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F-16C “Barak” Heyl Ha’Avir – dal kit Kinetic in Scala 1/48

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Il “Fighting Falcon” è da sempre tra i miei velivoli preferiti, con quelle forme così caratteristiche, le numerose versioni e le tantissime livree, uno dei progetti più longevi della storia Aeronautica.

Il Group Build 2015, dedicato alle forze di difesa israeliane, è stata un’occasione perfetta per realizzare uno degli esemplari più belli ad oggi ancora in circolazione: un F-16 C Barak!

Il soggetto appartiene allo storico 101 “First Fighter Squadron” identificato dal grosso teschio alato sulla deriva e costituito appena sei giorni dopo la dichiarazione di indipendenza di Israele nel 1948.

Qui il WIP completo!

Qui la gallery completa!

Kit di montaggio.

La scatola di montaggio utilizzata per questo progetto è la Kinetic K48012 nella scala del quarto di pollice. Essa è composta di dieci stampate in stirene grigio di cui una buona parte dedicata agli armamenti, più due per i trasparenti.  Inoltre spiccano alcune stampate di colore più scuro rispetto alle altre: Il motivo risiede nella strategia della ditta di Hong Kong di produrre uno stampo base comune a tutti le versioni e di aggiungere, di volta in volta, le parti specifiche in base alla variante proposta.

Di fatto a fine lavoro vi ritroverete tanti pezzi “spare” che non andranno assolutamente buttati! Anzi, custoditi gelosamente per qualche altro progetto futuro. La plastica utilizzata ha un aspetto rugoso, le linee di pannello in molti punti sono troppo profonde in relazione alla scala e la precisione degli incastri non è delle migliori (anche se, c’è da dire, Kinetic ha fatto grandi passi in avanti da quando mise sul mercato questo articolo nel lontano 2008).

Completa il contenuto un bel foglio decal (che permette di scegliere tra quattro esemplari appartenenti al 101 “First Fighter Squadron” ed al 105 “Scorpion Squadron”) stampato dalla Cartograf, e un inserto a colori che illustra l’andamento della mimetica e la posizione delle decalcomanie.

Aftermarkets.

  • Aires 4514 – Cockpit: In realtà già da scatola il cockpit è onesto, ma non resisto al dettaglio della resina e la ditta ceca è sempre una garanzia. Purtroppo ho dovuto sostituire il sedile eiettabile con uno di altro tipo.
  • Wolfpack 48092 – Ejection Seat: Grazie alla documentazione fotografica ho notato che la maggior parte dei “Barak” montano il sedile “ACES II” nella versione aggiornata più tarda. La differenza visiva fondamentale sta nei cuscini foderati con il tessuto simile alla lana rispetto alla solita cordura in toni di verde.
  • Aires 4439 – Wheelbay: La confusione di cavi e tubazioni che solo un set resina può rappresentare. Sull’F-16 il vano carrello è praticamente una porzione a vista della fusoliera inferiore.
  • Aires 4431 – Exhaust Nozzle. Dedicato al motore GE-F110. Lo scarico fornito dal kit ha una scomposizione petalo per petalo molto laboriosa da mettere insieme. Il kit in resina fornisce senz’altro un dettaglio migliore sia interno sia esterno, e un assemblaggio decisamente più agevole.
  • Brassin 648039 – Air Brakes: Bellissimi nel loro dettaglio. Viene fornito tra le fotoincisioni anche una specie di regolo che permette di posizionare i due petali degli aerofreni con il giusto angolo di apertura. Peccato che questo angolo si riferisca alla massima apertura possibile in alcune condizioni di volo, quando invece a terra l’escursione è molto meno ampia.
  • Master 48008 – Pitot tube & AOA probes: Sono più che convinto che questi prodotti sono ormai indispensabili. Belli, robusti e precisi.
  • Royale Resin R062 – Wheels: La scatola fornisce i corretti cerchioni per il Block 40 ma quelli contenuti nel set in resina sono stampati decisamente meglio.
  • Brassin 648029 – AIM-9M/L: Praticamente un modello nel modello, sarebbero belli anche da soli. La “Brassin” ha pensato a tutto e fornisce i quattro missili insieme ai tappi dei sensori, i nastri RBF, dei piccoli telai che aiutano a posizionare le alette nella giusta posizione e un foglietto decal. Nonostante tutti questi accorgimenti non è stato comunque facile mettere assieme tutti gli elementi.
  • Skunkmodels 48001- IDF weapons set: Ho acquistato questo set per i missili Python 4 prodotti esclusivamente dalle industrie Israeliane. La qualità del materiale e del dettaglio è discutibile, di certo non all’altezza degli standard attuali. L’aftermarket fornisce anche altre tre tipologie di ordigni per il bombardamento strategico utilizzati quasi esclusivamente dall’F-16I “Sufa”.

Cockpit.

Come già anticipato qualche riga più in alto il set della Aires sarebbe stato perfetto se non avessi avuto l’esigenza di cambiare il seggiolino. Unico accorgimento importante è di eliminare dalla vasca le rotaie di scorrimento per la sua espulsione perché il prodotto della Wolfpack ha già il particolare stampato sulla struttura.

Come di consueto ho fatto numerose prove a secco e, con piacere, ho constatato che la vasca si inserisce abbastanza bene e con pochi accorgimenti. Si è comunque reso necessario eliminare tutte le parti che nella foto a seguire sono evidenziate in rosso, inoltre devono essere limate il più possibile anche le zone laterali sotto le consolle per evitare che la fusoliera si deformi.

Passo adesso alla verniciatura: Il cockpit dei Barak è quasi del tutto nero opaco allo scopo di non interferire con l’utilizzo degli NVG (Night Vision Google). Quindi, sempre in accordo con la documentazione, ho verniciato quasi tutta la vasca in NATO Black Tamiya XF-69 lasciando in Medium Grey Tamiya XF-20 il fondo vasca fino alla pedaliera. Poi i vari particolari, come tasti (alcuni in giallo e rosso), tubo dell’ossigeno e dell’anti G (in Olive Drab), manette e cloche (sempre in XF-20). Dopo un paio di mani di lucido ho effettuato dei lavaggi molto diluiti tono su tono al fine di dare maggior volume all’abitacolo.  Una leggera lumeggiatura sui punti più a vista eseguita con la tecnica del dry brush (con colori ad olio) ha di fatto concluso la prima fase della costruzione.

A questo punto non resta che fissare la vasca e tutti i relativi accessori nelle loro posizioni utilizzando parecchia colla cianacrilica e aiutandosi con i riferimenti già presi durante le prove a secco iniziali. Più avanti nel montaggio sarà necessario stuccare le fessure che si formano con la palpebra del cruscotto e, soprattutto, nella zona posteriore dove ha sede il sistema di sollevamento del canopy.

Anche il seggiolino è stato verniciato con l’XF-69, a parte alcuni dettagli quali la bombolina dell’ossigeno in verde e le varie maniglie di emergenza/sicurezza in giallo. Le cinture, sempre in accordo con la documentazione fotografica, sono in un grigio medio. Ovviamente il sedile ha ricevuto un leggero “dry-brush” sugli spigoli della struttura, invece sull’imbottitura in lana nera ho dovuto forzare un po’ i contrasti per mettere meglio in risalto il bel dettaglio del tessuto.

Montaggio.

Come già scritto all’inizio di questo articolo la Kinetic ha ingegnerizzato il suo stampo in modo tale da poter aggiungere, a una base comune, varie componenti specifiche per ogni Block costruttivo. Per questo lungo tutta la fusoliera vi sono svariati punti in cui andranno aggiunti pannelli poco precisi nelle dimensioni, e che per forza di cose necessitano di stucco e di essere, poi, reincisi.

A mio avviso le zone su cui bisogna concentrare la maggior parte delle attenzioni sono:

  • L’integrazione della presa d’aria e dei vani carrello.
  • La giunzione tra troncone posteriore e anteriore della fusoliera, subito dietro il cockpit.
  • La porzione adiacente al radome.

Presa d’aria:

Esternamente la carenatura della presa d’aria è composta solo da due valve, più il labbro della bocca da unire successivamente. Aggiunta alla restante fusoliera inferiore completa la tipica forma semi tubolare dell’aereo che corre fino all’ugello di scarico.

Internamente il condotto dell’aria è formato da più sezioni da montare e che vanno dal bordo d’attacco dell’intake fino al primo stadio del compressore. Ovviamente questa suddivisione obbliga ad un accurato lavoro di stucco e rifinitura; data la scelta di utilizzare il set in resina della Aires, sulla parte esterna del condotto andrà eliminato il pozzetto del carrello in plastica.

La wheel bay Aires del carrello principale è concepita per formare la parte superiore del condotto della presa d’aria stessa ma, probabilmente complice il fatto che il set è studiato per il modello Tamiya, il pezzo lascia una fessura di almeno un paio di millimetri rispetto al resto del “tubo”; lo si può notare chiaramente dall’immagine a seguire:

Quindi, dopo qualche ora di riflessione, ho deciso di non impantanarmi in una ricostruzione inutile e di non chiudere il gap utilizzando ingenti quantità di Plasticard e stucco. Semplicemente ho utilizzato la porzione originale del condotto stesso (che ha ovviamente delle dimensioni più corrette) eliminando il vano già stampato; in seguito ho carteggiato ed eliminato buona parte della resina dal pozzetto carrello aftermarket al fine di ridurre gli spessori ed adattarlo al resto del complesso della presa d’aria, ma non l’ho incollato subito poiché esso andrà allineato con la fusoliera inferiore.

Per rendere l’interno della presa d’aria come fosse un pezzo unico ho prima incollato le due valve utilizzando una versione più diluita del MEC (metilchetone) ottenendo un incollaggio per fusione. Successivamente ho usato sia il Mr. Surfacer 500 lungo le giunzioni, sia il Milliput White Fine per chiudere le fessure che lo stucco liquido avrebbe riempito a fatica. Dopo aver atteso la completa asciugatura dei filler ho carteggiato l’interno con carte abrasive via via sempre più fini fissandole anche su manici di vecchi pennelli per raggiungere i punti più stretti.

Per rifinire il tutto ho acquistato in ferramenta un prodotto della Max Mayer, lo smalto brillante all’acqua, utilizzato per verniciare multi-materiali. Contenuto dentro un barattolo di latta, esso ha un aspetto denso e una volta asciutto crea una sottile patina quasi gommosa che si può rimuovere facilmente. È già di colore bianco, autolivellante e asciuga abbastanza velocemente ma non è carteggiabile e ha una finitura finale troppo lucida per i nostri scopi (basterà opacizzare il tutto alla fine del modello).

La tecnica consiste nel riempire di vernice fino all’orlo tutta la presa d’aria sigillando temporaneamente l’estremità posteriore, e lasciandola all’interno per qualche minuto. Trascorso questo lasso di tempo si svuota l’eccesso inclinando/ruotando il pezzo più volte al fine di stendere lo strato di smalto in maniera uniforme ed evitando anti estetiche colature.  Vi consiglio di non lasciare l’intake poggiato sul tavolo da lavoro perché vi ritrovereste con la tinta tirata da un lato e grossi grumi dall’altra. La prima applicazione non copre al 100% la plastica ma già alla seconda a la copertura sarà totale e l’effetto abbastanza soddisfacente.

Per l’asciugatura totale ho atteso qualche ora e solo dopo ho inserito dentro la bocca la lama del sistema antighiaccio. Il kit la fornisce in plastica ma appare assolutamente fuori scala quindi, copiando l’idea spudoratamente dal forum di Modeling Time, ho utilizzato un pezzettino di telaietto delle fotoincisioni tagliato a misura. L’effetto è bellissimo! In ogni caso è meglio dipingerla (in nero) prima di inserirla nel condotto per non sporcare il bianco circostante.

Ultimo passo prima di sigillare il condotto è la mascheratura del labbro che dovrà essere verniciato con il grigio di base. L’operazione risulta abbastanza difficoltosa per via delle dimensioni e della curvatura dei bordi, ma anche in questo caso ci viene in aiuto il versatilissimo nastro “kabuki” che tagliato in striscioline di circa due millimetri può essere facilmente steso lungo tutta la bocca. Come supporto ho usato uno stuzzicadenti sul quale ho arrotolato la strisciolina che verrà poi srotolata con cura. Infine un pezzetto di spugna sagomata a dovere ha sigillato il tutto dal rischio di “over spray” durante le varie fasi della verniciatura.

Torniamo adesso alla carenatura esterna della presa d’aria.

Le due valve e il labbro anteriore formano un involucro attorno al condotto che per un noto errore di progettazione è troppo stretto di alcuni millimetri. Ancora una volta l’utilizzo di stucco e Plasticard è obbligatorio con la conseguente re incisione di tutti i pannelli adiacenti.

Per fortuna il pozzetto carrello si adatta alla perfezione e non ha bisogno di particolari cure.

Nella foto si possono notare alcuni riscontri triangolari su entrambi i lati della carenatura. Se non avete intenzione di montare dei nav/targeting pod sul vostro F-16 eliminateli perché sul velivolo reale non sono presenti!

Guardando la documentazione fotografica mi sono accorto che mancava qualcosa in questa zona. Infatti, nella parte anteriore della presa d’aria davanti al pozzetto carrello, c’è un bulbo che la kinetic ha totalmente omesso nelle istruzioni. Esso, per fortuna, è comunque presente nella scatola (sprue OO pezzo 4) e va inserito essendo parte integrante del sistema di Radar Warning previsto dalla speciale suite avionica israeliana.

A questo punto ho finalmente innestato il gruppo della presa d’aria in fusoliera utilizzando pochissima colla.

Anche il vano carrello posteriore “fitta” in maniera egregia, basta incollarlo saldamente usando abbondante cianacrilico. Solo l’ultimo pezzo evidenziato in foto darà qualche grattacapo perché, dovendo convivere con la parte in resina, è troppo spesso.

A dirla tutta risulta anche poco preciso nella forma, necessita di stucco e di un po’ di Plasticard.

Fusoliera:

La fusoliera superiore è formata da due grandi tronconi che si congiungono su una zona della gobba piena di pannelli, rivetti e pozzetti di ispezione. Questi si dovrebbero allineare tramite una linguetta che serve per il centraggio e che, a conti fatti, non è affatto utile perché contribuisce a formare un vistoso scalino tra le due parti. Il consiglio è quello di eliminare detto riscontro e procedere ad incollare la fusoliera gradualmente e con attenzione al fine di portare tutto a filo (ed evitare tediose carteggiature che rovinerebbero il bel dettaglio di superficie).

Radome:

Prima di dedicarmi al cono vero e proprio mi sono concentrato sulla porzione di fusoliera subito adiacente. Sempre per la già citata politica Kinetic vi sono da aggiungere tre pannelli diversi a seconda della versione; anche in questo caso la precisione degli incastri non è ottimale, come denota la foto sotto:

Invece il radome è abbastanza preciso nella forma e non occorre adattarlo al resto della fusoliera.

Tra la lista degli aftermarket ci sono anche gli AoA probe e il pitot in ottone tornito della Master. Per collocarli nelle rispettive posizioni basta praticare dei fori nei punti di alloggiamento con un trapanino a mano, e poi fissarli con la colla cianacrilica. Personalmente, dopo aver bucato la plastica, ho messo da parte i pezzi in metallo per inserirli in momenti migliori in cui si maneggia meno il modello e le parti fragili sono meno soggette a rotture.

Grazie alla documentazione ho notato che la kinetic ha riprodotto solo in parte gli scaricatori per la dispersione dell’elettricità statica presenti lungo il radome. Per ricreare i mancanti ho utilizzato del comunissimo filo da pesca trasparente da 0.16mm fissato alla plastica con la colla liquida Extra Thin Cement della Tamiya. Una volta asciutti è bastata una leggera passata di carta abrasiva lungo i lati dei fili per eliminare i residui di collante. Altri particolari da cancellare sono le pannellature a forma di rombo stampate attorno i sensori dell’angolo d’attacco (AoA): queste in realtà non esistono è la forma che spesso si vede sui velivoli reali altro non è che il segno dei tappi che coprono le sonde (questo dettaglio ha evidentemente tratto in inganno i tecnici della ditta di Hong Kong).

Il resto dell’assemblaggio fila abbastanza liscio, con poco stucco e qualche inevitabile re incisione.

La deriva con la sua base, a condizione di fare qualche prova a secco, va al proprio posto senza problemi.

A proposito della base: anch’essa è differente da versione a versione, quindi scegliete bene i pezzi con documentazione alla mano.

Per l’appunto ho aggiunto un particolare che la Kinetic ha omesso, un piccolo air scoop per il raffreddamento avionico istallato nella parte finale della spina. Riprodotto con del semplice lamierino di rame e modellato tramite l’uso di uno stuzzicadenti, è stato fissato e stuccato con la solita cianacrilica.

Per completare la fusoliera nella sua interezza manca la sezione cilindrica che fa parte della gondola motore, subito adiacente ai petali dell’ugello di scarico. Purtroppo essa risulta, nel diametro, più grande e crea un fastidioso dislivello che ho ridotto carteggiando con grane abbastanza grossolane dopo aver incollato l’anello nel suo alloggiamento.

