martedì, Maggio 21, 2024

RA-5C Vigilante dal kit Trumpeter in scala 1/48.

E ‘innegabile che, tra tutti gli aerei imbarcati, il Vigilante è stato tra i più belli ed eleganti. Nato su iniziativa privata della North American per fornire un bombardiere con capacità nucleari e ad alte prestazioni, in sostituzione dello Skywarrior (un mio articolo lo trovate QUI), le soluzioni tecniche con le quali fu sviluppato erano all’avanguardia per i tempi (stiamo parlando dei primi anni ’50) e dettero vita ad un velivolo dalle linee aereodinamiche filanti e molto curate.

Innovativo era il sistema di sgancio dell’ordigno sistemato in una stiva interna e che scivolava fuori grazie all’apertura del radome posteriore. Altre novità riguardavano l’utilizzo delle prime versioni di prese d’aria a geometria variabile e del titanio per alcune parti strutturali, così da renderlo adatto ai voli in regime supersonico fino a mach 2 per i quali era destinato. La propulsione fu inizialmente affidata a due General Electric YJ79-GE-2 per le versioni da bombardamento AJ3-2 o A-5A che furono poi sostituiti, nella RA-5C, con i J79-GE-10.

Una scelta ugualmente innovativa fu attuata anche per il controllo delle superfici mobili, affidata ad un fly-by-wire affiancato ancora da un sistema meccanico per sopperire ad eventuali avarie. Dopo poco tempo dalla sua entrata in servizio, i mutamenti nella strategia della marina portarono il concetto di bombardiere nucleare imbarcato ad essere accantonato e quindi anche la produzione della nuova versione dell’A-5B fu interrotta con la trasformazione buona parte dei velivoli già realizzati in RA-5C.

Il modello:

Quando alcuni anni fa la Trumpeter mise in commercio il kit in 1/48 di questo soggetto, fui di sicuro uno dei primi ad acquistarlo con l’intento di costruire uno dei miei aerei preferiti. All’apertura della confezione la delusione fu piuttosto cocente, e le recensioni che iniziarono a comparire in rete furono piuttosto impietose. L’errore più macroscopico riguardava il muso, completamente errato nelle forme e proporzioni, le prese d’aria adatte per realizzare solo le prime varianti (completamente prive di condotti e grossolane nei dettagli), cono di coda e parte superiore della deriva principale errati. Per chiudere in bellezza rivetti, pannellature e linee di stampa degne del miglior carro sovietico degli anni ‘30. Con queste premesse, chiudere la scatola e buttarla tra le altre accatastate fu un attimo.

Qualche tempo dopo la Cutting Edge commercializzò un super set per la correzione dello stampo cinese e, naturalmente, non mi feci scappare l’occasione di acquistarlo; ad oggi mi pento di non averne presi due, dato che non è più reperibile se non a prezzi stratosferici. Per completare il tutto, da buon malato di detail set, presi l’abitacolo della Black Box (anche questo oramai introvabile), gli scarichi cod.4278 e il vano carrelli cod.4304 entrambi dell’Aires. Giusto per la cronaca, è ancora disponibile della stessa ditta il cockpit cod.4305 e, ultimamente, la Res Kit ha anche messo in catalogo le ruote con il set cod. RS48-213. Con tutto questo ben di Dio, preso dall’entusiasmo e con lo sprone di un altro amico appassionato di Vigilante, iniziai a tagliare le fusoliere per sostituirle con quelle del set in resina e provare i vari fit degli altri pezzi. È fatta, direte voi… invece no. Come tutti i modellisti che si rispettino, ho richiuso tutto dentro la sua bella scatola e lì e rimasto per diversi anni, fino a quando solito amico di cui sopra ha di nuovo stuzzicato la mia passione latente facendomi riprendere quest’avventura, perché di questo si parla quando si realizza un kit del genere. Come mia abitudine ho pianificato i lavori da effettuare e le soluzioni alle varie problematiche che affliggono il kit. Gli interventi hanno preso il via dalla fusoliera, già parzialmente lavorata in precedenza, che è stata tagliata fino alla parte posteriore del secondo abitacolo. Al posto dello stirene eliminato ho inserito i pezzi della Cutting Edge che hanno bisogno di un pizzico di attenzione per trovare il corretto allineamento (raggiunto inserendo anche degli spessori in resina). Per ottenere un incollaggio resistente e duraturo ho scelto la colla cianacrilica rinforzata con una polverina di microsfere.

Il secondo passaggio ha riguardato la modifica dell’abitacolo Black Box per alloggiarlo nelle semi-fusoliere Cutting Edge che, a loro volta, erano predisposte per i pezzi originali Trumpeter. Questa fase è stata piuttosto snervante poiché ho dovuto asportare parecchia resina (sia dalla vasca, sia dalle fusoliere stesse) per far sì che potessero chiudersi senza troppi problemi. E di prove, ne ho fatte parecchie!

