Un po’ per scherzo, un po’ per sfida, un po’ perché solleticato dall’idea di realizzare qualcosa per puro divertimento (certo, tenendo presente la tristezza che mi avrebbe colpito all’atto della “separazione” dal “pezzo”), ho accettato qualche tempo fa di procedere alla costruzione di questo kit per conto di un amico.
Il suddetto mi venne incontro con il kit sotto rappresentato (Foto 1), chiedendomi di realizzarlo senza troppa fatica, per il gusto di vederlo esposto in vetrina; ovviamente la mia mente malefica mai e poi mai avrebbe accettato di incollare e pitturare alla meno peggio un modellino – figuriamoci poi un “48”! – ; e la dignità modellistica? E la voglia di impegnarsi comunque? E la soddisfazione di sapere “quello l’ho fatto io – giusto o sbagliato che sia!”, dove la mettiamo? Il kit, confesso, a prima vista mi ha dato un po’ di delusione; rispetto alla qualità Italeri che avevo riscontrato in altri modelli e alla media dei kit presenti sul mercato in scala 1/48 (almeno per le Ditte più note) mi ha lasciato un po’ basito… ma avevo accettato e non potevo tirarmi indietro! Dettaglio degli interni inesistente (decals per la strumentazione…), pozzetti carrello desolatamente vuoti, pennellatura in rilievo alta come le Ande, plastica con qualche segno di estrattore e un po’ di “bave”, ecc… Meno male che la Cartograf realizza decals ottime! Una delle (poche) cose positive, guardando ben bene i pezzettini attaccati allo sprue, è che il tutto, dimensionalmente, sembrava abbastanza corretto e le forme ben restituite. Ma per fare un “pezzo” decente, quantomeno di mia soddisfazione, ci vuole qualcosa in più…
Dopo aver passato qualche giorno ad analizzare le possibili soluzioni, ho deciso di ricorrere al set AIRES in resina per l’abitacolo, fornito – ahimè – per il kit Tamiya (Foto 2); è evidente la differenza (anche se la foto non è riuscita un granché) con i pezzi forniti da scatola, in grigio. Ovviamente sarà necessario un lungo e tedioso lavoro per adattare il set di dettaglio alle semifusoliere (Foto 3), che andranno ripulite e tagliate a misura. Il cockpit in resina non è difficile da ritagliare e assemblare; andrà solo aerografato con attenzione per far risaltare i volumi e i particolari (Foto 4 e 5). Brevemente, ho lavorato con 3 toni di grigio, partendo da un grigio medio acrilico e aggiungendo, nella seconda e terza passata, una punta di bianco e una punta di nero; nella mistura rimasta ho aggiunto una goccia di ocra, per una ulteriore “sporcatura” e, infine, una punta di marrone. Le consolles sono, ovviamente, in nero opaco. Su tutto una mano di trasparente satinato, per poter toccare in perfetta tranquillità senza lasciare “ditate”!
Il confronto con i pezzi originali del kit (Foto 6) è senza storia…; in Foto 7 c’è la prima prova di assemblaggio del cockpit con le pareti laterali; è stato necessario assottigliare parecchio la base delle stesse, al fine di consentire un incastro quantomeno decente con le semifusoliere (ATTENZIONE: ricordo che per lavorare la resina è ASSOLUTAMENTE NECESSARIO proteggersi con una mascherina e, preferibilmente, operare con carta abrasiva leggermente bagnata; al termine rimuovere ben bene la polvere creatasi).
Il quadro strumenti è stato ricavato con un sandwich formato da un pezzetto di plasticard sagomato sulla fotoincisione del kit AIRES e sulla dimensione interna del cockpit, provando e riprovando l’incastro con la palpebra del cruscotto (Foto n° 11); l’acetato con gli strumenti è stato fissato sul plasticard con vernice trasparente, e sul tutto è stato incollato, sempre con vernice trasparente, la fotoincisione precedentemente dipinta con nero opaco (Foto n° 8); il tutto è stato nuovamente provato e riprovato nella sua sede (Foto n° 9)… Intanto, ho cominciato a dare un tocco di colore alla strumentazione, dipingendo le varie manopole (Foto n° 10) e finalmente ho aggiunto le cinture, ultimando così il posto di pilotaggio (Foto n° 12, 13, 14); la parte cui prestare molta attenzione è stata, ovviamente, quella relativa al posizionamento delle minuscole levette in fotoincisione a lato del sedile; un paio di volte, durante i tentativi, c’è stata una fioritura di calendari di ogni ordine e grado, con l’inserimento di qualche novità presa direttamente dal catalogo tibetano, a seguito del decollo della levetta di turno in direzione dei più nascosti angoli del tavolo da lavoro, se non proprio a terra o in altri oscuri pianeti del microcosmo casalingo…
Ma non ci perdiamo d’animo!! Morta una levetta se ne fa un’altra!!!
La fotografia n° 15 illustra lo stato delle semifusoliere dopo le operazioni di rimozione, sagomatura, lisciatura, scartavetratura, smadonnatura e ripulitura di tutto ciò che avrebbe materialmente impedito il matrimonio forzato fra l’abitacolo dedicato al kit Tamiya e i pezzi Italeri; tale matrimonio (un pò stucchevole, ih ih ih!) è ben illustrato dalle Foto n° 16 e 17; meno male che prima di procedere con le giunzioni ho fatto 1.000.000 di prove a secco (questa frase vuole essere un consiglio spassionato per tutti coloro i quali non vogliono far calare inutilmente calendari di sperdute nazioni e gruppi tribali sconosciuti una volta incollate le fusoliere…)!!!
Ecco invece come si presentavano (Foto n° 18 e 19) le linee di pannellatura… è inutile dire che sono state tutte debitamente reincise, pannello per pannello, sportellini inclusi… sigh!
Con le Foto n° 20, 21, 22, 23, 24, 25 e 26 si passa invece alla ricostruzione totale del pozzetto carrello principale, totalmente assente nel kit; la giunzione delle semiali faceva intravedere uno spazio più profondo – altro che ultima frontiera! – della serie Star Trek, per cui… ricominciamo col caro e vecchio plasticard, sagomato debitamente a mò di centina, messo a battuta con un pezzo di guaina di filo elettrico e completato da tubazioni e fascette varie…
La griglia anteriore del radiatore (Foto n° 27) è stata invece ricostruita con due pezzettini di plasticard sagomato sui quali è stato incollato un frammento di calza da donna (…), sottratta nottetempo dal cassetto della mia ignara consorte (che non avrebbe capito ovvero avrebbe pensato di aver a che fare con un maniaco compulsivo…) e dipinta in nero (Fig. 28 e 29); è incredibile come simuli bene le griglie!!!!! Ovviamente “la bocca” ha subito un trattamento particolare, con stucco, altro plasticard e tanto, tanto lavoro di lima e carta abrasiva…
Fine prima parte.
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