Poco distanti da questa zona ci sono, su entrambi i lati, le flood light circolari che sono più grandi dei pezzi in sprue trasparente forniti nel kit; giocoforza questi andranno stuccati. Il mio consiglio è di usare della colla cianacrilica che è trasparente e una volta asciutta è perfettamente carteggiabile. Poi basta usare delle comunissime dime per modellismo per reincidere la forma circolare delle luci.

Air brakes:

Sulla qualità del set Brassin non si discute, però ho incontrato non poche difficoltà al momento di posizionarli poichè i pezzi risultano sovradimensionati (problematica riconducibile, sicuramente, al fatto che l’accessorio è ideato per il kit Tamiya).

Dopo aver studiato le superfici mobili sono giunto alla conclusione che per adattarle alla loro nuova sede non potevo far altro che eliminare gran parte della resina. Le frecce indicano i punti più importanti dove intervenire, in più va limato lo spessore ai lati (di cui la parte più interna è una superficie curva). Inoltre una delle frecce evidenzia la parte finale (bombata) della bugna a copertura all’attuatore che aziona gli aerofreni; deve essere necessariamente ridotta per assumere le dimensioni simili al resto della forma stampata sul resto della fusoliera.

Dopo aver sistemato la parte fissa non bisogna dimenticarsi che anche le quattro superfici mobili devono essere adattate facendo delle prove a secco e limando i lati lunghi finché il risultato non soddisfa.

Concludendo, l’ultima foto mostra le angolazioni corrette (o meglio il più possibile corrette) degli air brake. Ovviamente il confronto è stato fatto visionando decine di foto, che per fortuna dei modellisti, sono parecchie per questo particolare.

Come già anticipato all’inizio dell’articolo fate attenzione alla apertura massima delle superfici aerodinamiche! la Brassin fornisce delle dime di riferimento per posizionarle ma seguendo il template si ottiene un angolo troppo elevato che è raggiunto solo in certe condizioni di volo. Quando i carrelli sono estratti l’avionica riduce di qualche grado l’escursione per evitare che gli aerofreni tocchino la pista.

Exhaust nozzle:

Lo scarico originale è stato sostituito dalla bellissima controparte in resina, pronta per essere assemblata e verniciata.

Il condotto interno è formato dalla girante della turbina e dalla corona del post bruciatore. Una volta dipinto l’assieme va incollato prima di chiudere la parte posteriore della fusoliera. I petali, invece, si possono incollare anche alla fine della verniciatura del modello.

Canopy.

I tettucci dei Barak hanno il caratteristico rivestimento anti UV e radiazioni color fumé che non è fornito nelle stampate del kit. Quindi ho dovuto tingerlo personalmente utilizzando il metodo che vi descrivo qui sotto:

Occorrente:

  • Cera lucida “Future”
  • Inchiostri da china con pigmenti idrosolubili e permanenti Windsor & Newton – colori Canary Yellow (come base) e Nero (per scurire).
  • Contenitori poco più grandi dei pezzi che si devono immergere.
  • Contagocce o siringa.
  • Fonte di calore.
  • Pazienza, molta pazienza!

Procedimento:

Preparare il canopy, o qualsiasi altro trasparente da tingere, lucidandolo il più possibile ed eliminando la linea di stampa centrale.

La parte difficile sta nel trovare la giusta proporzione tra cera e inchiostro. Nelle varie prove mi sono accorto che i prodotto Windsor & Newton, essendo idrosolubili, raggiunta la saturazione della soluzione precipitano e si depositano sul fondo del contenitore.

All’atto pratico se l’inchiostro è poco, sul trasparente si formeranno delle chiazze colorate e il resto delle superfici resta come in origine (effetto maculato). Se è troppo in fase di asciugatura si formeranno zone in cui si accumula in eccesso, per gravita soprattutto in basso e negli spigoli alla base dei frame. Consiglio di preparare i mix in boccette piccole e fare diverse prove annotando le percentuali dell’uno e dell’altro componente; quando sarete soddisfatti del risultato aumenterete in proporzione le quantità andando a colpo sicuro verso il risultato finale. Inchiostri e cera hanno il loro costo non proprio irrisorio, quindi meglio risparmiarli il più possibile!

Comunque, in definitiva, il rapporto tra cera e pigmenti è di circa 1:6. Il Canary Yellow ha un tono troppo chiaro e deve essere scurito col nero, ma attenzione! bastano pochissime gocce, quindi non esagerate.

Quindi, dopo aver ricreato la tinta, colorare il trasparente è un’operazione abbastanza semplice.

Il canopy, lucidato e pulito, va completamente immerso nella soluzione e lasciato “a bagno” qualche secondo; fatto ciò si estrare con delle pinzette. Di solito si poggia il pezzo ricoperto di cera su della carta assorbente per eliminare l’eccesso ma, in seguito all’esperienza maturata, mi sono accorto che in questo modo tendono a formarsi alcune zone più sature e la copertura non è omogenea.

Per ovviare al problema ho pensato di fare asciugare immediatamente la cera utilizzando una fonte di calore come una candela (meglio ancora una piastra ad induzione): in poche parole una volta tirato fuori il trasparente dal contenitore posizionatelo sopra la candela (alla giusta distanza mi raccomando) facendolo ruotare per distribuire la Future in modo uniforme mentre questa asciuga.

Dopo qualche minuto si può poggiare il pezzo sulla carta assorbente e lasciare asciugare per parecchie ore protetto dalla polvere.

Alla fine il canopy assumerà un aspetto molto simile al vetro e sarà possibile tirarlo a piombo delicatamente con del polish per aumentarne ulteriormente la brillantezza. È anche possibile mascherarlo e verniciarlo senza alcuna controindicazione!

Non si deve fare l’errore di immergere nuovamente il pezzo nella cera perché si dissolve l’inchiostro e si otterranno solo delle macchie. In caso di errori è bene decerare e ripetere l’operazione da capo.

Il cupolino fisso è stato trattato allo stesso modo scurendo solo leggermente la tonalità. Documentazione alla mano, infatti, ho notato che i “Barak” israeliani mostrano due colori diversi tra la parte mobile e quella solidale alla fusoliera.

Piccola parentesi sul montaggio: il pezzo è sottodimensionato di circa un millimetro rispetto al suo alloggiamento. Alla fine ho preferito incollarlo a battuta sulla piccola carenatura che raccorda il vetrino al dorso della fusoliera e ridurre la resina nella parte posteriore del cockpit per riportare gli ingombri in squadro come mostrato in foto.

Verniciatura.

Con un modello pieno di difetti e modifiche come questo è stato obbligatorio controllare le stuccature e gli accoppiamenti utilizzando il Gunze Mr. Surfacer 1000 come primer (diluito almeno al 70% con diluente nitro).

Questi sono i colori che ho utilizzato per realizzare la mimetica:

  • Gunze H-308 F.S. 36375 Grigio superfici inferiori e carichi.
  • Gunze H-307 F.S. 36320 Zone RWR, “tip launchers” e dielettrici (tranne il radome).
  • Gunze H-306 F.S. 36270 Radome.
  • Gunze H-310 F.S. 30219 Tan.
  • Gunze H-313 F.S. 33531
  • Tamiya XF-21 F.S. 34424 Light Green.

Per ciò che riguarda lo scarico, le tinte sono:

  • Alclad ALC-115 Stainless Steel
  • Alclad ALC-106 White Alluminium
  • Alclad ALC-104 Pale Burnt Metal
  • Alclad ALC-118 Gold Titanium

Successivamente alla mano di primer ho applicato il pre-shading sulle superfici inferiori. A seguire ho velato tutto con mani leggere e molto diluite di H-308 fino a raggiungere un grado di copertura che lasciasse intravedere la tecnica applicata sotto.

Per le superfici superiori, invece, ho iniziato come da teoria con il colore più chiaro – il sabbia H-313. In seguito, utilizzando il fidatissimo Patafix, ho delimitato lo stacco con il verde XF-21 (secondo tono applicato). Infine ho aggiunto il Tan H-310.

Ho concluso la fusoliera verniciando le zone RWR (Radar Warning Receivers), i piloni di lancio sull’estremità alare e i dielettrici avionici in Gunze H-307.

Il radome, nonostante le pubblicazioni affermino che sia dello stesso colore dei dielettrici, si scurisce molto durante la vita operativa a causa del rivestimento in neoprene che trattiene facilmente lo sporco. Per questo motivo ho ritenuto migliore un grigio più scuro (Gunze H-306) come base per un ulteriore invecchiamento.

L’anello prima dello scarico solidale alla fusoliera dalle foto appare di un metallo molto scuro, quindi la tonalità di Alclad più appropriata a mio avviso è lo Stainless Steel.

Engine Exhaust:

Dalle foto si nota che i petali interni subiscono in modo differente lo stress termico a causa della chiusura dell’ugello di scarico che nasconde alcune zone dal flusso caldo dei gas di scarico.

Quindi, prima di tutto, ho dato un fondo bianco opaco generale e successivamente ho differenziato con del bianco di base scurito con pochissimo marrone. Dopo una mano di trasparente lucido ho eseguito dei lavaggi mirati con del grigio e del Bruno Van Dyck ad olio. Sempre la solita tonalità di grigio scuro per le parti bianche e una tonalità marrone sul resto.

I petali esterni sono stati verniciati prima con un fondo a smalto nero lucido, poi con Alclad White Alluminium e velature leggere di Gold Titanium (diluito con nitro per aumentarne la trasparenza).

Le zone di retrazione sono state accuratamente mascherate con il nastro “kabuki” e poi verniciate con nero opaco acrilico. Ancora una mano di lucido trasparente ha preparato il fondo per i washing, sempre ad olio con tonalità di marrone abbastanza scuro, che hanno messo in risalto il bel dettaglio dei pezzi in resina. A completare la lavorazione ci ha pensato il dry brush in alluminio su tutto.

Wheel bays:

Ho iniziato dando un fondo di Gunze H-21 Off White per poi continuare a dipingere i particolari seguendo le foto della documentazione.

Più precisamente del nero per i cablaggi e alluminio per tubazioni idrauliche, per altri dettagli ho usato varie tinte metallizzate.

L’unico punto di colore è la batteria in azzurro.

Per dare la giusta profondità ai vani ho applicato nuovamente i lavaggi ad olio su base trasparente: ho scelto un grigio abbastanza scuro molto diluito con il thinner Humbrol (che asciuga in tempi abbastanza rapidi). L’opaco finale è stato dato con il carrello montato anche per nascondere eventuali tracce di colla cianacrilica che lascia un anti estetico alone lucido intorno al punto di incollaggio.

 

Weathering:

All’inizio del progetto non avevo intenzione di realizzare un velivolo molto vissuto ma, guardando e osservando lo stato attuale di usura dei Barak israeliani, non ho potuto resistere e ho cercato di riprodurre quanto più fedelmente i segni più comuni di invecchiamento.

Quindi sulle superfici superiori ho riprodotto un post shading abbastanza marcato schiarendo ogni tono della mimetica con varie percentuali (circa il 30% in media) di giallo e bianco.

 

Prima di usare gli olii per mettere in risalto le pannellature in negativo del kit ho, ovviamente, preparato la base lucidando il modello con il Tamiya X-22 diluito con la nitro all’80% circa.

I toni per i washing sono stati un grigio scuro per le superfici inferiori ed un Bruno van Dick, leggermente scurito, per quelle superiori.

A questo punto, dopo aver dato un po’ di movimento alle superfici ed aver enfatizzato i dettagli, ho iniziato a lavorare su ulteriori effetti: il radome già era stato verniciato con diversi toni di grigio, spruzzati a chiazze per dare l’idea di uno scolorimento casuale del materiale. In più, utilizzando una spugnetta a trama fitta ed un lavaggio ad olio poco diluito, l’ho “picchiettato” su alcuni punti per simulare lo sporco lasciato durante la manutenzione dagli specialisti.

La volata del cannone è stata resa più operativa simulando i residui della polvere da sparo spruzzando un grigio scuro diluito al 80%. Guardando meglio il modello mi sono accorto che il colore risultava troppo carico e ho cercato di smorzarlo velando con il verde di base diluito anch’esso al 80%.

Alcune zone sulla gobba, a ridosso dei pannelli di ispezione, nelle foto mostrano residui evidenti di liquidi (probabilmente carburante o olio idraulico) che fuoriescono da alcuni punti e, per azione aerodinamica, si allungano verso la coda. Li ho realizzati utilizzando pigmenti provenienti dai Weathering Set Tamiya B e D.

Infine ho riprodotto, sopra il ricettacolo della sonda RIV, le scrostature della vernice causate dagli urti del “boom” durante la fase del rifornimento in volo. Le ho ottenute semplicemente con un dry brush in alluminio molto scarico utilizzando un pennello a setole piatte e dure.

Sulla fusoliera inferiore lo sporco risulta più evidente a causa delle colature dei liquidi idraulici, drenaggi vari, getti caldi di scambiatori e “APU”.

Per cercare di simulare l’effetto aerodinamico ho steso il colore ad olio lungo le linee di pannello della gondola e, utilizzando un bastoncino cotonato, ho tirato via l’eccesso secondo la direzione del flusso.

Ho utilizzato almeno tre gradazioni differenti di grigio in modo da rendere meno monotona la sporcizia e amalgamare le tinte.

Invece a ridosso dei pozzetti carrello e di alcuni pannelli ho preferito una tinta gialla, simile al colore dell’olio idraulico, in piccolissime dosi. Questo è servito a riprodurre le piccole e tollerate perdite dei martinetti idraulici delle gambe carrello o di qualche raccordo.

Gli sfiati caldi, soprattutto sul portellino di scarico dell’APU in materiale metallico (che dalle foto appare abbastanza cotto e desaturato), sono stati simulati ad aerografo utilizzando un grigio medio.

Un invecchiamento molto più deciso invece caratterizza il serbatoio centrale da 300 galloni. Essendo carichi esterni intercambiabili tra i velivoli accumulano parecchie ore di volo ed appaiono spesso molto più logori. Quindi oltre alle colature di carburante e le chiazze di sporco dovute alla loro installazione, ho ricreato la vernice scrostata sull’ogiva del serbatoio. Come nella realtà, questa parte della tanica è in materiale metallico verniciato prima con un anticorrosivo (in XF-4 Tamiya) e poi con il grigio di base. Successivamente, con carta abrasiva molto fine, ho asportato la vernice fino a far comparire lo strato giallo e, solo sull’estremità, il fondo alluminio. Basta fermarsi al momento giusto.

 

Decalcomanie.

Le decal utilizzate sono quelle fornite nel kit e stampate dalla Cartograf in collaborazione con la Syhart-decals. Confortato dalla fama del produttore credevo che non mi avrebbero dato problemi… al contrario ho trovato difficoltà causa l’eccessivo spessore.

Ho dovuto usare parecchi liquidi ammorbidenti per ottenere un risultato accettabile e livellarle, dopo la posa, con mani generose di lucido.

L’inconveniente peggiore, però, è sul tono del grande stemma di reparto sulla deriva: il marrone scelto è davvero troppo chiaro e non si avvicina minimamente a quello corretto utilizzato per la mimetica. Sconfortato dall’imprevisto ho da subito pensato di ricreare delle mascherine ad hoc per sovra verniciare l’insegna ma, ben presto, mi sono reso conto che per i dettagli più piccoli del teschio le maschere sarebbero risultate inadatte. Perciò le ho disegnate solo per le ali utilizzando il nastro kabuki applicato sulla deriva e delicatamente tagliato sul disegno originale. Il resto invece è stato dipinto a pennello, diluendo molto la vernice e applicando molti strati. Il risultato non è dei migliori, ma alla fine, con altre mani di trasparenti, filtri ad olio e l’opaco finale, la situazione si è quasi normalizzata.

Attenzione anche alle istruzioni Kinetic poiché suggeriscono posizioni sbagliate delle decalcomanie (in particolare il gruppo di stencil che rappresenta gli avvisi di sicurezza attorno al canopy). La documentazione fotografica è sempre l’unica vera risorsa da prendere in considerazione.

Carrello di atterraggio.

Il carrello principale, da scatola, è realizzato in un unico pezzo. Quindi per adattarlo alla resina Aires bisogna necessariamente dividere le due gambe e fare qualche prova a secco.

Ho realizzato sia le condutture idrauliche che vanno verso il ceppo freno, sia i cablaggi elettrici.

Verniciate in Gunze H-21 (Off White) hanno subito un lavaggio in grigio medio dopo il lucido. Per pignoleria ho aggiunto una piccola decal di avvertenza sulle gambe di forza prelevata dal magazzino “spare part”.

Un piccolo intoppo lo ho avuto con il carrello anteriore dato che la Kinetic ha sbagliato la lunghezza del puntone di controventamento.

Quindi, con l’aiuto di qualche millimetro di Plasticard a sezione quadrata, l’ho allungata quanto basta per posizionarla con la giusta geometrica e inclinazione.

Carichi esterni.

Tanto belli da vedere quanto lunghi da completare!

