Nella mente di un modellista, spesso, nascono idee strane e piene di controsensi! Prendete me come esempio… non amo i velivoli del blocco sovietico (fatta eccezione, forse, per quelli di penultima generazione quali il Fulcrum o il Flanker) perché li trovo esteticamente sgraziati, tozzi e davvero poco accattivanti.
Eppure sono continuamente attirato dalle mimetiche che essi hanno vestito nei loro lunghi anni di servizio nelle più svariate e variegate forze aeree mondiali. Più un’aeronautica era relegata nell’angolo più sperduto del pianeta, più questa dotava i propri aerei di colorazioni particolari e interessanti…. ci sarà un oscuro “teorema” alla base di questo principio?
Tutto questo preambolo serve a motivare, almeno in parte, la scelta di riprodurre in scala il soggetto di quest’articolo: un Mig-21 MF dell’Egyptian Air Force.
La scelta del kit:
Il Fishbed è uno dei velivoli che è passato alla storia, è un’icona tra gli aerei da combattimento. La maggior parte delle case modellistiche mondiali ha in catalogo almeno un kit a esso dedicato, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Con l’uscita del nuovo Eduard (bellissimo e completo, bisogna ammetterlo) sul web e sulle riviste si è visto un proliferare di modelli della ditta ceca, quasi un’inflazione di mercato! Dal mio canto, invece, ho deciso di fare un passo indietro di qualche anno, e scegliere un “veterano”: il modello dell’Academy da pochi mesi re-inscatolato dalla nostrana Italeri. Forse vi starete chiedendo se la mia scelta sia stata dettata da un insano masochismo, ma in realtà le motivazioni sono state due: avevo voglia di fare un confronto tra il nuovo che avanza (Eduard), e il vecchio che rimane (Academy/Italeri) e, soprattutto, evitare di lasciare nel dimenticatoio e di sprecare i soldi impegnati per acquistare le scatole (ben quattro!) del vecchio stampo coreano. In questi tempi di “spending review” mi è sembrato un gesto morigerato… non credete?
Il prodotto Academy/Italeri è, oramai, ben conosciuto e di lui sono noti pregi e difetti. Per chi ne fosse a “digiuno”, qualche tempo fa avevo pubblicato una recensione qui su Modeling Time; la trovate cliccando QUI. Aprendo la confezione sono rimasto piacevolmente colpito dalla finezza del dettaglio di superficie. Le pannellature sono riprodotte in un ottimo negativo impreziosito da precisi rivetti collocati, giustamente, solo dove serve. La scomposizione è, tutto sommato, logica e lineare – peculiarità che facilita, tranne in rari casi di cui dopo vi parlerò, tutte le operazioni di montaggio. Tuttavia i segni del tempo si fanno, inesorabilmente, notare nei dettagli delle zone interne: cockpit, scarico e pozzetti dei vani carrelli e aerofreni sono molto spogli e certamente non all’altezza degli standard attuali. Fortunatamente il panorama degli aftermarket dedicati a questo kit è florido, e con essi si può facilmente sopperire alle mancanze sopra evidenziate. Come solitamente uso fare, la lista degli accessori da me acquistati è abbastanza lunga:
FM Detail cockpit Set 489807: ho scelto il set della ditta ungherese per la sua completezza. All’interno della confezione, infatti, sono forniti numerosi particolari tra cui una bellissima lastrina di fotoincisioni per il cruscotto e i dettagli interni del canopy (l’Aires, ad esempio, non li fornisce). La vasca in resina è ricavata direttamente da quella originale, per cui le sue forme sono poco realistiche. Ad ogni modo alla fine del montaggio quest’imperfezione si nota veramente poco. Il punto forte del prodotto rimane il seggiolino che oserei definire il migliore in circolazione.
CMK Wheel Bay 4077: come già accennato, i pozzetti carrello originali vanno, a mio avviso, sostituiti. Ho scelto quelli della CMK per il loro rapporto qualità/prezzo vantaggioso. Non sono, purtroppo, esenti da difetti.
CMK Wheels 4076: le ruote ristampate in resina sono, a tutti gli effetti, delle copie delle originali già assemblate e stuccate. Il vantaggio nell’acquisto di quest’aftermarket sta nelle fotoincisioni fornite che permettono di aggiungere dei bei particolari al sistema frenante dei tre cerchioni (in particolare al ruolino anteriore). In fin dei conti l’acquisto può essere anche evitato.