Durante questi passaggi ho notato un errore nel set dell’abitacolo in resina, che presenta le piastre posteriori con le rotaie per l’espulsione dei seggiolini troppo alte rispetto all’allineamento visto nelle foto in mio possesso. Ho provveduto, così, ad abbassarle e portarle di poco sopra il poggiatesta dei seggiolini.

In parallelo, ho iniziato a preparare le prese d’aria e relativi condotti. Devo ammettere che il set della Cutting Edge era, già all’epoca, ben progettato. L’unico difetto è un leggero fuori squadro della parte inferiore, come si può vedere dalle foto, che deve essere carteggiata per asportare la resina in eccesso ed eliminare il gradino che si forma. Magic Dust (Microsfere), ciano, tanta lima e pazienza, hanno fatto il resto.

Un’altra fase delicata è stata far combaciare il vano carrello anteriore con la vasca dell’abitacolo per via della particolare forma del primo. Il set della Eduard l’ho escluso, proprio per l’impossibilità di trovare il giusto incastro con la wheel bay.

Per come è ingegnerizzato lo stampo, la gamba di forza anteriore deve essere montata necessariamente prima di chiudere le semi fusoliere, lasciandola così in posizione estratta e soggetta ad eventuali urti durante il montaggio. Per evitare rotture accidentali ho forato lo stelo nella parte superiore inserendovi un rinforzo in metallo che ho, poi, infilato in uno scasso praticato sul fondo del vano. Se vi può tornare utile, per mascherare l’ammortizzatore ho provato del comune nastro in teflon (quello per termo idraulica), che non è adesivo e non danneggia le vernici cromate.

Per quanto riguarda gli alloggiamenti dei carrelli principali, il lavoro di si è limitato ad inserire le tubazioni principali e piccoli particolari in Plasticard. Del resto, una volta assemblati i portelli, che a terra sono sempre chiusi (tranne che in caso di manutenzione) si vedrà ben poco.

Durante le prove a secco per inserire l’abitacolo, sono diventati evidenti i problemi di chiusura delle due semi fusoliere principali, che per la scarsa efficacia dei perni di riscontro non si allineano a dovere. Per rimediare, ho incollato delle strisce di Plasticard su entrambe le valve, così da creare degli inviti più sicuri.

La scomposizione del modello e piuttosto macchinosa ma consente di poter montare i motori in una seconda fase, risolvendo così i piccoli problemi di adattamento di cui parlerò più avanti. Prima di chiudere il tutto ho controllato il posizionamento del radome posteriore, quello che in origine era il portello del vano bomba a scivolo. A parte qualche piccola limatura, l’intervento è risultato più agevole del previsto.

Nella lista delle operazioni da eseguire vi era anche il dettaglio delle fotocamere presenti sull’aereo, ma assolutamente inesistenti nel kit. Grazie ad alcune foto recuperate nei libri, usati come fondamentale documentazione, ho ricostruito quella presente sotto il radome anteriore chiusa in una bolla di vetro rastremata a goccia. Per questa ho recuperato varie parti dalla banca pezzi, oltre a cannibalizzare il set di macchine fotografiche presenti nella scatola del Cougar della Kitty Hawk, che non avrei mai usato. La resa finale rende il modello di sicuro più realistico.

Dopo aver eseguito svariati controlli e verificato che la fusoliera si chiudesse senza problemi, ho iniziato la colorazione dell’abitacolo utilizzando prima un fondo con il colore nero satinato della Gunze Mr.Color, poi il Mr.Paint MRP-100 corrispondente al F.S.36231. La resina dell’abitacolo non è delle migliori, risultando leggermente sgranata nel dettaglio (caratteristica dei set di dettaglio di qualche anno fa).

Terminati tutti gli interni, ho iniziato ad assemblare la fusoliera anteriore che, come previsto, ha lasciato diverse piccole fessure lungo le giunzioni; queste sono state stuccate con la colla ciano acrilica, in abbondanza. Durante questa fase, ho avuto la conferma del problema già indicato in altre recensioni, ovvero, la spiacevole tendenza a “chiudersi” verso l’interno della fusoliera posteriore. Fino a poco tempo fa la ditta Nautilus commercializzava un set di ordinate in legno che serviva a rinforzare tutta la parte posteriore e ridargli la giusta forma, permettendo oltretutto il corretto allineamento dei motori. Non avendola presa in considerazione all’inizio, ho provveduto a risolvere il problema in maniera più casalinga utilizzando una gomma piuma deformabile, che si trova in alcune confezioni di lampade: l’ho tagliato nella misura necessaria inserendola all’interno e, una volta adattata alla zona vuota, l’ho impregnata di colla ciano per renderla rigida e non più mobile. Effettivamente questa operazione dà al modello una certa solidità e soprattutto, meno effetto vuoto, quando lo si maneggia. Il pezzo che rappresenta il complesso degli scarichi l’ho stuccato e rifinito con l’aiuto dello stucco bi-componente Milliput. A proposito, i condotti dei due motori J79 in resina vanno incollati leggermente disassati verso l’esterno – essi non sono paralleli alla mezzeria del velivolo. Per la loro verniciatura ho scelto i metallizzati Alclad su una base nera satinata e un lavaggio con i colori a olio, per dar loro quel tocco di realismo e usura in più.

