domenica, Agosto 3, 2025
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Kit Review: Wessex UH.5 Italeri in scala 1/48.

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Versione tutta inglese del Sikorsky S-58, il  Westland Wessex differiva dal cugino americano principalmente per l’adozione di un motore a turbina  prodotto dalla Rolls-Royce da  1200 Cavalli. Caratterizzato da una cabina di pilotaggio posta in posizione rialzata rispetto al vano di carico, l’elicottero si  dimostrò sicuro ed affidabile rimanendo in produzione per molti anni. In Gran Bretagna è stato largamente utilizzato dalle forze armate nazionali per circa 30 anni, divenendo uno dei più importanti elicotteri in servizio nella Royal Air Force e Fleet Air Arm. Impiegato in varie versioni, ha svolto numerosi compiti operativi, e sopportando, nella versione UH.5,  il gravoso impegno del trasporto tattico durante la guerra delle Falkland del 1982, conflitto che ha visto opporsi l’Argentina alla Gran Bretagna. Gli ultimi Wessex, quattro HC.2, furono radiati nel gennaio del 2003, quando erano in dotazione all’84th Squadron di base ad Akrotiri sull’isola di Cipro, con compiti  SAR e trasporto.

Il kit:

Trenta anni sono già passati dalla fine della guerra delle Falkland o Malvine, e la nostra Italeri, per commemorare l’anniversario, ha arricchito la sua serie speciale “Falkland War Collection” con un bel kit dedicato all’Wessex UH.5 nella scala del quarto di pollice. Il modello, con numero di catalogo 2720, è contenuto in una scatola dalle generose dimensioni sulla quale primeggia una bella box art raffigurante lo sbarco di una squadra di assaltatori nel teatro operativo delle Malvine.

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All’interno prendono posto quattro stampante di colore grigio per un totale di circa 130 pezzi  a cui si devono aggiungere un foglio di fotoincisioni, contenente le cinture di sicurezza, dettagli per i seggiolini, varie griglie e il pannello strumenti, un foglio di retina per la realizzazione delle numerose griglie ed ovviamente la stampata dei trasparenti dall’ottima limpidezza.

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Completa il tutto l’immancabile foglio istruzioni di facile e comprensiva lettura. Le parti in plastica sono finemente realizzate con dettagli in negativo e la completa mancanza di antiestetici ritiri o sbavature. Da un primo e sommario assemblaggio a secco, le varie parti combaciano perfettamente tra loro, e anche le due grandi semifusoliere non fanno eccezione.

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Gli interni sono ricchi di dettagli, sia per quanto riguarda la cabina di pilotaggio e sia per il vano passeggeri, con le panche di questo ultimo talmente ben riprodotte tanto da sembrare il tessuto delle stesse vero. Questo è un particolare di non poco conto, se si  considera il fatto che a modello ultimato questa zona, come pure l’abitacolo, sono particolarmente visibile, non solo per la presenza di ampie zone vetrate, ma soprattutto se il kit viene realizzato con il portellone aperto.

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Ben concepita la zona del muso, che è poi la parte che racchiude la turbina, con i cofani ottimamente stampati e con un notevole dettaglio di superficie sia in negativo che in positivo. Niente da dire sulla zona rotore sul tetto della fusoliera, che può diventare ancor più realistica, utilizzando le fotoincisioni fornite.

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Degne di menzione le quattro pale del rotore stesso fornite già leggermente ricurve per simulare il peso delle stesse come negli elicotteri veri, così come le gomme dei carrelli, dalla forma appiattita (in questo caso l’effetto peso è un po’ troppo accentuato).

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Ottimo il pezzo che riproduce la parte inferiore della fusoliera, già completo delle numerose tubazioni.

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Discorso a parte per il ricco foglio decals stampato dalla milanese Zanchetti Buccinasco. Questo fogliopermette la realizzazione di quattro differenti esemplari di Wessex ovviamente tutti in servizio nelle Forze Armate di Sua Maestà Britannica. Per gli amanti della Royal Navy vi è l’imbarazzo della scelta, potendo optare per un elicottero in dotazione all’874 Squadron impegnato nelle Falklands nel 1982, in uno del 771 Squadron  basato a Culdrose , Gran Bretagna, nel 1987 o ad uno assegnato nel 1982 al RAE di Farnborough. La Royal Air Force può invece essere rappresentata da un esemplare appartenuto all’84 Squadron, stanziato ad Akrotiri (Cipro) nel 1987.  La qualità delle insegne è, purtroppo, non all’altezza degli standard qualitativi a cui la ditta di Calderara di Reno ci aveva abituato ultimamente. Forse, per l’uscita di un così bel kit, sarebbe stato meglio affidare la produzione delle decalcomanie alla Cartograf.

 

Per concludere, un kit da consigliare sia ai “professionisti” che ai “neofiti” del modellismo, offrendo ai primi un ottima base di partenza per la realizzazione di un supermodello, ed ai secondi di poterlo montare come da scatola con un risultato finale che sicuramente non sfigurerà sia per realizzazione e sia per dimensioni.

Stefano D’Amadio.

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The Desert Cat: F-5N VFC-111 “Sundowners” dal kit AFV Club in scala 1/48.

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Prima di proseguire con la lettura, suggerisco agli utenti di dare un’occhiata anche a questo articolo!

Ecco il secondo dei due modelli scelti per il Mini Group Build dedicato agli “Aggressor”: l’F-5N “Desert Cat”, VFC-111 “Sundowners”. La scatola è l’AFV CLUB nella scala in 1/48 art.48101. Per dovere di cronaca, tanto per fare un paragone col modello precedente, la versione “N” differisce dalla “E” in qualche particolare. Con il suffisso “N”, infatti, L’U.S. Navy identifica un lotto di F-5E acquistati dalla Svizzera nel 2003.

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I Tiger II in servizio con l’aeronautica alpina erano equipaggiati con il sistema radar AN/APQ-69 (in sostituzione dell’AN/APQ-159) che dava la caratteristica forma a becco di ornitorinco (meglio conosciuto come “platypus”) al radome. Altre peculiarità della variante svizzera erano i dispenser Chaff & Flare e i Lerx (Leading Edge Extension – estensione del bordo di attacco dell’ala) del tipo maggiorato. Una volta rientrati negli Stati Uniti, i velivoli furono sottoposti a piccoli interventi che interessarono la completa asportazione dei cannoncini da 20 mm ancora montati nel muso, allo scopo di risparmiare peso e di riutilizzare lo spazio nei vani armi per l’installazione di nuove apparecchiature per il combattimento simulato.

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Si parte col montaggio del cockpit AIRES cod.4483. Esso, in realtà, è per la versione “E” e per l’upgrade alla variante “N” si dovranno apportare alcune modifiche alle consolle destra/sinistra e al pannello strumenti. Ricercando informazioni sul web, ho trovato dell’interessante materiale su cui ho potuto lavorare.

