mercoledì, Luglio 9, 2025
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Il Federal Standard Color 595b.

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Il Federal Standard Color 595b nasce poco prima dello scoppio del Secondo conflitto mondiale, assieme alla necessità del governo di uniformare sotto un’unica catalogazione ogni tipo di colore in uso sui mezzi bellici in quel periodo. Fu così che a ciascuna tinta venne assegnato un numero di riferimento preciso ed inequivocabile, e tutte le colorazioni furono riunite in speciali mazzette che contenevano 611 codici (corrispondenti a varie sfumature e gradazioni di ben 357 colori) suddivisi in striscette (tecnicamente definite chip) verniciate con il colore stesso in modo da avere un riscontro visivo immediato. Del Federal Standard ne esistono due versioni: la A, che non è più in uso dal 1989, e la B utilizzata tutt’ora non solo come orientamento per le vernici militari, ma oramai diffusa anche per gli usi civili. Per dovere di cronaca aggiungo che anche in altri paesi furono sviluppati dei sistemi di indicizzazione analoghi, e la Germania ne iniziò l’utilizzo ancora prima, nel 1914, quando introdusse il RAL. Ancora oggi si può notare sulle boccette di alcuni pigmenti da modellismo che i numeri identificativi delle tinte usate su aeri tedeschi sono riportate in RAL. Detto questo vi starete sicuramente chiedendo cosa c’entri tutto ciò con il mondo del modellismo. Mi duole purtroppo affermare che l’F.S.595b è uno degli strumenti fondamentali che un appassionato deve conoscere, proprio perché anche le nostre semplici vernici usano come riferimento proprio il sistema di classificazione americano. Quindi, per prima cosa, si dovrà imparare a leggere correttamente i codici e sapere a quali tinte essi corrispondono:

Ogni Reference Number è costituito da cinque cifre, e nel nostro caso prenderemo come esempio il 35526.

Il primo numero indica sempre la brillantezza del colore, divisa in tre livelli:
• 1 = Lucido o Gloss
• 2 = Semilucido o Semigloss
• 3 = Opaco o Matt

Il secondo numero è identificativo di un gruppo più ampio a cui appartiene il colore:
• 0 = Marrone o Brown
• 1 = Rosso o Red
• 2 = Arancio o Orange
• 3 = Giallo o Yellow
• 4 = Verde o Green
• 5 = Blu o Blue
• 6 = Grigio o Grey
• 7 = Altro (white, black, violet, metallic)
• 8 = Fluorescente

Le restanti tre cifre combinate tra loro, indicano l’intensità: più basso sarà il valore più scuro sarà il colore, viceversa, più alto sarà il valore più chiara sarà la tinta. Quindi, leggendo il Reference Number preso come esempio in questo articolo si può capire come il colore in questione sia un Blu opaco chiaro.
Sfogliando i chips noterete inoltre che le sigle non sono tutte sequenziali, questo perché sono stati previsti dei gap per aggiungere dei nuovi colori postumi. Si può dire anche che non sempre di un medesimo colore esiste la versione lucida, opaca o semilucida, magari perché nell’uso operativo reale la finitura, per esempio, lucida non è prevista. Fatta questa dovuta premessa, forse avete già intuito perché il Federal Standard provoca tanti mal di testa e genera tante polemiche tra i modellisti di tutto il mondo! Molto spesso vi troverete ad aprire il vostro barattolino di vernice e accostandolo al chip corrispondente sul Federal Standard scoprirete che la tinta non è propriamente fedele; Può anche capitare che le gradazioni del medesimo colore variano da una ditta produttrice ad un’altra, e che magari il colore concentrato da un effetto, mentre un altro diluito e steso sul modello ne fornisce un altro. Un altro inconveniente a cui erano soggetti i modellisti più anziani derivava dal fatto che il F.S. catalogava ovviamente solo le tinte dei velivoli USA o dei paesi ad esso amici, quindi chiunque voleva riprodurre un aereo od un mezzo tedesco non trovava il riferimento esatto bensì solo quello più somigliante. Questo costringeva il più delle volte a dover mischiare i colori per raggiungere il risultato più realistico. Oggi fortunatamente questi problemi non esistono (quasi) più grazie alla vastità di prodotti a nostra disposizione, e sempre più facilmente le ditte mettono in commercio delle gamme di colorazioni specifiche per velivoli tedeschi piuttosto che inglesi. Per finire, dotatevi sin da subito di una mazzetta F.S. (anche se il costo si aggira intorno ad i 40 €, vi assicuro che la spesa vi toglierà spesso da notevoli impacci), e delle tante tabelle per individuare facilmente le corrispondenze tra i colori delle varie case produttrici; per fortuna quest’ultime si reperiscono anche gratuitamente!

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Giunti a questo punto si possono trarre delle conclusioni su questo argomento, e mi sento di dare qualche consiglio utile dettato anche dal mio modo di vedere il modellismo: sull’annosa questione del F.S. non si finirà mai di discutere, è una di quelle cose che quasi tengono in piedi quest’hobby! Giudicare se un modello è verniciato bene è relativamente semplice… ben più difficile è giudicare se esso è verniciato con i colori esatti.

Ciao, alla prossima. Starfighter84.

Vi segnalo un pò di siti utili:
http://ipmsstockholm.org/colorcharts/stuff_eng_colorcharts_fs.htm .
http://www.colorserver.net/.
http://www.ttfxmedia.com/vallejo/cgi-bin/_modelis_info.asp?p1=ing&p2=modelair .
http://www.ipmsitaly.com/colregia.html .
http://www.seatejectcolor.com/seat/colorazioni/fs595.htm .

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Samolot Misliwsko-Sturmowy Lim-6 Bis – Dal Kit Vacuform Broplan in scala 1/72

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Prodotto in Polonia su licenza dalla fine anni ‘50, il Licencyjni Misliwiec Lim-6 Bis fu l’ultimo di una lunga serie di velivoli strettamente derivati dal Mig-15 “Fagot” e dal Mig-17 “Fresco” sovietici. La dinastia “Lim” ebbe inizio nel Maggio del 1951, quando l’Aeronautica Polacca cominciò ad avvertire il bisogno di sostituire i vecchi ed oramai obsoleti Yak-17 e Yak-23. A differenza di molti altri paesi appartenenti al Patto di Varsavia, la Polonia poteva vantare un certa tradizione aeronautica industriale che gli potesse permettere di conseguire una capacità produttiva autonoma, o comunque meno legata a quella dell’ex URSS. Per questo nel Marzo del ’51, il governo di Varsavia riuscì ad ottenere da Mosca la licenza di produrre un velivolo direttamente in madrepatria. Nel maggio dello stesso anno entrò in possesso dei piani costruttivi del Mig-15, che tanta bella figura aveva fatto nella guerra di Corea, assieme ad un velivolo reale. La produzione in serie dell’aereo fu affidata alla ricostituita WSK (Wytwòrnia Sprzetu Komunikacyjnego, fabbrica di mezzi di comunicazione) di Mielec. Dal 1953 cominciarono ufficialmente le consegne ai reparti dei 227 Licencyjny Misliwiec (caccia su licenza) Lim-1. In seguito furono elaborate altre macchine simili alla precedente, come il Lim-2 o l’Sb Lim-2 che operarono attivamente fino all’avvento del Lim-5 di cui era stata già avviata la produzione, nel 1959, sulle catene di montaggio della WSK. Il Lim-5 era la copia del Mig-17 F dotato del reattore Klimov VK-1F da 3.380 Kg/s con postbruciatore, costruito dalla stessa WSK sotto la sigla di Lis-5. Il 28 novembre 1956 uscì il nuovo aeromobile, e l’8 aprile 1957 iniziarono i primi collaudi e voli officina per testare la cellula. Dopo un intenso ciclo di prove, il Lim-5 fu giudicato idoneo e pronto per equipaggiare tutte le unità da caccia polacche. Alla fine degli anni ’50, la NATO bandì un concorso, da cui scaturì anche il Fiat G- 91, per la creazione di un caccia bombardiere leggero e da appoggio tattico. Per fronteggiare l’entrata in linea di volo del nuovo aereo occidentale, lo Stato Maggiore Polacco fu costretto a adeguarsi ai nuovi parametri e, allo scopo incaricò le solite officine Mielec di progettare un moderno aeroplano. Di tutta risposta la WSK elaborò il Lim-5 CM (in seguito la lettera C fu omessa), provvisto di doppio pneumatico per le operazioni da terreni semi preparati, e una superficie alare completamente differente da quella delle precedenti versioni. Proprio il nuovo disegno dell’ala comportò diversi problemi aerodinamici e di stabilità che poi furono definitivamente risolti con il Lim-6. Praticamente identico al suo predecessore, esso introduceva alcune novità di rilievo tra cui: l’installazione di un vano alla base della deriva per l’alloggiamento di un paracadute freno e l’aggiunta di due piloni subalari in grado di supportare due lanciarazzi FFAR Mars-2 per 16 ordigni non guidati S-5 da 57mm o due bombe convenzionali da 50 Kg. La produzione del caccia bombardiere si aggirò attorno alla quaranta unità, di cui la maggior parte nel 1963 furono modificate nella versione Bis. Il Lim-6 Bis terminò la sua vita operativa e fu ritirato dal servizio nel 1989 ponendo fine ad una lunga e gloriosa carriera.