Wolfpack Design Exhaust 48096: non eccezionale come qualità, ma sicuramente migliore di quello fornito nel kit originale. L’alternativa è di acquistare e adattare un set della Brassi che, però, è dedicato al modello Eduard (il prezzo è notevolmente più alto n.d.r.).
Quickboost Air Scoops 48367: quest’accessorio in resina ha un prezzo praticamente irrisorio, ma contribuisce notevolmente a dare una marcia in più al vostro Mig-21! Ovviamente consigliatissimo.
Quickboost Corrected Spine and Tail 48035: senza dubbio è questo l’aftermarket più importante tra tutti. Se avete dato uno sguardo alla recensione sopra linkata avrete appreso che lo stampo Academy/Italeri non è, in realtà, dedicato alla versione MF, bensì alla Bis. Il set della Quickboost risolve questo problema permettendo una conversione in sostanza “no cut” – senza eseguire tagli della plastica.
Master Brassed Pitot 48061: sono un convinto sostenitore di questa ditta polacca. I loro pitot torniti in ottone costano pochissimo e danno risultati notevoli! Tanto più che la sonda per i dati atmosferici del Mig-21 è molto vistosa e “ingombrante”!
Eduard Mig-21 MF Photoetched set 48238: in realtà il prodotto della Eduard l’ho inserito nella lista solamente per prelevarne le bellissime superfici mobili degli aerofreni. Già loro valgono l’acquisto! Ad ogni modo dal set ho prelevato anche altri utili dettagli tra cui i portelloni dei pozzetti e piccole antennine.
Afterburner Decals “Fabulous Fishbed Part 1” Codice 48083: l’enorme foglio decal dell’Afterburner manda, letteralmente, in visibilio qualsiasi modellista già solo per le sue dimensioni – è stampo su un foglio A-4! Vi consiglio di affrettarvi se avete intenzione di ottenerlo poiché, purtroppo, l’azienda americana ha chiuso i battenti cessando la produzione.
Dopo questa “scorpacciata” di aftermarket, tutto è pronto per dare inizio al montaggio che, contrariamente a quanto sono solito fare, ha avuto inizio dalle wheel bays.
Pozzetti carrello e montaggio delle ali:
La prima operazione da eseguire riguarda la totale asportazione della plastica del kit per far posto alla resina della CMK. Per far ciò mi sono avvalso dell’aiuto del mio fidato trapanino elettrico forando, dapprima, i bordi più esterni dei pozzetti per poi eliminare il materiale in eccesso mediante una fresetta da sgrosso.
Per gli alloggiamenti alari ho preferito, invece, rimuovere i dettagli con una fresa diamantata che, nel contempo, mi ha permesso di ridurre lo spessore interno e lasciare più spazio ai pezzi aftermarket. Eseguendo le doverose prove a secco mi sono subito reso conto che i nuovi alloggiamenti sono sottodimensionati di almeno un millimetro ed è in pratica impossibile riportarli alle forme corrette senza rovinare il dettaglio interno. Alla fine ho deciso di allinearli a filo con il bordo dell’ala che andrà a contatto con la fusoliera: in questo modo, almeno, non si sarebbero intravisti degli antiestetici vuoti in una zona abbastanza ben visibile del modello. Ovviamente il rovescio della medaglia sta nel fatto che, traslando in avanti, il pozzetto “stravolge” gli ingombri dell’estremità opposta, quella dove è presente lo scasso per l’innesto delle gambe di forza del carrello (che andrà eliminato e riposizionato più indietro). Per ricrearlo ho utilizzato un profilato di ottone tondo incollato sul fondo con della colla cianacrilica.
Di seguito una foto che vi farà comprendere meglio la situazione:
Con la freccia rossa ho evidenziato la porzione di resina che andrà asportata per ripristinare la profondità originale del vano.
Questi, invece, gli interventi sul pozzetto anteriore: ai lati esterni del vano ho incollato due pezzi di Plasticard che mi hanno permesso si centrarlo al meglio.
L’unione delle due parti che compongono le ali non presentano difficoltà di sorta mentre, al contrario, il montaggio delle superfici di governo è più ostico. Gli alettoni, infatti, hanno uno spessore ridotto rispetto alle loro sedi e questo inconveniente mi ha costretto a utilizzare abbondanti quantità di Mr. Surfacer 500 per appianare i dislivelli.