La tanica da 300 galloni è da scatola e non necessita particolari attenzioni. Dell’invecchiamento ne ho parlato poco sopra.

Gli AIM-9L sono della Brassin, corpo unico in resina tranne le alette guida frontali che sono in fotoincisione. Non molto semplici da montare.

I Python 4 invece sono di una plastica orrenda, ruvida e vetrosa. Necessitano di qualche attenzione. Ho aggiunto inoltre delle alette, che fungono da sensori “AoA” non previsti dalla scatola di montaggio e realizzati con del plasticard.

Su entrambi ho utilizzato Alclad “Stainless Steel” Al-115 per le testate, ed il grigio FS 36375 per il corpo.

Le due GBU 31 JDAM sono fornite nella scatola Kinetic (quelle montate da me sono di una scatola Academy) e hanno il corpo in Gunze H78 (Olive Drab 2), la struttura e la sezione di guida in grigio FS 36375.

Ultimi dettagli.

Due mani abbondati di opaco Gunze H20, diluito sempre con la nitro, hanno sigillato le superfici e dato la finitura finale al modello. Ho aggiunto il seggiolino, la cloche, e il delicatissimo HUD all’interno dell’abitacolo fissando, poi, canopy con colla cianacrilica.

Sul radome ho posizionato sensori “AoA” e sui piani di coda/flaperon/timone direzionale i nove dispersori di carica elettrostatica realizzati con del semplice filo d’acciaio da 0,05 mm.

Una piccola spennellata di lucido su tutte le luci di navigazione/posizione e finalmente posso decretare concluso il mio Barak!

È stato un lavoro lunghissimo, non tanto per la qualità del kit o per le numerose modifiche, ma quanto per varie vicissitudini personali che hanno dilatato enormemente i tempi. Ci sono stati momenti in cui ho pensato di mettere tutto da parte in attesa di tempi migliori, ma portarlo a termine nonostante le tante disattenzioni, è sempre stata una questione personale.

Alla fine il modello si fa guardare, si fa anche criticare, ma è il bello del modellismo sano…imparare dai propri errori.

Non credo che farò un altro F-16 nel immediato futuro, nonostante resti un velivolo affascinante e bello anche da veder volare.

A presto e buon modellismo a tutti.

Luca “Madd22” Miceli

 

Il Demone – Nakajima KI-44 “Tojo” dal kit Hasegawa in scala 1/48.

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Ci casco sempre. Ogni qual volta mi avvicino al mio armadio dove conservo le scatole mi basta vedere delle Hinomaru per capire che il prossimo modello che realizzerò sarà quello un altro velivolo del paese del Sol Levante! Mimetiche accattivanti, storia affascinante e forme elegantissime…e mi dico, facciamo questo “sforzo”!

Questa volta ho il piacere di presentarvi quello che i giapponesi chiamavano il demone (Shoki), e gli alleati “Tojo”. Il Ki-44 oggetto di questo articolo appartenne al Capitano Yukiyoshi Wakamatsu durante il 1943 e fu stanziato in Cina. Dopo aver reperito sul web la sua foto originale me ne sono letteralmente innamorato!

Immagine inserita a scopo di discussione – fonte http://www.warbirdphotographs.com

Il Kit:

La scatola da me utilizzata è l’unica sul mercato per riprodurre un Ki-44 in scala 1/48, ovvero la JT37 della Hasegawa. Un ottimo prodotto, ricco di dettaglio e con pezzi ben stampati come la ditta giapponese ci ha abituato da anni. Ho trovato questo kit presso una bancarella durante il Model Expo di Verona del 2017 insieme a due miei cari amici del forum di Modeling Time, Jacopo e Mattia, che saluto con piacere!

Non sono solito procurarmi degli aftermarket per i miei lavori poiché reputo la sana autocostruzione molto più divertente, ma questa volta ho fatto una piccola eccezione e mi sono concesso tre piccoli “regali”:

  • Eduard PE-163: fotoincisioni di base, ottime per arricchire il cockpit.
  • Eduard EX-087: mascherine pretagliate per canopy, comode e pratiche.

Il Work In Progress lo trovate QUI!

Montaggio:

Lo stampo, sebbene abbia diversi anni sulle spalle, si difende ancora bene! Fin dalle prove a secco delle varie parti si evince la buona precisione dei vari pezzi.

Come di consueto ho iniziato i lavori dal cockpit e, grazie alla (poca) documentazione disponibile su questo aeroplano, ho aggiunto qualche cavetto utilizzando del filo di stagno di diametri opportuni. Le fotoincisioni, invece, hanno particolarmente giovato al realismo del cruscotto soprattutto per ciò che riguarda la strumentazione stampata sul classico foglietto di acetato (ricordatevi di verniciare il retro in bianco per mettere bene in risalto le varie lancette).

Il cockpit è stato dipinto ad aerografo con il Nakajima Green C-127 della Mr. Color dopo aver ricevuto una base nera per enfatizzare le ombre e poi le luci (tecnica del black basing). Trovo questa tecnica molto adeguata per tutti quelle zone che alla fine rimarranno un po’ nascoste all’interno della fusoliera.

Dopo il colore di base l’abitacolo ha ricevuto le canoniche mani di lucido acrilico Tamiya al fine di proteggerlo dai lavaggi eseguiti con colori ad olio. A seguito di due mani di opaco H-20 Gunze mi sono divertito parecchio con la tecnica del dry brush per mettere in risalto sia le veglie degli strumenti, sia i vari dettagli in rilievo sulla vasca e le paratie laterali. In particolare su quest’ultime ho dato maggior volume alle centine verticali usando il Nakajima Green della Vallejo che ho trovato più chiaro del Mr. Color.

Il montaggio della fusoliera e delle ali scorre via veloce e senza particolari intoppi. Ho comunque eseguito tantissime prove a secco per verificare gli allineamenti dato che il modello sarà verniciato, come base, quasi interamente con l’Aluminium AK – un colore che mette in risalto anche la più piccola imperfezione. Le fessure che inevitabilmente si sono formate le ho stuccate mediante colla cianacrilica (se carteggiata e lucidata a dovere assume la stessa consistenza della plastica).  Per arricchire le superfici esterne del modello ho usato nuovamente le PE Eduard che sono ottime per simulare le griglie degli sfiati.

L’unico elemento che ha fatto fatica ad adattarsi è stata la naca motore; la stessa formava un gap abbastanza vistoso rispetto alla fusoliera e che ho dovuto colmare con del Plasticard e la solita colla cianacrilica come potete vedere dalla foto in basso.

Per eliminare graffi e lucidare le superfici ho utilizzato carte abrasive di varie grane (anche sottilissime – dalla 2000 alla 8000), sempre nell’ottica di non lasciare intravedere difetti sotto il successivo strato di metallizzato.

Il ruotino di coda è un po’ scarno ed è doveroso aggiungere qualche particolare grazie a del filo di stagno da 0.25 mm, come mostrato nell’immagine seguente.

Ho rifatto da zero anche il tubo di pitot utilizzando un rod di ottone con un diametro opportuno in modo tale da poter inserire un filo di rame per simulare il terminale della sonda.

Il Tojo montava un potente motore Ha-109 da 1.520 CV. Da scatola è più che onesto, ha un dettaglio notevole e bastano solo i fili delle candele per renderlo ancor più realistico.

Per la colorazione del propulsore ho preso spunto da una nota rivista spagnola. Ho steso una base nera e, dopo, una mano di Aluminium AK. Poi ho colorato la campana della scatola ingranaggi utilizzando un blu molto carico a pennello e vari dry-brush in Azur-Blue e Light-Blue Vallejo. Ho verniciato anche i cavetti delle candele e fatto un leggerissimo dry-brush sulle aste dei bilancieri. I collettori di scarico li ho invecchiati e bruniti grazie al set Lifecolor “Dust & Rust” che mi è stato gentilmente regalato dall’amico del forum Rosario!

Naturalmente anche il canopy ha ricevuto il solito trattamento con la cera acrilica Future che fa assumere ai trasparenti una limpidezza e una brillantezza invidiabile.

I vani carrello e portelli vari hanno ricevuto ancora una volta una base nera e poi successivamente l’Aotake C57 Mr. Color. Ottimo come tonalità, promosso a pieni voti!

Concluso il montaggio, divertente e senza troppo stress, ho verificato la bontà del lavoro fatto stendendo su tutto il modello una mano di Mr. Finishing Surfacer 1500 Black della Gunze (diluito al 70% con la nitro) che ha funzionato anche come base per l’Alluminium.

Verniciatura:

E finalmente posso parlarvi della verniciatura! Dopo aver steso il primer della Gunze ho carteggiato con cura tutte le superfici con carta abrasiva 2500 bagnata per ottenere una finitura ancora più liscia ed omogenea. Per questo genere di lavorazioni il Finishing Surfacer è una vera mano santa perché rimane compatto, non si sfoglia e al tatto è davvero setoso.

La difficoltà di questa mimetica, oltre che nel saperla riconoscere visto la foto in b/n che aiuta davvero poco, è la riproduzione del tipico pattern di macchie verdi che erano applicate direttamente sul natural metal del velivolo. L’effetto non era troppo fitto e lasciava e lasciava intravedere il metallo sottostante.

Come vi avevo anticipato, ho utilizzato il colore AK-479 Aluminium e dopo la sua stesura ho aspettato circa una settimana per sottoporre le superfici ad altri trattamenti. Purtroppo le tinte AK molto fragili e sopportano male sollecitazioni e mascherature, quindi è opportuno attendere che si asciughino per bene onde evitare spiacevoli sorprese!

Sopra al metallizzato ho riprodotto lo schema utilizzando il Tamiya XF-70 e cercando di creare una trama non troppo caotica. Poi ho aggiunto degli spot con il Gunze H-312 e con il Tamiya XF-64 Red Brown. Quest’ultimi due colori, come sono solito fare oramai da qualche tempo, sono stati diluiti minimo all’80% utilizzando la nitro antinebbia che dà degli indubbi vantaggi (colori più coprenti e che non asciugano rapidamente come quando si utilizza l’alcool o derivati).

A seguire ho realizzato:

  • Il pannello antiriflesso in Nato Black Tamiya XF-69 leggermente schiarito per simulare un po’ di usura. Fondamentale è stato il nastro Tamiya Masking Curve date le superfici curve del kit.
  • La zona di calpestio che ha ricevuto il medesimo trattamento del pannello antiriflesso.
  • Le bande gialle che sono state realizzate con il Giallo Tamiya XF-3 tagliato con una puntina di rosso per rendere più calda la tonalità.
  • Le zone telate per cui ho scelto il Tamiya XF-76.

Ciò che ha richiesto parecchio lavoro è stata la realizzazione delle insegne giapponesi. Fondamentale è stato l’utilizzo del compasso Olfa per ritagliare le mascherine circolari da apporre sulle ali e sulla fusoliera. Prima della stesura del rosso (quello da me scelto è l’XF-7 Tamiya), consiglio sempre di utilizzare una base bianca opaca per rendere il colore più coprente ed evitare che si formino spessori della vernice.

Dopo aver realizzato le Hinomaru, grazie alla foto da cui ho preso spunto, ho notato un sottile bordo in alluminio lungo i contorni delle insegne di nazionalità e dello stemma in coda; riprodurlo non è stato semplice e mi ha portato via un bel po’ di tempo, ma era un molto visibile e che non poteva essere di certo tralasciato.

Prima di chiudere il capitolo mimetica ho realizzato, mediante la solita penna gel color argento, qualche piccola scrostatura sui punti più soggetti ad usura quali, ad esempio, le zone di calpestio sulle ali.

Terminata la verniciatura ho steso ad aerografo circa tre mani di lucido Gunze H-20 diluito con nitro per preparare le superfici ai lavaggi, tecnica fondamentale per donare profondità alle pannellature e ai dettagli incisi. Ho fatto riposare il modello per almeno 24 ore e, allo scadere, ho usato marrone scuro ad olio per le superfici superiori ed una tonalità sempre terrosa ma più morbida per quelle inferiori. Le perdite e colature d’olio le ho simulate, invece, con i prodotti della AK creati ad hoc per i soggetti aeronautici.

Il mio Tojo in scala non ha ricevuto il classico opaco come finitura finale, bensì un satinato per non far perdere troppa lucentezza al metallizzato rendendolo “grigio”. Ho utilizzato un mix di trasparente lucido e opaco della Gunze in proporzioni circa 70 + 30. Sul pannello antiriflesso e superfici mobili, al contrario, ho utilizzato il flat clear puro.

L’elica è stata verniciata in Red Brown XF-64 Tamiya su base di Aluminium AK al fine di simulare, alla fine del procedimento, delle scrostature; le tip sono state completate con il giallo opaco XF-3 Tamiya.

Quando ho dipinto le ruote ho approfittato per fare un piccolo esperimento. Ricordo il video postato dall’utente del forum Aurelio/FreestyleAurelio sull’utilizzo delle polveri per l’invecchiamento. Dopo aver creato un mix tra pigmenti Vallejo (con toni terrosi) e diluente sintetico Humbrol, con un pennello carico ho invecchiato il battistrada dello pneumatico facendo scorrere il mix per capillarità. Dopo che il diluente è evaporato del tutto sui pezzi è apparso un gradevole effetto polveroso. Ho ripetuto la stessa tecnica l’ho applicata pedissequamente anche il ruotino di coda.

Le zone di pericolo delle carenature degli ipersostentatori le ho completate a pennello con il rosso Vallejo.

Infine, ho aggiunto l’antenna con il relativo filo elastico della SBM colorato in nero ed il relativo isolatore e ho realizzato il fumo dei gas di scarico ad aerografo. Sempre tramite le polveri Vallejo ho anche simulato i residui di polvere da sparo delle armi.

Il modello si può ritenere concluso! Non nascondo che è stata una delle mie avventure modellistiche più complesse dal punto di vista della ricerca storica; quando si affrontano velivoli giapponesi reperire foto e informazioni è sempre difficoltoso. Importantissima è stata la presenza degli amici del forum di Modeling Time e dei loro preziosi consigli ricevuti durante il Work In Progress. Grazie a loro sono riuscito a dipanare molti dubbi che ho avuto durante la costruzione. Spero che l’articolo sia stato di vostro gradimento e spero di trovarvi presto sulle pagine di MT! Adesso, cosa aspettate ad aprire il vostro primo WIP?!

Saluti dallo Stretto di Messina!

Roberto “rob_zone” Boscia

L’articolo completo del mio Ki.61 lo trovate QUI!

Video Tutorial: Come Pulire il vostro Aerografo (versione 2.0).

Dopo 8 anni esatti dalla prima guida, torno con un nuovo e più aggiornato tutorial su come pulire il vostro aerografo!

In questo video cercherò di mostrarvi la procedura di smontaggio e pulizia completa che consiglio di eseguire ogni qual volta lo strumento non viene utilizzato per un periodo abbastanza lungo (circa 6/8 settimane). Se prevedete di utilizzarlo ad intervalli più regolari suggerisco comunque di smontare le parti principali quali ago, corona, copri duse e duse, e  di eliminare qualsiasi traccia di vernice residua su di esse e nella coppetta (in questo caso seguite principalmente gli step 1, 2, 3, 6, 8 e 9) dopo ogni sessione di verniciatura. Pulizie parziali o semplici spruzzate di diluente ad alta pressione non rimuovono eventuali residui che, a lungo andare, potrebbe otturare i condotti interni e bloccare i meccanismi.

Non abbiate timore nel disassemblare il vostro aerografo, basta prendere solo un pò di confidenza con le varie sequenze. Vedrete che dopo aver fatto la giusta esperienza vi basteranno dieci minuti al massimo per pulirlo e mantenerlo efficiente negli anni!

Alcune doverose raccomandazioni:

  • Nel video noterete che il diluente utilizzato per la pulizia è la nitro anti nebbia. E’ un solvente in grado di sciogliere qualsiasi tipo di vernice usata nell’ambito del modellismo (acrilici, smalti, lacche e vinilici) ma potrebbe intaccare le guarnizioni in gomma di alcuni modelli (come ad esempio i primi Fengda entrati in commercio). Perciò sinceratevi che la vostra aeropenna non utilizzi questo tipo di materiale! al contrario la nitro non rovina gli o-ring in teflon o neoprene impiegati su prodotti di fasce qualitative più alte (ad esempio Iwata, Badger, Harder & Steenbeck… ma anche alcuni cloni cinesi di nuova generazione).
  • L’aerografo è uno strumento di precisione, per questo deve essere trattato con attenzione! alcuni componenti sono molto delicati e potrebbero danneggiarsi a seguito di urti e/o cadute accidentali. Prestate cura quando sfilate l’ago e smontate la duse perchè essi sono i componenti più delicati.

Buona visione, e lunga vita ai nostri aerografi!

Valerio “Starfighter84” D’Amadio.

CLICK QUI PER IL LINK DIRETTO AL VIDEO!

Video Tutorial: Rimuovere graffi (e linee di stampo) dai trasparenti.