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Modellisticamente parlando, il Lim-6 rimane un soggetto quasi sconosciuto da parte delle ditte del settore, che preferiscono immettere sul mercato scatole riguardanti il più famoso e blasonato Mig-17. Volendo riprodurre la sua copia polacca, la scelta non può che ricadere sul kit della Broplan che ogni volta ci stupisce con le sue riproduzioni sempre più interessanti ed insolite. Lo stampo, prodotto in Vacuform, si compone di circa 63 parti, ripartite in due lastre di plastica bianca più una trasparente per l’unico vetrino, anch’esso in vacuform. Buona la qualità della realizzazione, che non presenta eccessive sbavature, con un discreto dettaglio di superficie, anche se con qualche incertezza e imprecisione di troppo. Prima di iniziare il vero e proprio montaggio, ho delicatamente separato i pezzi dal master principale aiutandoci con un taglierino dalla lama molto affilata e, successivamente, li ho rifiniti e limati per dar loro le giuste dimensioni. Durante queste operazioni si dovrà fare molta attenzione al distacco delle due semi-fusoliere data la loro propensione alla rottura, come da me tristemente sperimentato. La prima fase della costruzione, come di consueto, è stata dedicata alla zona abitacolo, che purtroppo risulta alquanto spoglia. Infatti, sono forniti solo il cruscotto, un’inutilizzabile cloche, due consolle laterali, il pavimento, una paratia divisoria e quello che sembra essere un seggiolino. Il tutto, purtroppo, è da scartare senza alcuna esitazione. Per superare questo primo imprevisto, ho optato per la totale autocostruzione del cockpit, unica soluzione attuabile vista l’assenza di fotoincisioni o set di dettaglio in resina. A questo scopo, ho ricostruito il pavimento della cabina servendomi di un quadratino di Plasticard da 0,2 mm opportunamente sagomato e portato alle dimensioni di 17 mm di larghezza. Dopo averlo saldamente incollato con colla cianoacrilica ad una delle semi-fusoliere, si è aggiunta la paratia posteriore, fornita dal kit, e due nuove laterali di larghezza 8mm e lunghezza 17, riprodotte con il solito Plasticard da 0,2mm. Completata la vasca ho sistemato il cruscotto, le due consolles laterali, rifatte con quattro pezzi di profilato quadrato Evergreen da1,5 mm incollate assieme, e le pedaliere ottenute tagliando due rettangolini d’ottone. Stesso discorso per il seggiolino del pilota. Sfortunatamente anch’esso dovrà essere ricostruito cannibalizzandone uno di un vecchio F-16, cui sarà asportato il poggiatesta, che sarà ricostruito con del Milliput e modellato quando la pasta è ancora fresca, e aggiunte le solite cinture di sicurezza create mediante scotch da carrozzieri. Prima di essere definitivamente fissato, numerose prove e secco mi hanno permesso di controllarne l’esatto allineamento e l’altezza rispetto al vetrino, correggendo così eventuali imprecisioni. La barra di comando è stata prelevata dal nostro magazzino pezzi. Dalle foto in mio possesso ho riscontrato che il cockpit era verniciato in Medium Grey (F.S.35237) ad eccezione delle consolles, del cruscotto, delle pedaliere, del poggiatesta e della impugnatura della cloche in Flat Black, delle cinture in Tan con le relative fibbie in Natural Metal e del cuscino del seggiolino in Olive Drab. Vari particolari in rosso e in giallo hanno dato il tocco finale all’insieme. La strumentazione di bordo è stata riprodotta con delle decalcomanie prelevate da un Mig-17 e le varie leve, come la manetta, ricavate con dello Sprue tirato a caldo. Prima di chiudere le due semifusoliere, ho preferito rinforzare la debole struttura inserendo dei tondini di Plasticard dallo spessore di 0,5 mm di varie misure fissati all’interno con qualche goccia di collante epossidico, appesantito il muso con buoni 20 grammi in piombini da pesca e aggiunto lo scarico del reattore. L’unione tra questi pezzi risulta particolarmente difficoltosa data la totale assenza dei perni di riscontro. Suggerisco ai lettori di non prendere come riferimento le pannellature, il più delle volte imprecise, per non incorrere in errori d’allineamento.

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Conclusa questa fase si passa al montaggio delle ali, scomposte in quattro pezzi. L’assemblaggio delle stesse, non presenta inconvenienti di sorta, ma si dovrà operare comunque sui pozzetti carrello ricostruendo le paratie e correggendone la profondità. La modifica è stata effettuata tagliando delle striscioline di Plasticard da 0,1 mm ed applicate sulla parte interna delle semiali superiori, in sostituzione di quelle esistenti, portandole poi alle giuste dimensioni con energici colpi di lima. Per permettere invece l’esatto incastro tra ali e fusoliera, ho operato in questa maniera: dopo aver aperto due asole sulle semifusoliere, prendendo come riferimento il segno di riscontro già presente, si sono autocostruiti i supporti sulle ali, che saranno utilizzati, sia per consentire l’esatto posizionamento delle stesse sia per rendere più resistente l’intera struttura. Le dimensioni dei due supporti sono 35 mm di lunghezza per 5 di larghezza, che dovranno essere incollati partendo dal bordo d’uscita alare, in modo da lasciare lo spazio interno per consentire l’inserimento dell’abitacolo (dalle foto si intuisce molto più facilmente le operazioni eseguite). Giunti a questo punto della lavorazione ho unito tutte le parti, compresi i piani di coda precedentemente assemblati, ricorrendo allo stucco lungo le varie giunzioni,  ed impiegando, dove necessario, dei piccoli pezzi di Plasticard per riempire i vuoti. Attenzione a non esercitare un grande pressione sulla plastica durante la carteggiatura, per non provocare spiacevoli rotture e non preoccupatevi di mascherare le zone per evitare il deterioramento delle pannellature. Le stesse andranno infatti successivamente reincise, aggiungendo quelle inesistenti, usando l’ottima punta della Dragon, le dime Verlinden e una buona dose di pazienza. All’uopo la documentazione in possesso fornirà un ottimo aiuto.

