Girovagando nella rete mi sono imbattuto nel sito della casa produttrice Wingnut Wings e, scorrendone le pagine, sono rimasto rapito dalla bellezza senza tempo dei biplani presenti nel loro catalogo. Ogni aereo è un piccolo gioiello, riprodotto in ogni minimo particolare dai tecnici. Il fondatore della società è Sir Peter Jackson, famoso regista del Signore degli Anelli. E’ anche un grande appassionato di storia della Prima Guerra Mondiale e, tra le altre cose, possiede una società di restauro di aerei d’epoca: la Vintage Aviator. Con tali premesse era naturale che i modelli della Wingnut divenissero subito pietre di paragone per la fedeltà di riproduzione in scala dei più famosi velivoli della WW1.
Detto fatto, ho approfittato delle spese di spedizione gratuite e mi sono accaparrato il bel Bristol F.2b scala 1/32. Appena ho iniziato a sfogliare le istruzioni ricchissime di foto è stato amore a prima vista: immaginavo l’aereo in volo, vero e proprio veliero con le ali, impegnato in duelli tra le nuvole di un cielo di cento anni fa. Poi ho visto, tra le tante, un’immagine di un Bristol messo in moto con un Hucks Starter, una Ford T modificata per facilitare la rotazione dell’elica.
In quel momento ho deciso di iniziare a costruire il modello, ma non da solo, bensì inserito in un vero e proprio diorama completo di figurini.
Il kit:
Già al primo impatto si rimane estasiati dalla cura del packaging. Sulla scatola, con i bordi in inchiostro metallizzato, fa bella mostra di se un’accattivante box art dell’aereo (devo ammettere di averla conservata anche una volta finito il kit…).
Ma è aprendola che si rimane sorpresi: stampate che non hanno pressoché alcun difetto, set di fotoincisioni e infine le istruzioni, vero e proprio valore aggiunto al modello.
Infatti, oltre a una breve storia del F.2b, nelle pagine troviamo, affiancate a ciascuna fase di costruzione, delle foto prese da un Bristol restaurato. Un walkaround che ti prende per mano e ti segue passo passo, semplificando il lavoro del modellista. Inoltre sono presenti anche immagini d’epoca che, oltre ad essere bellissime, danno ottimi riferimenti storici su come erano gli aerei originali nei primi anni del ‘900. L’unico appunto che posso fare riguarda la grafica: i pezzi che compongono il kit sono disegnati in 3D e a volte si ha un po’ di difficoltà nel capire l’assemblaggio di alcuni particolari. Però è tale l’ingegnerizzazione del modello che gli incastri chiari e precisi permettono di fugare subito ogni dubbio. Non contento di tutto questo ho affiancato alla scatola anche un set di fotoincisioni della HGW (cod. 132051) per migliorare alcuni dettagli del cockpit, delle mitragliatrici e del rack porta bombe. Oltre a questo, mi sono procurato il necessario per la realizzazione dei tiranti: filo elastico della EZline, tondino di ottone da 0.5 mm di diametro e terminali fotoincisi della RB Production per riprodurre i ganci quadrati.
Il montaggio:
La pulizia dei pezzi non ha presentato difficoltà. Gli unici segni degli estrattori erano presenti al di sotto della pedana del cockpit e all’interno della fusoliera, in posizioni comunque invisibili. La scomposizione dello stampo impone di procedere, prima di tutto, alla costruzione delle parti principali (motore, ali, fusoliera, carrello) per poi passare al loro montaggio finale. Infatti, data la conformazione dell’aereo, sarebbe stato impossibile assemblare tutto e, successivamente, verniciare. Naturalmente ho iniziato dal cockpit, ed il seggiolino del pilota è stato il primo pezzo su cui ho operato con un pò di autocostruzione. Le istruzioni indicavano di eliminare delicatamente la plastica per far apparire il traforato della spalliera in Vimini ma, visto che il risultato non mi soddisfaceva, ho deciso di scartare l’intera parte e ricostruire la trama con filo metallico da 0.2 mm.
La struttura e il pannello comandi sono stati verniciati ad olio per ricreare le venature del legno. Inoltre, con del filo elastico e tondino di ottone da 0.5 mm ho ricreato i cavi tra i montanti.
