Ogni appassionato ha un soggetto che lo coinvolge particolarmente e di cui vorrebbe assolutamente una copia in scala nella sua collezione. In alcuni casi (neanche troppo rari), però, questo soggetto non è affatto trattato dalle ditte modellistiche! Ma il modellista non è un tipo che demorde facilmente, e per poter costruire un modello del suo amato velivolo fa di tutto! Si informa, studia, acquista conversioni (complicatissime) e si rassegna all’idea di dover sudare sette camicie pur di ottenere ciò che vuole. Dopo aver pagato fior di quattrini per tonnellate di resina, monografie con disegni quotati (la documentazione è sempre importante) e, ovviamente, il kit di partenza (il più delle volte con pannellature in positivo… quindi da reincidere completamente!) da convertire, si rende conto che il lavoro da fare presume tempi lunghissimi e molto impegno… per cui preferisce accatastare tutto nella grande pila di scatole di montaggio che sormonta la sua postazione in attesa della giusta ispirazione.
Però, il suddetto modellista, può finalmente dormire sogni tranquilli… sicuro del fatto che, per anni, i produttori del settore non si sono mai interessati a quel dato aereo e che, purtroppo, non se ne interesseranno mai. Lui, in ogni caso, ha tutto l’occorrente per portare a termine l’agognato progetto! E poi arriva il grande giorno dove legge per la prima volta una bella notizia: sta per uscire un kit ad iniezione del suo aereo! Euforia alle stelle… salti di gioia! Sogna in vetrina una schiera di modelli con tutte le mimetiche usate e tutti gli Squadron che lo hanno avuto in carico… tutte le combinazioni di carichi esterni mai viste e, perfino, qualche esemplare un pò più raro e magari poco visto!
Ma poi… un dubbio… una domanda gli balena in testa…: e adesso che ci faccio con quella conversione in resina??
Spero di avervi strappato un sorriso! Se siete degli appassionati modellisti come chi vi scrive, credo proprio che almeno una volta nella vostra vita vi sarete trovati in questa situazione.
A me è capitato spesso, l’ultima proprio di recente con il Kfir della Kinetic in 1/48. Un velivolo a cui ho sempre riservato un’ammirazione particolare e che, purtroppo, non è stato mai degnato di molte attenzioni. Per mia (ma anche per molti altri) fortuna è finalmente disponibile una scatola di montaggio pronta per essere montata senza troppi pensieri e sbattimenti. Data la lunghissima attesa (e poi dicono che per fare modellismo non occorre tanta pazienza!), non potevo che iniziarne la costruzione immediatamente.
Il Kit.
Composto da circa 224 parti in stirene color grigio chiaro, il kit ha pannellature in negativo nel classico stile Kinetic: un pò troppo profonde e con una definizione del dettaglio non al top della tecnologia attuale. Nonostante questa apparente carenza, il modello non è affatto male e ha un rapporto qualità/prezzo comunque invidiabile. Nella confezione sono fornite tutte le parti per poter ricreare sia la variante C2, sia la variante C7 – ultima ad uscire dalla catena di montaggio della Israeli Aircraft Industries. Le superfici di governo sono separate dal resto della struttura alare, per cui i grandi flaperon possono essere rappresentati in posizione abbassata (configurazione che, a terra, non era inusuale).
I carichi di caduta forniti sono molti e comprendono varie tipologie di ordigni, sia Aria/Aria, sia Aria/Terra. La loro qualità è, in qualche caso, non all’altezza di una riproduzione nella scala del quarto di pollice per cui, come spiegherò più avanti, ho preferito ricorrere a degli accessori in resina per sostituirne alcuni.
Bellissimo il foglio decalcomanie stampato dalla Cartograf e realizzato in collaborazione con la Isradecal (l’intero modello nasce da una joint venture della ditta cinese con quella israeliana). Del resto i frutti di questa cooperazione si rispecchiano anche nelle forme dello stampo: ponendo i pezzi principali sulle tavole quotate, infatti, si trova conferma che le dimensioni sono pressoché perfette. C’è solo una piccola discrepanza nella lunghezza del musetto ma questa non influisce minimamente sull’impatto visivo a modello finito.