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L’ultimo problema da risolvere prima della verniciatura, riguarda la caratteristica presa d’aria. Purtroppo la sua forma è completamente errata e l’unica correzione possibile è la sua totale asportazione. Per riportarla alle condizioni originali, ho unito quattro tondini da 1mm. circa fissandoli alla fusoliera e modellandoli per adattarli alle forme del velivolo. Successivamente, con un trapanino, abbiamo forato il terminale portando lo spessore della sezione ad 1mm. Anche in questo caso l’uso del mastice Molak è stato obbligato per perfezionare il lavoro. Sopra la stessa è stata aggiunta, con del Milliput, la piccola bugna e con lo stesso procedimento sono state ricreate quelle sul ventre per l’espulsione dei bossoli e con una susseguente leggera carteggiatura si è provveduto alla loro rifinitura. La pinna ventrale è stata rifatta con il buon vecchio Plasticard poiché quella originale risultava troppo sottile. Il successivo intervento ha riguardato i piloni sub alari, cui è toccata la stessa sorte della pinna stabilizzatrice, e una volta posizionati e ritoccati, sono stati completati con l’aggiunta dei tiranti interni in sprue filato a caldo. Per quanto concerne le gondole delle mitragliatrici e del cannone N-37 D da 37 mm., scartate quelle presenti, ne ho montate alcune trovate nel nostro inesauribile magazzino pezzi appartenenti ad un vecchio kit di un Mig-15. Le canne sono state realizzate con dei tubicini d’ottone di vario diametro lavorate con la mola di un trapano elettrico. Giunti a questo punto, ho incontrato l’ennesima difficoltà lungo la costruzione del nostro modello: i carrelli e le relative gambe di forza. Tanto per cambiare, le parti presenti nelle stampate sono pressoché inutilizzabili poiché scomposte in due parti. Non ho nemmeno provato ad unirle assieme sapendo già che il risultato finale non sarebbe stato dei migliori, ma soprattutto antiestetico. Ad accorrere in nostro aiuto è arrivato il predetto Mig-15 da cui ho prontamente prelevato tutto il necessario. Ai pezzi “rubati” si sono aggiunti i martinetti idraulici dell’ammortizzatore, in ottone, e alcune condutture idrauliche che contribuiscono a particolareggiare ulteriormente la realizzazione. Prima di incollare sulla sue sede il vetrino, ho aggiunto un piccolo specchietto retrovisore sul montante principale, inserito il collimatore, in acetato, sulla palpebra del cruscotto ed eliminato gli eccessi di plastica trasparente con un particolare occhio di riguardo a non deteriorarne la già scarsa trasparenza. Una volta fissato e carteggiato con cura onde evitare distacchi, è stato sottoposto ad una lucidatura con la pasta abrasiva della Bare Metal per eliminare ogni residuo di sporco. A questo punto il mio Lim-6 è finalmente pronto per la verniciatura, basterà solamente completarlo con i due tubi di pitot, le luci di posizione e le alette anti scorrimento alla radice dell’ala.

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Non posso non comunicarvi qualche notizia in più sulla esatta mimetizzazione dei Lim-6 polacchi. Nel corso degli anni ’60, i velivoli dell’Europa dell’est erano generalmente in Natural Metal. Questa era la tendenza delle nazioni satelliti alla C.C.C.P.; tuttavia dagli anni ’70, nella maggior parte dei paesi equipaggiati con il Mig-17 o macchine affini, si cominciarono ad impiegare delle mimetiche ben precise. La Polskie Wojska Lotnicze fece verniciare i propri aerei secondo due schemi: il primo con superfici latero superiori a bande orizzontali di Dark Green\ Green o Tan\ Dark Green, mentre la seconda a tre colori in Dark Green\ Dark Tan\ Dark Gull Grey. In entrambi i casi le superfici inferiori erano in Blue (F.S.35622). Io ho optato per la seconda opzione riportando la mimetizzazione con l’aeropenna a mano libera sfumando tutti i contorni. Dalla documentazione, ho potuto osservare che il grado di usura degli aerei non era particolarmente elevato e solo qualche piccola scrostatura della vernice  si riscontrava sulle superfici mobili di comando e sui vari pannelli di manutenzione. Per questo mo sono limitato ad evidenziare gli stessi con dei colori ad olio molto diluiti e stesi con un pennello dalla punta piatta e setole morbide, nonché a ricreare le parti dove la vernice è saltata con della pasta di alluminio SNJ. Una mano di trasparente lucido ha preparato il fondo per le decals, e proprio la questione delle decalcomanie è forse quella più fastidiosa. La Broplan, sfortunatamente, non commercializza alcun tipo di insegne, e l’unico modo per decorare il modello è quella di creare degli stencils in cartoncino o di fabbricarle in casa, come da me eseguito. Il procedimento è relativamente semplice, infatti è sufficiente acquistare un foglio di film, possibilmente opaco, su cui mediante un Tratto-Pen rosso delineeremo i contorni dei codici individuali. Per fissare meglio la vernice e non farla sciogliere a contatto con l’acqua, ho passato sulla superficie lo stesso trasparente precedentemente usato. Il carattere è quello classico degli aeromobili russi, con angoli squadrati ed il loro colore è completamente in Insigna Red ma alcuni esemplari presentavano i numeri bordati con una sottile strisciolina di Insigna White. Le coccarde di nazionalità, collocate in sei posizioni, sono facilmente reperibili.

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Il Lim-6 da me realizzato (Factory Number 1J 04-18) presentava il numero 418 in fusoliera sotto l’abitacolo, ed era praticamente spoglio di stencils di controllo. Un ulteriore mano di finitura opaca, ha dato l’ultimo tocco alla mia realizzazione. Dopo aver rimosso le varie mascherature, si sono verniciate le canne delle armi e lo scarico in Bare Metal Metalizer, e dopo essere stato adeguatamente lucidato lo abbiamo raffinato con un leggero Dry Brushing in Alluminium. Nella medesimo tono anche il terminale dei pitot. Le luci di posizione, verde a sinistra e rossa a destra, sono state dipinte con colori per il vetro. In conclusione ho aggiunto i carrelli con i portelloni l’antenna a lama dietro il cockpit, le antenne radio dielettriche sulla pancia e la piccola sonda sul lato destro realizzata con del plastirod 0.01 mm. Le mie fatiche si sono concluse riponendo il modello in vetrina prendendomi un più che meritato riposo. Un particolare ringraziamento va al signor Janusz Brozek per il grande aiuto fornito, per il materiale inviatomi e per la sua continua e preziosa collaborazione con la nostra redazione.

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Bibliografia: Piotr Butowski, Waclaw Holis- Samolot Misliwsko Sturmowy- edizioni Typy Broni i Uzbrojenia n.117. Aerei Modellismo n.11 Novembre 1992 e n. 1 Gennaio 1984. Rivista Aeronautica n. 3 Maggio- Giugno 1991.

Colore

F.S. 595a

Humbrol

Molak

Testors

Gunze

Medium Grey

35237

145

35237

1721

H 337

Olive Drab

34088

34087

155

1711

H52

Dark Green

34079

116

34079

1710

H 73

Dark Tan

30219

118

30219

1742

H 310

Dark Gull G.

36231

146

36231 F

1740

H 317

Blue

35622

122*

35622

1722

H 314

Insigna Red

11136

153

5

1705

H 327

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Le vernici.