Abitacolo e presa d’aria:
Come già accennato qualche riga sopra, l’abitacolo originale è stato sostituito con uno in resina della FM Detail. La ditta ungherese non ha fatto altro che prendere la vasca di plastica migliorandola e particolareggiandola a dovere, di conseguenza essa s’inserisce nella fusoliera senza creare alcun fastidio. Basterà solamente limare via i dettagli già stampati sulla plastica delle semi fusoliere e accorciare parzialmente il pianale che ospiterà la palpebra (zone in giallo nelle foto) del kit, e aggiungere un paio di tasselli di Plasticard per creare nuovi perni di riscontro su cui poggiare la “cockpit tub”.
Molto belle anche le paratie laterali su cui ho preferito, però, aggiungere tutta quella serie d’interruttori posti sul lato destro e molto evidenti anche a lavoro ultimato. Per riprodurli ho tagliato degli spezzoni di misura quanto più uguale possibile da un filo di rame elettrico; il risultato finale è leggermente fuori scala ma, fortunatamente, fa la sua figura!
Veniamo alla nota dolente dell’aftermarket, il cruscotto con la relativa palpebra. La ditta ungherese, un po’ come fa anche l’Aires, ha previsto che la strumentazione sia fornita in fotoincisione e un pezzo in resina sagomato funga da base.
Nel mio caso specifico, quest’ultimo era riprodotto in modo molto approssimativo e, inoltre, la consistenza del materiale di stampa era molto morbida – come se il processo di catalizzazione non fosse andato a buon fine. Purtroppo, su di esso sono presenti anche alcuni dettagli del collimatore e dello schermo radar… ovviamente inutilizzabili. Per superare l’inconveniente sono stato costretto a ricostruire da zero il pannello strumenti utilizzando la fotoincisione come dima e il solito e fidato Plasticard. Ecco a voi un confronto:
La parte in resina che rappresenta la palpebra è, purtroppo, molto stretta sui fianchi e lascia molto spazio con il parabrezza; guardando le foto proveniente dai walkaround si nota bene come la zona sotto il windshield sia parecchio affollata e caratterizzata da spazi angusti. Inoltre il cruscotto rimane notevolmente fuori sagoma:
Inevitabile ho dovuto aumentare gli ingombri del pezzo aggiungendo ai suoi lati due “alette” ricreate con del sottile lamierino di rame. Il tutto è stato, poi, stuccato e carteggiato per eliminare eventuali fessure. Questo è il risultato:
Una peculiarità inconfondibile dei velivoli russi è il colore degli abitacoli. Vi siete mai chiesti il perché i progettisti russi abbiano scelto quella determinata tonalità? No?
La risposta non è intuitiva: il particolare colore turchese non sottoponeva gli occhi del pilota ad ulteriore stress e permetteva un adattamento più veloce della vista cambiando la visuale dall’esterno verso l’interno dell’abitacolo (utile soprattutto in condizione di forte luce). Se ci pensate bene anche le sale operatorie e le stanze degli ospedali sono spesso dipinte con questa tinta. Per ricrearla ed aerografarla su tutte le superfici interne del mio Mig-21 ho mixato al 50% l’Emerald Green Gunze H-46 e lo Sky Blue Gunze H-25. Alla miscela ho poi aggiunto 4/5 gocce di Flat White. Una volta steso il colore è un pochino troppo acceso e tendente al verde ma, con i successivi lavaggi (eseguiti con un grigio neutro ottenuto mischiando bianco e nero ad olio) la tonalità assume il viraggio quasi esatto. Per dare un tocco di colore in più ho aggiunto dei pulsanti in rosso e giallo, ma senza esagerare!
Il seggiolino KM-1M è veramente molto bello! Curato nei minimi dettagli e molto fedele, presenta le cinture di sicurezza già stampate. La sua struttura è stata dipinta con un azzurro molto chiaro ottenuto mescolando 3 gocce di Flat Blue XF-8 Tamiya a 20 gocce di Light Compass Grey Gunze H-308 (usato anche per i cuscini); il poggiatesta è in Light Grey XF-66 Tamiya, mentre il paracadute pilota sopra di esso è in Dark Grey XF-59 Tamiya e le cinture di sicurezza in Flat Black. Il tutto è stato sottoposto al solito lavaggio in grigio neutro (stesso usato per il cockpit) ad olio e ad un accurato dry brush ancora una volta eseguito con il Gunze H-308.
Osservando le foto dei sedili eiettabili reali ho notato che nella maggior parte dei casi sul poggiatesta sono stampati alcuni stencil: questi li ho prelevati un po’ a caso dal foglio decal del kit… non chiedetemi, però, cosa c’è scritto… sono in cirillico!