In questo Video Tutorial spiegheremo come eliminare i graffi e le linee di stampo dai vostri trasparenti o canopy. Quante volte avete rischiato di di cestinare un intero modello per il vetrino rovinato o danneggiato? grazie a questa guida scoprirete recuperare i danni e le imperfezioni che inficiano la limpidezza del pezzo è più facile di quello che pensate!

I materiali utilizzati sono i seguenti:

  • Limetta da unghie a tre grane: 600, 800, 3000 (tampone lucidante sul retro).
  • Limetta a due grane: 1200, 3000 (tampone lucidante sul retro). Entrambe le lime si possono acquistare nei negozi di articoli per bellezza e cosmetica femminile o, più economiche, on line.
  • Spugnette abrasive God Hand Tool grana 6.000, 8.000 e 10.000.
  • Tamiya Polishing Compound COARSE; FINE e FINISH.
  • Cera acrilica Pledge “FUTURE”. Se non ne siete in possesso può essere sostituita con la cera LIVAX 20 Carati come spiegato QUI o QUI! 
  • Tamiya Modeling WAX.

Buona visione!!

Valerio “Starfighter84” D’Amadio.

CLICK QUI PER IL LINK DIRETTO AL VIDEO!

Tojo Eats Shit! F4U-1 Birdcage Corsair dal kit Tamiya in scala 1/32.

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Dopo tanto tempo ho deciso di mettere in cantiere uno dei più bei kit della Tamiya: il magnifico Corsair Birdcage in scala 1/32.

Ero curioso di confermare se il modello fosse all’altezza delle recensioni che avevo letto … e infatti non mi ha deluso! Le stampate hanno un livello di dettaglio altissimo con una serie di rivetti che impreziosiscono la fusoliera e le ali; gli sono incastri perfetti e molti pezzi, una volta accoppiati, nascondono le giunzioni sottostanti riducendo a zero l’uso di stucco.

Il soggetto che ho deciso di realizzare è il “Tojo Eats Shit “, un Birdcage immortalato in una singola foto scattata al Munda Airfield nelle Isole Salomone.

Immagine inserita a scopo di discussione – fonte doogsmodels.com

È ricco di particolari interessanti: per prima cosa è sporchissimo… quasi non si vedono le diverse tonalità di colore. Da una parte ha una elica in buone condizioni, dall’altra due gomme diverse (una tassellata e una liscia). La deriva è grigia contrariamente allo schema tipico che la prevedeva azzurra. Il numero individuale sul portellone sinistro del carrello principale è obliterato e, infine, il bordo d’attacco delle ali appare più scuro come se fosse stato riverniciato di fresco. Insomma un esemplare caratteristico pieno di spunti da riprodurre!

Il modello, costruito con l’intento di ambientarlo all’interno di un diorama in futuro, è stato arricchito con alcuni aftermarket:

  • Barracuda BR32126: nel kit la ditta giapponese fornisce quello che, di fatto, è un Pratt & Whitney R-2800-8W da 2.250 Hp caratteristico delle versioni più tarde del Corsair (a partire dal F4U-1A). Il set della Barracuda permette di eseguire il “downgrade” del propulsore al fine di farlo assomigliare maggiormente al R-2800-8 da 2.000 Hp dei primi Birdcage.
  • Barracuda BR32118 e BR32119: da questi due set ho prelevato rispettivamente uno penumatico con battistrada scolpito (diamond thread) e uno liscio per rappresentare le diverse ruote che equipaggiavano il mio esemplare al momento di essere fotografato.
  • Eduard BigED 3335: il mega set comprende svariate ed interessanti fotoincisioni.
  • Barracuda BC32130 e BC32129: il foglio decalcomanie che include tutte le insegne per il “Tojo Eats Shit!” e la strumentazione per cockpit/consolle laterali dell’abitacolo.
  • HGW 132527: cinture in stoffa pre tagliate… aggiungono davvero tanto dettaglio al seggiolino che è l’elemento più visibile di tutto l’abitacolo.

Il Work In Progress lo trovate QUI!

Interni:

La prima zona cui mi sono dedicato è, come consuetudine, quella dell’abitacolo. Studiando la documentazione ho capito che il colore qui utilizzato era il Dark Dull Green, un verde molto scuro. Personalmente l’ho ricreato utilizzando un mix di 70% XF-26 Tamiya + 30% XF-2 Tamiya + 30% blu scuro Gunze H-326 (15044), ma i più pigri potranno utilizzare anche il Gunze H-302 che ha una tonalità simile.

Per aggiungere dettagli ho utilizzato qualche fotoincisione del Big Ed mentre per gli strumenti mi sono affidato alle decal della Barracuda applicate direttamente sui pezzi originali del kit perché, a mio avviso, il pannello in PE della Eduard risulta troppo piatto per la scala 1/32.

Il cruscotto in plastica ha già tantissimi dettagli stampati e sarà necessario farvi aderire bene sopra le decalcomanie spennellando generose quantità di liquidi ammorbidenti; fortunatamente le Barracuda reagiscono benissimo e si conformano ai rilievi senza troppi problemi.  Vi assicuro che alla fine il risultato appaga le aspettative.

Dopo aver sostituito il sostegno della bombola con una fotoincisione ho verniciato la stessa in giallo divertendomi, poi, a scrostarla utilizzando un marrone rossastro per simularne l’usura.  È importante procedere con cautela usando solo la punta del pennello per evitare di creare macchie di colore troppo grandi e fuori scala.

Il resto degli interni li ho fatti un po’ vissuti con qualche graffio e lavaggi ad olio in bruno Van Dick che ne hanno evidenziato i particolari. Ho anche aggiunto dei cavi utilizzando parte delle PE del già citato set Eduard.

Da ultimo il seggiolino. Ho dato prima una mano di alluminio e poi ho provato per la prima volta il liquido per le scrostature della Mig spruzzandolo ad aerografo. Su di esso ho passato il Dark Dull Green.. dopo diversi tentativi poco riusciti con stuzzicadenti e spugnette varie, per rimuovere la vernice mi sono trovato meglio con un vecchio spazzolino da denti.

Le cinture sono quelle della HGW e prima di applicare il lavaggio ad olio anche su di esse le ho protette con uno strato di lucido. Questa operazione è importante poiché il materiale di cui sono fatte è molto sensibile ai solventi e potrebbe deteriorarsi.  A seguire ho opacizzato il tutto con una mano di Flat Clear H-20 Gunze.

Infine gli ultimi ritocchi, aggiungendo un tubo dell’ossigeno senza maschera (ottenuto avvolgendo su di un tubicino di opportuno diametro del filo di stagno molto fino) e alcuni cavi che andranno collegati ad altrettanti rinvii sui lati della fusoliera.

Il risultato finale del cockpit è questo…!

Motore:

Del motore ho già parlato nella prefazione sottolineando come sia indispensabile utilizzare l’aftermarket della Barracuda per portarlo alla versione corretta. In rete si trovano anche propulsori completamente in resina e già pronti all’utilizzo, ma trovo che con minime modifiche si possa utilizzare quello da scatola e ottenere un pezzo degno del resto del modello. Dopo essermi studiato le immagini sul web per prima cosa ho aggiunto i tubi mancanti sui cilindri nel kit usando del filo di rame da 0.5 mm.

Poi ho aperto dei fori dove vanno inseriti i cavi delle candele e ho incollato dei piccoli spezzoni di tubo in alluminio per simularne l’attacco. I cilindri sono stati verniciati con Alclad Alluminium e poi lavorati con lavaggi in bruno Van Dick ad olio.

Vediamo le modifiche da apportare grazie al set BR32126: i primi Double Wasp R-2800-8 avevano il sistema di iniezione Bendix Scintilla composto da un anello di accensione ad alta pressione tubolare. L’aftermarket propone due magneti da sostituire che non danno nessun problema di adattamento e un anello in resina, il cui montaggio ha richiesto una particolare attenzione già solo per praticare i fori che simulano l’alloggiamento dei cavi delle candele a causa della fragilità del pezzo.

Per i manicotti ho utilizzato le PE della Eduard.

Invece per i tubi di scappamento sono ricorso alla mia formula collaudata che consiste nel verniciarli con Copper Alclad e poi sfumarli con pigmenti come il Track Rust, Standard Rust e Black della Mig al fine di simulare l’effetto della corrosione e fumo. Le parti verniciate in grigio sono state invecchiate col Bruno Van Dick ad olio e con lo Streaking Grime della Mig per ricreare le colature di sporco. Qualche scrostatura a pennello ha poi completato il weathering. Da ultimo i cavi delle candele che a causa del generoso diametro della schermatura avevano dimensioni ragguardevoli. A tal fine ho utilizzato del filo da 0.4mm di stagno (più morbido del rame) che ho fatto passare tra le protezioni dei cilindri praticandovi dei fori.

Il risultato finale è quello che vedete qui sotto.

La scatola propone due stili di flabelli, rappresentati aperti oppure completamente chiusi. Visto che nel Big Ed sono presenti tantissimi dettagli per impreziosire i vari leveraggi che ne permettevano l’azionamento ho deciso di montare le superfici in posizione di massima apertura. Come potete vedere il lavoro è lungo e spesso tedioso, ma ne vale la pena.

 

Fusoliera:

L’elevata ingegnerizzazione del kit fa sì che le semi-fusoliere si accoppino alla perfezione non necessitando, quasi, di stucco. L’unico elemento che mi ha creato qualche problema è stato il tappo centrale del serbatoio carburane davanti al windshield; lo stesso, una volta chiusa la carlinga, ha un diametro leggermente inferiore rispetto al suo alloggiamento e questo mi ha costretto a saldare il pezzo con abbondante uso di colla cianacrilica per poi reincidere la pannellatura persa utilizzando una sagoma circolare in Plasticard realizzata ad hoc con il plotter da taglio.

La Tamiya offre anche la possibilità di realizzare le ali ripiegate ma ho deciso di mantenere intatto il caratteristico profilo dell’aereo optando per le superfici estese. Le parti interne erano verniciate in Salmon Pink per la cui formula mi sono basato sul mix Tamiya 5 gocce di XF-10 + 5 di XF-7 +2 di XF- 4+ 3 XF-7.

Nei vani carrelli ho realizzato delle scrostature spruzzando dapprima il Salmon Pink, poi posizionando del sale (Video Tutorial Tecnica del Sale) e infine verniciando con il Light Gull Grey FS 36440 delle superfici inferiori. Quindi ho aggiunto un po’ di cavi usando il filo di stagno della Plusmodel che essendo morbido si adatta senza fatica alle forme del vano.

Colori:

La verniciatura ha rappresentato, sin dall’inizio, la vera sfida di questo progetto. Mi sono basato in parte sullo schema presente nel foglio istruzioni della Barracuda, in parte sulle poche foto del velivolo originale cercando comunque di rimanere fedele alla documentazione.

Immagine inserita a scopo di discussione – fonte themodellingnews.com

Ho quindi deciso di colorare in grigio la deriva che usualmente era in Blu Grey e di realizzare sulla fusoliera la separazione lineare dei due colori, così come la vedete in foto. Ho dipinto però solo un’insegna per ala (destra inferiore e sinistra superiormente) perché, a mio avviso, dall’immagine originale si può capire che quello sotto la semi ala sinistra è probabilmente solo un riflesso della luce.

Inoltre la Barracuda suggerisce di dipingere la parte anteriore delle ali in un blu decisamente più scuro rispetto al resto dell’aereo come se i bordi d’attacco fossero stati ritoccati a seguito di un intervento di manutenzione o di semplice usura. Questo dettaglio è riscontrabile e confermato anche dalla foto del velivolo in scala 1:1 per cui ho deciso di riprodurlo optando per l’uso della stessa vernice di base non desaturata come se fosse stata passata di “fresco” (al contrario il produttore delle decal suggerisce l’utilizzo del Non Specular Sea Blue o un generico Dark Blue).

Dopo il canonico pre-shading ho iniziato a stendere i colori della mimetica. Per il Blue Grey (F.S. 35189) sono partito da un mix di 6 gocce di XF-18 + 1 di XF-23 + 2 di XF-2. Il colore risultante all’inizio è un po’ carico e deve essere successivamente schiarito e invecchiato.  Per le superfici inferiori ho utilizzato il grigio (F.S. 36440) composto da un’ulteriore miscela Tamiya fatta di 15 gocce di X-2 + 8 di XF-55 + 4 di XF-12. Questa base tende ad assumere una tonalità un po’ calda e va poi corretta nel post-shading con l’aggiunta del bianco.

A proposito del post-shading, sono dell’idea che la scala 1/32 costringa ad applicare in modo diverso questa tecnica. Allo scopo di evitare un effetto “piastrellato” delle superfici superiori ho spruzzato il colore schiarito random e a spot in modo da spezzare l’uniformità della vernice di base, aggiungendo anche diverse passate diluite di XF-23, del bianco e anche un poco di grigio chiaro.

Per le parti telate ho accennato delle ombre come fatto anche in questi articoli (Click QUI e QUI), cioè coprendo la centinatura con striscioline di nastro e spruzzando il colore di fondo scurito ai lati per realizzare le ombre. Tolte le maschere ho ripassato il Blue Grey puro extra diluito per amalgamare i contrasti.

In alcuni punti delle ali erano spesso presenti delle scrostature che lasciavano intravedere il primer giallo al cromato di zinco che preveniva la corrosione dei metalli sottostanti; in alcuni casi il chipping interessava anche lo strato protettivo lasciando scoperto l’alluminio vivo.  Per simularle, sopra una base di Alluminium Alclad (protetta da lucido) ho spruzzato il “Chipping Fluid” della Mig e poi il giallo XF-4 Tamiya. Una volta asciutto ho bagnato le superfici interessate e con un pennellino a setole dure ho fatto comparire lo strato di metallizzato.

Poi ho ripetuto il medesimo procedimento (mi raccomando, lucidate sempre con il Clear prima del successivo passaggio!) ma questa volta stendendo il Blue Grey e picchiettando per far riaffiorare lo Zinc Chromate intermedio (in alcuni punto sono arrivato anche fino al metallo). Per le bande antiscivolo invece ho usato un mix Tamiya di Rubber Black e German Grey. Le scrostature in questo caso sono realizzate usando la tecnica del sale (come visto nel video tutorial più sopra) in modo da avere bordi più netti e limitati.

Pur avendo acquistato le già citate decal della Barracuda ho optato per verniciare integralmente le stelle americane (che in questa scala hanno dimensioni importanti); le maschere me le sono ricavate utilizzando ancora una volta il mio fidato plotter da taglio e del vinile. Sul bianco, che in parte copre la parte telata, ho applicato delle sottili strisce di nastro sulla centinatura e successivamente ho spruzzato il bianco scurito con del grigio sui bordi delle strisce in modo da creare delle leggere ombre. Il blu della stella è il F.S. 15044 (Gunze H-326).

Anche le walkway lungo le ali sono state aerografate dopo un paziente lavoro di mascheratura col nastro kabuki.

Effetti “speciali”:

E’ arrivato quindi il momento di “sporcare” il Tojo, visto che il soggetto della foto ha un aspetto talmente trasandato che quasi non si distinguono i colori!
Per ricreare la cottura della vernice e le macchie di salsedine sono nuovamente ricorso alla tecnica del sale. Dopo aver dato una mano leggera di lucido per proteggere in parte il lavoro fin qui realizzato, ho bagnato il modello con acqua mescolata con una goccia di sapone per piatti (in modo da rompere la tensione superficiale del liquido) e l’ho cosparso con sale grosso macinato a mano per avere granelli di dimensioni diverse.

A seguire ho steso ad aerografo una prima mistura di smalto Tan (Gunze Mr. Color C-44) e Light Grey (Gunze Mr. Color C-11) diluitissimo (4 gocce di vernice in 120 di diluente). Ho ripetuto l’operazione pedissequamente una seconda volta con l’Engine Grey (Gunze Mr. Color C-339) e una punta di marrone (Gunze Mr. Color C-310), non prima però di aver lavato completamente il mio Corsair sotto acqua corrente al fine di eliminare tutti i residui di sale (passaggio importantissimo e da non tralasciare!). Sotto la pancia ho passato solo il miscuglio grigio scuro visto che l’effetto del sole è nullo.
Inevitabilmente il lavoro precedentemente fatto con il post-shading si è appiattito, ma l’insieme dei passaggi renderà l’idea della patina caratteristica lasciata dagli agenti atmosferici.

Come ogni “insalata” che si rispetti, dopo il sale è stata la volta dell’olio…! Per ammorbidire un poco i contrasti ho utilizzato la tecnica del dot fading. In pratica con un pennello sottile ho lasciato sulle varie zone dei piccoli puntini di diversi colori ad olio.

Tra tutti quelli che potete vedere nella foto sopra ho usato essenzialmente un grigio verde, un grigio rosato, un azzurro, un Grigio Payne, un bianco sporco e un terra ombra bruciata. Sulle superfici inferiori, invece, ho usato le varie tonalità in modo da creare un velo quasi impercettibile che ha attenuato le transizioni troppo forti nella verniciatura.