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Le vernici sono uno degli elementi fondamentali nel nostro hobby. Su di esse infatti si dovrebbero concentrare le maggiori attenzioni di un modellista, poiché è proprio grazie a loro che si può decretare il successo di un modello. Le vernici modellistiche sono sostanze sintetiche a base di solventi che non attaccano la plastica, normalmente commercializzate in vasetti di vetro contenenti in media 10-18 ml di prodotto. Diciamo pure che il rapporto quantità/prezzo dei pigmenti non è di certo esaltante, per questo si deve porre una certa cura nel conservarli: in particolare si dovrà evitare di tenere i barattolini in un luogo troppo caldo, chiuderli bene assicurandosi di pulire i bordi con un po’ di carta allo scopo di eliminare la vernice che essiccandosi potrebbe bloccare il tappo, ed infine aggiungere di tanto in tanto qualche goccia dell’apposito diluente per rallentare il normale processo di essiccamento. Numerose sono le ditte produttrici di pigmenti modellistici, e fortunatamente negli ultimi anni le gamme a nostra disposizioni sono notevolmente aumentate limitando al minimo l’esigenza di mescolare le varie tinte per raggiungere la tonalità più esatta. Esse si dividono in due grandi famiglie: gli smalti e gli acrilici.

Gli smalti: queste vernici sono caratterizzate da un costo contenuto, da una notevole semplicità di impiego (adatte soprattutto ai modellisti meno esperti) e da una lunga durata nel tempo. Note negative risiedono nel cattivo odore che rilasciano e nella non esaltante finezza che tende a nascondere numerosi particolari. Questo difetto si accentua poi quando la vernice è stesa con l’utilizzo del pennello piuttosto che del fondamentale aerografo. Tra le ditte produttrici di smalti ricordo la Molak e la Humbrol, vere e proprie decane del nostro hobby! Con le loro vernici si sono fatti le ossa migliaia di modellsti, anche perché sono facilmente reperibili un po’ ovunque, persino nelle cartolerie. Più moderni invece i Model Master, molto più fini e fedeli, e gli Xtracolor le cui tinte sono soggette ad attenti studi storici per raggiungere la massima fedeltà nella resa.

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Gli acrilici: le tinte acriliche hanno un prezzo di acquisto molto superiore, ma l’estrema finezza dello strato finale unito ad un odore di gran lunga più sopportabile, le fanno preferire agli smalti. Anche se queste risultano meno aggressive all’olfatto, recenti studi hanno evidenziato come anch’esse contengano delle sostanze che una volta inalate tendono a permanere nei polmoni avendo un effetto potenzialmente cancerogeno: è per questo che consiglio sempre l’utilizzo di una mascherina per proteggere le vie respiratorie e di operare in un luogo ben aerato come già detto nel precedente post “Modellismo e Salute”. Inoltre gli acrilici non necessitano di uno specifico diluente, e possono essere “allungati” con dell’acqua (meglio se distillata) o dell’alcool etilico, quello utilizzato per i liquori; sconsiglio invece l’uso del comune alcool rosso (potrebbe alterare la tinta del colore) relegando il suo uso come solvente per la pulizia dei pennelli o degli aerografi data la sua convenienza. Tra le marche che producono queste vernici ricordo la Gunze-Sangyo, la Tamya, la Life Color e la Mister Kit.

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Fatta questa breve ma fondamentale distinzione, si può dire che dopo la stesura ogni tipo di colore necessita di almeno 10 ore per la sua completa essiccazione. Il modellista poco paziente, che non sa aspettare il giusto momento per maneggiare il modello verniciato potrebbe lasciare delle antiestetiche “ditate” sulla superficie, oppure rigarla o alterarne la stesura. Per lo stesso motivo si dovrà attendere prima di passare un ulteriore mano di colore, pena la non perfetta adesione della stessa con la presenza di bolle o effetti buccia d’arancia. Per entrambe le famiglie di vernici esistono poi delle finiture lucide, semi-lucide od opache. Il mio consiglio è quello di usare pigmentazioni lucide per le superfici esterne allo scopo di favorire l’adesione delle successive decalcomanie, anche se per quest’ultime i tempi di lavorazione si allungano, arrivando ad attendere anche 12-14 ore prima che il modello sia lavorabile. Per un buon risultato è inoltre indispensabile preparare un strato di fondo su cui la vernice possa aggrapparsi: purtroppo per queste operazioni l’uso dell’aerografo è  vivamente consigliato poiché la vernice viene stesa uniformemente e senza grumi. Ai modellisti neofiti è comunque propedeutico l’uso del buon vecchio pennello, ed anche se con qualche limitazione è possibile raggiungere dei risultati soddisfacenti, basta seguire le nove regole che vado ad elencare.

  • Usare dei buoni pennelli, per un buon pennello non si spenderà mai troppo!
  • Mescolare bene i colori prima dell’utilizzo, agitando la confezione a lungo.
  • Non utilizzare mai colori troppo densi e non stendere mai una mano di colore più liquida su una più densa: quest’ultima potrebbe screpolarsi e staccarsi progressivamente.
  • Applicare prima colori chiari, poi colori scuri.
  • Verniciare tenendo il braccio su un piano di lavoro ed impugnare il pennello non troppo lontano dalle setole.
  • Nel realizzare le mimetiche, disegnare le chiazze sopra la vernice di fondo con una matita morbida.
  • Se occorre mascherare le zone dove non deve essere passato il colore, far aderire il nastro un paio di volte sul dorso della mano limitarne il potere adesivo: pena il possibile distacco dello strato di vernice sottostante.
  • Non dipingere mai contro, ma sempre lungo il bordo del nastro adesivo per evitare che si formino gradini di vernice.
  • Non esagerare nella quantità di colore. E’ preferibile stendere più mani per raggiungere il risultato voluto piuttosto che passare molto colore che lascia vedere segni delle pennellate.

Ben inteso che questo piccolo vademecum non deve essere rispettato alla lettera, ma va preso come linea guida per non incappare nei classici errori dei principianti. Con l’allenamento ogni modellista acquisisce un certa cognizione di causa divenendo sempre più padrone della tecnica adattandosi poi ad ogni tipo di situazione. Nel prossimo post parlerò del Federal Standard Color, cioè le tabelle di riferimento mondiali relative alle tinte in uso nelle varie aeronautiche. Ciao e buon modellismo! Starfighter.

