domenica, Luglio 20, 2025
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Video Tutorial: Come Pulire il vostro Aerografo (versione 2.0).

Dopo 8 anni esatti dalla prima guida, torno con un nuovo e più aggiornato tutorial su come pulire il vostro aerografo!

In questo video cercherò di mostrarvi la procedura di smontaggio e pulizia completa che consiglio di eseguire ogni qual volta lo strumento non viene utilizzato per un periodo abbastanza lungo (circa 6/8 settimane). Se prevedete di utilizzarlo ad intervalli più regolari suggerisco comunque di smontare le parti principali quali ago, corona, copri duse e duse, e  di eliminare qualsiasi traccia di vernice residua su di esse e nella coppetta (in questo caso seguite principalmente gli step 1, 2, 3, 6, 8 e 9) dopo ogni sessione di verniciatura. Pulizie parziali o semplici spruzzate di diluente ad alta pressione non rimuovono eventuali residui che, a lungo andare, potrebbe otturare i condotti interni e bloccare i meccanismi.

Non abbiate timore nel disassemblare il vostro aerografo, basta prendere solo un pò di confidenza con le varie sequenze. Vedrete che dopo aver fatto la giusta esperienza vi basteranno dieci minuti al massimo per pulirlo e mantenerlo efficiente negli anni!

Alcune doverose raccomandazioni:

  • Nel video noterete che il diluente utilizzato per la pulizia è la nitro anti nebbia. E’ un solvente in grado di sciogliere qualsiasi tipo di vernice usata nell’ambito del modellismo (acrilici, smalti, lacche e vinilici) ma potrebbe intaccare le guarnizioni in gomma di alcuni modelli (come ad esempio i primi Fengda entrati in commercio). Perciò sinceratevi che la vostra aeropenna non utilizzi questo tipo di materiale! al contrario la nitro non rovina gli o-ring in teflon o neoprene impiegati su prodotti di fasce qualitative più alte (ad esempio Iwata, Badger, Harder & Steenbeck… ma anche alcuni cloni cinesi di nuova generazione).
  • L’aerografo è uno strumento di precisione, per questo deve essere trattato con attenzione! alcuni componenti sono molto delicati e potrebbero danneggiarsi a seguito di urti e/o cadute accidentali. Prestate cura quando sfilate l’ago e smontate la duse perchè essi sono i componenti più delicati.

Buona visione, e lunga vita ai nostri aerografi!

Valerio “Starfighter84” D’Amadio.

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Video Tutorial: Rimuovere graffi (e linee di stampo) dai trasparenti.

In questo Video Tutorial spiegheremo come eliminare i graffi e le linee di stampo dai vostri trasparenti o canopy. Quante volte avete rischiato di di cestinare un intero modello per il vetrino rovinato o danneggiato? grazie a questa guida scoprirete recuperare i danni e le imperfezioni che inficiano la limpidezza del pezzo è più facile di quello che pensate!

I materiali utilizzati sono i seguenti:

  • Limetta da unghie a tre grane: 600, 800, 3000 (tampone lucidante sul retro).
  • Limetta a due grane: 1200, 3000 (tampone lucidante sul retro). Entrambe le lime si possono acquistare nei negozi di articoli per bellezza e cosmetica femminile o, più economiche, on line.
  • Spugnette abrasive God Hand Tool grana 6.000, 8.000 e 10.000.
  • Tamiya Polishing Compound COARSE; FINE e FINISH.
  • Cera acrilica Pledge “FUTURE”. Se non ne siete in possesso può essere sostituita con la cera LIVAX 20 Carati come spiegato QUI o QUI! 
  • Tamiya Modeling WAX.

Buona visione!!

Valerio “Starfighter84” D’Amadio.

CLICK QUI PER IL LINK DIRETTO AL VIDEO!

Tojo Eats Shit! F4U-1 Birdcage Corsair dal kit Tamiya in scala 1/32.

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Dopo tanto tempo ho deciso di mettere in cantiere uno dei più bei kit della Tamiya: il magnifico Corsair Birdcage in scala 1/32.

Ero curioso di confermare se il modello fosse all’altezza delle recensioni che avevo letto … e infatti non mi ha deluso! Le stampate hanno un livello di dettaglio altissimo con una serie di rivetti che impreziosiscono la fusoliera e le ali; gli sono incastri perfetti e molti pezzi, una volta accoppiati, nascondono le giunzioni sottostanti riducendo a zero l’uso di stucco.

Il soggetto che ho deciso di realizzare è il “Tojo Eats Shit “, un Birdcage immortalato in una singola foto scattata al Munda Airfield nelle Isole Salomone.

Immagine inserita a scopo di discussione – fonte doogsmodels.com

È ricco di particolari interessanti: per prima cosa è sporchissimo… quasi non si vedono le diverse tonalità di colore. Da una parte ha una elica in buone condizioni, dall’altra due gomme diverse (una tassellata e una liscia). La deriva è grigia contrariamente allo schema tipico che la prevedeva azzurra. Il numero individuale sul portellone sinistro del carrello principale è obliterato e, infine, il bordo d’attacco delle ali appare più scuro come se fosse stato riverniciato di fresco. Insomma un esemplare caratteristico pieno di spunti da riprodurre!

Il modello, costruito con l’intento di ambientarlo all’interno di un diorama in futuro, è stato arricchito con alcuni aftermarket:

  • Barracuda BR32126: nel kit la ditta giapponese fornisce quello che, di fatto, è un Pratt & Whitney R-2800-8W da 2.250 Hp caratteristico delle versioni più tarde del Corsair (a partire dal F4U-1A). Il set della Barracuda permette di eseguire il “downgrade” del propulsore al fine di farlo assomigliare maggiormente al R-2800-8 da 2.000 Hp dei primi Birdcage.
  • Barracuda BR32118 e BR32119: da questi due set ho prelevato rispettivamente uno penumatico con battistrada scolpito (diamond thread) e uno liscio per rappresentare le diverse ruote che equipaggiavano il mio esemplare al momento di essere fotografato.
  • Eduard BigED 3335: il mega set comprende svariate ed interessanti fotoincisioni.
  • Barracuda BC32130 e BC32129: il foglio decalcomanie che include tutte le insegne per il “Tojo Eats Shit!” e la strumentazione per cockpit/consolle laterali dell’abitacolo.
  • HGW 132527: cinture in stoffa pre tagliate… aggiungono davvero tanto dettaglio al seggiolino che è l’elemento più visibile di tutto l’abitacolo.

Il Work In Progress lo trovate QUI!

Interni:

La prima zona cui mi sono dedicato è, come consuetudine, quella dell’abitacolo. Studiando la documentazione ho capito che il colore qui utilizzato era il Dark Dull Green, un verde molto scuro. Personalmente l’ho ricreato utilizzando un mix di 70% XF-26 Tamiya + 30% XF-2 Tamiya + 30% blu scuro Gunze H-326 (15044), ma i più pigri potranno utilizzare anche il Gunze H-302 che ha una tonalità simile.

Per aggiungere dettagli ho utilizzato qualche fotoincisione del Big Ed mentre per gli strumenti mi sono affidato alle decal della Barracuda applicate direttamente sui pezzi originali del kit perché, a mio avviso, il pannello in PE della Eduard risulta troppo piatto per la scala 1/32.

Il cruscotto in plastica ha già tantissimi dettagli stampati e sarà necessario farvi aderire bene sopra le decalcomanie spennellando generose quantità di liquidi ammorbidenti; fortunatamente le Barracuda reagiscono benissimo e si conformano ai rilievi senza troppi problemi.  Vi assicuro che alla fine il risultato appaga le aspettative.

Dopo aver sostituito il sostegno della bombola con una fotoincisione ho verniciato la stessa in giallo divertendomi, poi, a scrostarla utilizzando un marrone rossastro per simularne l’usura.  È importante procedere con cautela usando solo la punta del pennello per evitare di creare macchie di colore troppo grandi e fuori scala.

Il resto degli interni li ho fatti un po’ vissuti con qualche graffio e lavaggi ad olio in bruno Van Dick che ne hanno evidenziato i particolari. Ho anche aggiunto dei cavi utilizzando parte delle PE del già citato set Eduard.

Da ultimo il seggiolino. Ho dato prima una mano di alluminio e poi ho provato per la prima volta il liquido per le scrostature della Mig spruzzandolo ad aerografo. Su di esso ho passato il Dark Dull Green.. dopo diversi tentativi poco riusciti con stuzzicadenti e spugnette varie, per rimuovere la vernice mi sono trovato meglio con un vecchio spazzolino da denti.

Le cinture sono quelle della HGW e prima di applicare il lavaggio ad olio anche su di esse le ho protette con uno strato di lucido. Questa operazione è importante poiché il materiale di cui sono fatte è molto sensibile ai solventi e potrebbe deteriorarsi.  A seguire ho opacizzato il tutto con una mano di Flat Clear H-20 Gunze.

Infine gli ultimi ritocchi, aggiungendo un tubo dell’ossigeno senza maschera (ottenuto avvolgendo su di un tubicino di opportuno diametro del filo di stagno molto fino) e alcuni cavi che andranno collegati ad altrettanti rinvii sui lati della fusoliera.

Il risultato finale del cockpit è questo…!

Motore:

Del motore ho già parlato nella prefazione sottolineando come sia indispensabile utilizzare l’aftermarket della Barracuda per portarlo alla versione corretta. In rete si trovano anche propulsori completamente in resina e già pronti all’utilizzo, ma trovo che con minime modifiche si possa utilizzare quello da scatola e ottenere un pezzo degno del resto del modello. Dopo essermi studiato le immagini sul web per prima cosa ho aggiunto i tubi mancanti sui cilindri nel kit usando del filo di rame da 0.5 mm.

Poi ho aperto dei fori dove vanno inseriti i cavi delle candele e ho incollato dei piccoli spezzoni di tubo in alluminio per simularne l’attacco. I cilindri sono stati verniciati con Alclad Alluminium e poi lavorati con lavaggi in bruno Van Dick ad olio.

Vediamo le modifiche da apportare grazie al set BR32126: i primi Double Wasp R-2800-8 avevano il sistema di iniezione Bendix Scintilla composto da un anello di accensione ad alta pressione tubolare. L’aftermarket propone due magneti da sostituire che non danno nessun problema di adattamento e un anello in resina, il cui montaggio ha richiesto una particolare attenzione già solo per praticare i fori che simulano l’alloggiamento dei cavi delle candele a causa della fragilità del pezzo.

Per i manicotti ho utilizzato le PE della Eduard.

Invece per i tubi di scappamento sono ricorso alla mia formula collaudata che consiste nel verniciarli con Copper Alclad e poi sfumarli con pigmenti come il Track Rust, Standard Rust e Black della Mig al fine di simulare l’effetto della corrosione e fumo. Le parti verniciate in grigio sono state invecchiate col Bruno Van Dick ad olio e con lo Streaking Grime della Mig per ricreare le colature di sporco. Qualche scrostatura a pennello ha poi completato il weathering. Da ultimo i cavi delle candele che a causa del generoso diametro della schermatura avevano dimensioni ragguardevoli. A tal fine ho utilizzato del filo da 0.4mm di stagno (più morbido del rame) che ho fatto passare tra le protezioni dei cilindri praticandovi dei fori.

Il risultato finale è quello che vedete qui sotto.

La scatola propone due stili di flabelli, rappresentati aperti oppure completamente chiusi. Visto che nel Big Ed sono presenti tantissimi dettagli per impreziosire i vari leveraggi che ne permettevano l’azionamento ho deciso di montare le superfici in posizione di massima apertura. Come potete vedere il lavoro è lungo e spesso tedioso, ma ne vale la pena.

 

Fusoliera:

L’elevata ingegnerizzazione del kit fa sì che le semi-fusoliere si accoppino alla perfezione non necessitando, quasi, di stucco. L’unico elemento che mi ha creato qualche problema è stato il tappo centrale del serbatoio carburane davanti al windshield; lo stesso, una volta chiusa la carlinga, ha un diametro leggermente inferiore rispetto al suo alloggiamento e questo mi ha costretto a saldare il pezzo con abbondante uso di colla cianacrilica per poi reincidere la pannellatura persa utilizzando una sagoma circolare in Plasticard realizzata ad hoc con il plotter da taglio.

La Tamiya offre anche la possibilità di realizzare le ali ripiegate ma ho deciso di mantenere intatto il caratteristico profilo dell’aereo optando per le superfici estese. Le parti interne erano verniciate in Salmon Pink per la cui formula mi sono basato sul mix Tamiya 5 gocce di XF-10 + 5 di XF-7 +2 di XF- 4+ 3 XF-7.

Nei vani carrelli ho realizzato delle scrostature spruzzando dapprima il Salmon Pink, poi posizionando del sale (Video Tutorial Tecnica del Sale) e infine verniciando con il Light Gull Grey FS 36440 delle superfici inferiori. Quindi ho aggiunto un po’ di cavi usando il filo di stagno della Plusmodel che essendo morbido si adatta senza fatica alle forme del vano.

Colori:

La verniciatura ha rappresentato, sin dall’inizio, la vera sfida di questo progetto. Mi sono basato in parte sullo schema presente nel foglio istruzioni della Barracuda, in parte sulle poche foto del velivolo originale cercando comunque di rimanere fedele alla documentazione.

Immagine inserita a scopo di discussione – fonte themodellingnews.com

Ho quindi deciso di colorare in grigio la deriva che usualmente era in Blu Grey e di realizzare sulla fusoliera la separazione lineare dei due colori, così come la vedete in foto. Ho dipinto però solo un’insegna per ala (destra inferiore e sinistra superiormente) perché, a mio avviso, dall’immagine originale si può capire che quello sotto la semi ala sinistra è probabilmente solo un riflesso della luce.

Inoltre la Barracuda suggerisce di dipingere la parte anteriore delle ali in un blu decisamente più scuro rispetto al resto dell’aereo come se i bordi d’attacco fossero stati ritoccati a seguito di un intervento di manutenzione o di semplice usura. Questo dettaglio è riscontrabile e confermato anche dalla foto del velivolo in scala 1:1 per cui ho deciso di riprodurlo optando per l’uso della stessa vernice di base non desaturata come se fosse stata passata di “fresco” (al contrario il produttore delle decal suggerisce l’utilizzo del Non Specular Sea Blue o un generico Dark Blue).