Il kit Tamiya è impreziosito da innumerevoli rivetti che corrono lungo tutta la struttura dell’aereo. Per farli risaltare ho effettuato dei lavaggi, sempre con colori ad olio. Sulle zone in grigio ho usato un grigio medio, rinforzandolo con un tono più scuro vicino al motore. Sul Blue Grey ho utilizzato il Grigio Payne e in alcuni punti un grigio scuro.

Ho aggiunto anche le colature di carburante che molto spesso si vedevano intorno al tappo del serbatoio. Allo scopo ho usato l’olio Bruno Van Dick molto diluito e dato in più strati: i primi quasi impercettibili e gli ultimi un poco più densi per le tracce più fresche.
Poi ho ulteriormente sporcato la parte anteriore della fusoliera usando il “Fresh Oil” della Mig diluito con del solvente in modo da non marcare tropo l’effetto. Infine ho realizzato random delle sporcature con un washing marrone scuro, soprattutto nei recessi dove maggiormente si sarebbero accumulati residui di liquidi idraulici e altri elementi che sul Tojo non mancavano di certo!

Anche i carrelli sono stati impolverati con dei pigmenti chiari per ricreare il pulviscolo delle piste.

Da ultimo il weathering sull’elica. Nella foto sembra nuova e illibata ma è anche vero che le pale si consumavano praticamente quasi solo dietro a causa della sabbia corallina che ha un alto potere abrasivo.

Così, dopo averla verniciata in alluminio protetto da uno strato di trasparente, ho ancora una volta usato il prodotto per scrostature su cui ho spruzzato il nero. Dopodiché, con una carta abrasiva finissima bagnata, ho consumato la vernice come avevo visto in alcune foto dei velivoli reali aggiungendo anche dei graffi sulle tip e bordo anteriore delle pale.

 

Tocchi finali:

Giunto a questo punto ho potuto dichiarare conclusa la verniciatura che ho subito sigillato con più mani di Flat Clear Gunze H-20. Per i fumi dello scarico ho dapprima tracciato delle scie con un mix acrilico di Tan e German Grey ad aerografo, poi ho rifinito il tutto con Dark Brown e Rubber Black (tutte le vernici sono state diluite quasi al 90% per ottenere una sfumatura morbida e in scala). Poi ho usato vari pigmenti, dal marrone chiaro al marrone ombra bruciata passando poi al terra russa e infine al nero. La parte finale della scia l’ho schiarita con dei pigmenti grigi.

Sulle volate delle mitragliatrici ho ricreato il nastro che veniva applicato per impedire che la sabbia fine delle isole del Pacifico le ostruisse. Per farlo ho usato dei pezzetti di decal ritagliate dalle coccarde della scatola.

Ho montato quindi l’antenna usando il mio fidato filo elastico della EZ line. Con dei tondini di alluminio ho cercato di riprodurre quanto visto in foto per simulare gli isolatori.

Infine ho incollato le varie luci di navigazione e posizione; per farlo in maniera corretta mi sono basato sul libro Squadron Signal – Detail and Scale poiché avevo qualche dubbio sulle lampade della parte superiore delle ali (di colore blu) e sulla presenza di quella bianca installata solo sull’ala destra (effettivamente montata). Alla fine ho deciso di fidarmi di chi certamente ne sa più di me.

Conclusioni:

Il Corsair è forse uno degli aerei più affascinanti mai prodotti, con il suo profilo inconfondibile che tanto ricorda le ali degli uccelli. La Tamiya ha reso agevole e divertente costruirne uno dotando questo kit di tantissimi pezzi che, comunque, vanno insieme senza il men che minimo problema.  Alla fine l’unico difetto che posso trovare è la difficoltà di esporlo in vetrina… Con 39 cm di apertura alare è un colosso che fa sparire gran parte dei modelli vicini…..!

Buon modellismo a tutti! Andrea “nannolo” Nanni.

 

 

 

 

 

 

 

 

Somewhere in the Pacific – F4U-1A Corsair Diorama dal kit Tamiya in scala 1/48.

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Il Vought F4U è stato un caccia americano che ha operato nella Seconda Guerra Mondiale e nel conflitto coreano. Creato come aereo imbarcato per la Marina e i Marines, fu spesso utilizzato anche da basi a terra. Divenne famoso soprattutto per il suo impiego nel Pacifico durante la WW II dove fu, indubbiamente, il miglior velivolo utilizzato in combattimento.

Capita spesso che nelle immagini in zone di guerra del Pacifico il protagonista sia proprio il Corsair sia imbarcato sulle portaerei, sia sugli aeroporti a terra semi preparati sulle varie isole che nel corso del conflitto gli americani conquistarono.

Proprio queste foto mi hanno ispirato per realizzare il modello che presenterò in questo articolo! Leggendo sul web la storia del famoso Squadron della US Navy, il VF-17 “Jolly Rogers”, ho appreso che è stato il reparto con più assi nel teatro del Pacifico Sud-Occidentale; il comandante Tommy Blackburn aveva scelto il famoso marchio da pirata per contraddistinguere il suo gruppo e uno dei componenti più famosi, il Lt. Ira Kepford, riuscirà a confermare ben sedici abbattimenti.

Kit e Aftermarket:

Oltre al velivolo, già nei miei “pensieri modellistici” da qualche tempo, volevo realizzare un diorama che ricreasse una piccola porzione di queste basi costruite spianando ampie porzioni di foresta pluviale con bulldozer e ruspe. L’idea che avevo in mente era la classica basetta con un aereo in una piazzola per la manutenzione e sullo sfondo la vegetazione tropicale tipica della zona con tanto di palme. In più, tenendo conto delle esperienze fatte con il P-47 e l’F6f-5 (cliccate sui link per leggere i Work In Progress!) rappresentati con vani armi aperti, stavolta ho provato ad andare oltre col dettaglio. Mi sono quindi procurato i seguenti articoli:

  • Tamiya 61070 F4U-1A Corsair: il kit nonostante l’età, è ancora il migliore in circolazione e non ha bisogno di presentazioni. Gli incastri sono pressoché perfetti e la qualità del dettaglio ottima.
  • Aires 4225 Detail set: comprende vani armi, vani carrelli, cockpit, motore completo e migliorie varie. È composto da più di sessanta parti in resina e fotoincisioni.
  • True Detail 48045: ruote in resina con battistrada a rombi (diamonds thread), molto utilizzati dagli aerei a terra.
  • Techmod 48040: decal che rappresentano il “White 29” di Kepford nelle due versioni che ha utilizzato.
  • Montex 48023: set di mascherature per trasparenti e ruote.

Per il diorama, invece, ho acquistato:

  • Eduard 8801: grelle in plastica che simulano le piastre metalliche spesso utilizzate dagli americani sui campi di volo improvvisati.
  • Verlinden 2215: set in resina di forniture militari generiche tipo casse e bidoni di varie dimensioni.
  • Verlinden 1332: meccanici in abiti estivi (utilizzandone solo uno).

Per ciò riguarda il resto della scenetta ho deciso di auto costruire molti elementi…. ma ne parlerò più avanti. Ora che la lista è completa si comincia a fare sul serio!

Montaggio:

Sono partito subito col tagliare via gli zoccoli di colata dai vari componenti in resina del set Aires, operazione non facile a causa dei tanti particolari molto sottili e delicati; ho modificato anche alcune parti del kit in plastica e rimosso gran parte della zona anteriore del modello  perché sarà sostituita dalla resina della ditta ceca. Per eseguire tutti i tagli è assolutamente necessario un seghetto da traforo al fine di ottenere delle separazioni precise e sottili. comunque con un po’di pazienza ho preparato tutto e ho iniziato a lavorare sul cockpit…

Con un trapanino elettrico ho eliminato tutto il dettaglio già stampato all’interno dell’abitacolo allo scopo di fare posto ai pezzi Aires… naturalmente serviranno parecchie prove a secco per adattare sia la vasca, sia la paratia parafiamma anteriore che comprende anche il serbatoio dell’olio e del carburante.

Una volta concluso l’adattamento ho iniziato a verniciare il cockpit utilizzando la tecnica del Black Basing: essa consiste nel dare un fondo in nero, nel mio caso X-1 Tamiya diluito con nitro, per poi passare velate leggere di H-58 Interior Green Gunze in modo da creare delle ombre nei sottosquadri e sotto ai particolari in rilievo.

Incollate le varie fotoincisioni e le parti già verniciate, ho dato una mano di trasparente lucido Tamiya per poter effettuare l’invecchiamento con lavaggi ad olio e dry brush. Infine una mano di trasparente opaco Gunze ha sigillato il tutto.

Il passo successivo è stato inserire il pilot’s office in quel che è rimasto delle semi fusoliere e, nel contempo, aggiungere anche il già citato serbatoio. Con un tondino di Plasticard da 0,5mm ho ricostruito la flangia che permetteva al pannello circolare di chiudere il vano carburante. Col Milliput Black ho stuccato la zona tra cruscotto e fusoliera.

Ho poi iniziato a lavorare sul motore composto da un’infinità di pezzi, ma è veramente stupendo! Con l’XF-82 Ocean Grey Tamiya ho verniciato la scatola ingranaggi e con l’Aluminium Alclad i diciotto cilindri del Pratt & Whitney R-2800. Per concludere, un lavaggio ad olio nero e un dry brush in alluminio e grigio hanno dato il giusto grado di invecchiamento al propulsore.

Utilizzando del filo di rame da 0,5mm ho creato le aste dei bilancieri colorate in nero, mentre in grigio molto scuro ho verniciato i tubi che portano i gas di scarico al turbocompressore; questi sono stati successivamente invecchiati con velate leggerissime di bianco opaco per simulare l’effetto del metallo sporco e bruciato. Purtroppo il set fornisce solo cinque dei nove tubi di scappamento effettivamente presenti, perciò ho rimediato saldando del filo di stagno dello stesso diametro per creare i quattro rimanenti. Incollando le fotoincisioni che rappresentano i cavi delle candele si conclude il montaggio del motore. Il tocco finale sono state le polveri del Weathering Set B Tamiya e l’opaco Gunze.

Prima di procedere all’unione della zona scarichi con quella del turbocompressore, ho preferito completare il cassone alare centrale in modo da incollare la paratia del serbatoio dell’olio ed aver i riferimenti corretti per l’assemblaggio del castello motore. A questo punto ho iniziato ad adattare i vani carrello in resina asportando tutto il dettaglio in plastica e assottigliando quasi alla trasparenza gli spessori dei pozzetti e delle semi-ali.

Alle ali ho asportato gli alettoni originali per poi incollarci quelli di resina posizionati leggermente inclinati. Ho anche asportato i portelli dei vani armi per inserirvi l’alloggiamento in resina. Le luci di navigazione sono state modificate per simulare la lampadina colorata e posizionate nel bordo d’entrata.

Il mega set Aires comprende anche i piani di coda con gli elevoni già separati dalle superfici fisse… un bel risparmio di tempo e fatica se non fosse che quest’ultime sono purtroppo molto sottodimensionate. Per questo motivo ho preferito modificare lo stesso pezzo originale in plastica e prelevare solo le parti mobili in resina. Una volta fissati gli elementi in posizione ho ripreso le pannellature perse nelle fasi di carteggiatura e ho rivettato tutto il modello in modo da aggiungere maggior realismo.

Con l’XF-4 Yellow Green Tamiya ho verniciato le zone interne per poi sigillarle col trasparente lucido. Medesimo trattamento anche per la paratia del serbatoio dell’olio che è stata sottoposta ad un lavaggio a olio e dry brush in alluminio per poi incollarla alla parte anteriore della fusoliera.

Tutta la zona del turbocompressore è stata verniciata con l’XF-4, mentre i tubi di scarico sono in XF-85 ed invecchiati con polveri, washing con varie tonalità di marrone e la solita tecnica del pennello asciutto. Il complesso degli scarichi e quello del turbocompressore sono stati, poi, allineati utilizzando una mini punta da trapano fatta passare internamente.

L’ultimo passaggio ha riguardato i trasparenti, bagnati nella Future per aumentarne la trasparenza, e successivamente mascherati con il sopracitato prodotto della Montex.

Verniciatura:

Con il grosso del montaggio eseguito ho, finalmente, messo mano all’aerografo (non prima di aver mascherato con cura tutti i vani aperti e le zone pre verniciate). A questo punto ho steso una mano di Aluminium Alclad su tutto il modello sia per simulare il metallo, sia per verificare eventuali problemi di stuccatura.

Controllando le foto degli esemplari reali si nota che l’ambiente in cui operavano metteva a dura prova la mimetica usurandola, sbiadendola, sporcandola e scrostandola in più punti a causa della sottile sabbia corallina e della salsedine. In particolare per ricreare le scrostature ho deciso di utilizzare due metodi:

  • Tecnica della lacca: una procedura molto semplice per simulare il “chipping” più delicato delle vernici ma che va utilizzata con attenzione per non esagerare e ottenere un effetto sbilanciato e poco realistico. Ho spruzzato sul modello una ridotta quantità di lacca per capelli (attenzione a non esagerare) e, subito dopo, ho aerografato l’XF-4 Tamiya (che nella realtà era un primer al cromato di zinco utilizzato per proteggere la cellula dalla corrosione degli agenti atmosferici). Dopo circa 30 minuti ho inumidito le zone interessate con un po’ di acqua e, con l’aiuto di un pennello a setole dure, ho “grattato” via lo strato di vernice facendo riapparire l’alluminio sottostante. A seguire è necessario attendere la completa asciugatura della lacca stessa prima di procedere oltre.

 

  • Tecnica del Maskol: l’altra procedura utilizzata ha visto, come protagonista, il liquido mascherante pelabile. L’ho utilizzato per rappresentare le scrostature più ampie e nette. Dopo lo strato di alluminio ho steso il liquido (Mr. Masking SOL) picchiettandolo con un pezzetto di spugna sui bordi d’entrata alari e l’ho lasciato in posizione in vista delle successive fasi della verniciatura.

Ho, poi, proseguito con il resto della mimetica. Con del Nato Back Tamiya diluito al 70% con nitro ho eseguito il Pre Shading su tutte le pannellature. A seguire ho verniciato il bianco opaco Tamiya, sempre diluito al 70% e miscelato con un 10% di Buff per dare un effetto “caldo” e invecchiato; infine ho profilato di nuovo le incisioni dei pannelli spruzzandoci sopra il Nato Black diluito al 95% (praticamente acqua sporca).

Mascherando con nastro Tamiya e Patafix, sono passato all’XF-18 Intermediate Blue Tamiya diluito con la stessa percentuale e scegliendo, nuovamente, la nitro anti nebbia; il colore è stato schiarito circa al 50% con del bianco per desaturarlo già in partenza. Sulle zone ricoperte di tela delle ali ho eseguito un post shading con il colore base diluito al 95%, mentre sulle costolature in rilievo ho schiarito con del bianco per mettere meglio in risalto la struttura (stesso procedimento è stato, poi, applicato anche per le stesse zone sul dorso dell’ala).

I procedimenti applicati alle zone inferiori li ho ripetuti quasi pedissequamente anche sulle superfici superiori. Ho, quindi, mascherato col Patafix e applicato di nuovo la tecnica della lacca. Dopo aver ripetuto il pre shading in Nato Black sulle aree già trattate, ho applicato L’H-54 Gunze Navy Blue schiarito del 40% col bianco e diluito sempre al 70% con nitro. Per il post shading sul tono più scuro della mimetica ho scelto il Tamiya XF-18 diluito al 90%. Una passata generale di Navy Blue base ultra ha amalgamato ed integrato i vari contrasti.

La fase successiva è la più importante ma anche la più delicata: inumidendo con acqua le zone interessate dalla lacca, ho nuovamente rimosso gli strati superficiali di vernice utilizzando il solito pennello e uno stuzzicadenti affilato (con cui ho riprodotto i vari graffi più sottili) ho scoperto il Zinc Chromate Primer e l’alluminio. Come detto precedentemente, bisogna fare molta attenzione e osservare le foto reali per dare il giusto bilanciamento all’usura.

Una volta asciutta la lacca ho aggiunto le walkway sulle ali con il Nato Black. Infine, ho iniziato ad eliminare le mascherature controllando l’eventuale necessità di ritocchi.

Due o tre mani di trasparente lucido X-22 diluito al 70% con X-20 e qualche goccia di retarder hanno ufficialmente posto fine alle complesse operazioni di verniciatura fin qui descritte. Mentre attendevo che il clear essiccasse completamente ho approfittato per dipingere tutti i vari particolari che andranno poi incollati; li vedete in foto:

Ho anche realizzato un intervento di auto costruzione all’interno della naca motore dove ho aggiunto le centine di rinforzo con del Plasticard da 0,25mm (completamente omesse dalla Aires).

Decal:

È arrivato il momento della posa delle decalcomanie. Prima, però, ho preferito assemblare le superfici mobili e verniciare le varie luci di navigazione con i colori trasparenti Tamiya applicati su un fondo argento a smalto per simulare il corpo della lampadina.