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La Documentazione

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Se il modello è fatto bene, deve venirti voglia di salire su e accendere il motore! Questa leggendaria citazione fatta da chissà quale modellista già compare sulle pagine del nostro blog, ma la ripeto volentieri poiché racchiude in sé tutte virtù del nostro hobby. Nessun modellista che si rispetti dovrebbe intraprendere la costruzione di un kit senza avere l’obiettivo di raggiungere la massima fedeltà di riproduzione. Dopo questa premessa può apparire più chiaro il ruolo fondamentale che ricopre la documentazione bibliografica di un aereo; Dalle foto, dai disegni, dagli spaccati e dalle referenze storiche è possibile attingere una montagna d’informazioni importanti, come ad esempio gli andamenti degli schemi mimetici oppure i dettagli presenti in una cabina di pilotaggio e molto altro ancora. Prima di pensare all’acquisto di una scatola di montaggio, il modellista dovrebbe preventivamente analizzare la quantità di documentazione che ha sul suo conto: oserei quasi dire che è la documentazione stessa che condiziona l’acquisto del kit! Di norma è bene non fidarsi ciecamente delle istruzioni presenti nelle scatole, poiché spesso le ditte produttrici non conducono ricerche approfondite e a volte finiscono col fornire stemmi o codici errati, o consigliano di utilizzare colori non propriamente fedeli o addirittura prodotti dalla loro stessa marca. Per lo stesso motivo i modelli presentano solerte delle imprecisioni più o meno gravi, che possono essere corrette solo osservando le immagini del velivolo originale a nostra disposizione. Bisogna però fare attenzione ad un particolare: se si vogliono ricavare delle informazioni riguardanti la colorazione di un velivolo, bisognerà tenere conto che generalmente le fotografie a colori tendono a falsare le tinte originali, difetto che può essere ancor di più accentuato dall’età della foto stessa e dal tipo di pellicola utilizzata. Altro strumento importante è il bagaglio di cultura aeronautica personale che ogni modellista dovrebbe avere: grazie ad esso ci potrà essere subito evidente se quel tipo di schema mimetico è stato effettivamente utilizzato da quel velivolo in quel determinato periodo, se abbia portato effettivamente quel tipo di armamento o se nella realtà abbia davvero ricevuto quei particolari stemmi. Un ostacolo da superare per la ricerca di documentazione è la lingua. Infatti si può dire che il 99% delle più importanti e utili pubblicazioni è in Inglese quindi, ricordando che non basta solo guardare le figure, escludendo la lettura dei testi ci si preclude una buona fetta d’informazioni. Un ultimo consiglio: diffidate dai disegni e dagli acquerelli che spesso si vedono in giro perché chi l’ha disegnato spesso non è neanche un appassionato, quindi potrebbe aver inserito dei particolari inventati o addirittura inesistenti su quell’aereo.

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Passiamo ora ad una breve rassegna delle più autorevoli pubblicazioni a nostra diposizione e delle loro caratteristiche.

Per chi non fosse interessato ad un libro che presenta in dettaglio il velivolo, sono disponibili gli Squadron/Signal “In Action”. La collana tratta circa 200 aerei militari, completi di tutte le sotto versioni e gli impieghi operativi nelle varie aeronautiche. Per gli amanti del super dettaglio consiglio l’acquisto delle ottime serie “Lock –On” della belga Verlinden, oppure “Detail & Scale” – “Detail & Scale Color & Markings” o “Walkaround Series”. Per ciò che riguarda aerei italiani il miglior strumento documentativo era rappresentato dalla defunta serie “Dimensione Cielo” edita dalla Ateneo & Bizzari, ma i volumi sono ancora reperibili presso i negozi di libri usati. Di più semplice rintracciabilità sono invece i tomi editi dalla Delta Editrice che commercializza interessanti monografie ad un costo conveniente. Quello dei velivoli tedeschi è un argomento vastissimo e ancora oggi molto dibattuto, soprattutto per quello che riguarda le loro colorazioni. Alcuni sono in tedesco, come le monografie “Waffen Arsenal” o “Flugzeug Profile”, altre come le “Close Up” della Monogram in inglese e coprono la quasi totalità dei velivoli della Luftwaffe. Per i mensili e i periodici di aeronautica italiani segnalo: “Aerei”, “Aerei Modellismo”, “Ali In Miniatura”, “Aeronautica e Difesa”, “JP4”; Per quelli inglesi o stranieri “Scale Aircraft Modellng”, “Replic”, “Scale Models International”, “Air Fan”. Quest’ultime riviste non sono di facile acquisto nel nostro paese, ma se siete della zona di Roma o dintorni, presso l’edicola di Messaggerie Musicali sita in via Del Corso sono presenti le più importanti. Inutile ricordare che oltre al materiale cartaceo, Internet è pieno di foto… basta digitare su qualsiasi motore di ricerca e trovare molte informazioni. A presto e buon Modellismo! Starfighter84.

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Modellismo e Salute.

Una delle cose che dobbiamo sempre tenere presente nel momento in cui ci accingiamo a fare un modello è che dobbiamo rispettare la salute nostra e di chi ci circonda. Da qui la regola numero uno: lavorare sempre in un ambiente ben aerato. Questo perché i solventi contenuti nelle vernici e nei relativi diluenti che usiamo per la pulizia di pennello e aeropenna sono altamente tossici, senza contare che emanano un tanfo insopportabile. L’ideale sarebbe lavorare sempre con indosso una mascherina, questo perché le vernici, soprattutto quando nebulizzate e spruzzate ad aerografo, sono altamente volatili e quindi vengono inalate in grossa quantità.

Ma non è questo l’unico appunto riguardante il modellismo e la salute: un altro elemento a cui bisogna prestare molta attenzione è il rischio, sempre presente, di ferirsi maneggiando il taglierino al momento di separare i pezzi dalle stampate. Per questo raccomando sempre la massima cautela nel maneggiare questi attrezzi. È inoltre raccomandato cambiare ogni tanto la lama, dal momento che una lama che non taglia più è sempre e comunque più pericolosa di una lama ben affilata: questo perché aumenta lo sforzo che si esercita sulla lama stessa ed è alto il rischio che essa si spezzi, con la possibilità di provocarsi tagli o peggio che i frammenti possano finire negli occhi.

Per certi assemblaggi –come avremo modo di vedere più avanti, al momento in cui affronto le tematiche specifiche relative al montaggio- è richiesto l’uso di colla cianoacrilica, per intenderci la classica Attack. La sua caratteristica peculiare, ovvero un assemblaggio robusto e rapido, è però fonte di grossi rischi qualora non la si maneggi con la dovuta cautela. Innanzitutto non bisogna inalarne i vapori, non sono propriamente il massimo della vita. Ma soprattutto evitare assolutamente il contatto con la pelle e soprattutto con gli occhi; i risultati potrebbero essere devastanti. In caso di contatto con la pelle, mettere subito la zona interessata sotto l’acqua calda e poi contattare un medico; in caso di contatto con gli occhi, contattare subito un medico.

Qualora, una volta divenuti più esperti e appurato che il modellismo è il vostro hobby, vorreste migliorare i vostri modelli ricorrendo agli accessori di miglioria in resina, ricordatevi che la polvere di resina che inevitabilmente si forma nel momento in cui viene lavorata per essere sgrezzata e rifinita è altamente tossica. Anche qui si consiglia di lavorare in un ambiente ben aerato se non in ambiente esterno e sempre con addosso una mascherina. Riassumendo quindi, possiamo dire che è necessario:

  • lavorare in un ambiente che sia ben aerato.
  • prestare la massima attenzione nel lavorare con gli attrezzi da taglio e oggetti appuntiti in generale
  • prestare la massima attenzione quando si lavora con adesivi istantanei.
  • prestare la massima attenzione con la polvere di resina; lavorare in un ambiente ben aerato o esterno.

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Buon modellismo a tutti!

Per chi inizia…

Il modellismo non è precluso a nessuno, non esiste un mino di età né tantomeno un’età limite. Tuttavia sono necessari alcuni pre-requisiti, vere e proprie conditiones sine quibus non necessarie perché si possa ottimizzare il tempo che si dedica all’hobby. Quali sono questi punti fondamentali? Sono questi quattro:

· concentrazione

· calma

· pazienza

· un posto dove lavorare

La concentrazione è fondamentale, nel modellismo come in tutte le attività che ogni giorno facciamo; senza di essa perderemmo solamente del tempo. Sebbene sia un hobby, e quindi in estrema sintesi un divertimento come tanti altri, come potrebbe esserlo giocare a pallone con gli amici, tuttavia è richiesta estrema concentrazione. Sarebbe sgradevole, dopo aver lavorato per molte ore, scoprire che quanto si è fatto è perfettamente inutile perché in un momento di distrazione si è tralasciato un particolare in apparenza stupido ma poi rivelatosi fondamentale. Con questo non voglio dire che bisogna isolarsi dal mondo. Io stesso amo ascoltare musica quando faccio i miei modelli, ma essa deve essere solo un sottofondo. È chiaro che è impensabile fare modelli mentre c’è accesa la televisione. In parole povere, fare modellismo è un po’ come studiare. Sotto il concetto di concentrazione, si intende anche il lavorare in perfette condizione pisco-fisiche: mai lavorare controvoglia o quando si ha sonno. I rischi che si corrono sono molteplici, partendo da quello di rovinare irreparabilmente il modello fino ad arrivare a quello concreto e poco piacevole di farsi del male, dato l’elevato impiego di lame o oggetti appuntiti, soprattutto nella fase di pulitura e sgrezzatura delle varie parti.