In seguito ho iniziato ad assemblare i vari pezzi (seggiolino, cloche e serbatoio). Ho sostituito il supporto della pedaliera con una fotoincisione e aggiunto la tiranteria che va ai pedali e alla cloche. Inoltre ho auto costruito, con del rame, il tubo del serbatoio carburante da raccordare sotto al quadro strumenti (con relativo manicotto nero).
Assemblato tutto il cockpit, il risultato è stato un “modello nel modello” da posizionare all’interno dell’aereo (a malincuore…). L’unico difetto riscontrato riguardava la fotoincisione che doveva rappresentare la sacca posteriore porta oggetti; essendo troppo rigida ho preferito sostituirla con un pezzetto di foglio di stagno, molto più malleabile. Ho, inoltre, aggiunto dei tubi che vanno dal comando di selezione carburante del quadro fino al serbatoio. Infine, per evitare che il pilota si perdesse, ho inserito nella tasca due mini mappe…!
Le cinture sono quelle fotoincise fornite nella scatola, veri e propri gioiellini, colorate a pennello con colori Model Game Vallejo, così come il cuscino del seggiolino.
L’inserimento del cockpit all’interno della fusoliera ha richiesto una leggera stuccatura nelle giunzioni, a causa di un microscopico disallineamento delle due valve; si è formato un fastidioso scalino che ho dovuto affrontare armato di stucco e Mr.Surfacer 500 della Gunze. Per rinforzare la struttura, l’incollaggio è stato completato con qualche goccia di colla cianacrilica.
Sono, quindi, passato alle ali. Per la parte inferiore si indicava come colore il Clear Doped Linen da ottenere con il Tamiya Deck Tan XF-55. Non soddisfatto del risultato (troppo tendente al grigio), visto che da alcune foto il C.D.L. era più un crema- giallognolo (complice anche l’invecchiamento della vernice), ho preferito cambiare. A tale scopo ho utilizzato l’H-85 Sail Color della Gunze. Poi ho mascherato le centinature con del nastro Tamiya da 1.5 mm e usato un pò di Flat Earth Tamiya a cavallo del nastro stesso per evidenziarne le ombre. Una serie di mani successive di H-85 hanno smorzato il Pre-Shading, al quale ho aggiunto un po’ di Post-Shading al centro della centinatura con il solito H-85 schiarito con del bianco. Per variare il colore e dare l’effetto vissuto alla tela, ho aerografato qualche macchia giallognola con il Desert Yellow Tamiya e successivi ritocchi a pennello sulle parti in rilievo con colore ad olio marrone.
Per il resto dell’aereo la Wingnut indicava come colore il classico PC10, da ottenere con un mix 2 a 1 di XF-62 e XF-10 Tamiya. Questa tinta, nella realtà, era un verde che a causa dell’ossidazione virava presto su un marrone. Quindi, non esistendo un riferimento chiaro ed univoco, ho deciso di attenermi a quanto indicato nelle istruzioni. Anche qui dopo una mano di colore, ho proceduto con la mascheratura (usando il sopracitato nastro da 1.5 e 0.5 mm) della centinatura delle ali e della struttura lignea sotto la tela della fusoliera.
In seguito ho proceduto spruzzando una velatura, solo sui bordi del nastro, di colore base scurito con un pò di nero; successivamente ho attenuato le ombre con un velo di XF 62 e poi, solo al centro tra una centina e l’altra, ho schiarito le superfici usando il PC10 con l’aggiunta di poche gocce di bianco.
La fase delle decals non ha richiesto particolari accorgimenti, eccetto l’uso di ammorbidente per adattarle al meglio su qualche punto più difficile e non cancellare particolari in rilievo sulle ali. Le insegne sono di buona qualità anche se, forse, un pochino troppo spesse. Una volta applicate sono state desaturate con il solito colore di fondo schiarito per simularne l’invecchiamento. Ho usato anche del pigmento della Mig (Russian Earth e Graveyard Dirt) per sporcare e dare l’aria vissuta all’aereo, specie sotto l’ala inferiore.
Ho così iniziato una delle fasi più divertenti del modello: il motore.