Le note più negative arrivano quando si analizzano i serbatoi supplementari esterni; purtroppo la Kinetic ne ha pesantemente sbagliato la lunghezza totale, sia nel caso di quelli super sonici (più sottili nel diametro – si riconoscono immediatamente), sia di quelli sub sonici. La Wingman Model (altra associazione di marchi dove anche in questo caso la Isradecal è protagonista assieme alla tedesca AirDoc) ha prontamente creato dei set di correzione in resina per rimediare all’errore grossolano.
Personalmente, avendo già a disposizione la mega conversione della Isradecal, ho direttamente prelevato i fuel tanks corretti. Oltre a questi, già che c’ero, ho selezionato anche tutti i piloni (ad eccezione dei sub-alari più esterni dedicati ai missili A/A) per sostituire quelli in plastica del kit poiché molto più poveri di particolari rispetto alle copie in resina. Diciamo che, oltre ad una funzione “operativa”, l’utilizzo degli accessori Isracast hanno anche tacitato la mia coscienza: almeno il loro acquisto non è stato del tutto vano, anzi!
Il cockpit:
L’abitacolo reale del Kfir era abbastanza “asettico” e poco complicato. I pezzi forniti dalla Kinetic, però, sono fin troppo semplificati e poco dettagliati! Anche i seggiolini (sia il Martin Baker Mk.4 dei C2, che il Mk.10 dei C7) sono scarni e poco fedeli.
Spinto dalla ricerca di maggiori particolari e dalla curiosità di provare i nuovi prodotti della Wingman Models, ho voluto ordinare il set relativo al cockpit (numero 48011) ideato sulla base di questo kit. Purtroppo l’apertura della confezione è stata una grossa delusione perché, in pratica, i pezzi in resina altro non sono che copie di quelli in plastica leggermente rimaneggiati con l’aggiunta di qualche leva e pulsante. I cruscotti forniti sono identici agli originali, né più né meno. Le uniche parti degne di nota sono le paretine laterali (che nel kit sono rappresentate dall’interno piatto e liscio della fusoliera) e il sedile Mk.10 che è quasi corretto e già dotato di cinture di sicurezza. Il Martin Baker Mk.4 non è da scartare ma, data la presenza del set Aires numero 4587 sul mercato, consiglio vivamente l’acquisto di quest’ultimo.
Ad ogni modo il “pilot’s office” Wingman calza alla perfezione all’interno del proprio alloggiamento. Non occorre alcun aggiustamento di sorta.
Discorso diverso per il Martin Baker Mk.10 che varie prove a secco hanno evidenziato essere troppo largo rispetto alla vasca. Per adattarlo bisognerà limare e ridurne la base ai lati della seduta.
I lavori sull’ejection seat non sono, però, conclusi; in accordo con la documentazione ho auto costruito e aggiunto due piccoli rostri montati sulla sommità del poggiatesta. A tale scopo ho utilizzato due pezzettini di profilato Evergreen piatto sagomato a dovere.
Fatto questo ho potuto, finalmente, verniciare il sedile con i seguenti colori:
- Struttura completamente in nero opaco Tamiya.
- Cuscini in Olive Drab Vallejo.
- Cinture di sicurezza in Tan Gunze H-310.
A completare il tutto, ho applicato un paio di “Placard” (prodotte in decal dalla Airscale) ai lati del poggiatesta, ed ho eseguito un lavaggio in Bruno Van Dyck ad olio per mettere in risalto luci e ombre delle imbottiture. Per meglio evidenziare i volumi, invece, ho optato per il Dry Brush delle superfici con un grigio chiaro ad olio (ottenuto miscelando una nocciolina di Bianco di Marte e la punta di uno stuzzicadenti intrisa di Nero D’avorio – Entrambe le tinte fanno parte della gamma Maimeri).
Per quanto concerne i colori dell’abitacolo, questo è stato verniciato in Ghost Grey F.S. 36375 – Gunze H-308, ad eccezione delle consolle laterali in nero opaco con bottoni e pulsanti vari in grigio chiaro, rosso e giallo.