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Calma e pazienza sono fondamentali; il detto la fretta è cattiva consigliera è conosciuto da tutti e dovrebbe essere ascoltato e messo in pratica alla lettera. Nessuno ci corre a dietro, nessuno ci obbliga a completare dodici modelli all’anno e ai concorsi premiano quelli meglio realizzati e non quelli realizzati nel minor tempo possibile. Non avere fretta significa rispettare i tempi di asciugatura della vernice, lasciare che la colla faccia presa totalmente, che lo stucco sia del tutto essiccato prima di procedere alla carteggiatura. Sono piccoli dettagli che però alla fine si rivelano decisivi. È brutto scoprire orrende ditate lasciate sulla vernice fresca, oppure che i pezzi incollati si aprano nel momento meno opportuno, provocando spesso danni irreparabili. All’inizio della mia “carriera modellistica”, tradito dalla fretta e da incollaggi tutt’altro che impeccabili, mi capitava spesso che mi rimanesse in mano la fusoliera dell’aereo durante gli ultimi ritocchi dopo averlo verniciato. Cose che possono capitare, ma che si possono tranquillamente evitare.

Decisamente importante, infine, il tema dello spazio su cui lavorare. Ciò che serve è un ripiano libero, possibilmente da dedicare solo al modellismo. Lo spazio che adibiamo a nostro laboratorio, deve essere, come detto, totalmente libero da oggetti inutili. È poi preferibile, qualora si lavori su un piano che non è espressamente dedicato al modellismo, come ad esempio il tavolo della cucina o la scrivania della nostra stanza, mettere sotto un giornale o qualcosa che possa proteggere la superficie da sgradevoli macchie di colla e vernice che inavvertitamente possono cadere. Io sulla mia scrivania ho messo una tovaglietta di plastica, ma va benissimo anche la tela cerata che si trova nei negozi per casalinghi e costa davvero poco. Gli attrezzi del mestiere devono essere tenuti sempre a portata di mano e ordinatamente riposti. Evitate di sparpagliare a casaccio i vostri attrezzi, onde evitare snervanti ricerche che alla lunga fanno passare la voglia di fare modelli.

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Airacobra in Italian Service – BELL P-39 Q dal kit Academy in scala 1/72.

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All’inizio del 1935 l’American Armament Corporation portò a termine la realizzazione di un nuovo cannoncino da 37 mm denominato T9. Durante una delle dimostrazioni, alcuni dirigenti della Bell Aircraft Corporation rimasero molto impressionati dalla potenza di fuoco e dalla precisione di tiro della nuova arma, e subito pensarono alla progettazione di un rivoluzionario caccia intuendo l’efficacia dell’unione tra il mezzo aeronautico e il nuovo strumento bellico a disposizione dell’USAF. In poco più di due anni, i progettisti R. Wood e H. Poyer presentarono al governo americano il Bell Model 12. Nacque così un aereo monoposto interamente metallico con ala bassa e a sbalzo. La decisione di collocare il cannone in corrispondenza del mozzo dell’elica, comportò la sistemazione del motore in fusoliera e l’adozione di un albero di trasmissione lungo 1,52 metri che passava sotto l’abitacolo del pilota. Questo permise l’installazione di un carrello triciclo aumentando così la visibilità durante i rullaggi su piste impreparate o dissestate. La soluzione fu tanto attraente, che l’US Army Air Corps ordinò immediatamente un primo prototipo, lo XP-39, da impiegare per la valutazione del comportamento in volo e nelle missioni d’attacco al suolo. Dopo un intenso ciclo di prove, l’USAAC determinò l’idoneità dell’aeroplano dando il via definitivo alla produzione di serie. Lo XP-39, ridisegnato più semplicemente P-39, cominciò immediatamente la vita operativa venendo impiegato dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna dal 1941, pur non riscuotendo le migliori critiche, specialmente dagli equipaggi di volo. Fu invece molto apprezzato in quei paesi, Unione Sovietica in testa, che grazie alla legge “Affitti e Prestiti” ricevettero ingenti quantità d’Airacobra, venendo proficuamente impiegati nell’attacco al suolo. Tra questi ci fu anche l’Aeronautica Cobelligerante Italiana che ottenne parecchie decine di P-39 (circa 150), nelle versioni M, N e Q, continuando a volare, con le insegne dell’Aeronautica Militare Italiana, sino agli anni cinquanta.

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IL MODELLO

Soggetto certamente interessante, del P-39 esistono in commercio svariate scatole di montaggio, alcune molto datate, altre più recenti. Tra le ultime uscite in ordine d’apparizione, si deve alla coreana Academy, che ha immesso sul mercato una tra le migliori realizzazioni in scala 1/72 dell’Airacobra relativa alle versioni Q e N. Avendo da qualche tempo in programma la costruzione di un P-39 con le insegne italiane dell’Aeronautica Cobelligerante, ho subito sfruttato l’occasione fornitaci dalla ditta di Seoul. Con un’accattivante Box Art raffigurante il velivolo del Tenente Colonnello William Shomo operante nel Pacifico, il kit si compone di 51 pezzi di colore grigio chiaro, suddivisi su tre differenti stampate, più una quarta relativa ai cinque trasparenti. Ottimo il dettaglio di superficie finemente inciso e fedele la riduzione in scala sia in dimensioni sia nelle forme. Non esaltante l’adesione tra i vari pezzi, che mi ha costretto a ripetuti interventi di stuccatura, ma nel complesso il montaggio non presenta difficoltà di sorta, risultando facile e piacevole. Prima di descrivere le varie fasi di quest’ultimo, mi sembra opportuno però riportare una stranezza presente nel modello, giustificabile, a mio parere, solo con l’uscita di un ulteriore kit con un diverso foglio decals. Come già detto la scatola offre l’opportunità di riprodurre sia un Q sia un N, ma tra i pezzi forniti ve ne sono tre, precisamente quelli indicati come A-4, A-13 e A-14, rappresentanti in particolare i due tubi di scarico a dodici uscite e l’ogiva dell’elica con cannone da 20 mm, la cui caratteristica era quella di avere una canna più lunga e fina, rispetto a quella da 37 mm normalmente montata, tipici delle versioni F e P-400 del P-39. Inutile quindi consigliare di non prendere in considerazione tali pezzi. Ho inoltre deciso, al solo scopo di appurare la validità del kit, di costruire il modello come da scatola, ma gli appassionati del superdettaglio hanno a disposizione ben due ottimi set, uno dell’Aires (codice 7044) e l’altro della Verlinden (codice 1454). Entrambi dedicati alle versioni Q/N dell’Airacobra, contengono parti in resina, parti in metallo ed altre in fotoincisioni. Il primo permette di particolareggiare il solo abitacolo, fornendo il pavimento, il seggiolino con le relative cinture, la pedaliera, le pareti laterali, l’apparato radio, lo sportello e via dicendo. Il secondo, più completo, oltre all’abitacolo, consente di dettagliare anche il motore con nuovi scarichi, l’alloggiamento del cannone, i carrelli e relativi vani, le parti mobili. Tornando alla descrizione del montaggio vero e proprio, la stessa è stata suddivisa, come di consueto, nelle varie fasi cronologicamente eseguite.