Dalla foto si può notare anche un piccolo cubo di resina forata: l’ho aggiunto per dare maggior tenuta al perno della deriva evitando di renderla troppo delicata. A seguire ho incollato il pannello della zona motori/gancio di arresto. La successiva fase di carteggiatura mi ha consentito di ridurre anche la profondità delle rivettature e asportare le linee di stampaggio, presenti in prossimità delle parti arrotondate della fusoliera.

A questo punto ho lavorato sul contenitore installato sotto la fusoliera, detto canoa, che conteneva la fotocamera frontale, le due laterali e quella inferiore. Anche in questo caso le ho ricostruite, visto che nella scatola non se ne vede neanche l’ombra, partendo da cubi e tondini di resina recuperati dalle materozze dei set che di solito vengono buttate. Li ho lavorati fino a dargli la forma delle cinecamere e inserendole dopo aver incollato l’alloggiamento.

Anche in questo caso, ho dovuto eliminare delle linee di stampata dalle curve della carenatura… un vero delirio. Devo dire di aver visto stampate peggiori, ma i progettisti della Trumpeter si sono impegnati per complicare la vita di noi appassionati. Dopo aver ripristinato le pannellature che,

inevitabilmente dati i tanti passaggi invasivi, avevo perso, sono passato al montaggio delle ali. Non hanno riservato grosse sorprese, tranne le solite stuccature di rito e qualche striscia di Plasticard fino per compensare dei vuoti lungo il raccordo con la fusoliera. Unico dettaglio da non trascurare è il rinforzo (anch’esso in Plasticard) inserito tra la parte fissa e quella ripiegabile, così da evitare rotture durante eventuali spostamenti. Le superfici mobili e gli slat sono stati preparati sempre in questo momento, compresa la correzione della parte superiore della deriva con il relativo pezzo, presente nel set della Cutting Edge, che ne riproduce la corretta forma e angolazione.

Studiando il radome poppiero ho notato che il pod delle ECM (Electronic Counter Measures) posteriore stampato sul pezzo della Cutting, e presente su tutti gli esemplari delle versioni aggiornate o di tarda produzione, non era quello montato sull’esemplare che volevo riprodurre. Stranamente il mio soggetto, pur avendo il Bu.No. (Buzz Number, numero di serie) delle versioni “late”, montava il vecchio tipo di sensore. Sinceramente se non avessi avuto delle foto di riferimento sarei andato avanti con l’apparecchiatura più aggiornata commettendo un grossolano errore, ad ennesima dimostrazione di quanto non bisogna dare per scontato un dettaglio anche quando tutta la documentazione cartacea codici e direttive tecnico-produttive sembrano inoppugnabili (una foto dell’esemplare che ho riprodotto è ben stampata a pagina 23 dell’Aerofax Minigraph n°9).

Alla fine, facendo molta attenzione, ho asportato la carenatura non corretta dalla resina e, contemporaneamente, ho recuperato il pezzo corretto dalla plastica originale del kit.

Terminato il montaggio principale, sono passato alla parte più delicata di tutto il lavoro: i vetrini. Nel set di correzione sono presenti tutti e tre i pezzi stampati in una discreta resina trasparente il cui spessore, purtroppo, li rende troppo poco realistici oltre che a creare molta distorsione guardando l’abitacolo attraverso le parti trasparenti. Dopo attenta valutazione ho deciso di scartarli e modificare quelli forniti nella scatola che, essendo più lunghi, rende possibile asportarne gli eccessi per portarli alla giusta lunghezza (la larghezza è, invece, giusta). Per renderli ancora più corretti, ho stuccato i rivetti dei montanti, troppo evidenti, lasciandoli solo dove li vedevo nelle foto. Per completare l’opera, ho dettagliato il tettuccio anteriore con le fotoincisioni e l’interno del posteriore con dei fogli di alluminio adesivo e pezzi di recupero, così da riprodurre i pannelli protettivi e i due retrovisori laterali.