Terminato il “pilot’s office”, le mie attenzioni si sono rivolte alla zona della presa d’aria dove il modello, ancora una volta, risente di alcune scelte tecniche decisamente antiquate. Il primo intervento da me eseguito ha riguardato il cono del radome che, nella realtà, fungeva anche da parzializzatore per l’ingresso dell’aria nell’intake muovendosi avanti o indietro all’interno del muso in base all’assetto e alle velocità del velivolo.
Come potete vedere nella foto qui sotto, esso è tenuto in posizione tramite due “alette” che s’inseriscono in altrettante asole stampate all’interno della fusoliera. Inutile sottolineare come questa sbrigativa soluzione costruttiva faccia sì che le menzionate “alette” si notino moltissimo una volta chiuse le semi-fusoliere, rendendo il tutto poco realistico.
Quindi, per prima cosa, ho eliminato le due “appendici” e ho fissato un profilato quadrato di ottone al centro (o quasi) del radome. Cogliendo l’occasione l’ho anche appesantito con qualche grammo di piombini da pesca per evitare che il modello ultimato si possa sedere sulla coda.
Poi ho eliminato i vari scassi e perni di riscontro che potevano essere visibili a modello ultimato.
Per ultimo, sfruttando il pozzetto del carrello anteriore come base di appoggio, ho incollato una sezione di profilato quadrato in ottone di dimensioni leggermente più grandi rispetto a quello sistemato all’interno del cono radar. Per garantirgli una certa stabilità e resistenza ho preferito rinforzare il punto di contatto con listellini di Plasticard e un generoso strato di colla.
Quello che vedete è il risultato finale che, né più né meno, ricalca in scala il sistema di funzionamento reale installato nel velivolo.
Andando avanti, gli ingegneri dell’OKB Mikoyan-Gurevich posizionarono un piccolo sfiato per l’espulsione dello strato limite davanti al parabrezza che sul kit Academy è riprodotto in modo totalmente approssimativo ed errato. Per iniziare, ho asportato la plastica evidenziata nella foto qui sotto avvalendomi del fidato trapanino elettrico:
In seguito, mediante un pezzo di lamerino di rame tagliato alla giusta misura, ho ricreato nuovamente il fondo dello sfiato dandogli la caratteristica forma svasata. Per raccordare il tutto ho steso un abbondante strato di colla cianacrilica che, una volta carteggiata, ha appianato alla perfezione i dislivelli; ulteriori rifiniture sono state eseguite con il Mr. Surfacer 500 della Gunze.
Scarico e fusoliera:
Come già anticipato nella presentazione dei tanti aftermarket da me utilizzati, lo scarico della Wolfpack Design non eccelle certamente in fatto di qualità e bellezza. Esso, però, ha un costo abbastanza contenuto ed è, soprattutto, ideato e dimensionato per il kit Italeri/Academy.
I motori Tumansky R13-300 con cui furono equipaggiati i Mig-21 MF presentano un caratteristico rivestimento interno resistente alle altissime temperature, di colore verde acceso, che ho ottenuto mixando queste vernici:
- 2 gocce di Escorpena Green (Vallejo Game Color 72032).
- 4 gocce di Green Zinc (Vallejo Air 71094)
- 1 goccia di Silver Grey (Vallejo Model Color 70883).
La parte del condotto non rivestita dalla speciale vernice, i petali esterni e la parte interna della fusoliera sono stati verniciati in Gun Metal Tamiya. Lavaggi in Bruno Van Dyck, dry brush in alluminio e le polveri Tamiya del Weathering Set D hanno fatto il resto.
Terminato il lavoro sull’exhaust ho potuto assemblare, finalmente, le due semi fusoliere posteriori; l’unione non ha creato problemi di sorta, e la precisione degli incastri è ben sopra la media.
Stessa cosa, purtroppo, non si può affermare del collegamento tra troncone posteriore e anteriore poiché, cercando di allineare al meglio un pozzetto aerofreno con le relative pannellature incise intorno ad esso, l’altro posto sul lato opposto non sarà di certo in squadro. Alla fine è necessario trovare un compromesso che permetta ai due alloggiamenti di assumere una forma quanto più corretta possibile con conseguente utilizzo intensivo di stucco e Plasticard per eliminare gli scalini che, inevitabilmente, si formano.
Veniamo ora alla deriva con relativa “dorsal spine”; come vi ho già anticipato all’inizio dell’articolo, quest’aftermarket è necessario per correggere i pezzi del kit che, in realtà, sono corretti per la versione Bis e non per la MF. Per prima cosa ho eliminato il perno di riscontro originale che, se lasciato nella sua posizione originale, impedirebbe il corretto montaggio dell’aftermarket in resina.