Dopo il canonico pre-shading ho iniziato a stendere i colori della mimetica. Per il Blue Grey (F.S. 35189) sono partito da un mix di 6 gocce di XF-18 + 1 di XF-23 + 2 di XF-2. Il colore risultante all’inizio è un po’ carico e deve essere successivamente schiarito e invecchiato.  Per le superfici inferiori ho utilizzato il grigio (F.S. 36440) composto da un’ulteriore miscela Tamiya fatta di 15 gocce di X-2 + 8 di XF-55 + 4 di XF-12. Questa base tende ad assumere una tonalità un po’ calda e va poi corretta nel post-shading con l’aggiunta del bianco.

A proposito del post-shading, sono dell’idea che la scala 1/32 costringa ad applicare in modo diverso questa tecnica. Allo scopo di evitare un effetto “piastrellato” delle superfici superiori ho spruzzato il colore schiarito random e a spot in modo da spezzare l’uniformità della vernice di base, aggiungendo anche diverse passate diluite di XF-23, del bianco e anche un poco di grigio chiaro.

Per le parti telate ho accennato delle ombre come fatto anche in questi articoli (Click QUI e QUI), cioè coprendo la centinatura con striscioline di nastro e spruzzando il colore di fondo scurito ai lati per realizzare le ombre. Tolte le maschere ho ripassato il Blue Grey puro extra diluito per amalgamare i contrasti.

In alcuni punti delle ali erano spesso presenti delle scrostature che lasciavano intravedere il primer giallo al cromato di zinco che preveniva la corrosione dei metalli sottostanti; in alcuni casi il chipping interessava anche lo strato protettivo lasciando scoperto l’alluminio vivo.  Per simularle, sopra una base di Alluminium Alclad (protetta da lucido) ho spruzzato il “Chipping Fluid” della Mig e poi il giallo XF-4 Tamiya. Una volta asciutto ho bagnato le superfici interessate e con un pennellino a setole dure ho fatto comparire lo strato di metallizzato.

Poi ho ripetuto il medesimo procedimento (mi raccomando, lucidate sempre con il Clear prima del successivo passaggio!) ma questa volta stendendo il Blue Grey e picchiettando per far riaffiorare lo Zinc Chromate intermedio (in alcuni punto sono arrivato anche fino al metallo). Per le bande antiscivolo invece ho usato un mix Tamiya di Rubber Black e German Grey. Le scrostature in questo caso sono realizzate usando la tecnica del sale (come visto nel video tutorial più sopra) in modo da avere bordi più netti e limitati.

Pur avendo acquistato le già citate decal della Barracuda ho optato per verniciare integralmente le stelle americane (che in questa scala hanno dimensioni importanti); le maschere me le sono ricavate utilizzando ancora una volta il mio fidato plotter da taglio e del vinile. Sul bianco, che in parte copre la parte telata, ho applicato delle sottili strisce di nastro sulla centinatura e successivamente ho spruzzato il bianco scurito con del grigio sui bordi delle strisce in modo da creare delle leggere ombre. Il blu della stella è il F.S. 15044 (Gunze H-326).

Anche le walkway lungo le ali sono state aerografate dopo un paziente lavoro di mascheratura col nastro kabuki.

Effetti “speciali”:

E’ arrivato quindi il momento di “sporcare” il Tojo, visto che il soggetto della foto ha un aspetto talmente trasandato che quasi non si distinguono i colori!
Per ricreare la cottura della vernice e le macchie di salsedine sono nuovamente ricorso alla tecnica del sale. Dopo aver dato una mano leggera di lucido per proteggere in parte il lavoro fin qui realizzato, ho bagnato il modello con acqua mescolata con una goccia di sapone per piatti (in modo da rompere la tensione superficiale del liquido) e l’ho cosparso con sale grosso macinato a mano per avere granelli di dimensioni diverse.

A seguire ho steso ad aerografo una prima mistura di smalto Tan (Gunze Mr. Color C-44) e Light Grey (Gunze Mr. Color C-11) diluitissimo (4 gocce di vernice in 120 di diluente). Ho ripetuto l’operazione pedissequamente una seconda volta con l’Engine Grey (Gunze Mr. Color C-339) e una punta di marrone (Gunze Mr. Color C-310), non prima però di aver lavato completamente il mio Corsair sotto acqua corrente al fine di eliminare tutti i residui di sale (passaggio importantissimo e da non tralasciare!). Sotto la pancia ho passato solo il miscuglio grigio scuro visto che l’effetto del sole è nullo.
Inevitabilmente il lavoro precedentemente fatto con il post-shading si è appiattito, ma l’insieme dei passaggi renderà l’idea della patina caratteristica lasciata dagli agenti atmosferici.

Come ogni “insalata” che si rispetti, dopo il sale è stata la volta dell’olio…! Per ammorbidire un poco i contrasti ho utilizzato la tecnica del dot fading. In pratica con un pennello sottile ho lasciato sulle varie zone dei piccoli puntini di diversi colori ad olio.

Tra tutti quelli che potete vedere nella foto sopra ho usato essenzialmente un grigio verde, un grigio rosato, un azzurro, un Grigio Payne, un bianco sporco e un terra ombra bruciata. Sulle superfici inferiori, invece, ho usato le varie tonalità in modo da creare un velo quasi impercettibile che ha attenuato le transizioni troppo forti nella verniciatura.

Il kit Tamiya è impreziosito da innumerevoli rivetti che corrono lungo tutta la struttura dell’aereo. Per farli risaltare ho effettuato dei lavaggi, sempre con colori ad olio. Sulle zone in grigio ho usato un grigio medio, rinforzandolo con un tono più scuro vicino al motore. Sul Blue Grey ho utilizzato il Grigio Payne e in alcuni punti un grigio scuro.

Ho aggiunto anche le colature di carburante che molto spesso si vedevano intorno al tappo del serbatoio. Allo scopo ho usato l’olio Bruno Van Dick molto diluito e dato in più strati: i primi quasi impercettibili e gli ultimi un poco più densi per le tracce più fresche.
Poi ho ulteriormente sporcato la parte anteriore della fusoliera usando il “Fresh Oil” della Mig diluito con del solvente in modo da non marcare tropo l’effetto. Infine ho realizzato random delle sporcature con un washing marrone scuro, soprattutto nei recessi dove maggiormente si sarebbero accumulati residui di liquidi idraulici e altri elementi che sul Tojo non mancavano di certo!

Anche i carrelli sono stati impolverati con dei pigmenti chiari per ricreare il pulviscolo delle piste.

Da ultimo il weathering sull’elica. Nella foto sembra nuova e illibata ma è anche vero che le pale si consumavano praticamente quasi solo dietro a causa della sabbia corallina che ha un alto potere abrasivo.

Così, dopo averla verniciata in alluminio protetto da uno strato di trasparente, ho ancora una volta usato il prodotto per scrostature su cui ho spruzzato il nero. Dopodiché, con una carta abrasiva finissima bagnata, ho consumato la vernice come avevo visto in alcune foto dei velivoli reali aggiungendo anche dei graffi sulle tip e bordo anteriore delle pale.

 

Tocchi finali:

Giunto a questo punto ho potuto dichiarare conclusa la verniciatura che ho subito sigillato con più mani di Flat Clear Gunze H-20. Per i fumi dello scarico ho dapprima tracciato delle scie con un mix acrilico di Tan e German Grey ad aerografo, poi ho rifinito il tutto con Dark Brown e Rubber Black (tutte le vernici sono state diluite quasi al 90% per ottenere una sfumatura morbida e in scala). Poi ho usato vari pigmenti, dal marrone chiaro al marrone ombra bruciata passando poi al terra russa e infine al nero. La parte finale della scia l’ho schiarita con dei pigmenti grigi.

Sulle volate delle mitragliatrici ho ricreato il nastro che veniva applicato per impedire che la sabbia fine delle isole del Pacifico le ostruisse. Per farlo ho usato dei pezzetti di decal ritagliate dalle coccarde della scatola.

Ho montato quindi l’antenna usando il mio fidato filo elastico della EZ line. Con dei tondini di alluminio ho cercato di riprodurre quanto visto in foto per simulare gli isolatori.

Infine ho incollato le varie luci di navigazione e posizione; per farlo in maniera corretta mi sono basato sul libro Squadron Signal – Detail and Scale poiché avevo qualche dubbio sulle lampade della parte superiore delle ali (di colore blu) e sulla presenza di quella bianca installata solo sull’ala destra (effettivamente montata). Alla fine ho deciso di fidarmi di chi certamente ne sa più di me.

Conclusioni:

Il Corsair è forse uno degli aerei più affascinanti mai prodotti, con il suo profilo inconfondibile che tanto ricorda le ali degli uccelli. La Tamiya ha reso agevole e divertente costruirne uno dotando questo kit di tantissimi pezzi che, comunque, vanno insieme senza il men che minimo problema.  Alla fine l’unico difetto che posso trovare è la difficoltà di esporlo in vetrina… Con 39 cm di apertura alare è un colosso che fa sparire gran parte dei modelli vicini…..!

Buon modellismo a tutti! Andrea “nannolo” Nanni.

 

 

 

 

 

 

 

 

Somewhere in the Pacific – F4U-1A Corsair Diorama dal kit Tamiya in scala 1/48.

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Il Vought F4U è stato un caccia americano che ha operato nella Seconda Guerra Mondiale e nel conflitto coreano. Creato come aereo imbarcato per la Marina e i Marines, fu spesso utilizzato anche da basi a terra. Divenne famoso soprattutto per il suo impiego nel Pacifico durante la WW II dove fu, indubbiamente, il miglior velivolo utilizzato in combattimento.

Capita spesso che nelle immagini in zone di guerra del Pacifico il protagonista sia proprio il Corsair sia imbarcato sulle portaerei, sia sugli aeroporti a terra semi preparati sulle varie isole che nel corso del conflitto gli americani conquistarono.

Proprio queste foto mi hanno ispirato per realizzare il modello che presenterò in questo articolo! Leggendo sul web la storia del famoso Squadron della US Navy, il VF-17 “Jolly Rogers”, ho appreso che è stato il reparto con più assi nel teatro del Pacifico Sud-Occidentale; il comandante Tommy Blackburn aveva scelto il famoso marchio da pirata per contraddistinguere il suo gruppo e uno dei componenti più famosi, il Lt. Ira Kepford, riuscirà a confermare ben sedici abbattimenti.

Kit e Aftermarket:

Oltre al velivolo, già nei miei “pensieri modellistici” da qualche tempo, volevo realizzare un diorama che ricreasse una piccola porzione di queste basi costruite spianando ampie porzioni di foresta pluviale con bulldozer e ruspe. L’idea che avevo in mente era la classica basetta con un aereo in una piazzola per la manutenzione e sullo sfondo la vegetazione tropicale tipica della zona con tanto di palme. In più, tenendo conto delle esperienze fatte con il P-47 e l’F6f-5 (cliccate sui link per leggere i Work In Progress!) rappresentati con vani armi aperti, stavolta ho provato ad andare oltre col dettaglio. Mi sono quindi procurato i seguenti articoli:

  • Tamiya 61070 F4U-1A Corsair: il kit nonostante l’età, è ancora il migliore in circolazione e non ha bisogno di presentazioni. Gli incastri sono pressoché perfetti e la qualità del dettaglio ottima.
  • Aires 4225 Detail set: comprende vani armi, vani carrelli, cockpit, motore completo e migliorie varie. È composto da più di sessanta parti in resina e fotoincisioni.
  • True Detail 48045: ruote in resina con battistrada a rombi (diamonds thread), molto utilizzati dagli aerei a terra.
  • Techmod 48040: decal che rappresentano il “White 29” di Kepford nelle due versioni che ha utilizzato.
  • Montex 48023: set di mascherature per trasparenti e ruote.

Per il diorama, invece, ho acquistato:

  • Eduard 8801: grelle in plastica che simulano le piastre metalliche spesso utilizzate dagli americani sui campi di volo improvvisati.
  • Verlinden 2215: set in resina di forniture militari generiche tipo casse e bidoni di varie dimensioni.
  • Verlinden 1332: meccanici in abiti estivi (utilizzandone solo uno).

Per ciò riguarda il resto della scenetta ho deciso di auto costruire molti elementi…. ma ne parlerò più avanti. Ora che la lista è completa si comincia a fare sul serio!

Montaggio:

Sono partito subito col tagliare via gli zoccoli di colata dai vari componenti in resina del set Aires, operazione non facile a causa dei tanti particolari molto sottili e delicati; ho modificato anche alcune parti del kit in plastica e rimosso gran parte della zona anteriore del modello  perché sarà sostituita dalla resina della ditta ceca. Per eseguire tutti i tagli è assolutamente necessario un seghetto da traforo al fine di ottenere delle separazioni precise e sottili. comunque con un po’di pazienza ho preparato tutto e ho iniziato a lavorare sul cockpit…

Con un trapanino elettrico ho eliminato tutto il dettaglio già stampato all’interno dell’abitacolo allo scopo di fare posto ai pezzi Aires… naturalmente serviranno parecchie prove a secco per adattare sia la vasca, sia la paratia parafiamma anteriore che comprende anche il serbatoio dell’olio e del carburante.

Una volta concluso l’adattamento ho iniziato a verniciare il cockpit utilizzando la tecnica del Black Basing: essa consiste nel dare un fondo in nero, nel mio caso X-1 Tamiya diluito con nitro, per poi passare velate leggere di H-58 Interior Green Gunze in modo da creare delle ombre nei sottosquadri e sotto ai particolari in rilievo.

Incollate le varie fotoincisioni e le parti già verniciate, ho dato una mano di trasparente lucido Tamiya per poter effettuare l’invecchiamento con lavaggi ad olio e dry brush. Infine una mano di trasparente opaco Gunze ha sigillato il tutto.

Il passo successivo è stato inserire il pilot’s office in quel che è rimasto delle semi fusoliere e, nel contempo, aggiungere anche il già citato serbatoio. Con un tondino di Plasticard da 0,5mm ho ricostruito la flangia che permetteva al pannello circolare di chiudere il vano carburante. Col Milliput Black ho stuccato la zona tra cruscotto e fusoliera.

Ho poi iniziato a lavorare sul motore composto da un’infinità di pezzi, ma è veramente stupendo! Con l’XF-82 Ocean Grey Tamiya ho verniciato la scatola ingranaggi e con l’Aluminium Alclad i diciotto cilindri del Pratt & Whitney R-2800. Per concludere, un lavaggio ad olio nero e un dry brush in alluminio e grigio hanno dato il giusto grado di invecchiamento al propulsore.