La strumentazione del cruscotto l’ho ottenuta fustellando le decalcomanie del foglio Mike Grant Decals che fornisce vari quadranti già pronti da usare. Per dovere di cronaca, il pannello strumenti della Wingman presenta le lancette già stampate sulla resina ma, purtroppo, la loro definizione non è eccelsa e non è possibile sfruttare i particolari facendoli apparire tramite la tecnica del pennello asciutto.
Piccola, ma importante, nota: le istruzioni allegate alla scatola di montaggio non sono molto chiare in alcuni passaggi e traggono in inganno il modellista nella scelta di alcune parti “opzionali”. Tra queste c’è anche la paratia “bulk head” alle spalle del pilota; per la variante C7 quella corretta è riportata nella foto seguente:
Fusoliera e prese d’aria:
Uno dei tratti distintivi del Kfir è la prominente presa d’aria posta alla base della deriva (nella realtà serviva a raffreddare alcuni stadi del potente motore J-79). La Kinetic è stata alquanto superficiale nel riprodurla e, giocoforza, sono dovuto intervenire migliorandola. In particolare, al suo interno era presente una paratia orizzontale che i progettisti cinesi hanno diviso a metà tra la semi fusoliera sinistra e destra. Inutile sottolineare che tale scomposizione non permette di stuccare la sopra citata paratia ed ottenere un lavoro pulito in questa zona molto visibile.
Quindi, per prima cosa, ho eliminato il dettaglio interno mediante un trapanino elettrico; ho unito la carlinga e stuccato la base dell’intake (la fessura risultante è molto larga e difficile da raggiungere con carta abrasiva) con il Mr.Surfacer 500 della Gunze. Solo a questo punto ho ricostruito la paratia utilizzando la cornice di un vecchio set di fotoincisioni sagomata a dovere e inserita frontalmente con l’aiuto di una pinzetta sottile.
Di seguito potete vedere la fusoliera completa delle prese d’aria principali. Mentre la prima si unisce senza difficoltà di sorta, le seconde fanno un pò di fatica ad incastrarsi nelle loro sedi perché leggermente sovra-dimensionate.
Per evitare pesanti carteggiatura in zone ricche di pannellature e rivetti, ho preferito limare le air intake lungo i lati evidenziati dalla freccia rossa:
In questo modo i pezzi sono tornati in squadro rispettando quasi alla perfezione il profilo dell’aereo. Le piccole fessure che, inevitabilmente, si creano, le ho riempite con colla ciano acrilica poiché più facile da reincidere una volta asciutta (sulla giunzione, infatti, corre una linea di pannello che va necessariamente ripristinata).
Al termine dell’operazione ho aggiunto quattro supporti (come previsto anche sul velivolo reale) realizzati con delle striscioline di lamina d’ottone.
La scomposizione dello stampo non è felice neanche nella zona della deriva dove, alla sommità, si congiungono le due valve (con la tip stampata in un unico pezzo e solidale alla semi fusoliera di sinistra). Per ottenere un lavoro pulito bisogna stuccare e pareggiare un leggero gradino che si viene a formare; è, quindi, inevitabile perdere il dettaglio di una striscia metallica di rinforzo già stampata sulla plastica.
Alla fine ho preferito rimuovere tutto, stuccare al meglio e ricreare la suddetta strisciolina con del nastro di alluminio adesivo rivettato. Dalla foto capirete meglio:
Per finire, nella parte inferiore del muso (in prossimità dello sfiato dell’aria calda proveniente dal radar) esiste un altro rinforzo della struttura che ho riprodotto incollando un’ulteriore strisciolina di Plasticard.
Ali e pozzetti carrello principale.
Mentre il pozzetto carrello anteriore ha un dettaglio già accettabile in relazione alle sue ridotte dimensioni, i vani dei carrelli principali sono grandi, ben visibili e molto poco dettagliati.