Il bristol era dotato di un Rolls Royce Falcon, perfettamente riprodotto dalla Wingnut. Di per sé è già ricchissimo di particolari ma, preso dal sacro fuoco dello “scratch” (autocostruzione), ho pensato bene di complicarmi un pò la vita. Per prima cosa ho modificato la posizione delle candele sui cilindri che è errata, sostituendole con piccoli pezzi in Plasticard. Ho, poi, aggiunto le molle delle valvole inserendo del filo da 0.2 mm piegato a spirale intorno ad una punta elicoidale da 0.3mm. I cavi delle candele sono stati riprodotti con due fili di piombo da 0.2 mm intrecciati assieme. Ho usato il piombo e non il rame per ottenere un effetto più “morbido”. Altri interventi minori hanno riguardato alcuni manicotti di raccordo realizzati con nastro Tamiya verniciato in nero e stretto da anellini di filo metallico da 0.2mm, e ulteriori tubi che mancavano ai carburatori. Come colori ho usato l’Alluminium Alclad su cui ho eseguito vari lavaggi con Terra Bruciata ad olio e qualche goccia di Grease della Mig per simulare le colature di lubrificante.
Una volta finito ho fissato il motore alla fusoliera cercando di aggiungere tutti quelle tubazioni che si vedevano nelle foto. Alcuni s’inseriscono nella piastra metallica parafiamma su cui, in precedenza, avevo predisposto gli alloggiamenti (poi verniciati in rosso). Anche il serbatoio dell’olio è stato modificato aggiungendo un rubinetto e un tubo di sfiato. Le marmitte sono state verniciate con un mix di Burnt Metal e Copper Alclad e invecchiate con pigmenti Rust e Rocket Exhaust della Mig.
Concluse le varie parti principali ho assemblato la mitragliatrice posteriore Lewis.
Le uniche modifiche sono state il mirino e le fibbie del caricatore provenienti dal set HGW, e l’aggiunta della corda di supporto del meccanismo che ne permetteva il brandeggio.
A seguire mi sono dedicato al carrello. Una volta verniciato e invecchiato con lavaggi e pigmenti ho fissato i caratteristici cavi di gomma che servivano da ammortizzatore. Per farlo ho usato del filo elastico da cucito di opportuno diametro, colorato e usurato al punto giusto.
Infine ho affrontato le parti lignee dell’elica e dei montanti delle ali. Come al solito ho utilizzato gli oli su una base acrilica di XF-59 Desert Yellow Tamiya e “tirati” delicatamente con il pennello per ottenere le tipiche venature. Una volta asciugato l’olio ho steso un velo di Clear Orange Tamiya molto diluito per risaltare le linee del legno. Alla base dei montanti ho aggiunto anche del nastro Tamiya verniciato per simularne i rinforzi.
Finalmente sono giunto all’assemblaggio finale! Il Bristol ha la particolarità di avere la fusoliera che poggia su otto supporti che partono dall’ala inferiore. La peculiare forma costruttiva del velivolo ha comportato qualche difficoltà nell’allineamento delle ali con la fusoliera. Il modello è molto fragile ed è stato necessario applicare del collante a più riprese per rinforzarne la struttura.
Per montare l’ala superiore ho utilizzato un supporto in legno che ha tenuto in posizione l’aereo mentre incollavo i supporti.
La parte del lavoro che forse ha richiesto più tempo è stata quella del fissaggio dei tiranti. Per il cavo ho utilizzato il prodotto della EZ line, un filo da 0.15 mm che è molto elastico e resistente a patto di non fargli sentire neanche l’odore di colla ciano acrilica! In caso contrario si arriccia e diviene inutilizzabile. Per fissarlo alle ali ho realizzato dei piccoli anellini che ho incollato alla struttura. Per simulare i tenditori ho utilizzato del tubo di ottone da 0.5 mm e delle fotoincisioni della RB production, usandoli alternativamente in diversi punti dell’aereo.
Prima ho fissato i tiranti che corrono lungo la fusoliera e in coda.
Fissata anche l’ala superiore, ho proseguito con il resto dei cavi. Il procedimento ha richiesto molte ore di lavoro, fatto tutto in punta di “pinzette a spillo”! Per ogni tirante ho dovuto far passare il filo nel tenditore, poi nell’anellino e infine di nuovo nel tenditore dando la giusta tensione al cavo. Una goccia di ciano con molta attenzione per fissare il tutto e via così….
Dopo una novantina di anellini e corrispettivi ganci (e qualche diottria persa) ho messo la parola fine al Bristol.