Utilizzando del filo di rame da 0,5mm ho creato le aste dei bilancieri colorate in nero, mentre in grigio molto scuro ho verniciato i tubi che portano i gas di scarico al turbocompressore; questi sono stati successivamente invecchiati con velate leggerissime di bianco opaco per simulare l’effetto del metallo sporco e bruciato. Purtroppo il set fornisce solo cinque dei nove tubi di scappamento effettivamente presenti, perciò ho rimediato saldando del filo di stagno dello stesso diametro per creare i quattro rimanenti. Incollando le fotoincisioni che rappresentano i cavi delle candele si conclude il montaggio del motore. Il tocco finale sono state le polveri del Weathering Set B Tamiya e l’opaco Gunze.

Prima di procedere all’unione della zona scarichi con quella del turbocompressore, ho preferito completare il cassone alare centrale in modo da incollare la paratia del serbatoio dell’olio ed aver i riferimenti corretti per l’assemblaggio del castello motore. A questo punto ho iniziato ad adattare i vani carrello in resina asportando tutto il dettaglio in plastica e assottigliando quasi alla trasparenza gli spessori dei pozzetti e delle semi-ali.

Alle ali ho asportato gli alettoni originali per poi incollarci quelli di resina posizionati leggermente inclinati. Ho anche asportato i portelli dei vani armi per inserirvi l’alloggiamento in resina. Le luci di navigazione sono state modificate per simulare la lampadina colorata e posizionate nel bordo d’entrata.

Il mega set Aires comprende anche i piani di coda con gli elevoni già separati dalle superfici fisse… un bel risparmio di tempo e fatica se non fosse che quest’ultime sono purtroppo molto sottodimensionate. Per questo motivo ho preferito modificare lo stesso pezzo originale in plastica e prelevare solo le parti mobili in resina. Una volta fissati gli elementi in posizione ho ripreso le pannellature perse nelle fasi di carteggiatura e ho rivettato tutto il modello in modo da aggiungere maggior realismo.

Con l’XF-4 Yellow Green Tamiya ho verniciato le zone interne per poi sigillarle col trasparente lucido. Medesimo trattamento anche per la paratia del serbatoio dell’olio che è stata sottoposta ad un lavaggio a olio e dry brush in alluminio per poi incollarla alla parte anteriore della fusoliera.

Tutta la zona del turbocompressore è stata verniciata con l’XF-4, mentre i tubi di scarico sono in XF-85 ed invecchiati con polveri, washing con varie tonalità di marrone e la solita tecnica del pennello asciutto. Il complesso degli scarichi e quello del turbocompressore sono stati, poi, allineati utilizzando una mini punta da trapano fatta passare internamente.

L’ultimo passaggio ha riguardato i trasparenti, bagnati nella Future per aumentarne la trasparenza, e successivamente mascherati con il sopracitato prodotto della Montex.

Verniciatura:

Con il grosso del montaggio eseguito ho, finalmente, messo mano all’aerografo (non prima di aver mascherato con cura tutti i vani aperti e le zone pre verniciate). A questo punto ho steso una mano di Aluminium Alclad su tutto il modello sia per simulare il metallo, sia per verificare eventuali problemi di stuccatura.

Controllando le foto degli esemplari reali si nota che l’ambiente in cui operavano metteva a dura prova la mimetica usurandola, sbiadendola, sporcandola e scrostandola in più punti a causa della sottile sabbia corallina e della salsedine. In particolare per ricreare le scrostature ho deciso di utilizzare due metodi:

  • Tecnica della lacca: una procedura molto semplice per simulare il “chipping” più delicato delle vernici ma che va utilizzata con attenzione per non esagerare e ottenere un effetto sbilanciato e poco realistico. Ho spruzzato sul modello una ridotta quantità di lacca per capelli (attenzione a non esagerare) e, subito dopo, ho aerografato l’XF-4 Tamiya (che nella realtà era un primer al cromato di zinco utilizzato per proteggere la cellula dalla corrosione degli agenti atmosferici). Dopo circa 30 minuti ho inumidito le zone interessate con un po’ di acqua e, con l’aiuto di un pennello a setole dure, ho “grattato” via lo strato di vernice facendo riapparire l’alluminio sottostante. A seguire è necessario attendere la completa asciugatura della lacca stessa prima di procedere oltre.

 

  • Tecnica del Maskol: l’altra procedura utilizzata ha visto, come protagonista, il liquido mascherante pelabile. L’ho utilizzato per rappresentare le scrostature più ampie e nette. Dopo lo strato di alluminio ho steso il liquido (Mr. Masking SOL) picchiettandolo con un pezzetto di spugna sui bordi d’entrata alari e l’ho lasciato in posizione in vista delle successive fasi della verniciatura.

Ho, poi, proseguito con il resto della mimetica. Con del Nato Back Tamiya diluito al 70% con nitro ho eseguito il Pre Shading su tutte le pannellature. A seguire ho verniciato il bianco opaco Tamiya, sempre diluito al 70% e miscelato con un 10% di Buff per dare un effetto “caldo” e invecchiato; infine ho profilato di nuovo le incisioni dei pannelli spruzzandoci sopra il Nato Black diluito al 95% (praticamente acqua sporca).

Mascherando con nastro Tamiya e Patafix, sono passato all’XF-18 Intermediate Blue Tamiya diluito con la stessa percentuale e scegliendo, nuovamente, la nitro anti nebbia; il colore è stato schiarito circa al 50% con del bianco per desaturarlo già in partenza. Sulle zone ricoperte di tela delle ali ho eseguito un post shading con il colore base diluito al 95%, mentre sulle costolature in rilievo ho schiarito con del bianco per mettere meglio in risalto la struttura (stesso procedimento è stato, poi, applicato anche per le stesse zone sul dorso dell’ala).

I procedimenti applicati alle zone inferiori li ho ripetuti quasi pedissequamente anche sulle superfici superiori. Ho, quindi, mascherato col Patafix e applicato di nuovo la tecnica della lacca. Dopo aver ripetuto il pre shading in Nato Black sulle aree già trattate, ho applicato L’H-54 Gunze Navy Blue schiarito del 40% col bianco e diluito sempre al 70% con nitro. Per il post shading sul tono più scuro della mimetica ho scelto il Tamiya XF-18 diluito al 90%. Una passata generale di Navy Blue base ultra ha amalgamato ed integrato i vari contrasti.

La fase successiva è la più importante ma anche la più delicata: inumidendo con acqua le zone interessate dalla lacca, ho nuovamente rimosso gli strati superficiali di vernice utilizzando il solito pennello e uno stuzzicadenti affilato (con cui ho riprodotto i vari graffi più sottili) ho scoperto il Zinc Chromate Primer e l’alluminio. Come detto precedentemente, bisogna fare molta attenzione e osservare le foto reali per dare il giusto bilanciamento all’usura.

Una volta asciutta la lacca ho aggiunto le walkway sulle ali con il Nato Black. Infine, ho iniziato ad eliminare le mascherature controllando l’eventuale necessità di ritocchi.

Due o tre mani di trasparente lucido X-22 diluito al 70% con X-20 e qualche goccia di retarder hanno ufficialmente posto fine alle complesse operazioni di verniciatura fin qui descritte. Mentre attendevo che il clear essiccasse completamente ho approfittato per dipingere tutti i vari particolari che andranno poi incollati; li vedete in foto:

Ho anche realizzato un intervento di auto costruzione all’interno della naca motore dove ho aggiunto le centine di rinforzo con del Plasticard da 0,25mm (completamente omesse dalla Aires).

Decal:

È arrivato il momento della posa delle decalcomanie. Prima, però, ho preferito assemblare le superfici mobili e verniciare le varie luci di navigazione con i colori trasparenti Tamiya applicati su un fondo argento a smalto per simulare il corpo della lampadina.

Le decal Techmod hanno un film sottilissimo ma, purtroppo, sono anche molto delicate da maneggiare (fate attenzione perché hanno la brutta tendenza ad accartocciarsi su loro stesse). Si conformano bene e copiano le pannellature senza problemi a patto di utilizzare i soliti liquidi ammorbidenti. Ho provato col Mark Softer Gunze ma non ho ottenuto risultati soddisfacenti così, leggendo le esperienze di Roberto (Rob_zone nel forum di Modeling Time) con le stesse decal, ho cambiato approccio usando i liquidi Microscale – Micro SOL e SET. Devo dire che il suggerimento è stato più che utile perché con le successive insegne non ho incontrato ulteriori difficoltà.

Finita la posa, ho sigillato il tutto con una nuova mano di trasparente lucido. La vera nota positiva di queste decal è che una volta posizionate e trattate a dovere hanno un effetto “painted on” spettacolare e il rischio di “silvering” è praticamente nullo.

Lavaggi e Montaggio Finale:

Ho preparato le gambe di forza dei carrelli dettagliandole con filo di rame da 0,4mm che rappresenta il tubo dei freni; ma, soprattutto, ho aggiunto le molle di richiamo riprodotte attorcigliando del filo da 0,15mm fino intorno ad un tubicino di opportuno diametro, e verniciandole in alluminio. Il restante è stato dipinto in bianco ed invecchiato, così come le ruote in resina.

Sulle zone bianche del modello ho applicato un lavaggio ad olio scegliendo un grigio medio come colore principale. Sulle parti in Intermediate Blue ho preferito il Grigio di Payne puro e col Weathering Set Tamiya B ho ripassato le zone dove si accumulava di più lo sporco. Sempre con le polveri ho ricreato i fumi dai fori delle mitragliatrici e dei bossoli.

Sul Navy Blu ho scelto il Grigio di Payne ma scurito con del nero per aumentare il contrasto sul fondo già abbastanza scuro di per sé.

A questo punto ho preferito assemblare prima tutta la zona motore in modo da proseguire l’invecchiamento in maniera più omogenea. Con del Bruno Van Dick e un po’ di nero ad olio ho ricreato le colature di carburante dal serbatoio utilizzando un cotton fioc e un pennellino per farle scendere lungo le fiancate della fusoliera (ho utilizzato anche il getto d’aria dell’aerografo per dirigerle meglio).

Con del nero e del Terra di Siena ad olio stesi ad aerografo ho ricreato i fumi di scarico.

Anche sulle pale dell’elica ho usato la lacca su base alluminio verniciata in Nato Black. Stesso trattamento per il serbatoio esterno dipinto in bianco ed invecchiato con polveri Tamiya.

Il montaggio dei vani armi è stato un po’ laborioso per la quantità di cpezzi, anche molto piccoli, che li compongono. I particolari interni sono stati verniciati in XF-4, le armi in Gun Metal con dry brush in alluminio, i fasci di proiettili in Cooper Alclad successivamente sottoposto a lavaggio con ocra giallo ad olio. Per ultime le piastre porta proiettili in Aluminium Alclad. Ho volutamente lasciato aperto tutto il vano destro con le mitragliatrici in fase di riarmo, mentre semi chiuso quello sinistro.

Nel vano del turbocompressore ho aggiunto i cablaggi elettrici simulati con fili da 0,2 e 0,5mm, un lavoro un po’ faticoso e molto delicato ma che accresce notevolmente il dettaglio.

Ultimi lavori di dettaglio sono stati l’aggiunta di decal bianche sui fori delle mitragliatrici per simulare il nastro che spesso si applicava per evitare che sabbia e impurità finissero all’interno delle volate delle armi. Il filo dell’antenna è fatto con sprue stirato a caldo. Tre mani generose di trasparente opaco H-20 Gunze diluito con nitro al 70% hanno concluso il lavoro sul mio Corsair.

Diorama:

Nella mia testa il diorama doveva rappresentare una scena di manutenzione del velivolo. Navigando nel web ho trovato foto che mi hanno dato ispirazione su cosa poter aggiungere per aumentare il dinamismo della scena.

Per prima cosa ho incollato, su una cornice di un quadro di opportune dimensioni, la basetta Eduard con il dettaglio delle “grelle” già stampato. Successivamente ho riempito gli spazi intorno al PSP con degli strati di polistirolo in modo che nella zona posteriore il terreno formasse un terrapieno creato dai bulldozer per far spazio alla piazzola. Il tutto è stato ricoperto e “compattato” da una miscela di acqua, colla vinilica e bicarbonato per rendere il tutto più “morbido”.

Infine uno strato di sabbia di diversa granulosità, più grossolana vicino al terrapieno e più fine nella zona pianeggiante, è stata impastata con la vinilica e stesa sul perimetro della basetta Eduard. Passando alla verniciatura, ho dato una mano generale di Buff Tamiya seguito da passate di bianco per schiarire alcune zone. Per finire, con l’XF-59 Desert Yellow molto diluito ho aggiunto un po’ di volume al terreno. Un lavaggio ad olio in giallo e bianco aiuta ad amalgamare i vati toni utilizzati. La PSP è stata verniciata con un dry brush di Gun Metal e Acciaio seguito da una sporcatura di color marrone ruggine.

In seguito mi sono dedicato alla vegetazione, la vera incognita di tutto il progetto.

Ho provato vari layout sulla posizione e sul tipo di alberi o arbusti da utilizzare; ho fatto anche parecchia ricerca con foto reali dei campi di volo e alla fine ho deciso lavorare su quattro livelli: erba bassa, erba alta, alberi ed infine palme. Le palme le ho completamente auto costruite iniziando dal tronco formato da un’anima di sprue ricoperto da DAS inciso sia durante l’asciugatura, sia dopo, per dare la tipica rugosità di queste piante. Le foglie invece sono di tre dimensioni diverse e sono realizzate con semplice carta (tagliata finemente per rappresentare le frange) e incollata ad un filo di ferro che costituisce la nervatura centrale. Sono circa trenta le foglie di diversa misura che compongono ciascuna palma, è un lavoro molto lungo ma che dà molta soddisfazione.

Per i colori del tronco sono partito da una base di Buff seguito da un lavaggio in Bruno Van Dick, per poi terminare con un pesante dry brush in XF-55 Deck Tan. Le foglie hanno una una base di H-58 Interior Green e nella zona centrale, dove c’è la nervatura, ho dato una velatura di H-16 Yellow Green (attenzione non è da confondere con lo Yellow Green Tamiya che lo si utilizza come Zinc Chromate).