Le decal Techmod hanno un film sottilissimo ma, purtroppo, sono anche molto delicate da maneggiare (fate attenzione perché hanno la brutta tendenza ad accartocciarsi su loro stesse). Si conformano bene e copiano le pannellature senza problemi a patto di utilizzare i soliti liquidi ammorbidenti. Ho provato col Mark Softer Gunze ma non ho ottenuto risultati soddisfacenti così, leggendo le esperienze di Roberto (Rob_zone nel forum di Modeling Time) con le stesse decal, ho cambiato approccio usando i liquidi Microscale – Micro SOL e SET. Devo dire che il suggerimento è stato più che utile perché con le successive insegne non ho incontrato ulteriori difficoltà.

Finita la posa, ho sigillato il tutto con una nuova mano di trasparente lucido. La vera nota positiva di queste decal è che una volta posizionate e trattate a dovere hanno un effetto “painted on” spettacolare e il rischio di “silvering” è praticamente nullo.

Lavaggi e Montaggio Finale:

Ho preparato le gambe di forza dei carrelli dettagliandole con filo di rame da 0,4mm che rappresenta il tubo dei freni; ma, soprattutto, ho aggiunto le molle di richiamo riprodotte attorcigliando del filo da 0,15mm fino intorno ad un tubicino di opportuno diametro, e verniciandole in alluminio. Il restante è stato dipinto in bianco ed invecchiato, così come le ruote in resina.

Sulle zone bianche del modello ho applicato un lavaggio ad olio scegliendo un grigio medio come colore principale. Sulle parti in Intermediate Blue ho preferito il Grigio di Payne puro e col Weathering Set Tamiya B ho ripassato le zone dove si accumulava di più lo sporco. Sempre con le polveri ho ricreato i fumi dai fori delle mitragliatrici e dei bossoli.

Sul Navy Blu ho scelto il Grigio di Payne ma scurito con del nero per aumentare il contrasto sul fondo già abbastanza scuro di per sé.

A questo punto ho preferito assemblare prima tutta la zona motore in modo da proseguire l’invecchiamento in maniera più omogenea. Con del Bruno Van Dick e un po’ di nero ad olio ho ricreato le colature di carburante dal serbatoio utilizzando un cotton fioc e un pennellino per farle scendere lungo le fiancate della fusoliera (ho utilizzato anche il getto d’aria dell’aerografo per dirigerle meglio).

Con del nero e del Terra di Siena ad olio stesi ad aerografo ho ricreato i fumi di scarico.

Anche sulle pale dell’elica ho usato la lacca su base alluminio verniciata in Nato Black. Stesso trattamento per il serbatoio esterno dipinto in bianco ed invecchiato con polveri Tamiya.

Il montaggio dei vani armi è stato un po’ laborioso per la quantità di cpezzi, anche molto piccoli, che li compongono. I particolari interni sono stati verniciati in XF-4, le armi in Gun Metal con dry brush in alluminio, i fasci di proiettili in Cooper Alclad successivamente sottoposto a lavaggio con ocra giallo ad olio. Per ultime le piastre porta proiettili in Aluminium Alclad. Ho volutamente lasciato aperto tutto il vano destro con le mitragliatrici in fase di riarmo, mentre semi chiuso quello sinistro.

Nel vano del turbocompressore ho aggiunto i cablaggi elettrici simulati con fili da 0,2 e 0,5mm, un lavoro un po’ faticoso e molto delicato ma che accresce notevolmente il dettaglio.

Ultimi lavori di dettaglio sono stati l’aggiunta di decal bianche sui fori delle mitragliatrici per simulare il nastro che spesso si applicava per evitare che sabbia e impurità finissero all’interno delle volate delle armi. Il filo dell’antenna è fatto con sprue stirato a caldo. Tre mani generose di trasparente opaco H-20 Gunze diluito con nitro al 70% hanno concluso il lavoro sul mio Corsair.

Diorama:

Nella mia testa il diorama doveva rappresentare una scena di manutenzione del velivolo. Navigando nel web ho trovato foto che mi hanno dato ispirazione su cosa poter aggiungere per aumentare il dinamismo della scena.

Per prima cosa ho incollato, su una cornice di un quadro di opportune dimensioni, la basetta Eduard con il dettaglio delle “grelle” già stampato. Successivamente ho riempito gli spazi intorno al PSP con degli strati di polistirolo in modo che nella zona posteriore il terreno formasse un terrapieno creato dai bulldozer per far spazio alla piazzola. Il tutto è stato ricoperto e “compattato” da una miscela di acqua, colla vinilica e bicarbonato per rendere il tutto più “morbido”.

Infine uno strato di sabbia di diversa granulosità, più grossolana vicino al terrapieno e più fine nella zona pianeggiante, è stata impastata con la vinilica e stesa sul perimetro della basetta Eduard. Passando alla verniciatura, ho dato una mano generale di Buff Tamiya seguito da passate di bianco per schiarire alcune zone. Per finire, con l’XF-59 Desert Yellow molto diluito ho aggiunto un po’ di volume al terreno. Un lavaggio ad olio in giallo e bianco aiuta ad amalgamare i vati toni utilizzati. La PSP è stata verniciata con un dry brush di Gun Metal e Acciaio seguito da una sporcatura di color marrone ruggine.

In seguito mi sono dedicato alla vegetazione, la vera incognita di tutto il progetto.

Ho provato vari layout sulla posizione e sul tipo di alberi o arbusti da utilizzare; ho fatto anche parecchia ricerca con foto reali dei campi di volo e alla fine ho deciso lavorare su quattro livelli: erba bassa, erba alta, alberi ed infine palme. Le palme le ho completamente auto costruite iniziando dal tronco formato da un’anima di sprue ricoperto da DAS inciso sia durante l’asciugatura, sia dopo, per dare la tipica rugosità di queste piante. Le foglie invece sono di tre dimensioni diverse e sono realizzate con semplice carta (tagliata finemente per rappresentare le frange) e incollata ad un filo di ferro che costituisce la nervatura centrale. Sono circa trenta le foglie di diversa misura che compongono ciascuna palma, è un lavoro molto lungo ma che dà molta soddisfazione.

Per i colori del tronco sono partito da una base di Buff seguito da un lavaggio in Bruno Van Dick, per poi terminare con un pesante dry brush in XF-55 Deck Tan. Le foglie hanno una una base di H-58 Interior Green e nella zona centrale, dove c’è la nervatura, ho dato una velatura di H-16 Yellow Green (attenzione non è da confondere con lo Yellow Green Tamiya che lo si utilizza come Zinc Chromate).

Sulle frange esterne ho usato un mix di H-16 e H-80 Khaki Green con un rapporto 1:1; sulle foglie più giovani ho aumentato un pochino la percentuale del primo colore.

Il resto della vegetazione è costituita da erbetta da fermodellismo per quella bassa, mentre con la canapa da idraulico ho creato quella più alta. Ho verniciato i fili d’erba con del verde molto diluito e delle velature in marrone per simulare la parte secca. Per gli arbusti mi sono procurato con pochi euro della Teloxis Aristata, piantine secche utilizzate molto nel modellismo ferroviario sulle quali ho incollato dell’origano tritato e delle foglioline spesso usate nei plastici dei treni.

Gli accessori posizionati nel diorama sono molti: oltre ai classici bidoni e casse, certe foto mi hanno convinto a creare un traliccio porta bomba e un’impalcatura per la manutenzione del motore. Il “trabattello” è in scratch built ed è formato da filo di ferro saldato assieme (l’asse è in Plasticard); sempre con lo stesso materiale plastico ho riprodotto il supporto per l’ordigno.

Un altro elemento molto importante è l’estintore creato con dello sprue, filo di rame e con una punta da stuzzicadenti per simulare l’ugello. Una cassettina porta attrezzi fatta, ancora una volta, in Plasticard impreziosisce ulteriormente la scenetta. Qualche sassolino verniciato come la sabbia l’ho utilizzato come “tacco” ferma ruota.

La verniciatura invece prevede una sporcata di polveri effetto ruggine per il telaio dell’impalcatura mentre con del Gun Metal ho verniciato il traliccio porta bomba e cassettina attrezzi. Per le forniture militari e la bomba ho utilizzato l’H-52 Olive Drab seguito da un invecchiamento ad olio e polveri. Infine il piano in legno è stato passato da vari toni di marroni ed invecchiato ad olio.

Ultimo capitolo sono i figurini: per dare un po’di vita al diorama ho pensato di utilizzare solo due meccanici intenti nella manutenzione, uno sopra il “trabattello” e uno sotto al motore. Oltre a loro, due piloti che chiacchierano dietro al velivolo. Gli altri specialisti non li ho utilizzati per non affollare troppo il diorama che, nonostante tutto, è comunque di dimensioni contenute.

Una ulteriore generosa mano di trasparente opaco sui vari elementi scenici opaco è d’obbligo per eliminare i riflessi e la lucentezza data dai colori ad olio.

L’incollaggio di tutti i componenti decreta la fine di questo lungo lavoro.

 Conclusioni:

Con questo progetto ho aumentato notevolmente la mia esperienza sia con i modelli, sia con i diorami. Il weathering aggressivo mi ha permesso di sperimentare nuove tecniche e procedure che alla fine mi hanno dato parecchia soddisfazione!

Il kit Tamiya è pressoché perfetto negli incastri anche se, nel mio caso, metà del modello è stato “stravolto” dal set Aires. A proposito di questo set, vale la pena l’acquisto perché ha un dettaglio incredibile, ma di contro le istruzioni sono un po’approssimative e l’utilizzo di disegni tecnici e monografie sono necessarie per non fare errori.

Tengo a ringraziare i componenti del forum per il supporto datomi e soprattutto per la pazienza di aver aspettato diciotto mesi per vederlo finito!

Buon modellismo a tutti!!!

Alessandro – brando – Brandini

Clicca qui per il Work In Progress completo!

Mitsubishi A5M2b “Claude” dal kit Wingsy Kits in scala 1/48.

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Nato per rispondere a una specifica della Marina imperiale giapponese, la 9-shi per la fornitura di un nuovo modello di caccia avanzato del 1934, l’A5M si dimostrò essere un aereo decisamente innovativo e robusto per la sua epoca.

Prodotto dalla Mitsubishi Heavy Industries il piccolo caccia-intercettore imbarcato (conosciuto dagli alleati con il  nome identificativo di “Claude”) fu il diretto progenitore del Mitsubishi A6M “Zero” e adottava soluzioni notevolissime per l’epoca: era munito di una fusoliera interamente metallica con struttura alare monoplana a sbalzo dall’apertura elevata, una corda ampia, l’adozione di flap per aumentare la portanza, una bombola d’ossigeno per il volo ad alta quota nonostante l’abitacolo aperto e la presenza di un’antenna radio (installata a partire dalla versione A5M2b, la stessa del kit oggetto di questo articolo).

Il Claude era motorizzato da un Bristol Jupiter migliorato a 9 cilindri costruito su licenza dalla Nakajima ed era armato con due mitragliatrici da 7,7 tipo 89 con collimatore a cannocchiale; sebbene il propulsore e l’armamento rappresentassero i suoi principali punti deboli il nuovo velivolo si dimostrò efficace già dal suo battesimo del fuoco avvenuto nel 1937, quando i primi esemplari vennero utilizzati in combattimento all’inizio della seconda guerra sino-giapponese contro i piloti dell’aeronautica militare della Repubblica di Cina.

Dotato di un’eccellente manovrabilità il Claude ed era in grado di assorbire i danni provocati dai colpi nemici grazie alla robustezza della cellula, una caratteristica che al contrario sarà penalizzante per il fratello maggiore, lo Zero, in termini di resistenza strutturale e protezione per il pilota.

Il Work In Progress completo lo trovate QUI!

Il kit:

La confezione di questo A5M2b contiene sette stampate in plastica grigia, morbida e priva di residui di stampa, più una per i pochi trasparenti. Completa la dotazione una lastra di fotoincisioni (ben 48 pezzi), un piccolo acetato per il quadro strumenti e un foglio decal per quattro esemplari, due “early” sprovvisti di antenna radio e due “late”.

Da subito si percepisce la qualità eccellente del prodotto caratterizzato da pannellature sottili e ben definite; medesima impressione la danno anche i rivetti che ricoprono la maggior parte di ali e fusoliera!

Sena dubbio il bellissimo dettaglio contribuisce ad aumentare il realismo e a dare un bel contrasto su una superficie altrimenti piatta se realizzata in metallo verniciato.

Gli unici elementi ai quali consiglio di prestare attenzione sono le fotoincisioni, ben fatte ma molto sottili e facilmente deformabili, e la separazione di alcuni pezzi dallo sprue: in particolare per la corona dei tubi di scarico dei cilindri è obbligatorio utilizzare un seghetto sottile. Utilizzando la tronchesina, purtroppo, correte il rischio di ritrovarvi qualche componente spezzato (com’è successo al sottoscritto).

Montaggio:

Se il buongiorno si vede dal mattino, iniziare dal cockpit di questo A5M2b è una vera e propria goduria perché ogni elemento calza alla perfezione nel rispettivo alloggiamento. Personalmente mi sono limitato a dettagliare qualche strumento delle pareti laterali con alcuni cablaggi, il resto è tutta farina del kit.

Per il verde dell’abitacolo mi sono affidato al “Mitsubishi Cockpit Green” della Mr. Color, asciuga in un attimo e permette di effettuare i lavaggi ad olio senza l’ausilio di un trasparente lucido. Le due mitragliatrici Type 89 da 7,7mm sono state colorate in nero opaco Tamiya e hanno ricevuto il dry brush con grafite di una matita 2B.

Le cinture foto incise, la cloche e gli altri dettagli sono stati dipinti con colori Vallejo, dopo una mano leggera di trasparente opaco il tutto è stato incollato e messo al proprio posto con colla ciano acrilica. L’unico accorgimento riguarda il quadro strumenti che va leggermente piegato per farlo combaciare con la pedaliera sottostante.

L’abitacolo è un piccolo modello nel modello, peccato che una volta chiusa la fusoliera si vedrà ben poco di quanto realizzato.

Il secondo step è lo Jupiter a 9 cilindri. Prima di assemblare le varie componenti ho provveduto a forare i due scarichi che sono stampati pieni, successivamente ho dipinto il blocco motore in Alclad White Aluminium e sottoposto il tutto ad un lavaggio col nero ad olio molto diluito. Infine ho aggiunto i cavi delle candele in sottile filo di rame, e li ho dipinti in Flat Black Vallejo.

Chiudendo la naca è necessario prestare attenzione nel pulire dai segni della stampata ognuno dei 4 pezzi che la compongono; ho avuto la fretta di staccare con la tronchesina alcuni pezzi e ho dovuto colmare dei brutti buchi che si sono formati. In definitiva con accortezza potrete risparmiare un passaggio tedioso evitando di dover carteggiare e perdere, inevitabilmente, qualche rivetto.

Quelli che vedete nella foto successiva sono i miei numerosi tentativi di ricostruire una fotoincisione, che rappresenta della struttura anti vibrazione all’interno della cofanatura, e che si è spezzata appena vi sono passato accanto con una forbicina. Il primo tentativo di colore nero (troppo spesso) è stata realizzato con dei profilati della Evergreen; il secondo in sprue filato bianco ha avuto successo e vedendo il bicchiere mezzo pieno posso dire che accidentalmente è stata una buona soluzione per dare una forma correttamente cilindrica ad una fotoincisione altrimenti piatta.

La naca è nero semilucido che mi ha aiutato col successivo lavaggio ad olio in un grigio molto chiaro.

Passiamo al montaggio delle componenti principali: il cockpit si inserisce senza alcun problema all’interno delle due semi fusoliere che non necessitano di alcuna stuccatura… sembra di lavorare su un kit Tamiya di ultima generazione! l’unico intervento riguarda la re incisione delle pannellature che corrono lungo il dorso della struttura, lavoro rapido e abbastanza indolore.

Anche l’innesto delle ali è assolutamente preciso così come la copertura superiore dell’abitacolo che comprende l’alloggiamento per il parabrezza anteriore con relativo collimatore a cannocchiale.

Verniciatura:

Questa è sempre la fase che preferisco, soprattutto quando parliamo di una livrea metallica. Osservando le foto a disposizione di diversi A5M2b appare evidente come fossero verniciati di un argento molto chiaro per cui all’inizio pensavo di optare per l’H-8 Mr. Color. Avendo deciso di non utilizzare alcuni primer, ho preferito cambiare la scelta e virare verso l’Alclad White Alluminium perché mi avrebbe permesso di eseguire la tecnica dei lavaggi ad olio senza proteggere le superfici con il classico trasparente lucido (la ragia minerale o il diluente Humbrol utilizzato per diluire i colori ad olio non intaccano le lacche della Alclad).

Osservando le foto si può notare come la rivettatura del modello sia molto leggera, non invasiva e dona al modello un aspetto già molto piacevole. Dopo la fusoliera ho dipinto gli alettoni e il timone in Alclad Semi Matt Alluminium per simulare le superfici telate con cui erano realizzati.

Superata la veste in alluminio mi sono dedicato alle Hinomaru che ho deciso di dipingere un po’ per sperimentare, un po’ per limitare al massimo l’utilizzo delle decalcomanie. Per riprodurre le insegne ho scelto il mio fedele cerchiometro, nastro kabuki e il Gunze H-3, rosso lucido, diluito con la nitro antinebbia che accorcia di gran lunga i tempi di asciugatura.