Il set della Quickboost è ben stampato ma, purtroppo, leggermente sottodimensionato in lunghezza. Facendo delle veloci prove a secco, infatti, vi renderete conto di come tra la gobba e l’impennaggio ci sia un gap di almeno un millimetro.
Per riempirlo ho aggiunto uno spessore ricavato dal solito ed immancabile Plasticard: mi è bastato incollarne una “fetta” che è stata, poi, limata e sagomata a dovere.
Un ulteriore piccolo tassello è stato incollato nella posizione che vedete qui sotto. In pratica quest’accorgimento mi ha permesso di far coincidere quasi perfettamente la gobba in resina con quella in plastica stampata alle spalle dell’abitacolo.
Unione ali/fusoliera:
Anche il montaggio delle ali, terminate in separata sede, richiede un po’ di attenzione e di accortezze. Le prove a secco, fondamentale strumento a disposizione di noi modellisti, hanno evidenziato la formazione di un lieve scalino nel punto indicato dalla freccia (da notare che la complicazione si presenta in modo speculare su entrambe i lati).
Con l’applicazione di un po’ di stucco è possibile risolvere il problema con poca fatica… ma la successiva fase di carteggiatura sarebbe, poi, risultata distruttiva per il fine dettaglio di superficie (in particolare per le rivettature) stampato tutto attorno. Quindi ho preferito inserire, anche in questo caso, uno spessore in Plasticard per riportare in paro i dislivelli. In questo modo basterà una stuccatura veloce per riempire le fessure eseguibile con il già citato Mr.Surfacer.
In fase di incollaggio ricordatevi di dare alle ali del vostro Fishbed un diedro negativo di circa 10 gradi.
Rifinitura e ultimi dettagli:
Allo scopo di “impreziosire” ancora di più il mio modello ho sostituito gli air scoop originali del kit con quelli del set Quickboost (spesa irrisoria, massima resa):
I piloni sub alari forniti nella scatola non sono male anche se, purtroppo, presentano delle rivettature più consone a un carro armato o ad un mezzo terrestre. Nonostante ciò ho deciso di utilizzarli così come sono limitandomi a modificare il sistema di aggancio dei rail per i missili Aria/Aria:
In pratica ho ricreato due piastrine per rotaia, atte a simulare il sistema di ritenzione.
Per semplificarmi la vita durante il montaggio finale, ho aggiunto due perni di riscontro per ogni serbatoio supplementare poiché il sistema di incastri previsto dalla Academy/Italeri è, a mio avviso, poco pratico e resistente.
Da notare che per il mio Mig-21 ho previsto una configurazione a lungo raggio con tre “auxiliary tanks”: nelle stampate ne troverete solo due, il terzo è stato “cannibalizzato” da un ulteriore kit in mio possesso.
Da sostituire anche gli aerofreni in plastica e, allo scopo, ho utilizzato quelli forniti nel set di fotoincisioni della Eduard. Inutile dire che i pezzi PE (PhotoEtched) sono davvero belli, la foto parla da sola.
Continuando con le parti foto incise Eduard, ho sistemato l’antenna ADF circolare sotto alla fusoliera anteriore…
… e la piastra dell’antenna SRO-2 Krom del sistema IFF (identificazione amico/nemico) sulla sommità della deriva.
In accordo con la documentazione, ho ricreato due particolari ben visibili sul bordo d’attacco delle ali. Quella evidenziata in rosso è l’antenna del sistema radar warning SPO-10 “Sirena” che ho riprodotto incollando una piccola sezione di rod quadrato da 1 mm di lato della Evergreen cui ho sovrapposto un pezzettino di rod cilindrico da 0,75 mm (opportunamente lavorato con una limetta per ricreare la forma sferica della testa). Il tutto è stato poi raccordato con una goccia di ciano, lisciato e lucidato una volta asciutto. Quello evidenziato in giallo è un alto sensore “a bottone” del sistema IFF sopra citato. Anche in questo caso ho utilizzato il rod con sezione da 0,75 mm.
Sulla gobba ho reinciso due pannellature circolari. Quella in rosso, sui cui ho aggiunto un piccolo air scoop, è il sistema di pressurizzazione dei serbatoi di carburante. Quella posta davanti evidenziata in blu, è il tappo che protegge il bocchettone del rifornimento. Sul fianco sinistro della dorsal spine ho aperto un piccolo foro che, nella realtà, serve da spurgo per la sovra pressione del sistema di pressurizzazione.