Sulle frange esterne ho usato un mix di H-16 e H-80 Khaki Green con un rapporto 1:1; sulle foglie più giovani ho aumentato un pochino la percentuale del primo colore.

Il resto della vegetazione è costituita da erbetta da fermodellismo per quella bassa, mentre con la canapa da idraulico ho creato quella più alta. Ho verniciato i fili d’erba con del verde molto diluito e delle velature in marrone per simulare la parte secca. Per gli arbusti mi sono procurato con pochi euro della Teloxis Aristata, piantine secche utilizzate molto nel modellismo ferroviario sulle quali ho incollato dell’origano tritato e delle foglioline spesso usate nei plastici dei treni.

Gli accessori posizionati nel diorama sono molti: oltre ai classici bidoni e casse, certe foto mi hanno convinto a creare un traliccio porta bomba e un’impalcatura per la manutenzione del motore. Il “trabattello” è in scratch built ed è formato da filo di ferro saldato assieme (l’asse è in Plasticard); sempre con lo stesso materiale plastico ho riprodotto il supporto per l’ordigno.

Un altro elemento molto importante è l’estintore creato con dello sprue, filo di rame e con una punta da stuzzicadenti per simulare l’ugello. Una cassettina porta attrezzi fatta, ancora una volta, in Plasticard impreziosisce ulteriormente la scenetta. Qualche sassolino verniciato come la sabbia l’ho utilizzato come “tacco” ferma ruota.

La verniciatura invece prevede una sporcata di polveri effetto ruggine per il telaio dell’impalcatura mentre con del Gun Metal ho verniciato il traliccio porta bomba e cassettina attrezzi. Per le forniture militari e la bomba ho utilizzato l’H-52 Olive Drab seguito da un invecchiamento ad olio e polveri. Infine il piano in legno è stato passato da vari toni di marroni ed invecchiato ad olio.

Ultimo capitolo sono i figurini: per dare un po’di vita al diorama ho pensato di utilizzare solo due meccanici intenti nella manutenzione, uno sopra il “trabattello” e uno sotto al motore. Oltre a loro, due piloti che chiacchierano dietro al velivolo. Gli altri specialisti non li ho utilizzati per non affollare troppo il diorama che, nonostante tutto, è comunque di dimensioni contenute.

Una ulteriore generosa mano di trasparente opaco sui vari elementi scenici opaco è d’obbligo per eliminare i riflessi e la lucentezza data dai colori ad olio.

L’incollaggio di tutti i componenti decreta la fine di questo lungo lavoro.

 Conclusioni:

Con questo progetto ho aumentato notevolmente la mia esperienza sia con i modelli, sia con i diorami. Il weathering aggressivo mi ha permesso di sperimentare nuove tecniche e procedure che alla fine mi hanno dato parecchia soddisfazione!

Il kit Tamiya è pressoché perfetto negli incastri anche se, nel mio caso, metà del modello è stato “stravolto” dal set Aires. A proposito di questo set, vale la pena l’acquisto perché ha un dettaglio incredibile, ma di contro le istruzioni sono un po’approssimative e l’utilizzo di disegni tecnici e monografie sono necessarie per non fare errori.

Tengo a ringraziare i componenti del forum per il supporto datomi e soprattutto per la pazienza di aver aspettato diciotto mesi per vederlo finito!

Buon modellismo a tutti!!!

Alessandro – brando – Brandini

Clicca qui per il Work In Progress completo!

Mitsubishi A5M2b “Claude” dal kit Wingsy Kits in scala 1/48.

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Nato per rispondere a una specifica della Marina imperiale giapponese, la 9-shi per la fornitura di un nuovo modello di caccia avanzato del 1934, l’A5M si dimostrò essere un aereo decisamente innovativo e robusto per la sua epoca.

Prodotto dalla Mitsubishi Heavy Industries il piccolo caccia-intercettore imbarcato (conosciuto dagli alleati con il  nome identificativo di “Claude”) fu il diretto progenitore del Mitsubishi A6M “Zero” e adottava soluzioni notevolissime per l’epoca: era munito di una fusoliera interamente metallica con struttura alare monoplana a sbalzo dall’apertura elevata, una corda ampia, l’adozione di flap per aumentare la portanza, una bombola d’ossigeno per il volo ad alta quota nonostante l’abitacolo aperto e la presenza di un’antenna radio (installata a partire dalla versione A5M2b, la stessa del kit oggetto di questo articolo).

Il Claude era motorizzato da un Bristol Jupiter migliorato a 9 cilindri costruito su licenza dalla Nakajima ed era armato con due mitragliatrici da 7,7 tipo 89 con collimatore a cannocchiale; sebbene il propulsore e l’armamento rappresentassero i suoi principali punti deboli il nuovo velivolo si dimostrò efficace già dal suo battesimo del fuoco avvenuto nel 1937, quando i primi esemplari vennero utilizzati in combattimento all’inizio della seconda guerra sino-giapponese contro i piloti dell’aeronautica militare della Repubblica di Cina.

Dotato di un’eccellente manovrabilità il Claude ed era in grado di assorbire i danni provocati dai colpi nemici grazie alla robustezza della cellula, una caratteristica che al contrario sarà penalizzante per il fratello maggiore, lo Zero, in termini di resistenza strutturale e protezione per il pilota.

Il Work In Progress completo lo trovate QUI!

Il kit:

La confezione di questo A5M2b contiene sette stampate in plastica grigia, morbida e priva di residui di stampa, più una per i pochi trasparenti. Completa la dotazione una lastra di fotoincisioni (ben 48 pezzi), un piccolo acetato per il quadro strumenti e un foglio decal per quattro esemplari, due “early” sprovvisti di antenna radio e due “late”.

Da subito si percepisce la qualità eccellente del prodotto caratterizzato da pannellature sottili e ben definite; medesima impressione la danno anche i rivetti che ricoprono la maggior parte di ali e fusoliera!

Sena dubbio il bellissimo dettaglio contribuisce ad aumentare il realismo e a dare un bel contrasto su una superficie altrimenti piatta se realizzata in metallo verniciato.

Gli unici elementi ai quali consiglio di prestare attenzione sono le fotoincisioni, ben fatte ma molto sottili e facilmente deformabili, e la separazione di alcuni pezzi dallo sprue: in particolare per la corona dei tubi di scarico dei cilindri è obbligatorio utilizzare un seghetto sottile. Utilizzando la tronchesina, purtroppo, correte il rischio di ritrovarvi qualche componente spezzato (com’è successo al sottoscritto).

Montaggio:

Se il buongiorno si vede dal mattino, iniziare dal cockpit di questo A5M2b è una vera e propria goduria perché ogni elemento calza alla perfezione nel rispettivo alloggiamento. Personalmente mi sono limitato a dettagliare qualche strumento delle pareti laterali con alcuni cablaggi, il resto è tutta farina del kit.

Per il verde dell’abitacolo mi sono affidato al “Mitsubishi Cockpit Green” della Mr. Color, asciuga in un attimo e permette di effettuare i lavaggi ad olio senza l’ausilio di un trasparente lucido. Le due mitragliatrici Type 89 da 7,7mm sono state colorate in nero opaco Tamiya e hanno ricevuto il dry brush con grafite di una matita 2B.

Le cinture foto incise, la cloche e gli altri dettagli sono stati dipinti con colori Vallejo, dopo una mano leggera di trasparente opaco il tutto è stato incollato e messo al proprio posto con colla ciano acrilica. L’unico accorgimento riguarda il quadro strumenti che va leggermente piegato per farlo combaciare con la pedaliera sottostante.

L’abitacolo è un piccolo modello nel modello, peccato che una volta chiusa la fusoliera si vedrà ben poco di quanto realizzato.

Il secondo step è lo Jupiter a 9 cilindri. Prima di assemblare le varie componenti ho provveduto a forare i due scarichi che sono stampati pieni, successivamente ho dipinto il blocco motore in Alclad White Aluminium e sottoposto il tutto ad un lavaggio col nero ad olio molto diluito. Infine ho aggiunto i cavi delle candele in sottile filo di rame, e li ho dipinti in Flat Black Vallejo.

Chiudendo la naca è necessario prestare attenzione nel pulire dai segni della stampata ognuno dei 4 pezzi che la compongono; ho avuto la fretta di staccare con la tronchesina alcuni pezzi e ho dovuto colmare dei brutti buchi che si sono formati. In definitiva con accortezza potrete risparmiare un passaggio tedioso evitando di dover carteggiare e perdere, inevitabilmente, qualche rivetto.

Quelli che vedete nella foto successiva sono i miei numerosi tentativi di ricostruire una fotoincisione, che rappresenta della struttura anti vibrazione all’interno della cofanatura, e che si è spezzata appena vi sono passato accanto con una forbicina. Il primo tentativo di colore nero (troppo spesso) è stata realizzato con dei profilati della Evergreen; il secondo in sprue filato bianco ha avuto successo e vedendo il bicchiere mezzo pieno posso dire che accidentalmente è stata una buona soluzione per dare una forma correttamente cilindrica ad una fotoincisione altrimenti piatta.

La naca è nero semilucido che mi ha aiutato col successivo lavaggio ad olio in un grigio molto chiaro.

Passiamo al montaggio delle componenti principali: il cockpit si inserisce senza alcun problema all’interno delle due semi fusoliere che non necessitano di alcuna stuccatura… sembra di lavorare su un kit Tamiya di ultima generazione! l’unico intervento riguarda la re incisione delle pannellature che corrono lungo il dorso della struttura, lavoro rapido e abbastanza indolore.

Anche l’innesto delle ali è assolutamente preciso così come la copertura superiore dell’abitacolo che comprende l’alloggiamento per il parabrezza anteriore con relativo collimatore a cannocchiale.

Verniciatura:

Questa è sempre la fase che preferisco, soprattutto quando parliamo di una livrea metallica. Osservando le foto a disposizione di diversi A5M2b appare evidente come fossero verniciati di un argento molto chiaro per cui all’inizio pensavo di optare per l’H-8 Mr. Color. Avendo deciso di non utilizzare alcuni primer, ho preferito cambiare la scelta e virare verso l’Alclad White Alluminium perché mi avrebbe permesso di eseguire la tecnica dei lavaggi ad olio senza proteggere le superfici con il classico trasparente lucido (la ragia minerale o il diluente Humbrol utilizzato per diluire i colori ad olio non intaccano le lacche della Alclad).

Osservando le foto si può notare come la rivettatura del modello sia molto leggera, non invasiva e dona al modello un aspetto già molto piacevole. Dopo la fusoliera ho dipinto gli alettoni e il timone in Alclad Semi Matt Alluminium per simulare le superfici telate con cui erano realizzati.

Superata la veste in alluminio mi sono dedicato alle Hinomaru che ho deciso di dipingere un po’ per sperimentare, un po’ per limitare al massimo l’utilizzo delle decalcomanie. Per riprodurre le insegne ho scelto il mio fedele cerchiometro, nastro kabuki e il Gunze H-3, rosso lucido, diluito con la nitro antinebbia che accorcia di gran lunga i tempi di asciugatura.

A conti fatti l’operazione è stata lunga e laboriosa soprattutto per evitare che il rosso, colore notoriamente ostico, aggrappasse correttamente e non si infilasse in punti dove non doveva arrivare. Col senno di poi vista la qualità delle decal contenute nella scatola, consiglierei vivamente di utilizzare quelle incluse trattandole con un uso sapiente di Microset e Microsol… secondo me l’effetto “painted on” è garantito.

Anche deriva e piani di coda sono stati dipinti con lo stesso rosso lucido Gunze H-3.

La banda in fusoliera bicolore è stata mascherata e verniciata con l’onnipresente rosso già nominato e Flat White Tamiya XF-2. La scelta di quest’ultimo è stata dettata dall’ottimo potere coprente che mi ha permesso di realizzare solo poche passate.

Successivamente ho passato una mano ben diluita di trasparente lucido Gunze H-30 per preservare il bianco dal lavaggio generale cui ho sottoposto tutto il modello. Per i washing ho utilizzato un mix di colori ad olio per ottenere un grigio medio non troppo scuro. Di seguito le foto del risultato:

Dando un’occhiata alla documentazione ho deciso di modificare leggermente il serbatoio ventrale perché stampato con delle pannellature di troppo; le ho colmate e carteggiate con colla cianoacrilica e successivamente ho ricreato con nastro kabuki e Plasticard le fasce di rinforzo. Ho anche modificato il sistema di ancoraggio alla fusoliera aggiungendo, al momento dell’assemblaggio, il tubo di aspirazione del carburante.

Ultimi dettagli: l’elica tripala è in Alclad Alluminium e le bande in rosso lucido Gunze H-3. Il retro è in marrone Mr. Color 131 (Propeller color). Gli scarichi sono stati dipinti con l’Alclad Burnt Metal e opacizzati con gessetti di vari colori.

Le decal fornite dalla casa sono davvero sottili, forse troppo perché se non state attenti nel maneggiarle si corre il rischio di farle accartocciare su se stesse. La nota positiva è che basta un sottilissimo strato di trasparente lucido per sigillarle e farle diventare un tutt’uno col fondo. Il mio esemplare, fortunatamente, aveva davvero poche insegne e posizionarle ha richiesto un tempo esiguo.

Assemblaggio finale:

C’è poco da dire, tutta la bellezza e la precisione del kit viene sfoggiata in questa fase!  È impressionante constatare come il parabrezza i carrelli principali calzino perfettamente nei rispettivi alloggiamenti… se qualcosa va storta la colpa si può imputare solo e solamente alla distrazione del modellista!

Del mio esemplare ho trovato una sola foto nella quale non appare affatto invecchiato pesantemente, per cui mi sono limitato a riprodurre delle piccole scrostature in prossimità dei piani di coda e della deriva, tracce di terra e fango sulle carenature del carrello anteriore (dato che spesso questi aerei operavano da piste semi preparate), e un po’ di sporco lungo le walkways in prossimità del cockpit. I fumi degli scarichi sono realizzati con colori ad olio spruzzati ad aerografo.

In conclusione:

Solitamente non ci si aspetta molto dal primo modello di una ditta emergente, ma con questo kit mi sono ricreduto al 100%: è un vero gioiello e la scatola offre tutto l’indispensabile per tirar fuori un gran riproduzione in scala rifinita in ogni aspetto. Di contro il prezzo è un abbastanza alto considerando che il soggetto ha dalle dimensioni contenute anche nella scala del quarto di pollice.  Ad ogni modo la qualità si paga sempre con piacere…

Un saluto a tutti gli amici di Modeling Time!