A conti fatti l’operazione è stata lunga e laboriosa soprattutto per evitare che il rosso, colore notoriamente ostico, aggrappasse correttamente e non si infilasse in punti dove non doveva arrivare. Col senno di poi vista la qualità delle decal contenute nella scatola, consiglierei vivamente di utilizzare quelle incluse trattandole con un uso sapiente di Microset e Microsol… secondo me l’effetto “painted on” è garantito.

Anche deriva e piani di coda sono stati dipinti con lo stesso rosso lucido Gunze H-3.

La banda in fusoliera bicolore è stata mascherata e verniciata con l’onnipresente rosso già nominato e Flat White Tamiya XF-2. La scelta di quest’ultimo è stata dettata dall’ottimo potere coprente che mi ha permesso di realizzare solo poche passate.

Successivamente ho passato una mano ben diluita di trasparente lucido Gunze H-30 per preservare il bianco dal lavaggio generale cui ho sottoposto tutto il modello. Per i washing ho utilizzato un mix di colori ad olio per ottenere un grigio medio non troppo scuro. Di seguito le foto del risultato:

Dando un’occhiata alla documentazione ho deciso di modificare leggermente il serbatoio ventrale perché stampato con delle pannellature di troppo; le ho colmate e carteggiate con colla cianoacrilica e successivamente ho ricreato con nastro kabuki e Plasticard le fasce di rinforzo. Ho anche modificato il sistema di ancoraggio alla fusoliera aggiungendo, al momento dell’assemblaggio, il tubo di aspirazione del carburante.

Ultimi dettagli: l’elica tripala è in Alclad Alluminium e le bande in rosso lucido Gunze H-3. Il retro è in marrone Mr. Color 131 (Propeller color). Gli scarichi sono stati dipinti con l’Alclad Burnt Metal e opacizzati con gessetti di vari colori.

Le decal fornite dalla casa sono davvero sottili, forse troppo perché se non state attenti nel maneggiarle si corre il rischio di farle accartocciare su se stesse. La nota positiva è che basta un sottilissimo strato di trasparente lucido per sigillarle e farle diventare un tutt’uno col fondo. Il mio esemplare, fortunatamente, aveva davvero poche insegne e posizionarle ha richiesto un tempo esiguo.

Assemblaggio finale:

C’è poco da dire, tutta la bellezza e la precisione del kit viene sfoggiata in questa fase!  È impressionante constatare come il parabrezza i carrelli principali calzino perfettamente nei rispettivi alloggiamenti… se qualcosa va storta la colpa si può imputare solo e solamente alla distrazione del modellista!

Del mio esemplare ho trovato una sola foto nella quale non appare affatto invecchiato pesantemente, per cui mi sono limitato a riprodurre delle piccole scrostature in prossimità dei piani di coda e della deriva, tracce di terra e fango sulle carenature del carrello anteriore (dato che spesso questi aerei operavano da piste semi preparate), e un po’ di sporco lungo le walkways in prossimità del cockpit. I fumi degli scarichi sono realizzati con colori ad olio spruzzati ad aerografo.

In conclusione:

Solitamente non ci si aspetta molto dal primo modello di una ditta emergente, ma con questo kit mi sono ricreduto al 100%: è un vero gioiello e la scatola offre tutto l’indispensabile per tirar fuori un gran riproduzione in scala rifinita in ogni aspetto. Di contro il prezzo è un abbastanza alto considerando che il soggetto ha dalle dimensioni contenute anche nella scala del quarto di pollice.  Ad ogni modo la qualità si paga sempre con piacere…

Un saluto a tutti gli amici di Modeling Time!

Mattia “Pankit” Pancotti.

La Rondine del Sol Levante – Kawasaki Ki.61 Hien dal kit Hasegawa in scala 1/48.

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Ancora una volta, con grande piacere ed entusiasmo, vi mostro il mio ultimo modello dell’aviazione del “Sol Levante” atterrato da pochissimo sul forum di Modeling Time! Si tratta del Ki.61 “Hien” dal kit Hasegawa in scala 1/48.

Lo Hien è uno di quei velivoli che mi hanno sempre affascinato, sia per le caratteristiche tecniche, sia per le sue forme molto intriganti e molto simili al nostro caro Macchi 202 (non a caso gli americani gli affibbiarono il nomignolo “Tony”, traduzione di Antonio, per la somiglianza con il caccia italico). La scatola che ho usato è arcinota anche perché, oramai, gira nei negozi e sui nostri scaffali già da qualche tempo. Da pochi mesi questo vetusto stampo è stato rimpiazzato dal nuovo Tamiya (cui trovate un ampio articolo QUI!) che è lo stato dell’arte nel settore del modellismo statico; senza dubbio il nuovo prodotto è anni luce avanti, ma avendo acquistato il mio Hasegawa a prezzo competitivo mi sembrava un peccato non utilizzarlo e lasciarlo in un angolo a prendere polvere.

Ovviamente molteplici sono stati gli interventi che ho eseguito sul modello, ma questo lo vedremo insieme nelle prossime righe!

Soggetto ed after market:

Il soggetto che ho voluto rappresentare, senza dubbio, è più unico che raro e pochissime sono le immagini che lo ritraggono. Questo Ki.61 apparteneva al 68° Sentai, 2° Chutai, operante sicuramente in Nuova Guinea durante il 1943. Il velivolo era caratterizzato da una grande freccia blu dipinta in coda che lo rendeva molto riconoscibile.

L’unico accessorio che mi sono concesso sono state le mascherine pre-tagliate della Montex (codice 48119), alle altre carenze ho rimediato con della sana e divertente autocostruzione.

Montaggio:

Come avevo scritto precedentemente la scatola Hasegawa inizia ad accusare il peso dei propri anni, ma nonostante tutto si monta agevolmente e senza troppi patemi d’animo. Certo, essa lascia ampi margini di miglioramento da parte del modellista che la affronta, ma con un po’ di Plasticard e filo di rame si riesce a tirare fuori un risultato più che dignitoso.

Come di consueto ho iniziato dal cockpit basandomi sulle poche foto, in bianco e nero, che avevo sotto mano:

Il canopy da scatola è stampato in un sol pezzo, soluzione che non mi ha convinto sin dall’inizio. Per questo ho deciso di tagliarlo utilizzando un praticissimo seghetto Trumpeter che, con pazienza e attenzione, riesce a sezionare lo stirene in maniera molto precisa. I pezzi sono stati assottigliati e sistemati con carte abrasive di grana via via più sottile, e poi bagnati nella Future per ripristinarne la trasparenza.

Terminata la fase di arricchimento del cockpit, è giunto il momento di verniciarlo. Il colore che più si avvicinava al marrone Kawasaki è il Gunze H-79 (steso su una base nera per eseguire la tecnica del “black basing” e enfatizzare i sottosquadri). Dopo aver steso le prime mani di colore di base ho schiarito con del bianco l’H-79 e l’ho applicato lungo le centine ed i rinforzi vari per dare maggiore volume a tutta l’abitacolo. Ovviamente non bisogna tralasciare le cinture di sicurezza, che sono state ricostruite con nastro Tamiya e le fibbie con carta d’alluminio.

Successivamente ho steso il solito lucido Gunze H30 per preparare il tutto ai lavaggi (ho scelto il Bruno Van Dyck ad olio allo scopo). Per finire, ho opacizzato tutta zona grazie al Flat Clear Gunze H-20.

Il pannello strumenti, in nero opaco, ha ricevuto le opportune cure! Dopo aver steso il Nato Black Tamiya ho effettuato un dry-brush con varie tonalità di grigio Vallejo per evidenziare spigoli e strumenti (con altre tonalità ho verniciato i vari pulsanti). I vari strumenti sono stati pitturati a pennello mediante colori Lifecolor e, ancora una volta, Vallejo; una goccia di Future all’interno di ogni veglia ha simulato i vetrini.

Ho anche sistemato la presa d’aria del motore, un potente Kawasaki Ha-40 a 12 cilindri da ben 1100 cavalli. Ho eliminato la terrificante paratia interiore di plastica con un cutter e ho assottigliato il bordo d’attacco per riportare gli spessori in scala. A seguire, con dei listelli di Evergreen hi ricreato i flabelli che parzializzavano l’afflusso di aria.

Adesso è arrivato il momento del montaggio vero e proprio! Le due semi fusoliere si uniscono egregiamente e le fessure sono ridotte al minimo. Per stuccarle ho scelto la colla ciano acrilica che, una volta carteggiata e lucidata, assume la stessa consistenza della plastica. Solo il parabrezza richiede un po’ d’accortezza ma bastano alcune prove a secco e qualche limata per pareggiare il dislivello.

Anche le ali combaciano abbastanza bene, cosa che non si può affermare quando esse vengono unite alla fusoliera. Lo spessore del bordo di attacco di quest’ultima è eccessivo e crea uno scalino abbastanza vistoso rispetto al bordo d’attacco dell’ala. Per eliminare i dislivelli è necessario asportare gradualmente la plastica in eccesso eseguendo, contemporaneamente, moltissime prove a secco.

Una volta sistemati gli errori di allineamento basterà incollare i pezzi con una spennellata di tappo verde; se avete fatto un buon lavoro basterà solo carteggiare superficialmente per eliminare gli aloni di collante, a tutto vantaggio delle fini pannellature rappresentate in quei punti.

Ho eliminato i rimandi dei trim prestampati e li ho sostituiti con degli altri in filo di rame e rod di Plasticard sagomato.

Ho asportato, tramite un taglierino affilatissimo, le due mitragliatrici Ho-103 da 12.7 proposte da scatola, sia sul muso sia sulle ali. Le stesse sono state rimpiazzate da rod di ottone di opportuno diametro e, soprattutto, di spessore più realistico.

Mi raccomando, ponete attenzione anche al faro di atterraggio sull’ala sinistra perché esso rimane fuori sagoma e deve essere limato e stuccato con colla ciano-acrilica. Infine, ho aggiunto sulle gambe dei carrelli i cavi dei freni.

Colorazione:

La prima fase ha riguardato l’XF-19 Tamiya, diluito con la Nitro e steso su tutto il modello per verificare la presenza di imperfezioni nel montaggio.

Le superfici del velivolo reale sono in alluminio che ho realizzato tramite l’uso della tinta Alcald II “White Aluminium”. Questo colore non necessita di un fondo nero lucido per poter aggrappare correttamente, ma è molto importante che la vernice su cui si posa sia liscia, compatta e quanto più pulita possibile.

Dopo aver fatto asciugare il modello per un paio di giorni ho verniciato le Hinomaru sfruttando le maschere del citato set Montex: dapprima ho steso una base bianca su cui ho applicato un pre-shading con Tamiya Red-Brown. Il rosso dell’insegna è il Tamiya XF-7. Le superfici di governo mobili quali alettoni ed elevoni sono in Tamiya XF-76 per simulare il primer con cui erano verniciate e protette le superfici telate sui velivoli giapponesi.

I grattacapi arrivano nel momento in cui si realizza la sovra mimetica verde a “vermicelli”, tutti a mano libera. Allo scopo ho utilizzato il Tamiya XF-70 ben diluito con nitro (oltre l’80%). Molte sono state le prove che ho fatto su una cavia per trovare il giusto rapporto tra pressione diluizione, e per evitare sgradevoli effetti di over spray.

Ricorrendo alle solite mascherine pre-tagliate ho verniciato i fregi del reparto sulla deriva. Vi raccomandando di stendere prima una mano di bianco acrilico (preferibilmente diluito con nitro) sia per riprodurre la bordatura, sia per limitare al massimo gli strati di blu ed evitare fastidiosi spessori delle vernici. Posizionarle per bene è stata davvero una bella sfida viste le dimensioni, ma il risultato finale ripaga ogni singolo sforzo.  Il colore che ho utilizzato per le frecce e la banda in fusoliera è un mix Tamiya che ho studiato e che mi ha subito convinto:

  • 4 parti di X-14 + 2 parti di XF-8 + 1 parti XF-2.

Quasi come da manuale ho verniciato le zone in giallo (Tamiya XF-3) ed il pannello antiriflesso in Nato Black Tamiya con un leggero post-shading.

Divertente è stato invecchiare il modello nelle zone più sottoposte a calpestio ed usura. Mi sono soffermato particolarmente sul raccordo ali fusoliera dove ho riprodotto qualche piccola scrostatura con una penna gel color argento picchiettata sulle superfici. Ho usato anche delle polveri Vallejo date con un pennellino e tramite una piccola spugnetta.

Terminata la verniciatura ho applicato sul modello due o tre mani di trasparente lucido Gunze allo scopo di prepararlo ai washing (ancora una volta il Bruno Van Dyck ad olio scurito con del nero).

Il weathering dei due serbatoi sub-alari mi ha davvero divertito! Inizialmente li ho verniciati in bianco su cui, poi, ho eseguito un pre-shading con del marrone e del giallo (sempre Tamiya). Poi grazie all’uso di pigmenti, colori Lifecolor e soprattutto colori ad olio, ho potuto terminarli simulando perdite di carburante e usura.

Per la finitura finale del mio Tony ho optato per questa miscela:

  • 8 parti di Flat + 2 parti di Clear.

Le pale dell’elica sono in Gunze H-79. Anch’esse sono state sottoposte al weathering riprodotto con del dry-brush in khaki e beige.

Dopo aver aggiunto il cavo dell’antenna a filo (ho scelto il rigging wire della Uschi Van Der Rosten) e il pitot, il mio modello è finalmente pronto per la vetrina!

Ringrazio ancora la community Modeling Time, di cui ci faccio fieramente parte, per i consigli avuti durante il WORK IN PROGRESS ed invito tutti coloro mi stanno

leggendo di iscriversi nel nostro forum! Da noi il modellismo è solamente l’inizio! Vi aspetto!

Vi ringrazio per l’attenzione e non mi resta che augurarvi buon modellismo!

Roberto “Rob_zone” Boscia.

Il Flanker Navale: Sukhoi SU-33 dal kit Kinetic in scala 1/48.

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Dagli inizi degli anni 60’, fino ad arrivare alla fine degli anni ’90, la marina militare russa (Voenno-morskoj flot) fu alla costante ricerca di velivoli al fine di disporre di una valida e versatile aviazione imbarcata. I progettisti si concentrarono sulla formula VTOL (Vertical Take Off & Landing) dando alla luce velivoli come lo Yak-36, lo Yak-38 e, successivamente, lo Yak-141. Dei tre progetti l’unico che ebbe una limitata vita operativa fu proprio lo Yak-38 Forger, macchina complessa sia nel pilotaggio, sia nella manutenzione. Visti gli insuccessi, i vertici della marina russa ripiegarono infine su aeroplani convenzionali da utilizzare con un sistema di lancio “Skyjump”, del tutto identico a quello già in uso presso la flotta inglese sulla portaerei HMS Illustrious.

Vennero fatti diversi test con aerei già in linea nell’aeronautica e tra questi i prescelti risultarono il Su-27, il Mig-27 e il Mig-29 modificati e attrezzati per le operazioni imbarcate (le versioni furono denominate con il suffisso “K”). Il Mig-27 fu scartato quasi immediatamente, mentre il Mig-29 risultò meno adatto a causa dell’inviluppo di volo sfavorevole durante gli appontaggi. Alla fine il vincitore fu il Flanker e l’OKB Sukhoi fu incaricato di svilupparne la variante definitiva imbarcata.

Il “nuovo” aereo, denominato SU-33, atterrò per la prima volta nel 1995 sulla Admiral Kuznetsov, a quasi dieci anni dalla specifica del progetto.

Il Flanker navalizzato fu formalmente accettato anche se evidenziava diversi punti negativi: le dimensioni tutt’altro che compatte rendevano le operazioni sul ponte molto complicate e, data l’esigua corsa per il decollo, il carico pagante per gli ordigni e missili era di gran lunga inferiore rispetto alle controparti occidentali. Inoltre il meccanismo di ripiegamento delle ali, troppo leggero e insufficiente, obbligava gli specialisti ad aiutarsi pericolosamente con delle scalette, oppure ad andare fisicamente sul dorso dell’aereo, per spingere le superfici in posizione estesa.

Per questo e altri problemi minori il numero di SU-33 prodotti fu di appena 35 esemplari, di cui poco più della metà sono normalmente disponibili ed efficienti. Per uno strano scherzo del destino i caccia imbarcati verranno sostituiti a partire dal 2018/20 dai Mig-29K, competitor precedentemente sconfitto.

Il Work In Progress completo lo trovate CLICCANDO QUI!

Il modello:

Immagine inserita a scopo di discussione – fonte cybermodeler.com/

Il SU-33 mi ha sempre colpito… vuoi per la presenza dei canard, vuoi per la possibilità di farlo tutto chiuso in configurazione da stivaggio, vuoi per le dimensioni importanti che esso ha… insomma, è uno dei soggetti che occupava i primi posti nella mia wishlist modellistica!