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ABITACOLO E CARRELLO ANTERIORE. Ben realizzato, l’abitacolo si compone di un pavimento cabina, di un buon seggiolino, di un ottimo cruscotto con strumentazione in rilievo, di una cloche e di una paratia divisoria posteriore. Facile da mettere insieme, lo stesso necessita dei soliti interventi di miglioria. Questi hanno interessato il seggiolino con l’aggiunta delle cinture di sicurezza, realizzate con nastro adesivo per carrozzieri, l’autocostruzione delle manette motore, con il solito sprue filato a caldo e della pedaliera ottenuta ritagliando due piccoli quadrati di plasticard da 0,2 mm. La strumentazione si è invece ricavata dipingendo in nero i vari strumenti ed in bianco le lancette, simulando con una goccia di Kristal Kleer l’effetto vetro. Il tutto è stato verniciato in Green Zinc Chromate Primer (FS 33481), tranne l’impugnatura della cloche in Nero Opaco (FS 37038) e i pomelli delle manette in Rosso (FS 31136). Dello stesso colore anche i vani carrello. Per quanto riguarda quello anteriore, si è provveduto a ricostruire le inesistenti paratie del pozzetto, ritagliando dei quadrati di plasticard da 0.3 mm di spessore ed adattandoli allo spazio disponibile, sfruttando il pavimento cabina come base d’appoggio. Di questi, uno sarà utilizzato per chiudere la parte anteriore del vano, mentre gli altri tre serviranno per la zona posteriore, montandoli due lateralmente e l’altro centralmente. Il primo ha una larghezza di 7 mm per 5 d’altezza, mentre le dimensioni degli altri tre, sono per tutti di 4 mm per 4.

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FUSOLIERA E ALI. Prima di unire le due semifusoliere, si è appesantito il muso con 20 gr. di piombini da pesca, ed inserito l’intero abitacolo negli appositi incassi, non prima di aver applicato il lunotto trasparente (pezzo D2) sulla paratia posteriore alle spalle del seggiolino pilota. L’assemblaggio delle due parti non presenta grosse difficoltà, con un uso dello stucco ridotto al minimo. Prima di unire le ali tra loro, abbiamo montato il faro d’atterraggio (pezzoD1), verniciando in alluminio, allo scopo di riprodurre il lobo del faro stesso, la zona sovrastante lo stesso all’interno dell’ala. Ben più impegnativa l’unione ala-fusoliera, dove risulta piuttosto problematico riprodurre l’esatto diedro delle ali. Siamo dovuti intervenire sull’incasso di fusoliera, riducendone lo spessore laterale, per consentire alle semiali di assumere l’esatta posizione. La larga fessura formatasi lungo la linea di giunzione, è stata ridotta inserendo al suo interno dei pezzi di plasticard, ripristinando poi l’esatto profilo con una notevole quantità di stucco. Ricreate anche le pannellature in negativo presenti in quest’area, inevitabilmente rovinate durante il lavoro di stuccatura. Una volta sistemati i piani di coda, sono ritornato nell’abitacolo, per montare la scatola dell’apparato radio (pezzo A-17) alle spalle del seggiolino. Operazione non facile poiché al momento di applicare il trasparente D4, essa è risultata troppo alta tanto da impedirne il suo perfetto posizionamento. Ho dovuto pertanto rimuovere nuovamente l’apparato, sbassarlo con energici colpi di lima, portarlo alla giusta altezza e quindi rimontare e riverniciare il tutto in nero. Inoltre, come se questo non bastasse, anche il vetrino risultava più lungo di qualche millimetro rispetto al suo incasso, costringendomi anche in questo caso a ridurne le dimensioni limandone la parte anteriore. Operazione non difficile ma certamente pericolosa, cui ha fatto seguito una sua completa lucidatura per eliminare gli antiestetici graffi provocati, utilizzando la speciale pasta abrasiva Plastic Polish dell’inglese Bare Metal. Questa seconda fase si è conclusa fissando le gondole delle mitragliatrici da 12,7 sotto le ali ed assemblando il serbatoio supplementare, tralasciando il montaggio di quest’ultimo come del resto dei pezzi mancanti a verniciatura ultimata.

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VERNICIATURA. La mimetica dei velivoli in dotazione all’Aeronautica Cobelligerante Italiana non seguiva uno schema fisso, ma si limitava a mantenere la colorazione del paese d’origine dell’aereo. Le insegne di nazionalità erano cancellate od obliterate con il tricolore, e nel caso d’alcuni Airacobra le coccarde italiane furono sovrapposte alle stelle americane formando una insegna del tutto originale. La mimetizzazione del nostro modello è quella classica con superfici latero superiori in Olive Drab (FS 34088) ed in Neutral Grey (FS 36173) per quelle inferiori. Altri particolari come le pale dell’elica, sono state verniciate in Nero Opaco, in Insigna White (FS 37886) l’ogiva, in Alluminio e Acciaio le gambe di forza del carrello, in Gun Metal Metalizer le canne delle mitragliatrici alari. Le coccarde, i codici e gli stemmi di reparto provengono dai fogli supplementari codice 72-550 / 72-552 della Tauro Model che permettono di realizzare un esemplare in carico al 10° gruppo caccia del 4° stormo “Francesco Baracca” (codice individuale 84), operante sul campo di volo di Termoli (Campobasso) durante i primi mesi del 1945. Prima dell’applicazione delle decalcomanie, ho preferito stendere una mano di trasparente lucido e successivamente una d’opaco, per migliorarne l’adesione ed eliminarne il film. Per quanto concerne l’invecchiamento del modello, questo è stato attuato mediante dei colori ad olio molto diluiti stesi con un pennello a setole piatte e morbide. Con questo sistema ho evidenziato le varie pannellature e riprodotto le fumate dello scarico motore. Ultimata la colorazione ho assemblato tutto ciò che rimaneva da montare, come l’elica, il tubo di pitot, gli scarichi del motore, il serbatoio ventrale, la portiera d’accesso all’abitacolo, montata in posizione aperta, i portelloni carrello, l’antenna a lama dorsale e quella a filo realizzata con sprue stirato a caldo.Senza dubbio un buon kit con un prezzo d’acquisto invidiabile, che rende finalmente giustizia ad un velivolo che pur non dimostrandosi un granché nel ruolo di caccia, riscosse un successo ben maggiore in quello d’attacco al suolo, rivelandosi l’aereo con il minor tasso di perdite per missione di tutto il teatro bellico europeo.

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TABELLA CORRISPONDENZE COLORI.

Colore

F.S. 595a

Humbrol Gunze Testors

Green Z. C.

33481

1584

Flat Black

37038

33

H12

1749

Insigna Red

31136

153

H327

1705

I. White

37875

34

H11

1768

Olive Drab

34088

155

H52

1711

Neutral G.

36173

156

H53

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I collanti e gli stucchi.