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Nella foto ho differenziato l’abitacolo delle due versioni. Per quanto riguarda la consolle di destra (che è quella con maggiori dissomiglianze) si nota come nella versione E sia presente il contenitore per le mappe (map case), assente nella N. Sulla consolle centrale del cruscotto trovano posto i due nuovi schermi di controllo radio VHF e UHF sulla variante N, mentre nell’E è presente solo il pannello di controllo radio UHF. Nella consolle di sinistra, invece, è evidente la mancanza del pannello dedicato ai lanciatori Chaff & Flare, tipici degli F-5N.

 foto 2 F-5E-N_Consolle sx

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Dal quadro strumenti inferiore ho eliminato la consolle centrale AIRES, sostituita da quella originale del kit con la giusta strumentazione radio.

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Per quanto riguarda la colorazione, la vasca e il seggiolino sono stati verniciati in Dark Sea Grey Tamiya XF-54, poi lumeggiati mediante Dry Brush in bianco opaco. Le consolle laterali, gli strumentini e il poggiatesta del sedile eiettabile sono in nero opaco. Allo scopo di donare maggiore profondità ai pezzi del cockpit, su tutta la zona è stato eseguito un lavaggio a olio in nero diluitissimo. Ultimata la colorazione, s’inserisce l’abitacolo tra le due semifusoliere senza problemi.

foto 8 F-5E_N PANNELLI STRUMENTI

foto 9 F-5N Cockpit

foto 10 F-5N DETTAGLIO COCKPIT

Per il montaggio si evidenziano gli stessi problemi di fitting del kit gemello dedicato all’F-5E. Come già evidenziato nel precedente articolo, i punti che richiedono maggiori attenzioni sono i seguenti:

  • Inserimento dei portelli dell’avionica e dei cannoni.
  • Allineamento prese d’aria principali.
  • Montaggio auxiliary intakes destro e sinistro in fusoliera.

Su queste zone sarà necessario fare estensivo ricorso allo stucco con conseguente fase di carteggiatura e reincisione delle tante pannellature che andranno perse. Il montaggio prosegue con il troncone posteriore della fusoliera cui va aggiunta tutta la parte inferiore; l’operazione, fortunatamente, non crea eccessivi “mal di testa”! I piani di coda sono uniti tra loro e fissati con un piccolo perno interno che dovrà essere sostituito da due piccoli longheroni di metallo ricavati sempre dalla solita graffetta. Anche in questo kit l’unione della fusoliera anteriore con quella posteriore lascia degli scalini non trascurabili che vanno pareggiati e lisciati con stucco o, all’occorrenza, colla cianoacrilica.

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Le gambe di forza dei carrelli necessitano, soltanto dell’aggiunta di filo di rame per simulare i condotti idraulici. Queste, poi, sono verniciate di bianco e sottoposte a lavaggi in nero diluitissimo. Le piccole migliorie vanno avanti con l’aggiunta di due piccole striscioline di Plasticard per simulare il sistema di bloccaggio dei missili sui rail alle tip alari.

Si passa poi al canopy, che oltre ai meccanismi complicati di apertura e chiusura, è molto dettagliato all’interno. Anche questa volta ho creato, con dei pezzettini in fotoincisione, la staffa di fissaggio del tubo laterale destro fatto, a sua volta, con un cavetto di rame rigido; per il lato sinistro l’Aires ha previsto un dettaglio in resina che ho utilizzato senza altri interventi. In seguito ho applicato la fotoincisione prevista per il frame frontale del parabrezza (già presente nel kit per altro) su cui, poi, andrà incollato anche il Magnetic Compass.

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Finalmente, dopo parecchie ore spese per il montaggio, si passa alla verniciatura!

Il modello ha ricevuto una base di Aluminium Alclad utilizzata come primer, per poi partire poi con il primo tono della mimetica desertica: il Radome Humbrol 148. Asciutta la base e con l’aiuto dell’insostituibile Patafix, ho steso il secondo colore – il Tan HU118, e a seguire il Brown HU186 scurito con pochissime gocce di nero.

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Prima di eliminare le mascherature di ogni tonalità del camouflage, le ho desaturate desaturarate e invecchiate parzialmente con una prima sessione di Post Shading. In queste fasi ho cercato di seguire l’andamento della mimetica e lo stato d’usura del modello reale.

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Fatti gli ultimi ritocchi, ho rivolto le mie attenzioni alla zona motori: questa è stata verniciata con un mix di Alluminium cui ho aggiunto qualche goccia di Dark Alluminium per spegnere leggermente il tono e simulare un effetto “cottura” dovuto alle alte temperature dei gas di scarico. Per gli exhaust ho utilizzato il Dark Alluminium pur, e per il loro interno ho scelto il Jet Exhaust (ancora una volta prelevato dalla gamma Alclad).

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Prima di procedere con le necessarie mani di trasparente lucido (Gunze H-30), ho lisciato delicatamente le superfici del modello con un panno in microfibra per eliminare polvere e pelucchi. Una volta asciutti gli strati di lucido, ho applicato i classici washing a olio: a tale scopo ho preferito una mistura di Bruno Van Dick scurito non troppo con del nero. Sulle parti metalliche, al contrario, nero diluitissimo per la zona metallica.

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Sigillati i lavaggi con un leggero strato di lucido, sono passato alla posa delle decals. Il foglio usato è quello da scatola con qualche avanzo rimasto dal prodotto Two Bobs usato per l’F-5E. Le originali non sono il massimo e, in particolare, il “Sundowner” da applicare sul timone va adattato con attenzione perché sovradimensionato. Le insegne, inoltre, richiedono un bel po’ di ammorbidente Mr.Mark Softer della Gunze per farle aderire bene alle linee di pannellatura. In compenso non danno problemi di silvering.

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L’ultima mano di lucido ha sigillato le decalcomanie ed ha aperto ufficialmente la fase finale del montaggio.

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I carrelli richiedono una leggera assottigliata dei punti d’attacco. I portelli posteriori hanno bisogno di molta pazienza per il montaggio dei microscopici perni che li tengono uniti alle gambe di forza del carrello. Si monta anche il gancio d’arresto colorato in bianco e strisce nere e il tubo di Pitot della Quikboost codice 48356.

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A questo punto una spruzzata generale d’opaco Gunze H20 ha dato la finitura finale al mio F-5 Aggressor.

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Dopo aver montato il canopy, stando attenti ai piccolissimi perni di attacco che se montati male pregiudicano l’inclinazione del tettuccio, e le luci laterali in clear red e blue… anche questo secondo bel modello è finito!

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Un ringraziamento a tutti voi, cari amici del Forum di Modeling Time che mi avete sopportato per tutto il Work In Progress, e con quest’ultimo kit concludo il mio Mini Group Build dedicato agli “Aggressor”.

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Ciao e B(u)onomodellismoVox a tutti!

Francesco “Bonovox” Miglietta.

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Mig-25 PD “Foxbat” dal kit ICM in scala 1/72.

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“Era un caldo giorno qualunque di inizio estate……” potrebbe essere l’inizio di un qualsiasi romanzo ed invece è stato solo l’inizio di una nuova avventura modellistica. Vi è mai capitato infatti che ad alcuni soggetti sia riservata la nostra più completa e totale indifferenza modellistica, poi, come d’incanto, un giorno venire invece colti dall’irrefrenabile voglia di portare a compimento tale opera??? In effetti in 30 e passa anni di attività modellistica il MiG25 Foxbat non ha mai trovato nella mia testa  una particolare risposta emotiva tale da farmi intraprendere una sua riproduzione. Le forme spigolose con quelle grandi ruote del carrello lo facevano somigliare troppo ad un giocattolone. Di contro, però, il soggetto reale mi ha sempre affascinato, considerandolo una tra le superstar assolute della “guerra fredda”.