Con lamierino di rame sagomato ho riprodotto questo piccolo “deflettore” che, nella realtà, serve a proteggere il contenitore del para-freno dalle alte temperature dei gas di scarico.
Il cannone Gsh-23 fornito ha poco a che vedere con quello reale. Andrebbe ricostruito di sana pianta ma, sinceramente, ho preferito soprassedere e sistemare quello originale. Per prima cosa ho smussato e arrotondato i bordi del pezzo in plastica ricreando così le fattezze originali. Successivamente ho eliminato le guide per l’espulsione dei bossoli e le ho sostituite con delle altre foto incise prelevate dal succitato set Eduard – molto più realistiche. Per ultimo ho praticato sei fori su entrambe i lati che nella realtà servono ad espellere i gas combusti del munizionamento.
Osservando le foto dei velivoli in scala 1/1, ho notato come a terra gli elevoni assumano spesso una posizione leggermente a picchiare; da qui l’idea di rappresentarli così anche sul mio modello in scala. Ho, quindi, chiuso gli scassi originali con un listello di Plasticard ritagliato a misura, ho forato la fusoliera per creare un nuovo invito (freccia rossa), e ho ricreato la zona di rotazione del piano di coda (freccia gialla) con una fresa montata sul solito trapanino elettrico.
Sui piani mobili ho montato due perni di rotazione in modo da verniciarli a parte e montarli a fine lavoro.
Canopy e windshield:
Un capitolo a parte lo meritano le parti trasparenti poiché gli interventi eseguiti su di esse sono molti e degni di nota.
Il canopy, in particolare, ha subito un lungo lavoro di dettaglio che è partito con il montaggio delle belle fotoincisioni previste dal set della FM Detail dedicato al cockpit. Prima di applicarle a mezzo di colla cianacrilica (le PE si possono incollare, purtroppo, solo con questo tipo di collanti), il vetrino è stato trattato con la cera per pavimenti Future. Questa, oltre ad aumentarne la brillantezza, ha creato uno strato protettivo che ha impedito ai vapori della ciano di attaccare la superficie ed opacizzarla.
Successivamente, dopo aver aggiunto una tubazione idraulica tutta intorno ai frames e un cavetto elettrico che nella realtà impedisce la formazione di ghiaccio sul periscopio, il pezzo è stato sottoposto ad un’ulteriore “bagnatura” nella Future per eliminare dei piccoli graffi dovuti alla manipolazione con le pinzette e per fissare meglio le suddette fotoincisioni (in pratica la cera ha funzionato anche da collante).
Per il parabrezza il lavoro è stato più lungo e delicato. Prima di procedere al suo montaggio, la palpebra del cruscotto è stata ultimata con il collimatore e un filo di rame che simula il cavo elettrico del Gimetro.
L’inserimento del windshield nel suo alloggiamento è stata l’operazione più complessa di tutto il montaggio, anche a causa dell’eccessivo ingombro della palpebra stessa (a causa della necessaria modifica di cui ho parlato qualche riga sopra); in pratica essa “spingeva” contro le parti laterali del vetrino impedendogli di incastrarsi come previsto.
Alla fine l’unica soluzione è stata quella di forzare il pezzo in posizione e procedere ad un incollaggio copioso eseguito con Attack. La colla ha avuto anche funzioni di stucco/riempitivo, e mi è bastato carteggiare con cura e attenzione la zona interessata per ottenere una superficie già liscia e pronta per essere reincisa.
Anche in questo caso ho preferito ripassare uno strato di cera Future (stesa ad aerografo senza diluirla) per eliminare qualsiasi piccola abrasione e rendere il parabrezza ancor più lucido.
Verniciatura:
La mimetica utilizzata dal mio Mig-21 egiziano era una variante tarda dello schema “Nilo” (l’andamento sinuoso delle macchie riprende le anse dell’importante fiume egiziano). Questo camouflage fu in uso per un breve periodo durante il conflitto dello Yom Kippur contro Israele e, proprio perché poco consueto, ho deciso di riprodurlo.
La fase della verniciatura ha avuto inizio con la zona dello scarico, dipinta il Dark Alluminium Alclad, e con il bordo d’attacco della presa d’aria che sul mio esemplare era in metallo naturale (allo scopo ho usato il Magnesium Alclad).
Dopo aver mascherato le parti “metalliche”, ho proceduto con il colore delle superfici inferiori e dei pozzetti carrello ottenuto mixando nella proporzione di 1:1 l’H-25 Gunze e il Flat White Tamiya – il tutto, ovviamente, addizionato con qualche goccia di Paint Retarder (sempre Tamiya) per rendere la finitura del colore più liscia e “setosa”.