Purtroppo non esiste ancora un set di dettaglio in resina, per cui mi sono arrangiato con un pò di sana autocostruzione utilizzando un pò di tutto! Per le tubazioni idrauliche che corrono lungo i lati, ad esempio, ho optato per della bava da pesca da 0,12 mm che si incolla facilmente con colla ciano acrilica. Ovviamente ho utilizzato anche dei cavetti di rame (provenienti da un cavo elettrico) e di stagno commercializzati dalla Plus Model (utilissimi in questi casi). Le bullonature stampate sul fondo non mi piacevano perché poco definite; le ho eliminate e sostituite con del profilato tondo Evergreen da 0,5 mm tagliato a “fettine” sottili.
Studiando la documentazione in mio possesso ho notato che nella parte inferiore delle ali si notano abbastanza chiaramente delle file ordinate di rivetti. Le ho, ovviamente, aggiunte utilizzando la rivettatrice “Rosie The Riveter” da 0,75 mm di passo.
Eseguendo delle prove di unione delle semi ali, mi sono accorto di un grossolano errore di progettazione; lo spessore della plastica delle parti superiori, infatti, è troppo accentuato e non permette alle inferiori di allinearsi correttamente. Per evitare la formazione di sgradevoli gradini, ho asportato molto materiale dalla parte interna della semi ala superiore utilizzando in taglierino a guisa di una piccola pialla. Il metodo, pur se improvvisato, ha funzionato benissimo!
Qui sotto vedete le ali unite, finalmente, alla fusoliera. Dopo alcuni tentativi di allineamento, sono riuscito a centrare al meglio il complesso alare rispetto alla fusoliera creando solo lievi scalini facilmente eliminabili.
Praticamente ho incollato con ciano acrilica solamente la parte posteriore (e inferiore) delle ali fissando, provvisoriamente, tutta la superficie; successivamente le ho forzate in posizione facendo una lieve pressione dal basso e le ho incollate definitivamente con abbondanti spennellate di Tamiya Extra Thin Cement (Tappo Verde) stese lungo la giunzione superiore. Se questa fase è ben studiata e supportata da numerose prove a secco, vi risparmierete tediose stuccature e, soprattutto, fastidiose reincisioni.
Ultimi dettagli.
E’ questo uno dei passaggi che maggiormente preferisco. Lo studio della documentazione è stato fondamentale per capire quali zone del modello avevano bisogno di qualche intervento.
Una di questa è sicuramente quella relativa alle antenne RWR (Radar Warning) installate sul muso; intorno ad esse, ma solo sulle varianti C7 del Kfir, furono installate delle piastre di rinforzo facilmente individuabili perché di spessore abbastanza accentuato. Le ho ricreate con del nastro d’alluminio adesivo che si conforma sempre molto bene alle superfici, anche quelle più “difficili”. La grossa difficoltà, in questo caso, è stata tagliare con precisione il nastro stesso (soprattutto intorno al bulbo delle antenne), e per far ciò ho usato un bisturi affilatissimo e tanta, tanta, pazienza. Le sbavatura sono state corrette con una leggera mano di Mr. Surfacer grana 1000.
La Kinetic ha inspiegabilmente tralasciato questa vistosa antenna (anch’essa caratteristica dei soli C7) sul muso. L’ho ricostruita, compresa la piastra alla sua base, con Plasticard sagomato.
Vengo ora alla complicatissima disposizione dei tanti air scoop installati sulla superficie inferiori dei Kfir. Devo, purtroppo, far di nuovo presente che le istruzioni Kinetic danno delle indicazioni errate sul loro montaggio; studiando la monografia Isradecal le ho ricollocate nella giusta posizione.
- Le prese d’aria cerchiate in giallo (pezzi D39 e D38 del kit) sono state sostituite da quelle in resina della Quickboost (provenienti dal set 48587 – molto più sottili e meglio riprodotte) e spostate rispetto alla posizione originale (la Kinetic le collocava dietro alle prese d’aria cerchiate in rosso).
- Gli air scoop cerchiati in rosso li ho ricostruiti dopo averli, purtroppo, persi in fase di carteggiatura. Ho utilizzato un rod mezzo tondo da 1 mm.