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Un giorno, “girovagando” su internet, mi si aprono alcune foto di MiG25 e da queste comincio ad osservare l’aereo sotto un punto di vista diverso: intravedo infatti grandi possibilità di invecchiamento, soggetti anche interessanti ma, soprattutto, i due enormi ugelli di scarico dei motori Tumansky che nascondono al loro interno svariati particolari e, di conseguenza, la possibilità di tagliare, affettare, stirare a caldo e incollare plasticard! Però la  vera sfida è diventata per me il riuscire a far diventare il “giocattolone” una macchina da guerra!!!! Ovviamente prima dell’acquisto ho fatto una bella ricerca sul web per capire le differenti varianti del soggetto e, soprattutto, quale kit scegliere per riprodurre la Volpe. Ho subito scartato il vecchio Hasegawa perché poco accurato nelle forme. Poi tra i vari Zvezda, Kondor e ICM ho capito che i primi 2 sono lo stesso kit, mentre l’ICM è come i primi due ma migliorato e aggiornato per quel che riguarda i particolari relativi alla versione proposta nonché nella finezza delle pannellature/rivettature (ma anche nella scomposizione ho scoperto dopo). Ho quindi scelto il kit della ICM. La prima cosa che consiglio di fare e ripassare per bene le pannellature incise perché sono molto fini e visto che ci sarà molto da carteggiare, rischiamo di perderle.

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Cominciando il montaggio partiamo subito dal concetto che abbiamo per le mani un kit che prevede stucco, colla, olio di gomito e, soprattutto, tante prove a secco causa la scomposizione complicata e le istruzioni purtroppo non chiarissime. Il cassone della fusoliera, in particolare, è formato da diversi pezzi (paratie laterali, code, pozzetti principali, fusoliere) che devono essere “convinti” ad assumere un corretto allineamento. Se sbagliamo avremo un MiG25 irrimediabilmente sghembo, quindi occhio.

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Il cockpit è poverissimo di dettagli. Se lo faremo chiuso poco male perché non si vedrà nulla. Se invece sarà aperto le cose cambiano visto l’”affollamento” tipico dei cockpit russi. Esistono degli aftermarket ma vedendoli in foto non mi sembra che il loro acquisto valga la pena: basta un po’ di plasticard, sprue stirato, fotoincisioni di avanzo e via. Il seggiolino lo cambierei invece (io ho tenuto solo il poggiatesta il resto l’ho autocostruito). Altra complicazione sarà il miglioramento dell’interno del trasparente ribaltabile che nasconde tanti particolari quali imbottiture, una tendina e dei maniglioni.

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Altro dettaglio a cui dedicare la nostra massima cura sarà quella degli scarichi. Strano a dirsi ma i due enormi scarichi dei turboreattori Tumansky sono la zona più interessante del velivolo secondo me. Qui la ICM non è che abbia perso più di tanto tempo sorvolando su molti particolari ma, con le foto che troviamo sul web e una buona dose di pazienza, si può arrivare ad una buona riproduzione.

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Anche il carrello anteriore e quei due monolocali di prese d’aria tipiche di questo MiG necessiteranno di qualche aggiunta e miglioria perché sono parti molto visibili.

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Colorazione.

In occasione di un GB sul forum “Modeling Time” dedicato ai soggetti esotici ho scelto, inizialmente, di riprodurre un esemplare libico. Poi, per guai con le decals della scatola (in effetti consiglierei col senno di poi l’acquisto di un foglio decals aftermarket dedicato al soggetto), ho dovuto optare per un velivolo Irakeno. Poco male perché tanto la colorazione è esattamente la stessa. Prima di tutto ho steso il Flat White Tamiya anche con funzione di primer “scoprimagagne” e dopo sotto con un bel preshading sulle linee struttura e pannellature.

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Ho usato il grigio Gunze H338 (Fs36495) per le superfici, grigio Tamiya Xf 54 per il radome ed alcune zone dei dielettrici sulle derive e Tamiya NATO Black per il pannello antiriflesso. Quindi ho rispruzzato il nostro Fs36495 (che poi è un grigio chiarissimo con una leggera vena di azzurro) fermandomi quando l’effetto preshading sottostante  è ancora ben visibile. Poi ho dato il silver nella zona motori, limitandomi però solo ad alcuni zone laterali adiacenti agli scarichi, perché in realtà dovrebbe essere esteso anche alla zona posteriore inferiore della fusoliera. La colorazione in generale in effetti è semplice, basta solo un po’ di attenzione con le mascherature.

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Invecchiamento

Questa fase è invece essenziale perché in questo modo il nostro MiG25 da “giocattolone” diventerà una macchina da guerra. La prima cosa da fare è contestualizzare la realtà operativa del soggetto reale quindi, essendo un velivolo Irakeno,  direi: poca manutenzione esteriore, azione del sole a picco e conseguente desaturazione dei colori specie nelle zone superiori, sporcizia accumulata nella zona derive/motore. Da qui in poi comincia la fase di “sporcatura”. Sulle zone che dovrebbero essere  metalliche ho puntinato pigmenti di colori ad olio puro, nero e bruno scuro, “tirati” poi con un pennello pulito. Possiamo stabilire quanto filtro avere sulla parte interessata semplicemente bagnando un pennello, o meno, con acquaragia e passandolo sui colori ad olio. Le superfici ancora opache assorbiranno questi pigmenti rendendo un effetto realistico delle trafilature e sporcizia accumulatasi.

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A questo punto la maggior parte degli “effetti speciali” in fusoliera sarà dovuta al preshading ma visto che volevo simulare anche la “cottura” e lo sbiadimento della vernice, dovuta alla forte azione dei raggi solari, ancora una volta sono ricorso ai colori ad olio dati puri. L’uso di questo tipo di colori è sempre stato limitato ai modelli di mezzi corazzati perché in effetti può essere una tecnica un po’ invasiva sulle nostre lucenti fusoliere verniciate ad aerografo con finissimi pigmenti acrilici ed il dover usare un pennello ed un colore pastoso su tali finiture potrebbe spaventare! In realtà però tali colori se usati con parsimonia, ed avendo soprattutto chiaro il risultato che vogliamo raggiungere (fate molte prove su modelli vecchi), possono essere utilissimi specie su soggetti sottoposti ad intensa usura operativa. Nel mio caso ho usato, per quest’ultima operazione, il bianco titanio ad olio, dato puro, “tirato” al centro dei pannelli delle superfici latero/superiori del velivolo, sul pannello antiriflesso e sul radome. Successivamente con l’aerografo a bassissima pressione, con “acqua sporca” nera e grigia, ho simulato la sporcizia sulle derive, in fusoliera e desaturato le decals.

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Poi, in ultimo dopo il trasparente lucido, ho fatto un lavaggio ad olio grigio scuro.

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Devo dire che contrariamente a quanto mi succede stavolta il risultato finale mi convince pienamente (e mi piace!).

