Hawker Tempest, brevi note storiche – Nato dalle ceneri dell’Hawker Tornado, caccia destinato a rimpiazzare l’Hurricane nelle fila della RAF, il Tempest Mk.II ne montava il medesimo motore radiale Bristol Centaurus. Proprio l’esperienza sul Tornado permise lo sviluppo decisivo della nuovo velivolo inizialmente denominato Typhoon Mk.II, ma in seguito chiamato Tempest quando era oramai chiaro che le modifiche erano tali da portare allo sviluppo di una macchina praticamente diversa. Il prototipo della nuova versione, matricola LA602, compì il suo primo volo il 28 giugno 1943 e riportò immediatamente problemi di vibrazioni trasmessi dall’enorme propulsore doppia stella a 18 cilindri, successivamente risolti grazie all’adozione di supporti in gomma di tipo Silentbloc. Il nuovo Tempest si rivelò più prestazionale e confortevole rispetto al Typhoon, il “fratello” motorizzato con il Napier Sabre.

Esso costituì, insieme alle versioni tarde dello Spitfire e al De Havilland Hornet, l’asse portante della RAF del dopoguerra. Ne furono esportati anche 89 esemplari all’India e 24 al Pakistan. Ed è proprio un esemplare pakistano, appartenente al 14° Sqn. della RPAF, il soggetto di quest’articolo.

Il kit – Il kit nasce da una collaborazione tra Special Hobby e Eduard, ed è una gioia per gli occhi.

Le stampate sono esenti da difetti, con le superfici finemente incise e la presenza della rivettatura sia in negativo, sia in rilievo. Poiché il kit appartiene alla serie Hi-Tech della Special Hobby, all’interno contiene anche parti in resina come l’anello frontale del motore e una sezione laterale che può essere resa visibile eliminando i relativi pannelli in fusoliera (anch’essi in resina). Tra le parti “extra” figurano anche gli pneumatici del carrello principale e il ruotino di coda. Completa la dotazione una piccola lastra foto incisa con le cinture di sicurezza e le mascherine per il canopy in nastro kabuki. Ho comunque deciso di aggiungere qualcosa all’ottima dotazione della scatola dotandomi dell’abitacolo, dei vani armi e degli scarichi realizzati dalla Eduard nella linea Brassin, e delle volate dei cannoncini e del pitot realizzati dalla Master Model.

Montaggio – Il montaggio ha preso il via dall’abitacolo. Seppur gli elementi originali in plastica siano già abbastanza dettagliati, il cockpit della Eduard è un vero gioiello. La finezza e la quantità dei particolari lascia senza parole. Manca solo qualche cablaggio, ma per il resto si tratta di una copia perfetta dell’originale. La scatola si compone di circa sessanta pezzi in resina, una lastra PE e un piccolo foglio decal con le veglie da applicare sul pannello strumenti. Le istruzioni sono molto chiare, con disegni di dimensioni notevoli e spiegano passo passo il montaggio delle varie parti. La struttura tubolare è molto delicata e per questo motivo occorre prestare molta attenzione durante la rimozione dalla base di colata. Per fare ciò mi sono avvalso di una lama foto incisa mantenendomi, durante il taglio, il più vicino possibile alla materozza. È buona norma, quando si lavora con la resina, indossare guanti e mascherina perché e polveri di resina, se inalate, possono essere molto nocive alla salute.

Superata la fase del taglio, occorre rifinire i pezzi utilizzando bisturi, lime o carte abrasive di varie grane, sempre mantenendo i pezzi bagnati.

I componenti dell’abitacolo si incollano con la colla cianacrilica senza problemi, grazie anche ai pin di riscontro. La struttura principale si completa con alcune fotoincisioni quali manette e leveraggi vari.


Per facilitare le fasi di verniciatura è conveniente suddividere il montaggio del cockpit in tre sezioni: la struttura principale, la parte relativa al pavimento con pedaliera e cloche e gli elementi a sostegno del seggiolino. Per la colorazione mi sono affidato al RAF Cockpit Green AK RC293 che, a mio avviso, è molto vicino al riferimento fotografico.









Dalle prove a secco il tutto si inserisce in fusoliera senza problemi quindi Eduard, questa volta, ha fatto i compiti veramente bene! prima di procedere oltre occorre predisporre la fusoliera all’inserimento del motore in resina e, per fare ciò, è necessario tagliare via parte della cofanatura. In questo caso ho utilizzato l’incisore della Trumpeter come fosse un seghetto, continuando a incidere lungo la linea della pannellatura fino alla completa separazione del pezzo. Ci vuole pazienza ma il risultato è garantito.