- Gli air scoop cerchiati in blu, eliminati poiché davvero brutti e già stampati assieme alle superfici inferiori delle ali, sono stati sostituiti dai pezzi D43 del kit. A loro volta, i D43 sono stati rimpiazzati dall’aftermarket della Quickboost.
Ho, inoltre, eliminato e reinciso alcune pannellature (concentrate soprattutto nella zona posteriore al pozzetto carrello anteriore e ai cannoncini) perché quelle già presenti non rispecchiavano la realtà.
Dal set sopra menzionato ho prelevato anche gli air scoop per il raffreddamento del propulsore. Le copie in resina sono un passo in avanti netto in quanto a realismo e fedeltà delle forme, ma vanno trattate con delicatezza poiché molto inclini a rotture accidentali.
Il kit offre la possibilità di posizionare i grandi “flaperon” in posizione abbassata. Eseguendo le solite e provvidenziali prove a secco preventive ho potuto constatare che le superfici di governo sono sottodimensionate in larghezza e, una volta montate assieme, lasciano delle poco realistiche fessure tra l’una e l’altra. Per questo motivo ho deciso di aggiungere uno spessore di circa un millimetro sulla sezione più interna che, nella realtà, aveva anche funzione di trim.
Ai lati del muso, in prossimità dell’abitacolo, trovavano posto due prese statiche per la strumentazione di bordo. Sul kit sono rappresentate, in modo molto semplicistico, da due pannellature circolari. Nella realtà, al contrario, esse non sono a filo con la fusoliera bensì leggermente più all’interno. Per questo motivo, con l’ausilio di una fresetta montata su di un trapanino elettrico, ho aumentato la profondità dell’alloggiamento dando un aspetto maggiormente realistico al tutto (freccia in rosso. In giallo l’apertura del foro in cui andrà installato il sensore AOA – Angolo d’Attacco).
Durante le operazioni di raccordo ho dovuto, mio malgrado, eliminare qualche dettaglio dalla “ventral spine”. Non tutti i mali, però, vengono per nuocere! ho ricostruito le antenne con l’aiuto di una fustellatrice e del Plasticard sottile migliorando notevolmente i dettagli originali da scatola.
Ricontrollando, per l’ennesima volta, la monografia Isradecal, ho osservato come le superfici inferiori dei velivoli sono disseminate di tante piccole cannette di sfogo (in alcuni casi relative al sistema di pressurizzazione del carburante). Per riprodurle ho utilizzato delle sezioni di ago da insulina che ha una sezione ridottissima e perfettamente in scala.
Le luci di posizione alle estremità alari del kit sono, inspiegabilmente, sotto dimensionate. Per questo le ho rimpiazzate con due pezzi di sprue trasparente incollati e sagomati dopo che la colla aveva fatto buona presa. Dopo averli lucidato i nuovi vetrini con pasta carte e paste abrasivi fini, li ho colorati con tinte per vetro semi trasparenti (rosso a sinistra e blu a destra).
Per ultimo ho lasciato il parabrezza. Il pezzo incluso nel kit non è molto preciso in larghezza, ma basterà forzarlo un pochino in posizione esercitando una leggera pressione con le dita della mano su di esso. In questo modo la plastica si allarga quel tanto che basta per far assumere al windshield la giusta dimensione rispetto al proprio alloggiamento. Per il suo incollaggio ho utilizzato della ciano acrilica… ma attenzione! Per evitare che i vapori del collante pregiudichino la trasparenza del vetrino è necessario “trattarlo” con la famosa cera per pavimenti Future.
Carichi esterni e di caduta:
Come detto all’inizio di questo articolo, i piloni sub alari sono stati quasi del tutto sostituiti con quelli del vecchio set di conversione Isracast. Gli unici originali che ho mantenuto sono quelli estremi che comprendono anche la flangia per il movimento dei flaperons.
Prelevati dal kit anche i rail e i missili Python 3 che, già di per loro, sono ben dettagliati. Per impreziosirli ulteriormente ho eliminato l’ogiva in plastica sostituendola con un pezzo di sprue trasparente incollato con ciano acrilica e sagomato a colpi di lima. In questo modo ho simulato con discreto realismo la calotta del sensore Infrarosso.