Conclusione  

Ed eccola qui, in versione irakena, la Volpe volante a Mach 3 dei MiG Bureau, terrore dell’occidente per almeno 10 anni dalla sua entrata in servizio, successivamente smitizzato dopo che si poté letteralmente smontarne uno grazie alla defezione del Ten. Belenko nel 1976. C’è da dire però che, durante la Guerra del Golfo nel 1991, proprio un Mig25 irakeno si aggiudicò l’abbattimento di un F-18 U.S. NAVY della coalizione.

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Se il montaggio un po’ mi ha stremato la fase di colorazione, invece, mi ha esaltato non poco, anzi, tutto il modello è nato forse con in testa l’idea della fase di colorazione finale. In effetti visto il risultato nella mia testa comincia a ronzare l’idea di un MiG25RB, versione da ricognizione a muso lungo del Foxbat!!!

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Ringrazio tutti gli amici del forum “modeling time” per la collaborazione, le critiche ed i consigli datimi durante la costruzione!

Saluti a tutti

Massima Maria “pitchup” De Luca

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Un Pellerossa palestrato – AH-64D(I) Saraf dal kit Hasegawa in scala 1/48.

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Quando si parla di elicotteri d’attacco, uno dei primi a venirci in mente è l’AH-64 Apache. Sviluppato a partire dagli anni ’70 per l’US Army, è stato concepito per operare in qualsiasi condizione meteo e di luce. Armamento principale è il cannone M230 da 30mm e può essere equipaggiato con missili anticarro AMG-114 Hellfire e razzi non guidati. Esiste addirittura una variante dell’AMG-114, la L, studiata specificatamente per l’AH-64D Apache Longbow, versione più evoluta di questo elicottero.

Ciò che ci permette di distinguere a prima vista un AH-64A da un AH-64D è sicuramente il Fire Control Radar (FCR) posizionato sul rotore principale. Si tratta di un radar ad onda millimetrica che permette di acquisire e classificare oltre 128 bersagli contemporaneamente e dare priorità a 16 più a rischio, il tutto in meno di 30 secondi. Tutto questo, combinato al sistema TADS (Target Acquisition and Designation Sights), comandato dal cannoniere, può esser fatto anche restando nascosto dietro ostacoli e quindi operare in tutta sicurezza. Oggi, oltre agli USA, i paesi utilizzatori son più di dieci e ne sono state realizzate diverse versioni modificate in base alle esigenze dei clienti
Esempio lampante è la versione Israeliana AH-64D(I) Saraf, che si nota subito per la sua mimetica a toni terrosi e i due fuel tank ausialiari. Ed proprio il Saraf ad essere oggetto della mia relizzazione. Affascinato da questa varianti, per tutti i vari “ammennicoli” e per l’aria più cattiva, mi sono messo alla ricerca del materiale necessario. La base di partenza è, forse, il miglior kit in scala 1:48 per l’Apache, realizzato dalla nipponica Hasegawa: esso è contraddistinto dal codice PT23 ed è dedicato al Longbow. Aprendo la scatola notiamo tante piccole “chicche”, tra tutte gli pneumatici già stampati con l’effetto peso!

Ma cosa occore per realizzare un Saraf? Qui ci viene in aiuto la nota ditta israeliana, la Isradecal Studio, la quale ha tre divisioni: la Isracast, per le resine, la Isradecal, per le decals appunto, e la Israbook, per i libri e monografie. Ed ecco la lista degli aftermaket:

  • Conversione Isracast (IC-48012) : costosissima, più del kit stesso, ma obbliogatoria. Contiene ben 37 nuove parti in resina, una lastrina di fotoincisioni ed un manuale di istruzioni (con tanto di “mini”walkaround) di 16 pagine.

  • Decals Isradecal “IAF Attack Helicopters” (IAF-81): con questo foglio è possibile relizzare quattro elicotteri (Saraf, Peten, Tsefa e La’Hatut) ed è pricipalmente incentrato sul Saraf. Troviamo infatti oltre 200 stencils da applicare e un manuale di istruzioni molto dettagliato.
  • Libro Israbook “AH-64A/D Peten and Saraf in IAF Service”: monografia di 100 pagine, con storia, immagini e walkaround dettagliati per le due versioni dell’elicottero.Acquisto quasi  obbligatorio e caldamente consigliato.

A questi ho aggiunto le mascherine pretagliate Eduard, fotoincisioni Eduard e fotoincisoni Hasegawa.

Prima di mettermi all’opera ho dovuto studiare per benino le istruzioni del kit, della conversione e delle fotoincisioni. Tutto ciò per il fatto che molti dei passi citati nelle istruzioni del kit, vanno saltati/modificati, pena disastri di montaggio. Le prime fasi del montaggio hanno visto un po di operazioni di “taglia  & cuci” . Nella parte dorsale, tra fusoliera e troncone di coda, va operato il primo taglio che ospiterà il nuovo “chaff & flare” launcher; quello presente in coda, al contrario, è stato eliminato. Ciò ha comportato una piccola perdita di rivetti, ma di poco conto a modello ultimato.

 

 

                

E passiamo subito al cockpit. Dai sedili ho rimosso le cinture stampate e per simulare la trama di seduta dello schienale ho usato del semplice tulle da bomboniera fissato con colla cianoacrilica. L’abitacolo è un mix tra plastica, resina e fotoincisioni. Per la verniciatura ho usato il Tamiya XF-69 Nato Black, il tutto completato con l’aggiunta di piccole fotoincisioni colorate. Per gli schermi multifunzione, invece, ho fatto ricorso al classico negativo fotografico, che ne simula riflesso e profondità,  tagliandolo a misura ed inserendolo nelle due cornici già previste sul cruscotto del pilota e nelle quattro del cannoniere.

 

Unite le due semifusoliere, si passa al montaggio dei due cassoni laterali. Il destro va tagliato in due parti per consentire l’inserimento della nuova stub wing in resina (il trave per l’alloggiamento dei carichi esterni) . Oltre a questo vanno praticate delle aperture nella zona posteriore per lasciar spazio alle griglie fotoincise.

 

      

 

Finalmente si passa all’assemblaggio generale. Operazione abbastanza lunga, dovuta all’aggiunta delle nuove parti resina

      

 

L’utilizzo dello stucco è fondamentale per adattare tutta la resina e per chiudere alcuni scassi dei kit originale. In particolare va chiuso lo scarico ECU (Environmental Control Unit) vicino al motore sinistro e alcune ventole nel pannello avionica sottostante. In questo pannello, nel velivolo reale, la ventilazione avviene tramite sfoghi con filtri in carta.

 

 

Il set di fotoincisioni Hasegawa provvede a fornirci i finecorsa dei pannelli dorsali e una nuova antenna in ottone che va sullo stabilizzatore verticale, il tutto in sostituzione della parti originali in plastica. Sul dorso è necessario reincidere, con uno scriber,  le pannellature scomparse con l’unione e la carteggiatura delle due fusoliere. Dopo aver reinciso, ho applicato due pezzettini di plasticard per riprodurre le cerniere di chiusra dei pannelli, anch’esse “vittime” della carta abrasiva.

Prima di incollare il canopy, ho aggiunto le ultime parti al cockpit, quali il montante destro ed il vetro che separa il pilota dal cannoniere. Dopo aver immerso il canopy nella cera Livax, l’ho mascherato ed incollato al suo interno un cablaggio composto piccoli rod di plastica tenuti insieme con del filo di rame.