Anche il Sabbia delle superfici superiori è frutto di una miscela composta da 60 gocce di XF-59 Tamiya + 65 gocce di XF-55 Tamiya. Per il verde più chiaro ho scelto il Field Green H-340 Gunze, mentre per quello più scuro ho usato il Black Green H-69 Gunze. I pannelli dielettrici sulla deriva, sulla ventral fin e l’antenna ADF subito dietro al pozzetto carrello anteriore sono in Green 34092 – Gunze H-302.
Le vernici sono state stese partendo dalla più chiara per finire alla più scura, e le linee di demarcazione sono state definite con il Patafix – davvero ottimo quando si tratta di riprodurre mimetiche con bordi sfumati ma perfettamente in scala.
Lavaggi, weathering e decalcomanie:
Nonostante la documentazione sul Mig-21 non manchi, trovare foto o informazioni sugli esemplari avuti in carico dalla Al-Qūwāt al-Gawwīyä al-Miṣrīyä (l’Aeronautica Militare Egiziana) è una ricerca abbastanza complessa. Le immagini a disposizione degli appassionati non sono poi molte ma, comunque, dalle poche che si possono recuperare in rete si nota come i velivoli erano generalmente ben tenuti e poco usurati.
In linea con quest’analisi ho deciso di non calcare troppo la mano con l’invecchiamento del mio modello, limitandomi ad eseguire un paio di sessioni con la tecnica del Post Shading. A tale scopo i colori di base sono stati schiariti con qualche goccia di bianco in modo da simularne la desaturazione dovuta agli agenti atmosferici e all’impietosa azione del sole del deserto nord africano.
Sulle parti metalliche dello scarico mi sono sbizzarrito utilizzando varie tecniche: dapprima ho scurito il primo anello con dello Smoke Tamiya steso ad aerografo (attenzione a non esagerare poiché il pigmento copre davvero poco e si corre il rischio di scurire troppo il colore metallico di fondo! Meglio procedere gradualmente con passate leggere e ben diluite), successivamente ho ricreato l’effetto “cottura” del metallo sulla sezione a diretto contatto con i gas di scarico. Per far ciò ho preferito i pigmenti del Tamiya Weathering Set B, in particolare il Burnt Red e l’Oil Stain. Se usati con cura questi “gessetti” creano delle sfumature dolci che simulano perfettamente l’azione del calore associato ai residui di combustione (la classica fuliggine) del propulsore.
Successivamente ho steso due mani di trasparente X-22 Tamiya molto diluite e ad intervalli di circa trenta minuti l’una dall’altra; il lucido ha sigillato la mimetica sottostante e ha preparato le superfici per ricevere i lavaggi ad olio allo scopo di enfatizzare il bel dettaglio di superficie in negativo del kit. Per la parte superiore del modello ho mescolato in parti uguali il Bruno Van Dyck e il Nero Avorio della Maimeri, per quella inferiore ancora una volta il Nero Avorio con del Bianco di Marte in modo da ricreare un grigio medio non troppo scuro.
Fatto ciò, altre tre mani di X-22 Tamiya hanno preparato alla perfezione il fondo per le decalcomanie. Come già detto quelle da me usate provengono dal bellissimo foglio della scomparsa Afterburner Decal che, all’interno, contiene la bellezza di ventinove opzioni! Devo ammettere che, fino all’ultimo, l’indecisione sull’esemplare da riprodurre l’ha fatta da padrona… sono tutti uno più bello dell’altro!
Ad ogni modo le decal hanno una qualità più che buona, perfettamente stampate (dalla Cartograph n.d.r.), in registro e dai colori saturi. Lo spessore è un pochino troppo accentuato ma, una volta posizionate e dopo aver fatto ricorso ai necessari liquidi ammorbidenti (personalmente prediligo i Micro Sol e Set), le insegne si conformano alla perfezione copiando al meglio le pannellature sottostanti.
Carrelli e carichi esterni:
Anche le gambe di forza con i relativi pneumatici hanno ricevuto qualche mia attenzione. Prima di tutto, essi vanno verniciati con il medesimo colore delle superfici inferiori (il Light Blue), caratteristica, questa, comune a quasi tutti i Mig-21. I cerchioni, invece, sono dello stesso colore dei dielettrici – Gunze H-302.