Gli altri Hard Point forniti dalla scatola non sono granché precisi, in particolare quelli interni “bagnati” (ovvero, su cui possono essere agganciati i serbatoi). Il pilone “centerline” è accettabile ma, già che c’ero, ho preferito sostituire anche quello.
I due piloni in resina sotto le prese d’aria erano ad esclusivo utilizzo per gli ordigni GBU-12B; quelli in resina sono leggermente sovra dimensionati ma, in ogni caso, migliori di quelli in plastica che, al contrario, risultano troppo piccoli e poco dettagliati.
Ed ora, i serbatoi. Ho scelto una configurazione a lunghissimo raggio poco vista, ma comunque documentata nella monografia della Isradecal. Il General Electric J-79 che equipaggiava il Kfir erano un motore che richiedeva molto carburante per cui era raro non vedere i velivoli con almeno un external tank montato. Alla fine ho optato per due serbatoi sub sonici sub alari, più uno supersonico alla centerline station. Quelli forniti da scatola sono completamente sbagliati nelle forme e nelle dimensioni: di fatto inutilizzabili. Anche questa volta ho attinto dal vecchio set della Isracast sostituendo gli originali in plastica con questi in resina:
Ed ecco un confronto:
Verniciatura e invecchiamento.
Nel corso della loro carriera operativa (che, purtroppo, non è stata longeva) i Kfir C7 hanno “vestito” una sola mimetica composta da sabbia, marrone e verde per le superfici superiori, e da un grigio chiaro per quelle inferiori.
Proprio da quest’ultime ha avuto inizio la fase dedicata alla verniciatura; ho utilizzato il Light Ghost Grey F.S. 36375 – Gunze H-308.
Il camouflage a tre toni è stato applicato, come mio solito, utilizzando il Patafix. Di seguito potete vedere le sole foto dell’ultimo colore steso (il verde) per non annoiarvi troppo; il metodo è stato il medesimo per tutti i toni dello schema mimetico.
Le vernici sono state applicate in questo ordine:
- Sand FS 33531 – Gunze H-313. Diluizione 80% – 10 gocce di Retarder. Pressione 0,8 bar.
- Dark Earth FS 30219 – Gunze H-310. Diluizione 70% – 10 gocce di Retarder. Pressione 0,6 bar.
- Green FS 34424 – Tamiya XF-21. Diluizione 70% – 15 gocce di Retarder. Pressione 0,6 bar.
Come avrete notato, tutte le vernici sono state addizionate con del Paint Retarder Tamiya per renderle meno “gessose” e più lisce. Oltre a questo, il ritardante mi ha anche permesso di ottenere delle sfumature più “dolci” tra i vari toni.
Abbandonando temporaneamente il modello, ho rivolto la mia attenzione alla colorazione dei carichi esterni. I serbatoi, ad esempio, avevano le ogive in rosso per segnalare al personale tecnico, con maggiore enfasi, la presenza di elementi sporgenti e potenzialmente pericolosi. Le GBU-12B hanno il corpo centrale in Olive Drab Gunze H-52, ogiva e piani stabilizzatori in H-309. Per la fascia marrone ho utilizzato il Linoleum Deck Brown XF-79 Tamiya. Per quanto riguarda i Python 3, le alette e l’ogiva sono in bianco opaco, mentre il corpo è un mix di 10 gocce di Light Blue Gunze H-323 (10 gocce) schiarito con il Flat White Tamiya (2 gocce) e il Light Ghost Grey H-308 Gunze (5 gocce).
Studiando le decalcomanie, seppur di ottima qualità, sono giunto alla conclusione che l’insegna di reparto dell’Arava Guardian Squadron sarebbe stata troppo complicata da applicare; data la particolare conformazione del velivolo in quella specifica porzione della deriva, la decal non si sarebbe mai conformata a dovere attorno alla bugna del sensore RWR sulla sommità dell’impennaggio. Per questo motivo ho deciso di verniciarla, parzialmente, ricorrendo a delle miscele appositamente ricreate per avvicinare le tinte del giallo e del rosso a quelle usate nella stampa delle decalcomanie. Tutte le vernici sono state aerografate su un fondo in bianco opaco:
- Rosso: 40 gocce di XF-7 Tamiya + 20 gocce di Fluorescent Orange Gunze H-98 + 1 goccia di bianco.