 

         

 

Gli scarichi sono stati dettagliati con le fotoincisoni Eduard, per la parte frontale, e con quelle Hasegawa per la zona superiore ed inferiore.

            

 

Il set in resina inoltre, contiene questa dima, con cui modellare del sottile rod in pasticard ed ottenere la giusta forma per le tubazioni sottostanti ai motori.

 

 

Finalmente si passa più diverntente per ogni modellista, la verniciatura! Ho inizato con il colore più chiaro, quello ventrale. Il riferimento Federal Standard è il 36492, ottenuto usando il Gunze H325, schiarito con del bianco. I vani carrello sono stati invece verniciati col classico Tamiya XF-4 Yellow-Green.

I colori della mimentica sono i classici toni terrosi,  che corrispondono ai Federal Standard 33448 per la parte chiara ed il 30219 per quella più scura.Rispettivamente ho usato il Tamiya XF-60 Dark Yellow ed il Gunze H-310, entrambi con l’aggiunta di alcune goccie di bianco, per rispettare l’effetto scala. Partendo dal colore più chiaro, ho mascherato con Patafix e nastro, passando così al colore più scuro.

 

       

Sullo stabilizzatore orizzontale ho preferito verniciare le bande nere, abbandonando così quelle proposte in decals.

        

Stesso discorso per cla classica “V” gialla. Dopo aver visionato le foto delle macchine reali ho notato che le due decals proposte nel foglio Isradecal erano errate. Infatti esse non coprono parte del sensore laser, quindi ho deciso, dopo aver trovato l’esatto match di colore, di verniciale. Il colore da me usato è il Model Master 4683 Chrome Yellow, riferimento FS 13538. Per questa operazione ho mascherato con piccoli pezzi di nastro Tamiya e qualche goccia di Maskol ove necessario. La quantità di rivetti e la forma stessa della V, non consentono una verniciatura priva di sbavature,  le quali sono state corrette in un secondo momento.

     

      

Parti come i sistemi radar, antenne ed il cannone sono stati verniciati in FS 34031, corrispondente al Model Master 4723 Helo Drab. Fatti piccoli ritocchi a mano libera, ho diluito al 90% il Gunze H310, in modo da fare un leggero post shading e schiarire i pannelli. Con lo stesso colore ho ripassato i rivetti nelle zone chiare, in modo da creare contrasto.

   

Dopo aver dato il trasparente  lucido Tamiya X-22, diluito al 70%, con l’aggiunta di 5 gocce di Paint Retarder, ho proseguito con i lavaggi eseguiti con un Bruno Van Dyck ad olio. Per le superfici inferiori ho utilizzato il Model Master Helo Drab a smalto molto diluito. La posa delle decals è  stata piuttoso lunga e noiosa poichè vanno posizionati più di 200 stencils. Putroppo essi sono tutti visibili sul modello reale, quindi non ci si può esimere da questa tediosa operazione…. alla fine, però, lo sforzo è stato ripagato!

         

         

 

Queste decalcomanie, per quanto dettagliate, non sono però di altissima qualità. Tendono infatti a sbriciolarsi, specie quelle colorate, e richiedono una buona dose di liquido ammorbidente dopo la posa, pena l’odiato e temuto “effetto silvering”. Archiviate la posa delle decalcomanie, sono passato alla desaturazione di alcune di queste, perchè troppo scure, con del colore diluito al 90%. Una successiva mano di trasparente opaco, Tamiya XF-86, ha attenuato anche il lavoro di desaturazione della mimetica, arrivando così ad un effetto abbastanza equilibrato. Piccolo appunto va fatto per questo trasparente: l’XF-86 se diluito troppo tende sempre a lasciare un effetto “semi gloss” sulle superfici, anche con numerose mani. Quindi, per evitare una finitura troppo lucida, ho mantenutole diluizioni al 60%, in alcuni casi anche al 50%.  Così facendo son bastate cinque mani di colore per rendere il tutto opaco.

L’unica zona lasciata in semigloss è laV gialla, che nella realtà è lucida.

 

          

 

          

 

Una volta rimosse le mascherature dal canopy, ho montato i due piccoli tergicristalli fotoincisi.

E siamo all’armamento principale dell’Apache, il cannone M320 da 30mm. Come prima cosa ho eliminato i vari cavi in rilievo ,sostituendoli con fili di rame di vario diametro, ed il nastro delle munizioni che ho rimpiazzato con fotoincisoni Eduard. Il cannone, come il radar FCR e la torretta TADS è in FS34031 Helo Drab.

             

 

Passiamo al TADS: Anch’esso in FS34031, mi ha dato più di qualche grattacapo! volevo, infatti, riprodure le due lenti iridescenti, una verde ed una tendente al viola che coprono i sistemi di puntamento .La soluzione,  forse malsana,  è stata trovata utilizzando…un paio di vecchi CD!

 

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Dopo molteplici tentativi, son riuscito a ritagliare con un cutter, la superficie iridescente del disco ed applicarla nella torretta. Operazione non proprio semplice ma che mi ha permesso ri riprodurre due dettagli che hanno elevato il livello di fedeltà del modello.

L’ALQ-114 (in gergo “Disco Jammer” o “Disco Ball”) è un dispositivo di contromisura all’infrarosso e prende il suo soprannome per i particolari riflessi che crea guardandolo da diverse angolazioni. La versione Israeliana non produce particolari riflessi, mantendosi quasi sempre sul dorato e ciò mi ha aiutato a non scervellarmi troppo per la sua realizzazione. Si presenta sottoforma di fotoincisione, di color ottone lucido. Mi sono semplicemente limitato a dare qualche velatura di Tamiya X-27 Clear Red, in modo tale da dargli un po di riflesso a senconda della variazione di luce.

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Purtoppo solo dopo aver terminato il modello, mi sono accorto che l’unità da me riprodotta è una delle poche ad essere perennemente equipaggiata con i sensori ottici MWS , di solito montati solo quando necessari su altri velivoli, quindi ho deciso di autocostruili, partendo da alcuni profilati in Plasticard, un tubicino cavo da 3,2mm e da uno pieno di 2mm.

Per i supporti/guarnizioni, sono partito dal tubetto cavo allargandolo internamente con una  punta da trapano (in modo tale da poter infilare l’altro profilato all’interno) e poi tagliandolo in pezzi inferiori al millimetro, mentre per i sensori, ho usato il profilato da 2mm,  forato in superficie per simulare l’alloggiamento delle lenti.

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Successivamente ho applicato sul modello i quattro supporti/guarnizione, verniciati a pennello con l’XF-69 Nato Black, ed inserito i nuovi sensori, verniciati anch’essi a pennello, con l’H310 Brown.

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Armamento:

Per non “appesantire” il modello ho deciso di dotarlo di soli quattro AGM-114 Hellfire, due per lato. Come già fatto in passato, ho preferito non usare le parti trasparenti del kit per la testata IR, ma realizzarla con l’Humbrol Clearfix. Le decals provengono dal foglio Fireball Modelworks “Modern US Helicopters Missile Markings”. La versione dell’AGM-114 é la K2A

L’ultimo passo ha  visto l’installazione delle due antennine “Inter-Comm” sulle estremità delle stub wings, creati con del semplice filo di rame.