Mattia “Pankit” Pancotti.

La Rondine del Sol Levante – Kawasaki Ki.61 Hien dal kit Hasegawa in scala 1/48.

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Ancora una volta, con grande piacere ed entusiasmo, vi mostro il mio ultimo modello dell’aviazione del “Sol Levante” atterrato da pochissimo sul forum di Modeling Time! Si tratta del Ki.61 “Hien” dal kit Hasegawa in scala 1/48.

Lo Hien è uno di quei velivoli che mi hanno sempre affascinato, sia per le caratteristiche tecniche, sia per le sue forme molto intriganti e molto simili al nostro caro Macchi 202 (non a caso gli americani gli affibbiarono il nomignolo “Tony”, traduzione di Antonio, per la somiglianza con il caccia italico). La scatola che ho usato è arcinota anche perché, oramai, gira nei negozi e sui nostri scaffali già da qualche tempo. Da pochi mesi questo vetusto stampo è stato rimpiazzato dal nuovo Tamiya (cui trovate un ampio articolo QUI!) che è lo stato dell’arte nel settore del modellismo statico; senza dubbio il nuovo prodotto è anni luce avanti, ma avendo acquistato il mio Hasegawa a prezzo competitivo mi sembrava un peccato non utilizzarlo e lasciarlo in un angolo a prendere polvere.

Ovviamente molteplici sono stati gli interventi che ho eseguito sul modello, ma questo lo vedremo insieme nelle prossime righe!

Soggetto ed after market:

Il soggetto che ho voluto rappresentare, senza dubbio, è più unico che raro e pochissime sono le immagini che lo ritraggono. Questo Ki.61 apparteneva al 68° Sentai, 2° Chutai, operante sicuramente in Nuova Guinea durante il 1943. Il velivolo era caratterizzato da una grande freccia blu dipinta in coda che lo rendeva molto riconoscibile.

L’unico accessorio che mi sono concesso sono state le mascherine pre-tagliate della Montex (codice 48119), alle altre carenze ho rimediato con della sana e divertente autocostruzione.

Montaggio:

Come avevo scritto precedentemente la scatola Hasegawa inizia ad accusare il peso dei propri anni, ma nonostante tutto si monta agevolmente e senza troppi patemi d’animo. Certo, essa lascia ampi margini di miglioramento da parte del modellista che la affronta, ma con un po’ di Plasticard e filo di rame si riesce a tirare fuori un risultato più che dignitoso.

Come di consueto ho iniziato dal cockpit basandomi sulle poche foto, in bianco e nero, che avevo sotto mano:

Il canopy da scatola è stampato in un sol pezzo, soluzione che non mi ha convinto sin dall’inizio. Per questo ho deciso di tagliarlo utilizzando un praticissimo seghetto Trumpeter che, con pazienza e attenzione, riesce a sezionare lo stirene in maniera molto precisa. I pezzi sono stati assottigliati e sistemati con carte abrasive di grana via via più sottile, e poi bagnati nella Future per ripristinarne la trasparenza.

Terminata la fase di arricchimento del cockpit, è giunto il momento di verniciarlo. Il colore che più si avvicinava al marrone Kawasaki è il Gunze H-79 (steso su una base nera per eseguire la tecnica del “black basing” e enfatizzare i sottosquadri). Dopo aver steso le prime mani di colore di base ho schiarito con del bianco l’H-79 e l’ho applicato lungo le centine ed i rinforzi vari per dare maggiore volume a tutta l’abitacolo. Ovviamente non bisogna tralasciare le cinture di sicurezza, che sono state ricostruite con nastro Tamiya e le fibbie con carta d’alluminio.

Successivamente ho steso il solito lucido Gunze H30 per preparare il tutto ai lavaggi (ho scelto il Bruno Van Dyck ad olio allo scopo). Per finire, ho opacizzato tutta zona grazie al Flat Clear Gunze H-20.

Il pannello strumenti, in nero opaco, ha ricevuto le opportune cure! Dopo aver steso il Nato Black Tamiya ho effettuato un dry-brush con varie tonalità di grigio Vallejo per evidenziare spigoli e strumenti (con altre tonalità ho verniciato i vari pulsanti). I vari strumenti sono stati pitturati a pennello mediante colori Lifecolor e, ancora una volta, Vallejo; una goccia di Future all’interno di ogni veglia ha simulato i vetrini.

Ho anche sistemato la presa d’aria del motore, un potente Kawasaki Ha-40 a 12 cilindri da ben 1100 cavalli. Ho eliminato la terrificante paratia interiore di plastica con un cutter e ho assottigliato il bordo d’attacco per riportare gli spessori in scala. A seguire, con dei listelli di Evergreen hi ricreato i flabelli che parzializzavano l’afflusso di aria.

Adesso è arrivato il momento del montaggio vero e proprio! Le due semi fusoliere si uniscono egregiamente e le fessure sono ridotte al minimo. Per stuccarle ho scelto la colla ciano acrilica che, una volta carteggiata e lucidata, assume la stessa consistenza della plastica. Solo il parabrezza richiede un po’ d’accortezza ma bastano alcune prove a secco e qualche limata per pareggiare il dislivello.

Anche le ali combaciano abbastanza bene, cosa che non si può affermare quando esse vengono unite alla fusoliera. Lo spessore del bordo di attacco di quest’ultima è eccessivo e crea uno scalino abbastanza vistoso rispetto al bordo d’attacco dell’ala. Per eliminare i dislivelli è necessario asportare gradualmente la plastica in eccesso eseguendo, contemporaneamente, moltissime prove a secco.

Una volta sistemati gli errori di allineamento basterà incollare i pezzi con una spennellata di tappo verde; se avete fatto un buon lavoro basterà solo carteggiare superficialmente per eliminare gli aloni di collante, a tutto vantaggio delle fini pannellature rappresentate in quei punti.

Ho eliminato i rimandi dei trim prestampati e li ho sostituiti con degli altri in filo di rame e rod di Plasticard sagomato.

Ho asportato, tramite un taglierino affilatissimo, le due mitragliatrici Ho-103 da 12.7 proposte da scatola, sia sul muso sia sulle ali. Le stesse sono state rimpiazzate da rod di ottone di opportuno diametro e, soprattutto, di spessore più realistico.

Mi raccomando, ponete attenzione anche al faro di atterraggio sull’ala sinistra perché esso rimane fuori sagoma e deve essere limato e stuccato con colla ciano-acrilica. Infine, ho aggiunto sulle gambe dei carrelli i cavi dei freni.

Colorazione:

La prima fase ha riguardato l’XF-19 Tamiya, diluito con la Nitro e steso su tutto il modello per verificare la presenza di imperfezioni nel montaggio.

Le superfici del velivolo reale sono in alluminio che ho realizzato tramite l’uso della tinta Alcald II “White Aluminium”. Questo colore non necessita di un fondo nero lucido per poter aggrappare correttamente, ma è molto importante che la vernice su cui si posa sia liscia, compatta e quanto più pulita possibile.

Dopo aver fatto asciugare il modello per un paio di giorni ho verniciato le Hinomaru sfruttando le maschere del citato set Montex: dapprima ho steso una base bianca su cui ho applicato un pre-shading con Tamiya Red-Brown. Il rosso dell’insegna è il Tamiya XF-7. Le superfici di governo mobili quali alettoni ed elevoni sono in Tamiya XF-76 per simulare il primer con cui erano verniciate e protette le superfici telate sui velivoli giapponesi.

I grattacapi arrivano nel momento in cui si realizza la sovra mimetica verde a “vermicelli”, tutti a mano libera. Allo scopo ho utilizzato il Tamiya XF-70 ben diluito con nitro (oltre l’80%). Molte sono state le prove che ho fatto su una cavia per trovare il giusto rapporto tra pressione diluizione, e per evitare sgradevoli effetti di over spray.

Ricorrendo alle solite mascherine pre-tagliate ho verniciato i fregi del reparto sulla deriva. Vi raccomandando di stendere prima una mano di bianco acrilico (preferibilmente diluito con nitro) sia per riprodurre la bordatura, sia per limitare al massimo gli strati di blu ed evitare fastidiosi spessori delle vernici. Posizionarle per bene è stata davvero una bella sfida viste le dimensioni, ma il risultato finale ripaga ogni singolo sforzo.  Il colore che ho utilizzato per le frecce e la banda in fusoliera è un mix Tamiya che ho studiato e che mi ha subito convinto:

  • 4 parti di X-14 + 2 parti di XF-8 + 1 parti XF-2.

Quasi come da manuale ho verniciato le zone in giallo (Tamiya XF-3) ed il pannello antiriflesso in Nato Black Tamiya con un leggero post-shading.

Divertente è stato invecchiare il modello nelle zone più sottoposte a calpestio ed usura. Mi sono soffermato particolarmente sul raccordo ali fusoliera dove ho riprodotto qualche piccola scrostatura con una penna gel color argento picchiettata sulle superfici. Ho usato anche delle polveri Vallejo date con un pennellino e tramite una piccola spugnetta.

Terminata la verniciatura ho applicato sul modello due o tre mani di trasparente lucido Gunze allo scopo di prepararlo ai washing (ancora una volta il Bruno Van Dyck ad olio scurito con del nero).

Il weathering dei due serbatoi sub-alari mi ha davvero divertito! Inizialmente li ho verniciati in bianco su cui, poi, ho eseguito un pre-shading con del marrone e del giallo (sempre Tamiya). Poi grazie all’uso di pigmenti, colori Lifecolor e soprattutto colori ad olio, ho potuto terminarli simulando perdite di carburante e usura.

Per la finitura finale del mio Tony ho optato per questa miscela:

  • 8 parti di Flat + 2 parti di Clear.

Le pale dell’elica sono in Gunze H-79. Anch’esse sono state sottoposte al weathering riprodotto con del dry-brush in khaki e beige.

Dopo aver aggiunto il cavo dell’antenna a filo (ho scelto il rigging wire della Uschi Van Der Rosten) e il pitot, il mio modello è finalmente pronto per la vetrina!

Ringrazio ancora la community Modeling Time, di cui ci faccio fieramente parte, per i consigli avuti durante il WORK IN PROGRESS ed invito tutti coloro mi stanno

leggendo di iscriversi nel nostro forum! Da noi il modellismo è solamente l’inizio! Vi aspetto!

Vi ringrazio per l’attenzione e non mi resta che augurarvi buon modellismo!

Roberto “Rob_zone” Boscia.

Il Flanker Navale: Sukhoi SU-33 dal kit Kinetic in scala 1/48.

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Dagli inizi degli anni 60’, fino ad arrivare alla fine degli anni ’90, la marina militare russa (Voenno-morskoj flot) fu alla costante ricerca di velivoli al fine di disporre di una valida e versatile aviazione imbarcata. I progettisti si concentrarono sulla formula VTOL (Vertical Take Off & Landing) dando alla luce velivoli come lo Yak-36, lo Yak-38 e, successivamente, lo Yak-141. Dei tre progetti l’unico che ebbe una limitata vita operativa fu proprio lo Yak-38 Forger, macchina complessa sia nel pilotaggio, sia nella manutenzione. Visti gli insuccessi, i vertici della marina russa ripiegarono infine su aeroplani convenzionali da utilizzare con un sistema di lancio “Skyjump”, del tutto identico a quello già in uso presso la flotta inglese sulla portaerei HMS Illustrious.

Vennero fatti diversi test con aerei già in linea nell’aeronautica e tra questi i prescelti risultarono il Su-27, il Mig-27 e il Mig-29 modificati e attrezzati per le operazioni imbarcate (le versioni furono denominate con il suffisso “K”). Il Mig-27 fu scartato quasi immediatamente, mentre il Mig-29 risultò meno adatto a causa dell’inviluppo di volo sfavorevole durante gli appontaggi. Alla fine il vincitore fu il Flanker e l’OKB Sukhoi fu incaricato di svilupparne la variante definitiva imbarcata.

Il “nuovo” aereo, denominato SU-33, atterrò per la prima volta nel 1995 sulla Admiral Kuznetsov, a quasi dieci anni dalla specifica del progetto.

Il Flanker navalizzato fu formalmente accettato anche se evidenziava diversi punti negativi: le dimensioni tutt’altro che compatte rendevano le operazioni sul ponte molto complicate e, data l’esigua corsa per il decollo, il carico pagante per gli ordigni e missili era di gran lunga inferiore rispetto alle controparti occidentali. Inoltre il meccanismo di ripiegamento delle ali, troppo leggero e insufficiente, obbligava gli specialisti ad aiutarsi pericolosamente con delle scalette, oppure ad andare fisicamente sul dorso dell’aereo, per spingere le superfici in posizione estesa.

Per questo e altri problemi minori il numero di SU-33 prodotti fu di appena 35 esemplari, di cui poco più della metà sono normalmente disponibili ed efficienti. Per uno strano scherzo del destino i caccia imbarcati verranno sostituiti a partire dal 2018/20 dai Mig-29K, competitor precedentemente sconfitto.

Il Work In Progress completo lo trovate CLICCANDO QUI!

Il modello:

Immagine inserita a scopo di discussione – fonte cybermodeler.com/

Il SU-33 mi ha sempre colpito… vuoi per la presenza dei canard, vuoi per la possibilità di farlo tutto chiuso in configurazione da stivaggio, vuoi per le dimensioni importanti che esso ha… insomma, è uno dei soggetti che occupava i primi posti nella mia wishlist modellistica!

Quando ebbi notizia che la Kinetic stava collaborando con la Zactomodel per commercializzarne un kit nella scala del quarto di pollice, non stavo più nella pelle! Ho acquistato la scatola di montaggio appena fece la sua apparizione nei negozi specializzati italiani constatando, sin da subito, alcuni problemi di fitting dei vari pezzi. Un po’ scoraggiato, decisi di attendere prima di iniziare il montaggio. Dopo qualche mese, e con ritrovata voglia, ho finalmente posto questo Flanker navale sul mio banco di lavoro. Il modello è stato corredato da alcuni aftermarket:

  • Pilota navale Russo AereoBonus (AB-480066).
  • Scaletta e tacchi NH Detail (A48001).
  • Set fotoincisioni Eduard per il cockpit (FE778).
  • Set mascherine Eduard (EX521).
  • Airbrush Camo Mask della J’s Work (PPA5154).