- Giallo: 45 gocce di Giallo XF-3 Tamiya + 2 gocce di Rosso XF-7 + 10 gocce di bianco.
Il cono di chiusura del vano aerofreno, posto sotto la deriva, è stato verniciato in White Alluminium Alclad.
La fase relativa all’invecchiamento (anche se le foto a mia disposizione ritraggono sempre i velivoli in buone condizioni e con colorazioni mai scolorite o troppo “cotte” dal sole) ha preso il via dalle superfici inferiori stendendo un velo leggero di Extra Dark Sea Grey Tamiya estremamente diluito. Il colore scuro mi è servito per simulare una patina di sporco sul grigio chiaro della mimetica. A seguire, ho schiarito il 36375 (Gunze H-308) con qualche goccia di bianco e l’ho passato a “spot” (quindi con movimenti veloci e irregolari dell’aerografo) al centro dei pannelli (in particolare) e in altre zone.
Sulle superfici superiori ho eseguito il Post-Shading direttamente sulla mimetica, schiarendo i toni di base, anche in questo caso, con qualche goccia di bianco opaco. I colori sono stati diluiti, in pratica, al 90% e il compressore settato ad una pressione di 0,5 bar durante tutto il procedimento.
Allo scopo di preparare il modello ai lavaggi ad olio, ho steso su tutto un paio di mani molto diluite di Clear X-22 della Tamiya. Per i washing sono partito dal Bruno Van Dyck e dal Terra di Siena Bruciata ad olio della Maimeri per i colori sabbia e marrone; a queste tinte ho aggiunto un pò di Nero d’Avorio della stessa ditta sopra citata in modo da creare un colore quasi tono su tono rispetto alle tonalità di base della mimetica IAF. Questa scelta mi è stata, praticamente, imposta dall’eccessiva profondità e larghezza delle pannellature: se avessi creato dei lavaggi scuri avrebbero messo eccessivamente in risalto le incisioni dando un effetto finale troppo “pesante” al mio Kfir in scala.
Per quanto riguarda il verde e il grigio delle superfici inferiori ho optato per un grigio medio non troppo scuro (ricreato mixando una nocciolina di Bianco di Marte a cui ho aggiunto la punta di uno stuzzicadenti “sporcata” di Nero D’Avorio).
Decalcomanie e ultimi dettagli:
Altre due/tre mani di trasparente acrilico Tamiya hanno definitivamente preparato il mio modello per ricevere le decal. Le Kinetic sono davvero belle: stampate dalla nostrana Cartograf sotto la supervisione della Isradecal, sono sottili, lucide, perfettamente in registro e con il film ridotto al minimo. I colori sono saturi, il potere adesivo soddisfacente e reagiscono egregiamente ai liquidi emollienti della Microscale (Set e Sol).
Ho deciso di non riprodurre uno degli esemplari proposti, bensì il velivolo raffigurato nel retro copertina della monografia Isradecal che è anche ben documentato all’interno. Per farlo ho attinto dal foglio aftermarket della casa israeliana (IAF-52) prelevando i codici individuali per formare la cifra “565” e le lettere in ebraico del nome dato all’aereo “Ra’am” (tutti i Kfir C7 avevano un nome proprio. Nel mio caso “Tuono”). A proposito di monografia, scartabellandola ancora una volta mi sono reso conto di un errore nella foggia dei numeri ripetuto, purtroppo, sia nel set Isradecal, sia nelle decal Kinetic. Nella foto seguente vedete, evidenziato dalle frecce, un taglio netto del numero “5” nel punto indicato. Originariamente questo “taglio” non era, ovviamente, previsto e ho dovuto asportare un piccolo triangolino aiutandomi con un bisturi affilatissimo.