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L’unità da me riprodotta è la 758 assegnata al 113th “Hornet” Squadron. Questo velivolo, inizialmente avente seriale US Army 84-24235, è stato un AH-64A, consegnato all’IAF come Peten con numero 907. Ha fatto poi ritorno negli USA per l’aggiornamento allo standard Saraf (versione D) e riconsegnato all’IAF con il numero 758. Da circa un paio di anni, quest’unità non è più operativa ma è usata per air show e per addrestramento del personale di servizio.

Con questo è tutto e vi lascio alle foto, che spero siano di vostro gradimento

Buon modellismo a tutti!!!

Carmine “ilGamma” Gammarota.

 

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The Soccer War – F4U-1D Corsair dal kit Tamiya in scala 1/48.

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La “Guerra del Calcio” (Soccer War) o “Guerra delle Cento Ore”, fu un breve conflitto armato scoppiato il 14 luglio 1969 tra El Salvador e Honduras e terminato appena 4 giorni dopo, il 18 luglio. Le relazioni tra Honduras ed El Salvador non erano mai state facili; tra i paesi, guidati all’epoca del conflitto da dittature appoggiate dagli USA e da grandi latifondisti locali, negli anni si erano ripetutamente  creati attriti di una certa entità. La guerra ebbe origine dal movimento di emigrazione dei contadini salvadoregni verso l’Honduras alla ricerca di terre coltivabili, che si era sviluppato negli anni ’60 . Gli honduregni consideravano questi contadini come degli invasori, i salvadoregni dal canto loro lamentavano un cattivo trattamento loro riservato dalla nazione che, malvolentieri, li ospitava. Fu prorio in questo periodo, che le rispettive nazionali di calcio dei due paesi, si trovarono ad afforntarsi nella semifinale della zona Concacaf ( COnfederation of North and Central America and Caribbean Association Football) per le qualificazioni ai Mondiali di Messico 1970.

Le squadre si affrontarono così il 27 giugno 1969 all’Estadio Azteca di Città del Messico. Il grande stadio messicano fu preso d’assalto da migliaia di tifosi di ambedue i paesi e le autorità locali, al fine di evitare incidenti, disposero che l’impianto venisse presidiato da oltre 5000 agenti di polizia. Nonostante le misure prese, le due tifoserie riuscirono a venire a contatto già dentro lo stadio, specie dopo l’esito della gara. Questa, estremamente combattuta, si concluse 2-2 dopo i tempi regolamentari. All’11’ minuto del primo tempo supplementare Mauricio “Pipo” Rodríguez regalò a El Salvador l’accesso in finale in programma contro Haiti. Al fischio finale, di fronte alla logica esultanza dei supporter salvadoregni, i tifosi honduregni si scatenarono cercando (e riuscendo) di venire a contatto coi “rivali”. L’ingente dispiegamento di polizia non riuscì a bloccare quelli che, da semplici tafferugli, si tramutarono in una sorta di guerriglia urbana, durata per ore per le vie circostanti l’Azteca. Mai si era giunti ad una tale degenerazione per motivi calcistici.

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Per la cronaca El Salvador avrebbe poi vinto la finale (sconfisse Haiti a Port-au-Prince 2-1, ma venne travolto in casa a San Salvador 0-3; nella “bella” però si impose 1-0 nel neutro di Kingston, in Giamaica), volando verso i mondiali. In Honduras la sconfitta contro gli odiati vicini fu recepita come un’ingiustizia sofferta. La sera stessa della partita di Città del Messico il governo dell’Honduras, dove nei giorni precedenti si erano acutizzate le violenze verso i salvadoregni rimasti (inclusi alcuni diplomatici), ruppe le relazioni diplomatiche con El Salvador. La guerra era ormai alle porte.

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La FAS (forza aerea salvadoregna) era dotata di quattordici velivoli tra F-4 U Corsair e Mustang. Il velivolo da me scelto, e’ il Corsair F-4 U D numero di matricola 215. Gli aerei Salvadoregni mi hanno sempre affascinato per le loro mimetiche motlo complesse ed originali, quindi, quale migliore occasione di riprodurne uno in occasione del mini GB Exsotic Plane di Modelling Time?

La mia scelta, e’ caduta sul  modello dalla Tamiya in scala 1/48 e sul set di dettaglio della Verlinden che, nonostante l’eta’, si e’ rivelato davvero bello ed utile. Di quest’ ultimo ho utilizzato il seggiolino, le superfici mobili ed il motore; per il resto la casa giapponese ha fatto un lavoro egregio, sugli standard ai quali ci ha oramai abituati. Il kit e’ davvero ottimo con pannellature finemente incise e precise. La complessa divisione delle ali, fornite separate per permettere al modellista di montarle in posizione ripiegata, mi ha dato qualche pensiero. Dopo qualche prova a secco ho potuto costatare che tutto si incastrava alla perfezione.

Per il foglio decals mi sono affidato all’ ottimo prodotto della Aztec Model (codice 48043) . Alcuni stencil sono risultati un po’ spessi, ma nel complesso, era tutto di ottima qualita’. La chiarezza delle istruzioni un pò meno!

Iniziamo con la costruzione. Quello nella foto sottostante e’ il seggiolino Verlinden. Come potete vedere il pit e’ veramente ben dettagliato, per questo sono stato spinto ad utilizzare quello originale.

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Questi gli interni con il primo passaggio di Interior Green – Gunze H-58.

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Il seggiolino ultimato e completo delle cinture di sicurezza verniciate in Gunze H-310.

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Il motore in resina della Verlinden, completato con i cavetti fonriti in fotoincisione all’interno del set.

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I pozzetti carrello mi sembravano un po’ spogli, ho quindi deciso di dettagliarli con filo di rame, e profilati in Plasticard.

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Sono passato quindi al taglio delle superfici mobili, che ho asportato usando il metodo che consiste nello scavare ulteriormente la pannellatura gia’ esistente sul modello con un incisore,posizionato a 45°. I passaggi dello scriber vanno ripetuti fino al completo taglio della plastica; il taglio che si ottiene è molto preciso. Per completare l’operazione basta rifilare il profilo della parte fissa del piano di coda con una lima a sezione tonda per ricreare l’alloggiamento in cui la parte mobile ruotava.

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Dipinto il motore con varie tonalita metalliche Alclad: Steel, Drak Alluminium e Magnesium.

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Sono passato a rifinire il pit, che vedete nella sua versione definitiva.

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Un altro dettaglio che ho voluto ripodurre sono le canne delle mitragliatrici, che ho realizzato con profilato di alluminio da 1 mm. I pezzi così ottenuti sono stati montati con dello stucco milliput che mi ha permesso di eseguire dei piccoli aggiustamenti per posizionarli in modo corretto.

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Ho dettagliato le gambe di forza con filo di rame di diverso diametro, con il quale ho riprodotto anche le molle di tenzionamento. Con del nastro d’ allumino adesivo ho simulato le fascette di ritenzione dei cavi stessi.

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Ed ora, la fase di verniciatura. Sono partito da una base Alclad Withe Alluminium, data direttamente sulla plastica.

