con Plasticard e fili di rame non ho più scuse: bisogna prepararsi ad assemblare tutto e verniciare. Per quanto riguarda il montaggio, non ho nulla da segnalare. Tutto procede senza intoppi  e lo stampo dà ancora una volta prova della sua ottima fattura. Prima di incollare le ali alla fusoliera ho rimosso i flap e preparato le sedi per ricevere le nuove superfici di governo in fotoincisione della Eduard.

flap1

flap2

montato

Verniciatura:

Precedentemente all’inizio della verniciatura vera e propria, ho eseguito la classica tecnica del pre-shading con un grigio molto scuro.

preshading

Inoltre, dopo alcune prove, mi sono reso conto che le insegne identificative della portaerei su cui il velivolo era basato (il mio Helldiver era imbarcato sulla U.S.S. Essex e presentava due “triangoli” contrapposti sull’impennaggio e sulle superfici alari) erano molto sovradimensionate. Scartate, quindi, le decalcomanie fornite dalla Academy, ho deciso di riprodurre questi “markings” verniciandoli direttamente sul modello.

mask

mask2

Per quanto riguarda i colori:

  • Il blu più chiaro (l’intermediate) è un Tamiya XF 18 Medium Blue.
  • Per quello più ho optato per un mix di Gunze H55 (5 gocce) + H35 (3 gocce).
  • Il bianco delle superfici inferiori è il Flat White Tamiya.

Ho iniziato ad aerografare il bianco opaco della “pancia” per poi passare all’Intermediate Blue ancora sulle superfici inferiori e su parte della fusoliera. Infine il blu scuro sul resto della fusoliera e delle superfici superiori della ali e dei piani di coda. Tutte le mascherature sono state eseguite con “salsicciotti” di Patafix grazie ai quali ho ottenuto dei bordi leggermente sfumati e perfettamente in scala.

colorebase2

colorebase1

Passiamo ora ad una delle fasi più divertenti… quella degli “effetti speciali”!

In altre parole, il postshading. Tutti i colori di base della mimetica sono stati schiariti con del bianco e poi stesi nelle zone centrali dei pannelli, o comunque in quelle più colpite dal sole o soggette ad usura. Fondamentale per questa fase è indispensabile basarsi su foto del velivolo reale… la documentazione è oltremodo importante.

postshading2

postshading1

postshading3

Il tutto si conclude con le solite fasi rituali: mano di trasparente lucido, applicazione delle decalcomanie ed ulteriore mano di lucido per sigillarle. Successivamente ho riprodotto alcune scrostature con un  grigio metallizzato ed ho proceduto con i lavaggi ad olio per mettere in risalto le pannellature. L’opaco finale ha donato la giusta finitura al mio Helldiver, continuamente insidiato dalla salsedine e provato dai duri combattimenti nel Pacifico durante la Seconda Guerra Mondiale.

11

13

9

E qui concludo. Come al solito,spero di non avervi annoiato troppo e vi invito a visitare il Work In Progress completo sul Forum di MT. E magari già che ci siete fatevi un giro tra gli altri topic, sono sicuro rimarrete colpiti dallo splendido clima di amicizia.

8

Infine, un ringraziamento speciale va a tutti i membri della community : se oggi sono in grado di mettere insieme due pezzi di plastica e verniciarli, lo devo principalmente a loro!

dscn0355es

Saluti,e al prossimo modello!

Leonardo “Thunderjet”.

dscn0334u

dscn0340d

dscn0337l

dscn0341e

dscn0333v

Kit Review: Wessex UH.5 Italeri in scala 1/48.

Wessex 1

Versione tutta inglese del Sikorsky S-58, il  Westland Wessex differiva dal cugino americano principalmente per l’adozione di un motore a turbina  prodotto dalla Rolls-Royce da  1200 Cavalli. Caratterizzato da una cabina di pilotaggio posta in posizione rialzata rispetto al vano di carico, l’elicottero si  dimostrò sicuro ed affidabile rimanendo in produzione per molti anni. In Gran Bretagna è stato largamente utilizzato dalle forze armate nazionali per circa 30 anni, divenendo uno dei più importanti elicotteri in servizio nella Royal Air Force e Fleet Air Arm. Impiegato in varie versioni, ha svolto numerosi compiti operativi, e sopportando, nella versione UH.5,  il gravoso impegno del trasporto tattico durante la guerra delle Falkland del 1982, conflitto che ha visto opporsi l’Argentina alla Gran Bretagna. Gli ultimi Wessex, quattro HC.2, furono radiati nel gennaio del 2003, quando erano in dotazione all’84th Squadron di base ad Akrotiri sull’isola di Cipro, con compiti  SAR e trasporto.