Le fotoincisioni provenienti dal set FE778 sono pre-colorate; molto comode e pratiche da utilizzare, ma disastrose quando si tratta di trovare il giusto mix di vernici per simulare il tono che la Eduard ha usato per rifinirle! Alla fine, dopo qualche alchimia, sono riuscito a trovare una miscela abbastanza fedele:

  • Gunze H-307 + Gunze H-308 in eguale misura più una goccia di H-25.

Il cockpit, grazie anche all’accessorio della ditta ceca, si assembla con poca fatica e in men che non si dica è pronto e completo. Archiviato questo primo compito mi sono dedicato alle prese d’aria ed al primo stadio del compressore.  Durante le prove a secco, che consiglio vivamente di effettuare scrupolosamente, è emerso che il condotto sinistro risulta più corto di circa 0.5 millimetri rispetto al destro. Per correggere il problema ho applicato uno spessore di Plasticard nell’intake interessato evitando, così, un vistoso disallineamento delle parti.

Ho quindi dettagliato la sonda del rifornimento in volo e il suo vano.

Anche il radome, purtroppo, soffre di qualche imprecisione dimensionale. Il suo diametro, infatti, è leggermente inferiore rispetto a quello della fusoliera e questo difetto crea un fastidioso scalino quando si accostano i due elementi. La soluzione più ovvia è quella di riempire le giunzioni di stucco o colla cianacrilica e carteggiare rischiando di perdere quasi tutto il bel dettaglio stampato sulla plastica. Personalmente ho adottato un approccio più complicato ma, sicuramente, di maggiore effetto: scaldare il muso ad una temperatura di circa 60° mediante un asciugacapelli e allargare la circonferenza stando ben attento a non deformare nulla. Ovviamente un minimo di stucco è stato necessario… ho steso un leggerissimo strato di Mr.Surfacer 500 che ho, successivamente, lisciato velocemente con carta abrasiva 1500.

Le gondole dei motori sono tra gli elementi più caratteristici dei Flanker. Esse sono lasciate in metallo naturale e presentano una miriade di sfumature dovute allo stress termico che esse subiscono. Prima di mettere mano all’aerografo e alle vernici ho recuperato in rete il maggior numero di foto del velivolo reale; dopo averle studiate attentamente ho scelto di riprodurre una “cottura” anomala apparsa proprio sul soggetto che volevo riprodurre, l’88 rosso. Una delle placche che compongono il rivestimento metallico, infatti, era stata sostituita con un’altra di una lega leggermente diversa; essa a contatto con il calore non presentava il blu classico da surriscaldamento, ma assumeva un tono arancione.

Ma prima di riprodurre tutto ciò bisogna stendere i metallizzati di base:

  • Pre shading nero molto “generoso” per creare delle ombre.

  • Steel Alclad come fondo.

  • Jet Exhaust (Mr.Paint) dato a bande trasversali per simulare le parti più scure delle centine su cui si avvitano le piastre.

  • Con un mix di Titanium Gold e Duralluminium Alclad ho ricreato il colore principale.

  • Infine con un mix (50/50) di Durallluminium e White Alluminium ho verniciato i pannelli centrali sia sopra, sia sotto.

Per l’effetto della cottura ho utilizzato delle polveri e pigmenti (blu e marroni) provenienti dai weathering set Tamiya. Una buona mano di trasparente opaco H-20 Gunze ha concluso le operazioni.

Prima della fase di verniciatura ho terminato il seggiolino, l’Head Up Display (HUD)e mi sono dedicato al carrello anteriore, aggiungendo dei cavetti per renderlo il più verosimile.

Verniciatura e decal:

 

La verniciatura ha avuto inizio dal tono più scuro della complessa mimetica, per poi giungere al colore finale più chiaro. Le vernici che ho utilizzato provengono dalla linea Mr.Paint e si rifanno ai toni utilizzati per la riverniciatura dell’intera flotta avvenuta tra il 2013-2015. Esse hanno codici MPR 199,200,201 (Blu, Blu scuro, grigio chiaro).

La separazione dei colori è avvenuta, come anticipato all’inizio dell’articolo, tramite le mascherine della J’s Work… estremamente comode e funzionali ma, purtroppo, errate! Dovete tenete presente che il disegno proposto nelle istruzioni è sbagliato e rappresenta i colori dello schema invertiti. È necessario, quindi, aiutarsi con la documentazione e le immagini dell’esemplare che si vuole riprodurre onde evitare di cadere in errori grossolani. C’è comunque da dire che i riferimenti stampati direttamente sulle maschere sono corretti… insomma, il produttore ha combinato qualche pasticcio in fase di impaginazione.

Per concludere il lavoro sui propulsori ho messo mano anche agli scarichi, dipinti con il Duralluminium più Dark Alluminium Alclad (miscelati al 50/50) e lo Steel, sempre Alclad, per la parte più scura (anche in questo caso ho applicato della polvere blu per simulare l’effetto del calore).

Quindi ho riprodotto le varie zone in anticorodal (una particolare lega anti corrosione) sui bordi di attacco delle derive, piani di coda e canard con il White Alluminium Alclad, e i dielettrici con il bianco opaco Tamiya.

I cerchioni degli pneumatici sono in verde scuro FS 34092 (Gunze H-302) ma sono stati oggetto di un pesante dry brush in verde chiaro per lumeggiarli e metterne in risalto i dettagli.

Giunto a questa fase ho steso su tutto il modello tre o quattro mani ben diluite di trasparente lucido X-22 Tamiya per poter applicare, su tutti i pannelli, il Dark Wash della MIG. Due ulteriori passate di clear hanno preparato il fondo per le decalcomanie.

A proposito di quest’ultime: quelle fornite nel kit hanno gli stencil di manutenzione incompleti (ne mancano davvero tanti all’appello) ma dato che ancora non esistono fogli aftermarket per questo soggetto, mi sono dovuto accontentare.

In ogni caso le insegne sono di buona qualità ed hanno un ottimo potere adesivo. Come sempre Kinetic non delude mai da questo punto di vista!

Armamento e basetta finale:

La configurazione che ho scelto per il mio Flanker è una di quelle maggiormente adottate: quattro missili aria/aria di cui due R-27 (A/A-10 Alamo nel codice NATO) e due R-73 (A/A-11 Archer nel codice NATO), praticamente il massimo carico da intercettazione per i SU-33 quando sono imbarcati.

La basetta è una di quelle pre stampate presenti nel catalogo della Coastal Kit e rappresenta una sezione del ponte della Kuznetsov. L’ho completata aggiungendo i tacchi per le ruote e il figurino del pilota russo con la sua tuta arancione.

Conclusioni: 

Da un kit prodotto nel 2015, e dal costo non indifferente, mi sarei aspettato di più. Alcuni ritiri e molti segni degli estrattori posti in punti troppo vistosi contribuiscono a rendere il giudizio finale abbastanza negativo, ma è anche vero che lo stampo ha un dettaglio e una finezza delle incisioni davvero ragguardevole. In ogni caso consiglio questo Flanker solo ai modellisti con buona esperienza e manualità… alcuni passaggi durante le fasi del montaggio metteranno a dura prova la vostra pazienza.

Grazie per aver letto il mio resoconto! Buon modellismo a tutti – Jacopo Ferrari.

Un Getto Tonante per l’AMI – F-84G Thunderjet dal kit Revell in scala 1/48.

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Il Work In Progress completo lo trovate QUI!

I primi anni ’50 rappresentarono una sfida per la nostra giovane Aeronautica Militare, ancora impegnata in una difficile ricostruzione dopo la fine del secondo conflitto mondiale. L’epoca dei jet era oramai alle porte e i primi passi in questo campo erano già stati fatti con l’entrata in servizio dei De Havilland Vampire Fb.6 e NF importati dal Regno Unito e, successivamente, costruiti su licenza da Fiat Aeronautica e Macchi.

Il governo statunitense non vedeva però di buon occhio le forniture che gli inglesi stavano girando a mezza Europa e, tramite il trattato MDAP (Mutual Assistence Defense Program), fornirono quasi gratuitamente grandi quantità di armamenti a diverse nazioni, stroncando di fatto ogni accordo industriale stesse portando a termine l’Inghilterra.

Il risultato di queste “schermaglie commerciali”, per l’AMI, fu molto proficuo: dal maggio 1952 l’USAF recapitò via nave ben 254 Republic F-84 G nuovi di zecca, alcuni di questi già in procinto di essere consegnati ai reparti americani e frettolosamente dirottati verso le varie nazioni NATO.

Con il Thunderjet la nostra forza armata equipaggiò da prima il 5° ed il 51° Stormo, in seguito furono adottati anche dal 6° (sempre in configurazione F/B) e dal 3°, in versione da ricognizione con le fotocamere alloggiate in una tanica opportunamente modificata e montata all’estremità dell’ala sinistra.

Il soggetto che ho voluto riprodurre era originariamente assegnato ai reparti di base in Alaska e per tale motivo aveva ampie zone verniciate in rosso ad alta brillantezza (per essere individuabile in caso di crash sulla neve o sul ghiaccio). Fu uno dei primi ad entrare in linea presso il 51° Stormo mantenendo la colorazione originale.

La documentazione sui Thunderjet italiani non manca e tra questa ho scelto alcuni volumi, a mio avviso più significativi: il tomo n°30 della serie “Monografie Aeronautiche Italiane” ed il libro di Luigino Caliaro dal titolo “Il Thunderjet in Italia” dove ho trovato anche diversi spunti per la riproduzione delle diverse tonalità di metallo del velivolo.

Modellisticamente parlando nella scala del “quarto di pollice” sono presenti sul mercato due ottimi kit: la scatola Tamiya, ottima come accoppiamenti e facilmente reperibile, e la Revell (ex Pro Modeller) altrettanto semplice nel montaggio e leggermente più curata negli interni. La nota negativa riguarda la sua scarsa reperibilità essendo, oramai, un articolo prodotto già parecchi anni or sono; fortunatamente ne avevo una nella mia pila di scatole in attesa… non ho fatto altro che prenderla e metterla sul mio banco da lavoro!

Come consuetudine la costruzione ha avuto inizio dall’abitacolo dove ho assemblato la vasca ed il seggiolino, e verniciandoli con il tipico “Republic Interior Green” ottenuto da un mix di Tamiya XF-62 e Tamiya XF-3 rapporto 1:1. A seguire ho applicato un leggero dry-brush con colori ad olio ocra e bianco per enfatizzare i dettagli.

Le consolle laterali e il quadro strumenti (dipinti in nero opaco) hanno un buon dettaglio in rilievo che ho messo in risalto con la tecnica del pennello asciutto e con il colore alluminio. Per finire ho applicato su tutto il lavaggio ad olio in Bruno Van Dick per dare maggiore profondità ai dettagli e al cockpit in generale. Il tocco finale è stata una goccia di Clear Tamiya nelle veglie del cruscotto per simulare i vetri degli strumenti.

Il kit offre una piccola lastra di fotoincisioni che includono anche le fibbie delle cinture; le cinghie vere e proprie devono essere riprodotte da zero Le cinture sono state aggiunte a fine lavorazione, nel kit è presente una lastrina foto incisa con le fibbie in dotazione, le cinture vere e proprie devono essere riprodotte da zero (personalmente ho utilizzato delle striscioline di nastro kabuki).

Il vano del carrello anteriore è scomposto lungo la linea di mezzeria della fusoliera e diviso in due parti; questa soluzione, alquanto scomoda, mi preoccupava perché ero certo di ritrovarmi una vistosa fessura difficile da stuccare in una zona così ristretta ed angusta. Al contrario, dopo l’incollaggio eseguito con la Extra Thin Cement Tamiya, i pezzi hanno combaciato perfettamente (come nel 95% del kit) ed è bastata una passata di Mr. Surfacer 500 per chiudere la linea di giunzione!

Montato il anche il vano aerofreno ho steso su tutto lo Zinc Chromate Tamiya XF-4 e mi sono dedicato all’assemblaggio delle semi ali partendo dai pozzetti carrello; questi sono veramente ben dettagliati ma i portelloni sono stranamente stampati solidali alle pareti della baia, soluzione che costringe il modellista a prestare molta attenzione per non danneggiarli. Lo stesso inconveniente si presenta anche sul pozzetto anteriore ma, in questo caso, ho preferito tagliare via le coperture e lavorarle a parte con maggiore tranquillità.

L’unione delle ali alla fusoliera non presenta il minimo e non richiede alcun utilizzo di stucco, una vera gioia per gli occhi! Andando avanti, però, ho trovato la prima “magagna” del kit rappresentata dall’anello della presa d’ aria che è leggermente più stretto della fusoliera stessa. In questo caso ho dovuto far affidamento su carta abrasiva e colla ciano acrilica per pareggiare lo scalino e lisciare a dovere la plastica. L’operazione è stata, ovviamente, molto invasiva ed ha cancellato gran parte delle pannellature presenti sul muso; in particolare ho dovuto tracciare nuovamente l’incisione circolare intorno al bordo d’attacco dell’intake con una procedura davvero complessa:

In pratica ho utilizzato il nastro Dymo come guida, ma per fargli assumere la forma corretta ho dovuto inciderlo e piegarlo come potete vedere nell’immagine sopra.

Prima di dichiarare conclusa la fase di costruzione ho eliminato i ricettacoli delle sonde per il rifornimento in volo, non previste sui nostri Thunderjet, che erano installate sui serbatoi alari.

Verniciatura:

Allo scopo di preparare il fondo per le vernici metallizzate ho dato un fondo di Gloss Black C-2 Gunze Mr. Color, diluito con il Leveling Thinner della stessa casa (80% diluente-20% colore). A seguire ho steso le tinte metalliche nel seguente ordine:

  • Alclad 106 (White Alluminium): su tutta la superficie dell’aereo.
  • Alclad 103 (dark alluminium): sui pannelli sotto il canopy, andrebbe passato anche su parte del troncone di coda, ma ho tralasciato…
  • Alclad 105 (Polished Alluminium): sulla bocca della presa d’ aria e sui pannelli delle mitragliatrici più arretrate.
  • Alclad 119 (Airframe Alluminium): sul panellino rettangolare anteriore, e sulla sezione centrale della fusoliera.
  • Alclad 107 (Chrome): sul bordo d’ attacco dell’ala e sui flap.