Stucchi:

Purtroppo la perfezione non è di questo mondo, quindi anche i componenti del kit più costoso è ben fatto non combaceranno mai benissimo e l’uso dello stucco si renderà necessario per riempire le fessure e appianare i dislivelli dovuti ad errori di stampo. Per i modelli è necessario obbligatoriamente l’utilizzo di stucchi appropriati, poiché gli altri potrebbero contenere sostanze come il nitro che aggrediscono la plastica. Nella maggior parte dei casi essi hanno una base di acetone che può essere utilizzato come diluente per farli penetrare con maggiore facilità anche nelle zone più scomode. Ad ogni modo, esso si può applicare con una spatola da “pittore” oppure con il classico ed economico stuzzica dente, prestando attenzione a non esagerare con la quantità: ricordate che la regola “più ne metto più riempio” è del tutto sbagliata! La pazienza è la virtù del modellista quindi, dopo aver lisciato lo stucco secco con della carta vetrata bagnata con acqua e sapone, si procederà costatando se il riempimento è sufficiente oppure se stendere un ulteriore mano per completare la finitura. In casi di fessure molto profonde o larghe, è bene “agevolare” il filling inserendo in esse delle striscioline sottili di plasticard, come già accennato nel precedente articolo. Lo scopo finale del gioco è quello di rendere la grana dello stucco del tutto simile alla plastica, di modo che esso resti invisibile dopo la verniciatura. Per questo l’utilizzo della solita pasta abrasiva può risultare necessaria per lucidare le zone sottoposte a stuccature.

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Collanti:

I collanti modellistici si dividono in due grandi famiglie: quelli liquidi e quelli più densi in tubetto. Le colle liquide sono generalmente contenute in boccette di vetro dotate di apposito pennellino applicatore, asciugano in fretta ma il loro potere adesivo non è particolarmente forte. Hanno il vantaggio di poter essere diluite in trielina per “colare” più facilmente nelle zone scomode o negli incollaggi già eseguiti ma non del tutto riusciti. C’è anche chi utlizza direttamente la trielina spennellandola sulla giunzione sciogliendo la plastica, ma è un procedimento che sconsiglio vivamente! Le colle semi liquide invece permettono unioni più robuste anche se un uso eccessivo può provocare danni e butterazioni della plastica stessa. Assolutamente da evitare l’uso del comunissimo Bostik. Bisogna comunque tener conto per avere un buon risultato si dovranno aspettare almeno 6/8 ore prima di poter cominciare a lavorare sul pezzo incollato.Le colle viniliche come il Vinavil o il più specifico Kristal Kleer, vengono utilizzate maggiormente su tutte le parti delicate non sottoposte a sforzi (come ad esempio i vetrini dei cockpit), che altrimenti rimarrebbero macchiati e opacizzati dai vapori dei classici collanti. Ulteriore loro utilizzo è quello di fissare i piombi nelle parti interne del modello, o di simulare con una goccia le parti vetrate come le luci di posizione o i vetri degli strumenti. Il ciano acrilico, come ad esempio l’attack, è utilizzato per gli incollaggi delle foto incisioni o dei componenti sottoposti a sforzi come i carrelli o piloni con i relativi carichi di caduta. Essicca molto rapidamente, per questo lascia poco tempo di decisione. Ottima anche per riempire con precisione piccole fessure che altrimenti andrebbero trattate con stucco. Consiglio ai modellisti meno esperti un uso moderato dei ciano acrilici, rinviandone l’impiego dopo aver acquisito una certa esperienza. Infine le colle epossidiche a due componenti possono essere utilizzate per attaccare alla plastica altri materiali quali resina o metallo bianco. Il risultato a cui si può arrivare è addirittura migliore dei collanti ciano acrilici anche se la loro preparazione, miscelazione e costo le fanno risultare meno pratiche.

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Anakin Skywalker’s Jedi Starfighter Eta-2 Actis Interceptor

Dal sito della Revell

During the Battle over Coruscant which took place at the beginning of the action thriller “Star Wars III – the Revenge of the Sith”, Anakin Skywalker and his teacher Obi-Wan Kenobi were ordered to free Grand Chancellor Palpatine from the hands of the enemy Confederate Army. Anakin Skywalker sets out accompanied by his resourceful robot R2-D2 with the small Eta-2 Jedi Starfighter. The Eta-2 Jedi Starfighter is the most advanced fighter plane ever made. Anakin’s state-of-the-art fighter has yellow markings, reminiscent of his podracer that freed him from slavery on Tattoine. Yellow markings were also carried by the Airspeeder with which he hunted the bounty-hunter Zam Wessel through the streets of Coruscant. Anakin is reputed to be the “best pilot in the galaxy” and his manoeuvres take the Starfighter right to the limits of its capabilities. These dare-devil manoeuvres are extremely successful, but not always………..

Il modello

Devo dire la verità, mi aspettavo un modello non molto entusiasmante, diciamo pure fatto per bambini. Mi sono ricreduto. E’ normale che non si possa ritenere un modello avanzato con tutte le difficoltà che si possono avere , ma tutto sommato è stato veloce e gradevole e la colorazione (già effettuata) fatta con criterio e particolare cura.

Questo kit fa parte della serie easykit della Revell e quindi non necessita altro che di un taglierino se proprio si vuole essere pignoli! Sta tutto nella scatola….e non serve nemmeno la colla (scelta non molto condivisa per certe parti del modello).

Star Wars Jedi starfighter Eta-2 Atis interceptor

Come si può vedere dalle foto ogni pezzo è nella sua bustina e ogni Sprue ha il suo numeretto….quindi è impossibile sbagliarsi anche perchè ci sono le istruzioni passo passo!

La mia idea iniziale era quella di ridipingerlo ma tutto sommato, i colori scelti dalla revell non sono male e l’unica mia aggiunta è stata nelle pannellature che ho evidenziato tramite inchiostro.

Star Wars Jedi starfighter Eta-2 Atis interceptor

Star Wars Jedi starfighter Eta-2 Atis interceptor

Star Wars Jedi starfighter Eta-2 Atis interceptor

Una (secondo me) grave mancanza è l’assenza di una basetta o un piedistallo. Questo fa capire come sia stato concepito più per gioco che per esposizione, comunque, ho facilmente creato un piedistallo con le parti di sprue che avanzavano modellandole al fuoco di una candela.

Star Wars Jedi starfighter Eta-2 Atis interceptor

Star Wars Jedi starfighter Eta-2 Atis interceptor

I dettagli della miniatura non sono molto entusiasmanti.. in un secondo momento cerherherò di migliorarla. Tanto per informazione, Anakin è in gomma morbida!!!…..non chiedetemi perchè!

Star Wars Jedi starfighter Eta-2 Atis interceptor

Ecco nel suo splendore l’Eta-2 Actis Interceptor con il fedele r2d2 (c1p8) sopra il piedistallo fatto in casa.

Star Wars Jedi starfighter Eta-2 Atis interceptor

alla prossima!

che la Forza sia con voi!

Sam, Frodo, Gollum…e il cambio basetta!

Queste tre miniature si possono trovare in un unico kit della Games Workshop.

Probabilmente sono state le prime miniature della serie che ho colorato, e hanno subito dall’inizio diversi cambiamenti.

Uno tra questi è stato il miglioramento della basetta che all’inizio avevo dipinto di fretta senza considerarla molto.
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Per adattarli meglio al mini-diorama che avevo creato per ambientare la scena, ho deciso di colorare la basetta di marrone , lasciando intravedere qua e la delle sfumature di verde (il colore precedente della basetta). Per renderle più movimentate , in un primo momento avevo incollato un pò di sabbia finissima per dare un effetto più granuloso al tutto.

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Non contento del solo colore, ho appiccicato qua e la del flock di erba.
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Il risultato del diorama è questo:

Gollum.
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Frodo.
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Sam e Frodo.
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Vista dall’alto del diorama.
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Vista da dietro.
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Gollum.
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