Quando ebbi notizia che la Kinetic stava collaborando con la Zactomodel per commercializzarne un kit nella scala del quarto di pollice, non stavo più nella pelle! Ho acquistato la scatola di montaggio appena fece la sua apparizione nei negozi specializzati italiani constatando, sin da subito, alcuni problemi di fitting dei vari pezzi. Un po’ scoraggiato, decisi di attendere prima di iniziare il montaggio. Dopo qualche mese, e con ritrovata voglia, ho finalmente posto questo Flanker navale sul mio banco di lavoro. Il modello è stato corredato da alcuni aftermarket:

  • Pilota navale Russo AereoBonus (AB-480066).
  • Scaletta e tacchi NH Detail (A48001).
  • Set fotoincisioni Eduard per il cockpit (FE778).
  • Set mascherine Eduard (EX521).
  • Airbrush Camo Mask della J’s Work (PPA5154).

Le fotoincisioni provenienti dal set FE778 sono pre-colorate; molto comode e pratiche da utilizzare, ma disastrose quando si tratta di trovare il giusto mix di vernici per simulare il tono che la Eduard ha usato per rifinirle! Alla fine, dopo qualche alchimia, sono riuscito a trovare una miscela abbastanza fedele:

  • Gunze H-307 + Gunze H-308 in eguale misura più una goccia di H-25.

Il cockpit, grazie anche all’accessorio della ditta ceca, si assembla con poca fatica e in men che non si dica è pronto e completo. Archiviato questo primo compito mi sono dedicato alle prese d’aria ed al primo stadio del compressore.  Durante le prove a secco, che consiglio vivamente di effettuare scrupolosamente, è emerso che il condotto sinistro risulta più corto di circa 0.5 millimetri rispetto al destro. Per correggere il problema ho applicato uno spessore di Plasticard nell’intake interessato evitando, così, un vistoso disallineamento delle parti.

Ho quindi dettagliato la sonda del rifornimento in volo e il suo vano.

Anche il radome, purtroppo, soffre di qualche imprecisione dimensionale. Il suo diametro, infatti, è leggermente inferiore rispetto a quello della fusoliera e questo difetto crea un fastidioso scalino quando si accostano i due elementi. La soluzione più ovvia è quella di riempire le giunzioni di stucco o colla cianacrilica e carteggiare rischiando di perdere quasi tutto il bel dettaglio stampato sulla plastica. Personalmente ho adottato un approccio più complicato ma, sicuramente, di maggiore effetto: scaldare il muso ad una temperatura di circa 60° mediante un asciugacapelli e allargare la circonferenza stando ben attento a non deformare nulla. Ovviamente un minimo di stucco è stato necessario… ho steso un leggerissimo strato di Mr.Surfacer 500 che ho, successivamente, lisciato velocemente con carta abrasiva 1500.

Le gondole dei motori sono tra gli elementi più caratteristici dei Flanker. Esse sono lasciate in metallo naturale e presentano una miriade di sfumature dovute allo stress termico che esse subiscono. Prima di mettere mano all’aerografo e alle vernici ho recuperato in rete il maggior numero di foto del velivolo reale; dopo averle studiate attentamente ho scelto di riprodurre una “cottura” anomala apparsa proprio sul soggetto che volevo riprodurre, l’88 rosso. Una delle placche che compongono il rivestimento metallico, infatti, era stata sostituita con un’altra di una lega leggermente diversa; essa a contatto con il calore non presentava il blu classico da surriscaldamento, ma assumeva un tono arancione.

Ma prima di riprodurre tutto ciò bisogna stendere i metallizzati di base:

  • Pre shading nero molto “generoso” per creare delle ombre.

  • Steel Alclad come fondo.

  • Jet Exhaust (Mr.Paint) dato a bande trasversali per simulare le parti più scure delle centine su cui si avvitano le piastre.

  • Con un mix di Titanium Gold e Duralluminium Alclad ho ricreato il colore principale.

  • Infine con un mix (50/50) di Durallluminium e White Alluminium ho verniciato i pannelli centrali sia sopra, sia sotto.

Per l’effetto della cottura ho utilizzato delle polveri e pigmenti (blu e marroni) provenienti dai weathering set Tamiya. Una buona mano di trasparente opaco H-20 Gunze ha concluso le operazioni.

Prima della fase di verniciatura ho terminato il seggiolino, l’Head Up Display (HUD)e mi sono dedicato al carrello anteriore, aggiungendo dei cavetti per renderlo il più verosimile.

Verniciatura e decal:

 

La verniciatura ha avuto inizio dal tono più scuro della complessa mimetica, per poi giungere al colore finale più chiaro. Le vernici che ho utilizzato provengono dalla linea Mr.Paint e si rifanno ai toni utilizzati per la riverniciatura dell’intera flotta avvenuta tra il 2013-2015. Esse hanno codici MPR 199,200,201 (Blu, Blu scuro, grigio chiaro).

La separazione dei colori è avvenuta, come anticipato all’inizio dell’articolo, tramite le mascherine della J’s Work… estremamente comode e funzionali ma, purtroppo, errate! Dovete tenete presente che il disegno proposto nelle istruzioni è sbagliato e rappresenta i colori dello schema invertiti. È necessario, quindi, aiutarsi con la documentazione e le immagini dell’esemplare che si vuole riprodurre onde evitare di cadere in errori grossolani. C’è comunque da dire che i riferimenti stampati direttamente sulle maschere sono corretti… insomma, il produttore ha combinato qualche pasticcio in fase di impaginazione.

Per concludere il lavoro sui propulsori ho messo mano anche agli scarichi, dipinti con il Duralluminium più Dark Alluminium Alclad (miscelati al 50/50) e lo Steel, sempre Alclad, per la parte più scura (anche in questo caso ho applicato della polvere blu per simulare l’effetto del calore).

Quindi ho riprodotto le varie zone in anticorodal (una particolare lega anti corrosione) sui bordi di attacco delle derive, piani di coda e canard con il White Alluminium Alclad, e i dielettrici con il bianco opaco Tamiya.

I cerchioni degli pneumatici sono in verde scuro FS 34092 (Gunze H-302) ma sono stati oggetto di un pesante dry brush in verde chiaro per lumeggiarli e metterne in risalto i dettagli.

Giunto a questa fase ho steso su tutto il modello tre o quattro mani ben diluite di trasparente lucido X-22 Tamiya per poter applicare, su tutti i pannelli, il Dark Wash della MIG. Due ulteriori passate di clear hanno preparato il fondo per le decalcomanie.

A proposito di quest’ultime: quelle fornite nel kit hanno gli stencil di manutenzione incompleti (ne mancano davvero tanti all’appello) ma dato che ancora non esistono fogli aftermarket per questo soggetto, mi sono dovuto accontentare.

In ogni caso le insegne sono di buona qualità ed hanno un ottimo potere adesivo. Come sempre Kinetic non delude mai da questo punto di vista!

Armamento e basetta finale:

La configurazione che ho scelto per il mio Flanker è una di quelle maggiormente adottate: quattro missili aria/aria di cui due R-27 (A/A-10 Alamo nel codice NATO) e due R-73 (A/A-11 Archer nel codice NATO), praticamente il massimo carico da intercettazione per i SU-33 quando sono imbarcati.

La basetta è una di quelle pre stampate presenti nel catalogo della Coastal Kit e rappresenta una sezione del ponte della Kuznetsov. L’ho completata aggiungendo i tacchi per le ruote e il figurino del pilota russo con la sua tuta arancione.

Conclusioni: 

Da un kit prodotto nel 2015, e dal costo non indifferente, mi sarei aspettato di più. Alcuni ritiri e molti segni degli estrattori posti in punti troppo vistosi contribuiscono a rendere il giudizio finale abbastanza negativo, ma è anche vero che lo stampo ha un dettaglio e una finezza delle incisioni davvero ragguardevole. In ogni caso consiglio questo Flanker solo ai modellisti con buona esperienza e manualità… alcuni passaggi durante le fasi del montaggio metteranno a dura prova la vostra pazienza.

Grazie per aver letto il mio resoconto! Buon modellismo a tutti – Jacopo Ferrari.

Un Getto Tonante per l’AMI – F-84G Thunderjet dal kit Revell in scala 1/48.

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Il Work In Progress completo lo trovate QUI!

I primi anni ’50 rappresentarono una sfida per la nostra giovane Aeronautica Militare, ancora impegnata in una difficile ricostruzione dopo la fine del secondo conflitto mondiale. L’epoca dei jet era oramai alle porte e i primi passi in questo campo erano già stati fatti con l’entrata in servizio dei De Havilland Vampire Fb.6 e NF importati dal Regno Unito e, successivamente, costruiti su licenza da Fiat Aeronautica e Macchi.

Il governo statunitense non vedeva però di buon occhio le forniture che gli inglesi stavano girando a mezza Europa e, tramite il trattato MDAP (Mutual Assistence Defense Program), fornirono quasi gratuitamente grandi quantità di armamenti a diverse nazioni, stroncando di fatto ogni accordo industriale stesse portando a termine l’Inghilterra.

Il risultato di queste “schermaglie commerciali”, per l’AMI, fu molto proficuo: dal maggio 1952 l’USAF recapitò via nave ben 254 Republic F-84 G nuovi di zecca, alcuni di questi già in procinto di essere consegnati ai reparti americani e frettolosamente dirottati verso le varie nazioni NATO.

Con il Thunderjet la nostra forza armata equipaggiò da prima il 5° ed il 51° Stormo, in seguito furono adottati anche dal 6° (sempre in configurazione F/B) e dal 3°, in versione da ricognizione con le fotocamere alloggiate in una tanica opportunamente modificata e montata all’estremità dell’ala sinistra.

Il soggetto che ho voluto riprodurre era originariamente assegnato ai reparti di base in Alaska e per tale motivo aveva ampie zone verniciate in rosso ad alta brillantezza (per essere individuabile in caso di crash sulla neve o sul ghiaccio). Fu uno dei primi ad entrare in linea presso il 51° Stormo mantenendo la colorazione originale.

La documentazione sui Thunderjet italiani non manca e tra questa ho scelto alcuni volumi, a mio avviso più significativi: il tomo n°30 della serie “Monografie Aeronautiche Italiane” ed il libro di Luigino Caliaro dal titolo “Il Thunderjet in Italia” dove ho trovato anche diversi spunti per la riproduzione delle diverse tonalità di metallo del velivolo.

Modellisticamente parlando nella scala del “quarto di pollice” sono presenti sul mercato due ottimi kit: la scatola Tamiya, ottima come accoppiamenti e facilmente reperibile, e la Revell (ex Pro Modeller) altrettanto semplice nel montaggio e leggermente più curata negli interni. La nota negativa riguarda la sua scarsa reperibilità essendo, oramai, un articolo prodotto già parecchi anni or sono; fortunatamente ne avevo una nella mia pila di scatole in attesa… non ho fatto altro che prenderla e metterla sul mio banco da lavoro!

Come consuetudine la costruzione ha avuto inizio dall’abitacolo dove ho assemblato la vasca ed il seggiolino, e verniciandoli con il tipico “Republic Interior Green” ottenuto da un mix di Tamiya XF-62 e Tamiya XF-3 rapporto 1:1. A seguire ho applicato un leggero dry-brush con colori ad olio ocra e bianco per enfatizzare i dettagli.

Le consolle laterali e il quadro strumenti (dipinti in nero opaco) hanno un buon dettaglio in rilievo che ho messo in risalto con la tecnica del pennello asciutto e con il colore alluminio. Per finire ho applicato su tutto il lavaggio ad olio in Bruno Van Dick per dare maggiore profondità ai dettagli e al cockpit in generale. Il tocco finale è stata una goccia di Clear Tamiya nelle veglie del cruscotto per simulare i vetri degli strumenti.

Il kit offre una piccola lastra di fotoincisioni che includono anche le fibbie delle cinture; le cinghie vere e proprie devono essere riprodotte da zero Le cinture sono state aggiunte a fine lavorazione, nel kit è presente una lastrina foto incisa con le fibbie in dotazione, le cinture vere e proprie devono essere riprodotte da zero (personalmente ho utilizzato delle striscioline di nastro kabuki).

Il vano del carrello anteriore è scomposto lungo la linea di mezzeria della fusoliera e diviso in due parti; questa soluzione, alquanto scomoda, mi preoccupava perché ero certo di ritrovarmi una vistosa fessura difficile da stuccare in una zona così ristretta ed angusta. Al contrario, dopo l’incollaggio eseguito con la Extra Thin Cement Tamiya, i pezzi hanno combaciato perfettamente (come nel 95% del kit) ed è bastata una passata di Mr. Surfacer 500 per chiudere la linea di giunzione!

Montato il anche il vano aerofreno ho steso su tutto lo Zinc Chromate Tamiya XF-4 e mi sono dedicato all’assemblaggio delle semi ali partendo dai pozzetti carrello; questi sono veramente ben dettagliati ma i portelloni sono stranamente stampati solidali alle pareti della baia, soluzione che costringe il modellista a prestare molta attenzione per non danneggiarli. Lo stesso inconveniente si presenta anche sul pozzetto anteriore ma, in questo caso, ho preferito tagliare via le coperture e lavorarle a parte con maggiore tranquillità.

L’unione delle ali alla fusoliera non presenta il minimo e non richiede alcun utilizzo di stucco, una vera gioia per gli occhi! Andando avanti, però, ho trovato la prima “magagna” del kit rappresentata dall’anello della presa d’ aria che è leggermente più stretto della fusoliera stessa. In questo caso ho dovuto far affidamento su carta abrasiva e colla ciano acrilica per pareggiare lo scalino e lisciare a dovere la plastica. L’operazione è stata, ovviamente, molto invasiva ed ha cancellato gran parte delle pannellature presenti sul muso; in particolare ho dovuto tracciare nuovamente l’incisione circolare intorno al bordo d’attacco dell’intake con una procedura davvero complessa:

In pratica ho utilizzato il nastro Dymo come guida, ma per fargli assumere la forma corretta ho dovuto inciderlo e piegarlo come potete vedere nell’immagine sopra.

Prima di dichiarare conclusa la fase di costruzione ho eliminato i ricettacoli delle sonde per il rifornimento in volo, non previste sui nostri Thunderjet, che erano installate sui serbatoi alari.

Verniciatura:

Allo scopo di preparare il fondo per le vernici metallizzate ho dato un fondo di Gloss Black C-2 Gunze Mr. Color, diluito con il Leveling Thinner della stessa casa (80% diluente-20% colore). A seguire ho steso le tinte metalliche nel seguente ordine:

  • Alclad 106 (White Alluminium): su tutta la superficie dell’aereo.
  • Alclad 103 (dark alluminium): sui pannelli sotto il canopy, andrebbe passato anche su parte del troncone di coda, ma ho tralasciato…
  • Alclad 105 (Polished Alluminium): sulla bocca della presa d’ aria e sui pannelli delle mitragliatrici più arretrate.
  • Alclad 119 (Airframe Alluminium): sul panellino rettangolare anteriore, e sulla sezione centrale della fusoliera.
  • Alclad 107 (Chrome): sul bordo d’ attacco dell’ala e sui flap.

Dopo aver atteso almeno ventiquattro ore tra un tono e l’altro per ottenere la completa asciugatura, ho spruzzato il rosso Tamiya XF-7 (diluita con la nitro) direttamente sul “metallo” come accadeva anche nella realtà; con questa procedura ho ottenuto la stessa tonalità “mattone” che si nota nelle foto originali.

Ho poi realizzato la fascia antiriflesso in Olive Drab XF-62 Tamiya, i frames del canopy in Off White (Gunze H-21) ed il dielettrico sulla deriva in Aircraft Grey (Gunze H-57), ed infine ho sigillato tutto con il Sealer for Metalizers della Model Master (dopo aver provato diversi trasparenti credo che questo sia l’unico prodotto che mantiene inalterata la tonalità e la lucentezza dei metalizer).

E’arrivato il momento delle decal e non esistendo alcun set pronto per i Thunderjet tricolori, ho dovuto affidarmi a ben sei fogli, sia in 1/48 che in 1/72, della Tauromodel:

  • 72557 per le coccarde della fusoliera.
  • 48528 per le insegne di nazionalità sulle ali.
  • 48547 per i codici sulla fusoliera.
  • 72543 per il seriale sulla deriva.
  • Gli stencil provengono dal kit.

Durante la posa alcune delle insegne più vecchie hanno creato un po’ di silvering, ma l’azione combinata dei liquidi Microscale e del Sealer hanno ridotto di molto l’effetto. Sigillate anche le decalcomanie ho eseguito un lavaggio ad olio in grigio (mescolando Nero di Marte e Bianco Avorio) ed ho finalmente posizionato carrelli e tettuccio sul mio F-84 in scala considerandolo finito!

Come sempre, sperando che sia stata gradita la lettura sulla costruzione di uno dei jet più importanti per la nostra Aeronautica, ringrazio tutti gli amici del forum per il supporto e chiunque abbia avuto la pazienza e la voglia di leggere queste righe

Buon modellismo a tutti! Alessandro ARGO2003 Gerini.