Contemporaneamente, ho portato avanti i lavori anche sul vano armi. Nella confezione sono presenti entrambi gli alloggiamenti ma ho preferito montarne soltanto uno per lasciare intatta, almeno da un lato, la bella linea del Tempest. Anche in questo caso il set si compone di parti in resina e fotoincisione e, come già detto in precedenza, sono stampati a regola d’arte. Una volta effettuato il taglio dei pannelli sulle ali (i quali verranno sostituiti da altrettanti in resina di una finezza incredibile), la baia si applica senza problemi alla parte superiore dell’ala e non interferisce con la chiusura delle valve. Non occorre assottigliare nulla né perdere ore ed ore nel cercare di assottigliare gli spessori, tutto si incastra con estrema facilità. Terminata questa fase ho applicato le cornici e, alla fine, le armi con le relative munizioni. Per la colorazione, ho utilizzato vari toni metallici della Alclad II, enfatizzando i dettagli con dei lavaggi ad olio. Inizialmente avrei anche voluto modificare la posizione dei flaps per rappresentali estratti, ma un po’ per evitare di complicare eccessivamente il montaggio, un po’ perché non ho trovato foto che rappresentino esemplari a terra in questa configurazione, ho preferito non intervenire. Il resto del montaggio scorre via senza particolari intoppi, solo sul raccordo Karman e sulla giunzione inferiore tra ali e fusoliera è basta una piccola spennellata di Mr. Surfacer per sistemare le fessure. L’unico punto su cui fare attenzione è l’applicazione di alcuni trasparenti presenti sulle superfici inferiori. Sono più grandi delle sedi predisposte e, viste le dimensioni, quasi impossibili da rettificare con lime o carta abrasiva. Le più piccole le ho riprodotte col Crystal Clear, quella più grande l’ho convinta ad adattarsi a colpi di lima, anche se poi ho dovuto stuccare la giunzione con la colla cianoacrilica, levigarla e ridarle lucentezza con varie grane di carta abrasiva e pasta lucidante. Una volta incollato il blindo vetro e mascherato le zone già dipinte, ho ripassato con una punta di compasso alcune linee di rivetti che avevano perso profondità a causa delle lavorazioni effettuate.
Verniciatura e finitura finale – Ormai è mia abitudine dare una prima mano di Mr. Finishing Surface 1500 e in questo caso ho usato il grigio. Il primer permette di evidenziare eventuali difetti in fase di montaggio per poter intervenire prima della colorazione e, inoltre, è un’ottima base di ancoraggio per la vernice. Riguardo i colori, mi sono nuovamente affidato alla gamma Mr. Color che avevo già utilizzato in altre occasioni con ottimi risultati. Per iniziare, in previsione di effettuare successive scrostature, ho spruzzato una mano di alluminio della gamma Alclad II nelle zone interessate, sigillando il tutto con una velata di trasparente lucido. Sempre ad aerografo ho ricoperto il colore metallico con il Chipping Medium della Vallejo; quindi, ho iniziato ad applicare i colori, a partire dalle superfici inferiori, inziando con un pre-shading realizzato con un mix 60-40 di C375 JASDF Deep Ocean Blue e C370 Azure Blue. Ho, quindi, velato con diverse mani di C370 Azure Blue alle quali ha fatto seguito un leggero post-shading della tinta base schiarita con un 30% di bianco C62. A conclusione, delle ulteriori velature in Azure Blue hanno amalgamato gli effetti.






Il secondo step della colorazione ha riguardato il Middle Stone. In questo caso il pre-shading è stato effettuato con un mix 70-30 di C22 Dark Earth e C21 Middle Stone. Velature di riempimento in C21 puro e nuovo post-shading molto randomico con un mix 60-40 di C21 e C62 White.




A questo punto ho mascherato il modello con il Patafix per poter, poi, stendere l’ultimo tono della mimetica: il Dark Earth. Come già spiegato in precedenza, ho nuovamente utilizzato la tecnica del pre-shading scurendo il Dark Earth con qualche goccia di nero; poi velature della tinta base e post-shading finale ottenuto schiarendo la base con qualche goccia di Middle Stone.


Terminata la verniciatura ho realizzato le scrostature. Poiché la colorazione mi ha impegnato per diversi giorni, ho avuto qualche difficoltà nel far riattivare il Chipping Medium Vallejo anche perché le vernici lacquer creano uno strato più resistente rispetto ai classici Gunze della linea Aqueos. Tuttavia, con l’aiuto di acqua molto calda, la punta di uno stuzzicadenti e tanta pazienza, sono riuscito nell’intento. Le zone interessate sono naturalmente quelle più soggette al calpestio del pilota e degli specialisti, e all’attrito dell’aria e del pulviscolo come il bordo d’attacco delle ali e delle pale dell’elica. Alla fine, ho sigillato tutto con diverse mani di trasparente lucido che ha anche preparato il mio Tempest per l’applicazione delle decal. Queste appartengono alla nuova linea Eduard, in poche parole quelle “pelabili”; non mi sono fidato e ho preferito utilizzale all’antica, ovvero senza la rimozione del film superficiale anche perché quest’operazione desatura i colori delle insegne e li fa virare su toni davvero poco realistici. Ho dovuto faticare un pò per far copiare le pannellature che le decalcomanie hanno coperto ma, con l’uso di ammorbidenti e di uno stuzzicadenti (con molta delicatezza), alla fine ho ottenuto un bell’effetto “painted on”. Un ulteriore strato di trasparente lucido ha sigillato il tutto.



I lavaggi li ho eseguiti utilizzando colori ad olio, in particolare un grigio scuro per le superfici inferiori e terra d’ombra bruciata per quelle superiori. Sempre ad olio ho riprodotto colature e tracce di sporco. Altri effetti d’usura li ho ottenuti anche ricorrendo alle matite acquerellabili. La finitura finale al Tempest è stata ottenuta stendendo una mano di trasparente opaco.




Spero che questo resoconto vi sia piaciuto. Ci si vede sul forum di Modelingtime.com!
Un saluto dalla Sicilia,
Fabio Cannova