Sempre in accordo alla documentazione in mio possesso, ho aggiunto delle tubazioni idrauliche mediante l’uso di fili di stagno di vario diametro. Le fascette che fermano i suddetti sono ricavati da striscioline di nastro Kabuki (nastro arancione Tamiya): sono già adesive e possono essere verniciate in modo da simulare alla perfezione le fasce metalliche.
Come già detto, gli pneumatici provengono dal set della CMK ma altro non sono che quelli da scatola assemblati e ristampati in resina; in compenso all’interno della confezione si trova una piccola lastrina foto incisa che contiene i dischi e le pinze dell’impianto frenante.
I portelloni forniti sono stati prontamente sostituiti da quelli in fotoincisione della Eduard, ben fatti e con spessori ridottissimi.
I missili aria/aria K-13/AA-2 Atoll (per la designazione occidentale) sono accessori prodotti dalla Eduard Brassin. In realtà essi sono degli AIM-9B, ma fanno comunque al nostro scopo; varie fonti, infatti, riportano che i cinesi vennero in possesso di un Sidewinder a seguito di un conflitto aereo avvenuto tra un Mig-17 e un Sabre taiwanese. L’F-86 lanciò un AIM-9B che colpì l’avversario ma non esplose. L’ordigno fu studiato e poi ceduto ai russi che ne iniziarono la produzione in serie apportando solo lievi migliorie.
Tornando al discorso prettamente modellistico, nella confezione la Brassin fornisce quattro Sidewinder/Atoll con il corpo in resina, le alette in fotoincisione e la testata a ricerca IR in resina trasparente. A prima vista i missili sembrano ben riprodotti, ma quando si vanno a montare le cupoline vetrate iniziano i primi problemi (queste, infatti, non combaciano granché bene). Anche l’assemblaggio delle alette non è dei più agevoli…. morale della favola? Risparmiate qualche soldo e investitelo per l’acquisto del Weapons Set Hasegawa che ne contiene qualcuno già pronto per l’uso!
Montaggio finale:
Tutto è pronto per archiviare anche questo Mig-21 “faraonico”. Prima di procedere al montaggio di tutte le parti precedentemente preparate, ho aggiunto una piccola bombola di colore bianco all’interno dello sfiato dello strato limite davanti all’abitacolo: questa, nella realtà, è caricata con circa cinque litri di alcool che funge da anti ghiaccio per il parabrezza. Il pezzo proviene dal mio magazzino “spare parts” e, più in particolare, è un avanzo di un set CMK dedicato al cockpit dello Spitfire.
Fatto ciò ho iniziato a montare e posizione il bellissimo “Air Data Probe” in ottone tornito della Master. Il sondino finale è in White Alluminium Alclad, mentre il resto è dello stesso colore della mimetica (sabbia).
Una mano finale di trasparente opaco Gunze H-20 ha dato la giusta finitura al modello.
Per ultimo ho, finalmente, liberato i vetrini dalle proprie mascherine, ho incollato il canopy in posizione rigorosamente aperta (completato con l’asta di supporto che lo collega al windshield e un cavo di ritenzione nella parte posteriore) e aggiunto le luci di navigazione sul bordo d’attacco alare (rossa a sinistra, blu a destra).
Conclusioni:
Pur rimanendo un occidentalista convinto, alla fine del mio lungo lavoro sono comunque rimasto affascinato da questo velivolo. Se prima di iniziare ero fermamente convinto che un Mig-21 sarebbe stata solo una breve e isolata parentesi nei miei gusti modellistici, forse adesso dovrò ricredermi…..!
Buon modellismo a tutti!
Valerio – Starfighter84 – D’Amadio.
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Valerio, ho riletto con piacere la “storia” di questo modello, apprezzandola ancora di più dopo aver avuto l’opportunità di ammirarlo dal vivo. Un valente modellista con la tua manualità, la capacità di escogitare soluzioni geniali (cono radar!!!) e la voglia di mettersi sempre in gioco (anche con un modello valido ma sicuramente non più allo stato dell’arte) non poteva che produrre un risultato degno della storia di questo velivolo.
Eccellente costruzione.
Un solo aggettivo…
Girolamo
[…] chiusura della parte anteriore della fusoliera, ho deciso di adottare il medesimo sistema usato da Starfighter84 sul suo Fishbed, per modificare e correggere il cono radar fornito nel kit. Con un tondino di Plasticard […]
[…] pannellature, ho utilizzato una miscela al 50% di Gunze H-25 e H-11, formula già impiegata da Valerio “Starfighter84” per il suo MiG-21 egiziano. Questo stesso mix, schiarito con qualche goccia di bianco, è servito per movimentare la […]