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In previsione di riprodurre le scrostaure,  che su questi aerei erano abbondanti, ho steso sulla base metallica del Maskol picchietttato con una spugnetta.

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Sono passato, poi, a dipingere le superfici inferiori, usando lo Sky Gray Tamiya XF-19. Sul grigio ho eseguito la tecnica del post shading per simulare l’usura della vernice; a tale scopo ho schiarito lo Sky Gray con del bianco opaco e l’ho spruzzato, a bassissima pressione, al centro delle pannellature.

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Per le superfici superiori sona partito dal Tan della Gunze – H-27.

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Su questa base  ho dipinto la mimetica a mano libera utilizzando il Gunze H-312  e l’XF-26 Tamiya (per il verde più scuro).

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Verniciate le walkways in nero opaco e le bande gialle con il Gunze H-329 (Blue Angels Yellow), sono passato alla rimozione del Maskol.

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Quattro mani diluite di trasparente lucido X-22 Tamiya, con l’aggiunta di qualche goccia  Paint Retarder, hanno preparato il giusto fondo per le sopracitate decalcomanie Aztec Models. Ad una ulteriore mano di lucido, che ha sigillato le decalcomanie, hanno fatto seguito i lavaggi ad olio per l’enfatizzazione delle pannellature: per le superfici superiori ho utilizzato il Bruno Van Dyck, per quelle inferiori ho usato invece un grigio medio. Per desaturare decals e colori, ho usato i prodotti decoloranti della True Earth.

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Ed ecco a voi il risultato finale.

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Con questo e’ tutto. Rigrazio tutti quelli che mi hanno seguito in questa avventura, ed in particolar modo Valerio (Starfighter84) che mi ha procurato le decals e che ha “subito” le mie telefonate (in cerca di consigli utili), durante i lavori in corso! Saluti, e al prossimo modello!

Rosario Caminiti.

The Last Gunfighter – F-8E Crusader dal kit Hasegawa in scala 1/48.

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Quando all’inizio del 2012 la community di Modeling Time ha scelto il tema per l’annuale Group Build, ammetto di esserne rimasto entusiasta!

L’argomento, la Guerra aerea del Vietnam, lasciava a tutti gli utenti la possibilità di riprodurre una quantità di velivoli molto vasta.  Basti pensare che il conflitto Vietnamita abbia avuto come protagonisti alcune delle pietre miliari dell’aviazione militare (vedi Phantom, F-5, Mig-21) ed io tra queste ho scelto di rappresentare il Vought F-8E. Il Crusader è stato il primo caccia imbarcato a essere nettamente supersonico con una velocità massima di 1.86 mach; armato con quattro cannoni da 20 mm e un carico bellico di circa 1800 kg , oltre a diventare una buonissima macchina da guerra, fu una delle minacce più pericolose nei cieli del sud est asiatico.

Se la scelta dell’aeromobile da riprodurre è stata da subito molto chiara per me, al momento di scegliere la livrea ho avuto i miei primi dubbi: i Crusader sono stati “decorati” nelle maniere più fantasiose e accattivanti. Alla fine dopo lunghissime ricerche, ho deciso di rappresentare l’F-8E pilotato dal Col. R.F. Conley appartenente al corpo dei Marines e nello specifico al VMF (AW)- 312 “Checkerboards” imbarcato sull’U.S.S. ORISKANY.

Il Kit:

Come da titolo la scatola da me scelta per la realizzazione di questo modello è il nipponico Hasegawa.

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Il kit si presenta nel classico standard (più che buono) anche se, durante le varie fasi di assemblaggio, ho potuto costatare che lo stampo denota il peso degli anni attraverso alcune scelte costruttive un po’ superate. Tra l’altro necessita di alcune modifiche per me obbligatorie per realizzare un modello decente, e di cui parlerò più avanti.

Esso comunque è stato accompagnato da una buona quantità di aftermarket tra cui:

  • Cockpit AIRES (codice 4168)
  • Wheel Bay AIRES (codice 4173)
  • Exhaust Noozle AIRES (codice 4171)
  • Fotoincisioni interior ed exterior EDUARD (codice 48440)
  • Eduard express Mask (codice XF-209)
  • Decals Aeromaster Colorful Crusaders (codice 48568)

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Avevo intenzione di acquistare anche l’Engine duct Bay sempre AIRES, poi ho deciso di rappresentare il modello con l’ala retratta quindi l’acquisto di tale accessorio è stato accantonato.

Tornando a parlare delle modifiche che ho ritenuto necessarie, la più evidente è quella che riguarda il canopy. L’Hasegawa, infatti, non dà la possibilità al modellista di rappresentarlo  aperto e, ovviamente, dopo la significativa spesa per il cockpit è d’obbligo montarlo in quella posizione. Proprio per questo, dopo varie consultazioni sia sul forum di MT che sul web, ho ricreato i due alloggiamenti dove i braccetti della parte vetrata mobile si vanno ad innestare e in cui ruotano.

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Ci sono stati  comunque altri piccoli interventi che però descriverò durante la fase di costruzione.

Costruzione:

Come da buona tradizione Hasegawa, il kit si monta con poche difficoltà anche se alcuni punti necessitano di maggiori attenzioni durante la costruzione. C’è da dire, comunque, che gli aftermarket in resina interferiscono  leggermente con il buon allineamento dei pezzi in plastica. Ad ogni modo il passaggio più critico riguarda, come di consueto nei jet moderni, la caratteristica presa d’aria. Oltre alla difficoltà di stuccare le giunzioni interne del condotto (dove gli spazi sono molto ristretti), il fondo dello stesso è chiuso da una poco realistica paratia in plastica. In realtà, in quella posizione c’era la ventola del primo stadio del compressore che ho deciso di ricreare con del Plasticard e molta pazienza.

Ecco alcune fasi del montaggio:

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Appena conclusa la costruzione del ”gruppo intake” esso è stato incollato ad una delle due valve che formano la fusoliera. Successivamente mi sono dedicato alla deriva: qui è necessario un altro piccolo intervento atto alla rimozione dei due sensori ECM caratteristici della versione J del Crusader (gli stampisti giapponesi hanno erroneamente lasciato questi dettagli); oltre a questo ho ricreato con l’aiuto di un Dremel due piccoli alloggi per le luci di navigazione presenti proprio sopra il timone di profondità. Stando alle istruzioni, l’Hasegawa ha previsto due anti estetiche decalcomanie per la loro riproduzione…. soluzione assolutamente poco consona ad un modello nella scala del quarto di pollice.

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Creando questi due piccoli “invasi”, che poi sono stati riempiti di Microscale Kristal Kleer durante le fasi finali del modello, ho cercato di rendere più realistica tutta la zona.

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Conclusi questi primi “step” ho iniziato ad adattare i pozzetti carrello.

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I pezzi Aires sono bellissimi e curati in ogni minimo dettaglio anche se, come al solito, il loro inserimento all’interno della fusoliera non è affatto semplice.

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La baia anteriore crea meno difficoltà, quella posteriore mi ha portato via un bel po’ di tempo e pazienza visto che risultava sottodimensionata lateralmente.

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Dopo lunghe  e provvidenziali prove a secco ho deciso di aumentare le misure del pozzetto in resina avvalendomi del mio fidato Plasticard: aggiungendone delle striscioline lungo i fianchi ho ridotto ì al minimo il gap che si formava, colmando il restante con il classico Milliput.