I coprotagonisti del diorama:
Un elemento importante del set era l’Hucks starter. Non esistendo un modello già pronto, mi sono procurato una Ford T dell’esercito inglese della ditta RPM. Una volta aperta la scatola, però, ho constatato la pessima qualità della plastica. Inoltre ho capito fin da subito che avrei dovuto lavorare molto di autocostruzione. Ho mantenuto la sola parte inferiore con le ruote e il cofano motore mentre il resto è stato realizzato con Plasticard. Per la ricostruzione mi sono basato sulle foto in rete di esemplari restaurati tra cui quello conservato presso l’Imperial War Museum di Duxford.
Non è stato semplice trovare una catena (che trasferiva il movimento del motore mettendo in rotazione l’elica) adatta al modello: alla fine, ho risolto “cannibalizzando” un pezzo da un kit di bici da corsa riadattandolo con la curvatura esatta usando il calore di un asciugacapelli.
Infine un cenno ai figurini, della Tommy War e della Kellerkind Miniatures, tutti in resina e di ottima qualità. Per dipingerli ho usato i colori Vallejo Model vinilici.
Se per l’ufficiale dell’esercito e il pilota non ho avuto problemi nella colorazione, per i due RFC Soldiers (Royal Flying Corps) ho trovato molte discordanze sul tono da usare per le divise. Infatti, sebbene il colore dovesse essere il Khaki, in rete ho visto uniformi originali che andavano dal marrone chiaro al verde bottiglia. Alla fine mi sono deciso ad usare una tonalità marrone chiaro, ricavata da un mix uniforme inglese (70.921), di khaki e Md.824.
Per la basetta ho utilizzato una tavoletta di legno, rifinita con una cornice, su cui ho prima posizionato un piccolo “tappeto” di DAS e, in seguito, uno strato di pasta Vallejo Brown Earth per dare la tipica consistenza della terra. Ho trovato questo prodotto utile perché basta stenderlo a pennello (o con una spatola), aspettare qualche minuto che inizi a asciugare e poi, con le setole pulite, dare la texture che più ci aggrada semplicemente picchiettandone la superficie. Sono seguiti poi diversi lavaggi con varie tonalità di marrone e un leggero dry brush per schiarire le parti in rilievo.
Per l’erba ho utilizzato un prodotto sintetico, piantato con il classico attrezzo ricavato da una racchetta anti-zanzare, su uno strato di colla vinilica. Ho mescolato erba da 0.3 e 0.6 mm per non ottenere un campo da tennis troppo rasato ….
Infine, come elementi di contorno, ho costruito con listelli di tiglio la baracca degli attrezzi, le due scalette in legno e la cassetta con le bombe. Riunire tutte le parti sulla basetta è stato il momento più emozionante dove, finalmente, vedevo realizzata l’idea che avevo sin dall’inizio del lavoro.
In conclusione devo dire che montare questo kit Wingnut Wings è stato piacevole ma che impegnativo. Le difficoltà, però, non sono derivate dalla poca precisione degli incastri o difetti dei pezzi, bensì dalla necessità di valorizzare al meglio l’estrema accuratezza delle parti. Montando un biplano in scala 1/32 si è quasi costretti ad una maggiore attenzione ai particolari, e questo ha comportato un ulteriore lavoro di studio delle fonti fotografiche (facilitato, in parte, da quelle reperibili nelle istruzioni e nel sito della casa produttrice).
In definitiva, è stata una bella esperienza che mi ha riportato indietro di cento anni quando valorosi piloti sfidavano il cielo su ali fatte di legno e tela… poco più delle ali di cera di Icaro.
Buon modellismo a tutti!
Andrea “nannolo” Nanni.
FANTASTICO…..
Bellissimo!
in alcune foto è difficile capire che si tratta di un modello..complimenti
Cavolo, è stupendo!
Davvero i miei complimenti anche per l’ottimo articolo, è degno delle migliori riviste.
Il motore è un vero capolavoro.
meraviglia delle meraviglie…..
Veramente bello.
Impressionante! Complimenti, bravissimo!!!
Uaaauuuuuuuu Scommetto che mettendo benzina e munizioni sarebbe pronto a partire per una missione ….
Fantastico e penso un po’ da sadici ( tiranteria PERFETTA ) .
Qualche imprecazione sarà partita di sicuro ,ma ne è valsa la pena per un capolavoro da 10 e lode .
PS: volevo fare un biplano , ma visto il tuo penso che farà la polvere sullo scaffale ancora per un po’ .
Continua SEMPRE COSÌ .
Complimenti ancora . STUOEFACENTE tutto l’insieme .