Dopo tante peripezie il modello è finalmente pronto per la verniciatura. I Vigilante hanno utilizzato il classico schema della U.S. Navy degli anni ‘70, Light Gull Gray F.S. 16440 per le superfici latero superiore e bianco F.S. 17875 per quelle inferiori e per le superfici mobili. Ho scelto un esemplare del RAVH-13 Bats (Bu.No.156608), imbarcato sulla portaerei Enterprise (CVAN-65) durante la crociera di guerra in Vietnam dal settembre del 1972 a giugno del 1973.

Tornando alla colorazione, per questo modello ho iniziato a ripassare con l’aerografo le pannellature con due colori, il Cocoa Brown Gunze H-17 e il nero opaco H-12 della stessa marca. Questa tecnica del pre-shading già in uso da tempo e rielaborata nel corso degli anni, dona ai colori finali una resa più variabile simulando bene anche l’usura. A mio avviso, funziona meglio su colori finali chiari che, stesi per velature, fanno risaltare il lavoro di fondo.

Una volta conclusa la preparazione, ho steso il bianco lucido acrilico della Gunze H-1 sui vari portelli della fusoliera, lavorandoli singolarmente così da creare una serie di differenze di tono. Terminato questo passaggio sono passato al Bianco FS.17875 sempre della Gunze, ma smalto della linea Mr.Color (C-316) aggiungendo velature leggere, fino a coprire la base e lasciare in evidenza le zone di sfumature diverse.

Attesa la completa asciugatura di almeno 24 ore, ho aerografato il Light Gull Gray FS.16440 della MR.Paint MRP-98 con lo stesso procedimento del bianco. Tra le due fasi di colorazione ho ultimato i carrelli e i relativi portelli per i vani dove, anche questa volta, sono dovuto intervenire con delle modifiche: dalle foto, infatti, mi sono accorto che sui portelloni del vano principale mancavano i chaff dispenser. Nel foglio della Zotz è presente una versione grafica del particolare, ma è poco realistica; così, ho recuperato dalle fotoincisioni avanzate due dispersori forati delle giuste dimensioni e aggiunto i caricatori interni in resina sagomati.

Per le ruote, ho optato quelle del kit che sono comunque corrette, anche se la Res Kit, come detto all’inizio di questo articolo, da qualche tempo propone delle ottime copie in resina.

A questo punto ho proceduto col post-shading schiarendo i colori di base in maniera disomogenea. Dalle foto del velivolo reale mi sono reso conto che la zona dorsale della fusoliera, in corrispondenza dell’attacco delle prese d’aria, era di un colore più scuro rispetto al resto. Parlando con il mio amico Fulvio (l’appassionato, citato all’inizio), siamo giunti alla ragionevole conclusione che durante il ciclo operativo era stata fatta un’importante riverniciatura della parte segnalata e altri ritocchi (che si possono vedere in corrispondenza del muso). Fatta questa variazione in corso d’opera sono passato al mio solito lavaggio ad olio “pesante” (come tono ho scelto il Bruno Van Dyck miscelato con del Grigio di Payne che porta il colore ad avere dei riflessi bluastri), così da evidenziare i pannelli ed i rivetti. Una vota finito il trattamento ho ripassato qualche velatura molto diluita di colori di base per stemperare l’effetto.

Per ciò che riguarda le decal, come mio solito durante la fase preliminare del progetto avevo acquisito due diversi fogli: uno della Aeromaster codice 48-732 e l’altro della Zotz codice 48-018. Mai cosa fu così buona e giusta!

Infatti, verificandone la correttezza tramite le immancabili foto, mi sono accorto che Aeromaster ha sbagliato la foggia del pipistrello sulla deriva ma, soprattutto, le dimensioni e forme del codice NK. Alla fine, ho utilizzato un mix dei due aftermarket per annullare le mancanze dell’uno e dell’altro. Lo spessore delle insegne, in entrambe i casi, non è trascurabile e sono serviti diversi passaggi di liquidi ammorbidenti per conformarle al meglio alle incisioni. Dopo un paio di giorni anche le decalcomanie sono state trattate con il colore a olio per uniformarle al resto del mio Vigilante in scala. Il montaggio di tutti gli ultimi componenti, compreso il pitot realizzato con due aghi ipodermici di diametro diverso, e il trasparente satinato della Alclad finale hanno concluso le mie fatiche.

Devo dire che vederlo realizzato sul tavolo da lavoro è stata una grossa soddisfazione. Le linee filanti del Vigilante sono una vera gioia per gli occhi. Spero di aver reso giustizia ad un aereo che, a causa dei pochi kit in commercio e non proprio di livello, è stato troppo trascurato negli anni. Un saluto a tutti e buon modellismo.

Ben Kit Modelling.

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1 Comment

  1. Molto molto bello. Un vero “lavorone” per raggiungere questo risultato che rende perfettamente le splendide linee di questo aereo.

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