Dopo aver atteso almeno ventiquattro ore tra un tono e l’altro per ottenere la completa asciugatura, ho spruzzato il rosso Tamiya XF-7 (diluita con la nitro) direttamente sul “metallo” come accadeva anche nella realtà; con questa procedura ho ottenuto la stessa tonalità “mattone” che si nota nelle foto originali.

Ho poi realizzato la fascia antiriflesso in Olive Drab XF-62 Tamiya, i frames del canopy in Off White (Gunze H-21) ed il dielettrico sulla deriva in Aircraft Grey (Gunze H-57), ed infine ho sigillato tutto con il Sealer for Metalizers della Model Master (dopo aver provato diversi trasparenti credo che questo sia l’unico prodotto che mantiene inalterata la tonalità e la lucentezza dei metalizer).

E’arrivato il momento delle decal e non esistendo alcun set pronto per i Thunderjet tricolori, ho dovuto affidarmi a ben sei fogli, sia in 1/48 che in 1/72, della Tauromodel:

  • 72557 per le coccarde della fusoliera.
  • 48528 per le insegne di nazionalità sulle ali.
  • 48547 per i codici sulla fusoliera.
  • 72543 per il seriale sulla deriva.
  • Gli stencil provengono dal kit.

Durante la posa alcune delle insegne più vecchie hanno creato un po’ di silvering, ma l’azione combinata dei liquidi Microscale e del Sealer hanno ridotto di molto l’effetto. Sigillate anche le decalcomanie ho eseguito un lavaggio ad olio in grigio (mescolando Nero di Marte e Bianco Avorio) ed ho finalmente posizionato carrelli e tettuccio sul mio F-84 in scala considerandolo finito!

Come sempre, sperando che sia stata gradita la lettura sulla costruzione di uno dei jet più importanti per la nostra Aeronautica, ringrazio tutti gli amici del forum per il supporto e chiunque abbia avuto la pazienza e la voglia di leggere queste righe

Buon modellismo a tutti! Alessandro ARGO2003 Gerini.

A-4 SU “Super Skyhawk” Republic of Singapore Air Force – dal kit Hasegawa in scala 1/48.

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Se vi state chiedendo, con aria perplessa, dove sia sistemato sulla cartina Singapore non sentitevi impreparati… prima di iniziare questo modello non ne avevo la minima idea neanche io! La piccola città stato di Singapore è formata da sessantatré isolotti incastonati nel Mar Cinese Meridionale. Nonostante le sue ridotte dimensioni vanta una forza aeronautica invidiabile composta da svariate unità degli anziani, ma sempre validi, F-5E/F Tiger II, i nuovi F-16 D Block 52 +, AH-64 D “Apache Longbow” e appunto il mio A-4 SU. Senza dilungarmi troppo in cenni storici, riassumendo brevemente, il Super Skyhawk è il risultato dell’ultima serie di modifiche apportate ai vecchi A-4 S (versioni riviste degli A-4 B/C acquisiti in circa centocinquanta esemplari dall’US Navy all’inizio del 1973) per aggiornarli a standard più elevati e prolungare la vita utile delle cellule. Il primo Up-Grade ha riguardato la sostituzione del sotto dimensionato propulsore J-65, con un turbo fan General Electric F404-GE-100D senza post-bruciatore.
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Tale installazione ha comportato modifiche estese alle prese d’aria, e l’installazione di nuovi air-scoop esternamente sulla carlinga per permettere il refrigeramento degli impianti idraulici. Il secondo step è stato rivolto alla suite avionica, aggiornata con varie apparecchiature tra cui un nuovo HUD Ferranti 4510, un computer di missione Litton LN-93 INS e un Bendix Flight Data Recorder.

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Il modello:

Lo Skyhawk è un aereo che da sempre mi affascina, con le sue linee raccolte e agili risveglia tutti i miei pensieri modellistici più reconditi! Così, quando mi è capitata sotto mano la scatola Hasegawa dedicata appunto agli A-4 di Singapore, ho pensato che separarsi un pochino dai soliti schemi per realizzare un modello alquanto “esotico” mi avrebbe dato molti stimoli. Lo stampo di partenza è quello classico della versione B, completato però da una piccola stampata in resina che contiene i componenti caratteristici della variante SU. Inutile ricordare che il dettaglio di superfici e perfettamente riprodotto in fine negativo, “condito” nei punti giusti dall’aggiunta da alcune rivettature.

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Abitacolo:

La mia mania per il super dettaglio mi ha travolto ancora, ma questa volta posso tranquillamente affermare che i soldi per l’acquisto del set Aires 4218 li potevo tranquillamente risparmiare. A modello ultimato, infatti, questa zona sarà talmente piccola e in ombra che quasi tutto il lavoro andrà perso. Il mio consiglio è di sostituire solamente il seggiolino Escapac (l’unico pezzo davvero in vista dall’esterno) con un aftermarket, poiché quello del kit non è davvero all’altezza… per il resto il cockpit potrebbe andar bene anche da scatola.

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C’è da dire però, che il set Aires è davvero spettacolare e completo di una miriade di piccolissimi particolari che esaltano tantissimo il realismo. Ho effettuato le consuete prove preventive per verificare l’inserimento e il dimensionamento delle parti in resina, costatando ancora una volta la bontà delle realizzazioni della ditta ceca. Ho iniziato assottigliando, quasi fino alla luce, la parte interessata delle due semi fusoliere per permettere l’installazione delle paratie laterali (pezzi in resina RP6 ed RP9), a dir il vero esageratamente sovra dimensionate per la loro sede. Una volta incollate al loro posto, ho utilizzato la vasca in resina come dima e segnato con una matita la porzione di materiale in eccesso.

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Con l’ausilio di un trapanino e una fresetta ho asportato la resina in eccedenza così da permettere al cockpit tub di entrare facilmente senza forzare troppo ai lati. Ho poi completamente eliminato le consolle laterali dal pezzo Hasegawa D15 (che tra l’altro è solidale con il pozzetto del carrello anteriore), lasciando però intatto il piccolo rigonfiamento che si trova verso il muso. Ho posto l’accento su questo passaggio perché, quando si andrà a sovrapporre la vasca in resina, tale rigonfiamento andrà a costituire un ottimo perno di riscontro che vi aiuterà non poco per il corretto allineamento.

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Il pilot’s Office è stato dipinto in XF-54 Tamiya, un grigio un po’ più scuro ma che comunque si avvicina molto a quello originale. Una volta asciutti, ho steso su tutti i pezzi uno strato di cera Future per evitare che i successivi lavaggi alterassero il colore di fondo. Ho eseguito il washing con il classico Bruno Van Dyck che, penetrando nei vari dettagli, ha dato molta profondità – soprattutto al bellissimo effetto della stoffa con cui sono ricoperte le pareti della cabina.

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L’accorgimento successivo per dare quel tocco di tridimensionalità estrema, è stato un uso intensivo del Dry Brush (eseguito con un FS 36375) ed esteso a tutti gli elementi… vi assicuro che a operazione conclusa mi è venuta voglia di spostare qualche levetta! L’aggiunta di un paio di bottoncini in giallo e in rosso (pochi a dir il vero, non esagerate) ha regalato quel tocco di colore in più a un’area altrimenti davvero scura. Per il cruscotto ho preferito utilizzare le fotoincisioni fornite nel set, ma prima ho ritagliato e sagomato il piccolo foglietto di acetato trasparente su cui è riprodotta la strumentazione, dipinto di bianco il retro per simulare il fondo dei quadranti, e incollato il tutto sul fondo del pezzo in resina RP2 con un po’ di Clear Fix. Ho completato il bellissimo Escapac con le cinture di sicurezza anch’esse in ottone foto inciso (mania dell’Aires, ma personalmente preferirei che le stampassero direttamente) e le leve di espulsione. La sua struttura è nel suddetto grigio XF-54, mentre il cuscino e le cinture sono in Dark Green Gunze H-64. Anche qui la tecnica del pennello asciutto, eseguita prima in grigio chiaro e poi con un verde più schiarito, mi ha permesso di esaltarne i dettagli.

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La palpebra del cruscotto presenta un piccolo inconveniente da dover superare: è più alta rispetto alla sua base di almeno un paio di millimetri, e inoltre (purtroppo), il cruscotto è stampato davvero troppo in fondo perdendosi nel buio… davvero un peccato, ma modificarlo non è una cosa facilmente attuabile. Per riportare il complesso alle dimensioni ottimali ho ridotto a colpi di lima il pannello strumenti, e praticato due scassi su entrambe le consolle per affondarlo ulteriormente. Inutile dire che anche in questo caso grandi quantità di stucco pareggeranno l’unione del pezzo con la fusoliera.

Montaggio:

Prima di descrivervi le fasi di montaggio, voglio fare una raccomandazione: studiate bene le istruzioni e aprite tutti i vari perni di riscontro che devono essere forati dall’interno. Vi parlo per esperienza personale… nonostante un occhio di riguardo per quest’aspetto, puntualmente ne ho dimenticati un paio! Una volta chiuse le fusoliere, il montaggio scorre via abbastanza velocemente grazie anche alla conformazione semplice e lineare dell’aereo. A causa dell’intercambiabilità dello stampo di base, il musetto è fornito separato per permettere di realizzare più versioni. Nel mio caso, forse anche per il cockpit Aires, l’allineamento del muso non era dei migliori costringendomi ad abbondante uso di stucco.

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Ricordatevi inoltre di appesantirlo molto per evitare che il modello si sieda sulla coda una volta finito, anche in previsione del caratteristico (e per me bellissimo!!) assetto degli A-4. Le prese d’aria (in precedenza dipinte in bianco opaco all’interno) necessitano di essere rifilate nella parte che andrà a contatto con la fusoliera, poiché sbordano di almeno un millimetro fuori dalla loro sagoma. Oltre a quest’accorgimento, ho dovuto anche raccordare ulteriormente mediante carta vetrata a grana grossa 400 (un vero e proprio lavoro da falegnameria quasi) e ricorrere al solito uso dello stucco.

CIMG2813Simile il discorso anche per il pezzo A6, che mi ha impegnato in un lungo lavoro di raccordo dovuto al suo sotto dimensionamento rispetto alla fusoliera. La grande superficie alare al contrario non crea problemi, e s’incastra molto bene nel suo scasso lasciando solo piccole fessure. Personalmente, per non rovinare le pannellature, le ho riempite utilizzando il Milliput con il solito sistema di creare un salsicciotto da spingere bene dentro il gap e portare via l’eccesso con una spugnetta bagnata di acqua. Stesso procedimento l’ho utilizzato anche sulla vistosa presa d’aria supplementare sul lato sinistro (forse la modifica più caratteristica di tutto il modello), che è stata prima svuotata dalla resina per creare il canale di afflusso.

CIMG2827
A-4SU Restore_1

Come correttamente suggerito dalle istruzioni, alcune pannellature e sfoghi d’aria andranno eliminati o riempiti – qui la documentazione sarà fondamentale per confermare o smentire le indicazioni fornite dall’Hasegawa.
A-4SU Restore_2

Osservando le immagini in mio possesso, ho notato grandi differenze tra gli esemplari: secondo le fasi di aggiornamento, questi potevano avere il pitot installato sulla deriva oppure le due antenne del sistema ILS sempre sull’impennaggio; Quest’ultime non sono nemmeno fornite dal kit e devono essere riprodotte con un pezzo di Plasticard sagomato. Non avendo voglia di cimentarmi in lavori di auto costruzione ho trovato uno Skyhawk senza questo particolare, ma con la sonda anemometrica montata (quindi ho aperto il foro per il suo alloggiamento infilando al suo interno un tubicino in ottone della Albion Alloy da 0,5 mm per rifinire il tutto).

A-4SU Restoration_20

Il tubo di pitot da scatola ho preferito scartarlo perchè fragile e poco definito per la scala del quarto di pollice. L’ho auto costruito da zero utilizzando, ancora una volta, i tubi della Albion Alloy l’uno dentro l’altro: la base ha diametro 0,3 mm su cui ho infilato un altro elemento da 0,5 mm. All’interno del componente da 0,3 mm ho inserito, infine, l’ultimo tubicino pieno da 0,2 mm a cui ho modificato il terminale rendendolo affusolato mediante una fresetta montata su un trapanino elettrico.

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I piani di coda li ho lasciati in ultima istanza dopo la fine della verniciatura, sfruttando l’ottimo sistema a incastro studiato dalla ditta giapponese.

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Ultimi particolari:

Prima di incollare il parabrezza (preventivamente trattato con la cera Future), ho dipinto la palpebra sottostante in nero opaco e lumeggiato i particolari con un grigio non troppo chiaro ad olio. Ho anche installato la struttura dell’Head Up Display fornita in fotoincisione e aggiunto il vetro fatto con un quadratino di acetato.
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A proposito del windshield, controllando le foto dell’esemplare prescelto mi sono accorto che il blindovetro centrale è del classico colore azzurro trasparente; per riprodurre questo effetto ho spruzzato il Clear Blue Tamiya diluito con dell’alcol isopropilico all’interno del vetrino. Il pezzo è stato incollato per capillarità sfruttando la Tamiya Extra Thin Cement e, successivamente, stuccato con il Milliput Black.

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L’interno delle luci di posizione sono state verniciate in rosso e verde e, in seguito, incollate con ciano acrilico, rifinite e lucidate con pasta abrasiva.