Dalle foto dei velivoli originali non è semplice notare questo dettaglio… aguzzate la vista!
A posa completata, un ulteriore strato di Tamiya Clear ha sigillato le insegne e livellato il loro spessore.
Proseguendo oltre, ho completato lo scarico Aires 4591. I petali esterni e interni sono stati verniciati in Steel Alclad (successivamente sottoposti ad un lavaggio in Bruno Van Dick, a un dry brush in alluminio opaco e al trattamento con le polveri del Weathering Set D Tamiya), mentre il condotto in verde (per simulare l’ossido caratteristico dei metalli) ottenuto mixando queste vernici:
- 2 gocce di Escorpena Green (Vallejo Game Color 72032).
- 4 gocce di Green Zinc (Vallejo Air 71094)
- 1 goccia di Silver Grey (Vallejo Model Color 70883).
Ho tagliato la gamba del carrello anteriore in corrispondenza dello snodo, ne ho forato l’interno e ho rinforzato la struttura inserendovi un tondino di ottone. Dalle foto in mio possesso ho notato che, spesse volte, i velivoli venivano spostati e i ruotini lasciati in posizione sbandata. Un tocco di movimento in più al modello che non guasta mai!
Ovviamente sia le gambe di forza posteriori, sia quelle anteriori sono state dettagliate con cavetti di stagno della Plus Model per simulare i vari condotti idraulici e i fili elettrici.
Sempre controllando la documentazione, mi sono accorto che alcune volte i cerchioni dei Kfir (in particolare i C7) avevano delle scritte in ebraico fatte a pennello dagli specialisti. E allora perché non riprodurle?
Armato di Tratto Pen rosso ho cercato di ricrearle; non sono affatto precise ma rendono abbastanza bene l’idea.
Le ruote originali in plastica (con battistrada liscio) le ho sostituite con delle copie in resina della Wingman che, fedelmente, riproducono gli pneumatici con scolpitura.
Il pitot e l’indicatore dell’angolo d’attacco provengono dal set 48077 della Master in ottone tornito. Ne consiglio vivamente l’acquisto perché l’accessorio è bellissimo ed economico al tempo stesso.
Le varie antenne disseminate sulla gobba e sul muso del mio modello le ho prese dal set 48577 della Quickboost. L’unica eccezione è stata la grande antenna a lama montata sul portellone del pozzetto carrello anteriore, che era caratteristica dei soli Kfir C7; controllando nel mio magazzino pezzi ho trovato quello che faceva al mio caso utilizzandone una di un F/A-18 Hasegawa.
L’interno dei frames del canopy era totalmente spoglio. Di mia iniziativa ho aggiunto i due specchietti retrovisori dal set 48409 della Eduard, e una piccola maniglia ottenuta sagomando un filo di rame.
A concludere definitivamente i lavori è stata una abbondante mano di trasparente opaco H-20 della Gunze che ha donato al modello anche la giusta finitura finale.
Conclusioni.
Era da tanto che aspettavo questo kit. Lo stampo Kinetic, in definitiva, è divertente e abbastanza preciso negli incastri; i dettagli sono un po’ troppo poveri per la scala del quarto di pollice ma, con qualche dovuta miglioria, si riesce ad ottenere un’ottima riproduzione di questo bellissimo caccia bombardiere israeliano!
Per quanto mi riguarda questo kit mi ha talmente soddisfatto che ne ho presti bel altri quattro (per tutte le versioni). Mi sento, quindi, di consigliarlo a tutti!
Buon modellismo!
Valerio – Starfighter84 – D’Amadio.
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Ti rinnovo i complimenti per questo ultimo “nato”. La tua passione per questo affascinante velivolo traspare tutta anche in questo bell’articolo.
Semplicemente straordinario, il tuo lavoro. Complimenti
Lo Kfir mi è sempre piaciuto da impazzire, ho il modello Kinetic ed anche quel vecchio “catenaccio” ex Esci. Per il lavoro di Starfighter84 non trovo un superlativo assoluto adatto, posso solo dire: ” Pura libidine per gli occhi.”