Il kit:

Trenta anni sono già passati dalla fine della guerra delle Falkland o Malvine, e la nostra Italeri, per commemorare l’anniversario, ha arricchito la sua serie speciale “Falkland War Collection” con un bel kit dedicato all’Wessex UH.5 nella scala del quarto di pollice. Il modello, con numero di catalogo 2720, è contenuto in una scatola dalle generose dimensioni sulla quale primeggia una bella box art raffigurante lo sbarco di una squadra di assaltatori nel teatro operativo delle Malvine.

Wessex 2

All’interno prendono posto quattro stampante di colore grigio per un totale di circa 130 pezzi  a cui si devono aggiungere un foglio di fotoincisioni, contenente le cinture di sicurezza, dettagli per i seggiolini, varie griglie e il pannello strumenti, un foglio di retina per la realizzazione delle numerose griglie ed ovviamente la stampata dei trasparenti dall’ottima limpidezza.

Wessex 3

Completa il tutto l’immancabile foglio istruzioni di facile e comprensiva lettura. Le parti in plastica sono finemente realizzate con dettagli in negativo e la completa mancanza di antiestetici ritiri o sbavature. Da un primo e sommario assemblaggio a secco, le varie parti combaciano perfettamente tra loro, e anche le due grandi semifusoliere non fanno eccezione.

Wessex 11

Wessex 12

Gli interni sono ricchi di dettagli, sia per quanto riguarda la cabina di pilotaggio e sia per il vano passeggeri, con le panche di questo ultimo talmente ben riprodotte tanto da sembrare il tessuto delle stesse vero. Questo è un particolare di non poco conto, se si  considera il fatto che a modello ultimato questa zona, come pure l’abitacolo, sono particolarmente visibile, non solo per la presenza di ampie zone vetrate, ma soprattutto se il kit viene realizzato con il portellone aperto.

Wessex 14

Wessex 15

Ben concepita la zona del muso, che è poi la parte che racchiude la turbina, con i cofani ottimamente stampati e con un notevole dettaglio di superficie sia in negativo che in positivo. Niente da dire sulla zona rotore sul tetto della fusoliera, che può diventare ancor più realistica, utilizzando le fotoincisioni fornite.

Wessex 10

Degne di menzione le quattro pale del rotore stesso fornite già leggermente ricurve per simulare il peso delle stesse come negli elicotteri veri, così come le gomme dei carrelli, dalla forma appiattita (in questo caso l’effetto peso è un po’ troppo accentuato).

Wessex 8

Wessex 9

Ottimo il pezzo che riproduce la parte inferiore della fusoliera, già completo delle numerose tubazioni.

Wessex 4

Wessex 7

Discorso a parte per il ricco foglio decals stampato dalla milanese Zanchetti Buccinasco. Questo fogliopermette la realizzazione di quattro differenti esemplari di Wessex ovviamente tutti in servizio nelle Forze Armate di Sua Maestà Britannica. Per gli amanti della Royal Navy vi è l’imbarazzo della scelta, potendo optare per un elicottero in dotazione all’874 Squadron impegnato nelle Falklands nel 1982, in uno del 771 Squadron  basato a Culdrose , Gran Bretagna, nel 1987 o ad uno assegnato nel 1982 al RAE di Farnborough. La Royal Air Force può invece essere rappresentata da un esemplare appartenuto all’84 Squadron, stanziato ad Akrotiri (Cipro) nel 1987.  La qualità delle insegne è, purtroppo, non all’altezza degli standard qualitativi a cui la ditta di Calderara di Reno ci aveva abituato ultimamente. Forse, per l’uscita di un così bel kit, sarebbe stato meglio affidare la produzione delle decalcomanie alla Cartograf.

 

Per concludere, un kit da consigliare sia ai “professionisti” che ai “neofiti” del modellismo, offrendo ai primi un ottima base di partenza per la realizzazione di un supermodello, ed ai secondi di poterlo montare come da scatola con un risultato finale che sicuramente non sfigurerà sia per realizzazione e sia per dimensioni.

Stefano D’Amadio.

Wessex 5

Wessex 6

Wessex 17

Wessex 16