Sul dorso del velivolo reale è installato un voluminoso radome che contiene l’antenna per comunicazioni UHF. Nella scatola l’Hasegawa ne fornisce uno in resina che ha forme e dimensioni completamente errate; per questo ho preferito scartarlo e riprodurlo sfruttando un plotter elettronico da taglio e del Plasticard con spessore da 0,8 mm.
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Conoscendo la mia solita pigrizia per la cura degli ultimi dettagli in prossimità della fine dei lavori, ho preferito preparare tutti i vari portelloni, pozzetti, gambe di forza e pneumatici dei carrelli con un po’ di anticipo: da premettere che ciò che ho elencato sopra va dipinto completamente in bianco opaco (ad eccezione delle gomme in Tyre Black H-77 cui ho evidenziato il piano di rotolamento del battistrada con una sbruffata di Grey 36375), l’insieme ha subito il solito lavaggio in grigio medio ad olio (mix di nero e bianco Maimeri) molto diluito e fatto penetrare negli interstizi per esaltare la profondità. L’aggiunta di qualche cavo idraulico ed elettrico, seguendo come riferimento la documentazione, completerà queste zone.
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Già che avevo l’aerografo caricato con il flat white, ho passato una mano veloce anche nella parte interna dei flap, degli slats e degli aerofreni per preparare il fondo al colore definitivo, che è il Rosso FS 11136.
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Nella piccola lastra fotoincisa dell’Aires, sono presenti anche due striscioline ricche di particolari da inserire all’interno del canopy: queste sono state incollate con l’ausilio della colla Attack Gel, e successivamente, il trasparente è stato immerso nella solita cera Future per esaltare la brillantezza ed eliminare graffi e sbavature del collante. A questo punto mi sembra di avervi detto proprio tutto… anzi no! i serbatoi supplementari li ho completati aggiungendo lo sfiato di sovrappressione del carburante (realizzato con un pezzo di ago da insulina) e simulando le saldature del corpo centrale (riprodotte con dello sprue stirato a caldo e incollato con colla Tamiya Extra Thin Cement).

A-4SU Restoration_21Lo scarico è stato verniciato con il White Alluminium della Aclad, ma questa volta a subire il processo d’invecchiamento (eseguito con varie passate ad aerografo di nero e grigio chiaro acrilici) è stata solo la parte interna, quella più soggetta al calore ed alle scorie dei gas combusti.

A-4SU Restoration_24Verniciatura:

Questo modello mi ha fatto anche apprezzare e divenire un estimatore del bellissimo schema SEA (South East Asia) con cui sono verniciati gli A-4 SU di Singapore, in pratica la copia di quello usato dai velivoli americani nel teatro operativo sud est asiatico. Ho agito come segue: per prima cosa ho steso il Light Grey FS 36622 sulla pancia dell’aereo, debordando con il colore anche su parte dei lati. Per creare la linea di divisione dal caratteristico andamento ondulato, ho sagomato due salsicciotti di UHU Patafix: questo prodotto, oltre ad essere auto adesivo, non lascia residui e può assumere qualsiasi forma. Quindi, ho modellato il suddetto salsicciotto facendolo aderire per bene al mio Skyhawk (stesso discorso vale anche per i serbatoi supplementari), e per creare quell’effetto sfumato (ma preciso) ho aerografato con la mano più perpendicolare possibile alla mascheratura.

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Ora è la volta della mimetica vera e propria: partendo dal Marrone FS 30219, ho poi aggiunto nell’ordine il Green FS 34079 e il Pale Green FS 34102 preferendo, per la divisione dei toni, di nuovo il Patafix. Le vernici sono state tutte diluite con la nitro antinebbia in percentuali minime del 70%.
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Gli spaccati forniti dall’Hasegawa non sono del tutto fedeli, fate affidamento solo alle foto dei velivoli reali per riprodurre l’andamento corretto dello schema mimetico.
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Il terminale del muso, le walkway sulle ali ed il radome sulla gobba sono in Nero Opaco, come del resto anche i “rettangoli” parafiamma sulla fusoliera e gli alloggiamenti dei cannoni nella radice alare. Sempre in nero è un piccolo dielettrico di forma circolare proprio davanti il parabrezza che sulle istruzioni è ignorato: io l’ho realizzato “cannibalizzando” una express mask dell’Eduard per un F-104 in scala 1/72.
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Lo stencil rosso per la zona di pericolo intorno alle prese d’aria ho preferito verniciarlo. Per far ciò ho ritagliato delle mascherine in nastro Kabuki sfruttando nuovamente il provvidenziale plotter da taglio. Dopo averle applicate ho steso una leggera mano di trasparente lucido Tamiya X-22 sui bordi per sigillarli e per evitare qualsiasi infiltrazione di colore. A seguire ho steso il bianco opaco e, una volta asciutto, ho finalmente aggiunto il rosso finale (Tamiya XF-7) . Per diluire tutte le vernici elencate ho utilizzato la solita nitro che permette asciugature rapide e spessori ridotti degli strati di colore.
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Una veloce lucidata con il Clear Tamiya X-22 (diluito anch’esso con la nitro) ha protetto il fondo e preparato il campo per le successive operazioni di weathering. A dir il vero, parlare di weathering è fuori luogo perché gli A-4 RSAF sono quanto di più pulito abbia mai visto e per questo ho preferito un lavaggio molto discreto compiuto con un mix di colore ad olio Bruno Van Dyck e Nero in percentuali di 50 e 50… qualcuno potrà dire che un po’ di Post Shading avrebbe fatto comunque bene, ma per rispettare quanto più il realismo ho preferito non spingermi oltre il washing. Detto questo, quattro nuove mani di lucido mi hanno permesso di passare alla fase delle decal.

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Decal:

Fin dall’inizio dell’impresa ero fermamente convinto di scartare le decal della scatola (spesse e dure) per utilizzare un bell’aftermarket! dopo varie ricerche sul web ho trovato una ditta di Singapore, la Miliverse, che produce vari fogli dedicati ai velivoli della RSAF; tra questi c’è l’articolo MV-48001 che fa proprio al mio caso!
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Le decalcomanie della ditta singaporiana sono molto sottili e lucide; di contro il film trasparente ha delle dimensioni un pò eccessive per cui ogni insegna deve essere accuratamente scontornata. I colori degli stencil in giallo non sono ben saturi e sul verde lasciano trasparire il fondo scuro, inoltre il potere adesivo è abbastanza scarso (utilizzate Micro Sol e Set per aiutarvi nel posizionamento). In ogni caso non ci sono molte alternative e bisogna accontentarsi… c’è da dire che, con il modello ben lucido, non creano alcuna traccia di silvering e, letteralmente, assumono un gradevole effetto “painted on”.
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Una piccola curiosità: le coccarde di nazionalità di questa forza aerea asiatica hanno subito varie modifiche fino ad avere l’aspetto che conosciamo oggi, cioè una testa di leone stilizzata inscritta in un cerchio. Questo simbolo deriva da una leggenda popolare narrante di un principe di Sumatra che, sbarcando su una delle isole dell’arcipelago, avvistò un leone (un segno di buon auspicio) e decise di fondare la città di Singapura – che in sanscrito significa “la città del leone”.

Montaggio finale:

Dopo tante fatiche è giunto il tanto atteso momento del montaggio finale. Per prima cosa ho dipinto il ricevitore della fuel scope in Titanium Metalizer, eseguendo sopra un dry brush in silver; Lo stesso procedimento si può adottare anche per i due cannoncini. Ora è stata la volta delle varie antennine a lama (incollate con la provvidenziale colla Tamiya tappo verde che, una volta asciutta, non lascia la minima traccia) concentrate soprattutto sul portellone del carrello anteriore, più una vistosissima sistemata proprio dietro al cockpit. Attenzione a montarla nel verso giusto… sinceramente io stavo cadendo in errore. Ho dipinto il fondo di entrambe le luci di posizione a goccia (una sulla gobba ed una sotto la pancia dietro al carrello sinistro) in rosso, e le ho poi lucidate con una spennellata di Future. Il faro stroboscopico sul bordo di uscita del timone invece, ha il fondo in silver. Tutto pronto quindi per l’ultima mano di trasparente, questa volta opaco, che ha dato la finitura finale al modello. Ricordatevi, però, di mascherare la porzione finale del musetto, che nella realtà è costituita da materiale dielettrico che rimane lucido.
Ai piloni suba alari più esterni ho aggiunto i due rail per i Sidewinder (in bianco opaco)che si trovano direttamente nelle stampate del kit. In alcune foto gli A-4 di Singapore sono stati immortalati con dei pod ACMI agganciati ai rail sub alari (che si trovano già nelle stampate del kit e sono in bianco opaco). Questi pod, in particolare, sono chiamati “CAP-9” e per riprodurli ho cannibalizzato un AIM-9 L da un F-16 Kinetic a cui ho raschiato via i rolleron (i giroscopi) dalle alette posteriori. Le alette anteriori le ho completamente omesse come visto su quelli reali. I colori utilizzati sono il grigio Gunze H-308 e il Flat Black Tamiya per i particolari in nero; gli stencil con il numero seriale provengono dal set TwoBobs 48-172.
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La finitura finale è stata ottenuta spruzzando sul modello un paio di mani di Flat Clear Gunze H-20, sempre diluito con la nitro. Dopo aver “scartato” i vetrini da tutte le mascherature, ed aver incollato il canopy in posizione rigorosamente aperta, ho aggiunto il piccolo tergicristallo (dipinto in H-77 Gunze) sul parabrezza dichiarando i lavori ufficialmente chiusi.

Come sempre… buon modellismo a tutti! Valerio – Starfighter84.

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Tabella Riferimento Colori:

Colore

F.S. 595 b

Gunze

Humbrol

Model Master

Dark Gull G.

36213

H-57

140

1740

Red

11136

H-327

1705

Pale Green

34102

H-303

117

1713

Dark Green

34079

H-309

116

1710

Brown

30219

H-310

118

1742

Light Grey

36622

H-311

197

Light Compass G.

36375

H-308

127

1728

 

Bibliografia:

Bunrin Do – Famous Aircraft n°21.

Squadron Signal – In action n°11.

Squadron Signal – Walkaround n°41.

www.jetphotos.net

www.airliners.net

Warpaint series n°3.

 

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Captured Tony! Ki-61 Hien dal kit Tamiya in scala 1/48.

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Fonte immagine: http://img.wp.scn.ru

Alla vista di questo Ki-61 Hien (per gli americani “Tony”) molti puristi potrebbero storcere il naso. Lo so, il soggetto è davvero poco convenzionale… ma amo andare controcorrente e realizzare qualcosa di originale e poco visto! Spero che gli amanti delle Hinomaru mi perdoneranno.

Quando uscì la scatola Hasegawa in scala 1/48 codice 07420 la acquistai soprattutto per le decal che offrivano la possibilità di realizzare un esemplare catturato dai Marines americani. Come tutti ben sappiamo, però, di recente la Tamiya ha immesso sul mercato un nuovo dettagliatissimo stampo, più aggiornato e al passo con i tempi del caccia giapponese; bene, non ho potuto resistere… l’ho fatto mio e parte delle insegne contenute nella scatola Hasegawa le ho girate su quest’ultimo!

Un po’ di storia:

Un piccolo accenno alla storia di questo “Yontan Tony” è doverosa. L’esemplare fu ritrovato dai Marines americani del VMF-322 nel maggio del 1945 ad Okinawa, danneggiato nel radiatore ma funzionante. Questo Tony, in particolare, è stato utilizzato più volte per voli comparativi, per test e collaudi. Rimane un mistero il colore degli interni: dalle testimonianze sembra che fossero consumati a tal punto da dover essere riverniciati una volta giunto negli States (questo particolare è segnalato anche nella pubblicazione Burin Do #17 della serie Famous Airplane of the World).

Della colorazione esterna esistono due schemi: il primo è quello che ho rappresentato con il simbolo dei Marines sul solo lato sinistro, il secondo prevedeva lo stemma su entrambe i lati della deriva e un pannello antiriflesso nero che partiva dal parabrezza fino alla banda bianca vicino al mozzo dell’elica.

Il kit Tamiya:

Fonte immagine: modelshopleeds.co.uk

Il Work In Progress completo lo trovate QUI! 

Il prodotto della ditta con sede a Shizuoka è, senza dubbio, lo stato dell’arte del modellismo moderno. Le pannellature sono nel classico fine negativo, la quantità di dettaglio è elevatissima e viene anche fornito il motore Kawasaki Ha-40 completo (in pratica, un DB-601 tedesco costruito su licenza) da mostrare aperto.  L’unica pecca, forse, riguarda proprio questa zona poiché nel kit non sono fornite le armi da 12,7mm che, con le cofanature non in sede, rimanevano esposte. Se scegliete di riprodurre il propulsore a vista dovrete necessariamente aggiungere le canne delle mitragliatrici (che la Master vi propone in ottone tornito).

Montaggio:

Per il cockpit ho utilizzato l’Interior Green (H-58) americano e ho lasciato le apparecchiature ed il pannello strumenti in nero opaco. Ho riprodotto anche i cavi elettrici che attivano le armi soprattutto perchè parte di essere rimangono visibili attraverso l’abitacolo.

Il montaggio è spettacolare, gli incastri precisi e puliti permettono di godersi a pieno il modello senza dar peso a stuccature e interventi di riempimento. Certo, qualche colpo di carta abrasiva è necessario per eliminare piccoli difetti, ma è veramente cosa di poco conto.

Anche i vetrini non creano problemi e, personalmente, mi sono limitato a verniciare i vari frem con il White Alluminium Alclad (come erano stati lasciati anche nella realtà, ovvero in Natural Metal).

Verniciatura:

Oltre alla scatola, nella mia lista della spesa è finito anche il set 48251 della Montex, da cui ho prelevato le maschere per realizzare le stelle americane.

Prima di stendere il bianco opaco diluito con la nitro sul muso, sotto le insegne e sulla coda, ho realizzato il pre shading utilizzando il Neutral Grey Gunze H-305 (da evitare il nero quando si usano tinte chiare come queste).

Il timone di profondità e gli equilibratori sono in Tamiya XF-7.

Una volta applicate le maschere per le coccarde americane, ho eseguito un nuovo preshading in nero molto diluito. A seguire è stata la volta del colore definitivo, il Glossy Sea Blue MRP-14 della Mr.Paint.

Una volta rimosse le mascherine la colorazione si può dire conclusa; prima di procedere con i lavaggi e l’applicazione dell’unica decalcomania dell’Hasegawa, ho lucidato il mio Tony con due o tre mani di X-22 Tamiya diluito con la nitro. A proposito dei “washing”, essi sono stati eseguiti con il Dark Brown Wash della Mig.

Dopo gli ultimi pezzi quali carrelli e relativi portelloni, e l’aggiunta dei cavi dell’antenna a filo per cui ho scelto il Rigging Wire della Uschi Van Der Rosten, il Ki-61 nella scala del quarto di pollice si può definire concluso!

Pensate che tra l’inizio dei lavori e la fine sono trascorsi a malapena nove giorni… nove! Un vero divertimento grazie, soprattutto, alla bontà del kit Tamiya. Se volete rilassarvi e godervi delle ore di sano modellismo, questo Hien è quello che fa per voi.

Al prossimo articolo! Jacopo Ferrari.