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Il secondo aftermarket con cui ho avuto da fare è stato il cockpit che, pur essendo veramente bello, la scarsa comprensibilità delle istruzioni Aires mi ha procurato più di qualche preoccupazione. Per adattarlo all’interno della carlinga bisogna, prima di tutto,rimuovere tutti i particolari in plastica originali.

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L’abitacolo va molto in contrasto con il gruppo presa d’aria che passa sotto di esso e gli lascia poco spazio. E’, quindi, necessario limare la parte esterna del condotto e dargli una forma concava che permetta alla vasca di inserirsi a dovere. Risolto il problema della capienza in altezza, si è presentato quello in larghezza; il cockpit tub è dimensionato male anche longitudinalmente, e questo difetto determina una difficoltosa chiusura delle due semi fusoliere. Di conseguenza ho dovuto ridurre gli spessori della resina lungo le consolle laterali per tentare di recuperare preziosi millimetri.

Oltre questo la paratia posteriore in cui è contenuto il sistema di sollevamento del canopy è troppo sottodimensionata rispetto all’incavo ricavato dal kit.

Ecco alcune immagini esplicative:

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Comunque dopo un lungo lavoro dedicato all’allargamento\assottigliamento di alcune sezioni dell’aftermarket il tutto è andato al proprio posto.

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Dopo di ciò mi sono potuto dedicare alla colorazione del cockpit per il quale ho utilizzato il Tamiya XF-54 come base, che poi è stato lumeggiato con dell’Humbrol H127 corrispondente all’F.S. 36375.

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A parte i “fastidi” causati dal cockpit Aires, gli incastri delle due valve che compongono la fusoliera sono molto buoni e l’unione è facile e veloce.

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Conseguenza dell’età dello stampo, di cui abbiamo già parlato, è anche la finezza di alcune pannellature presenti sotto alla fusoliera. Alcune, purtroppo, si interrompono prima di “chiudersi” oppure sono appena accennate. Tutto questo per dire che, purtroppo, sono stato costretto a reinciderle tutte mediante uno scriber e dei pezzi di nastro Dymo.

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Finita la fusoliera finalmente mi sono concentrato sulla loro unione con le ali. Se, da una parte, le congiunzione della superficie alare e la fusoliera non ha creato problemi di sorta, dall’altra i flaps mi hanno dato dei grossi grattacapi. Gli ipersostentatori si incastrano malissimo nei rispettivi alloggiamenti e, inoltre, vanno rifilati e rimodellati a colpi di lima per evitare che si formino delle vistose fessure rispetto l’ala. Inutile dire che, nonostante le cure, si sono creati comunque dei gap abbastanza estesi….

Oltre a questo, i pezzi sono stampati in modo molto semplificato e non riproducono la struttura interna che è molto evidente sul bordo del flap esteso.

Con l’ausilio del solito Plasticard, ho riprodotto i dettagli sopra citati:

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Finito questo step e sistemate le ultime cose, finalmente il piccolo “Crociato” è pronto per la verniciatura:

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Verniciatura:

Per  questo modello questa volta mi sono avvalso di un aerografo migliore rispetto a quello che generalmente uso per la vernivciatura , un Badger  105 (gentilmente fornito dal nostro utente Garuda, che ringrazio). Devo dire che rispetto ad un classico aerografo low cost ,mi sono trovato catapultato in un altro mondo!

Il kit presenta il classico schema comune tra gli aerei U.S NAVY e MARINES dei tempi, cioè Gull Grey F.S. 26440 per le superfici superiori e il  bianco opaco per le inferiori. I colori che ho sono il Gunze H-325 per il grigio, e il Tamiya XF-2 per il bianco. La tip della deriva, gli strakes ventrali (le pinne stabilizzatrici ndr.), il parabrezza e il pannello antiriflesso proprio di fronte ad esso sono in NATO black Tamiya; il radome (oggetto di molti dubbi e perplessità, visto che lo stesso è stato riverniciato più volte con colori diversi – come evidenziato dalle prove fotografiche) ho deciso di colorarlo con il Tamiya XF-63.

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Per verniciare la zona dello scarico mi sono avvalso delle ottime e ormai indispensabili tinte Alclad che, affiancate allo smoke Tamiya, hanno portato al risultato che vedete in foto:

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Il procedimento da me utilizzato è il seguente: dopo aver mascherato la parte interessata, ho dato una prima mano di White Alluminium Alclad in maniera molto uniforme; successivamente ho “brunito” la superficie con una mano leggera di Steel (sempre Alclad), giusto per dare un primo effetto” cottura”. Continuando ho steso il Pale Burnt lungo le linee dei rivetti per simulare l’effetto delle alte temperature, che poi è stato meglio definito, passando nuove mani mirate di Smoke Tamiya. Per finire una velatura generale di Metal Burnt della serie Metalizer Model Master ha sigillato il tutto.

Supervisionato sempre dall’occhio amico e vigile dei ragazzi del forum, durante la fase di post shading (propedeutica per la simulazione del weathering), gli stessi mi hanno fatto notare che la linea di demarcazione tra i due colori della livrea non era netta, ma leggermente sfumata. Gli aerei imbarcati americani, come ben saprete, avevano una finitura lucida iniziale che tendeva a divenire presto satinata/opaca a causa della salsedine e degli agenti atomosferici. In ogni caso il deterioramento delle superfici dei velivoli era molto meno marcato rispetto gli standard più recenti, per questo ho deciso di limitarmi con l’invecchiamento della mimetica.

Per non esagerare, non ho insistito con la tecnica del post shading oltre questo punto:

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Lavaggi e Decals:

I washing a olio non sono stati molto invasivi (sempre in accordo con quanto detto prima), più che altro necessari per evidenziare il bel dettaglio di superficie del kit e rendere più omogenea la verniciatura del mio Crusader dopo l’effetto del post shading. Le tinte da me scelte sono state complementari ai toni della mimetica, quindi un grigio medio per le superfici superiori e uno chiaro per quelle inferiori.

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Per lo scarico ho preferito il Bruno Van Dick.

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Come detto all’inizio di quest’articolo, per realizzare il mio esemplare mi sono affidato alle decals Aeromaster Colorful Crusaders Pt.8. Come ogni prodotto Cartograf anche le decalcomanie Aeromaster sono ottime, molto sottili, stampate egregiamente e molto coprenti. Reagiscono bene ai liquidi Microscale e si conformano senza troppa fatica alle pannellature. L’unica pecca del foglio è la totale assenza di stencil che, purtroppo, mi ha costretto a prelevarli dalle decal Hasegawa (spesse e con un film molto esteso).

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Dettagli e Finitura Finale:

Dopo quasi nove mesi di altalenante lavoro finalmente sono arrivato alla fine. Generalmente riservo la costruzione del canopy e del seggiolino alle prime fasi del montaggio ma, questa volta li ho tralasciati fino alle ultime battute.

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Al canopy sono stati aggiunti vari dettagli, tra cui il telaio interno Aires cui ho aggiunto la guarnizione inferiore e la parte frontale. Per finire ho incollato anche gli specchietti e le fotoincisioni laterali che rappresentano altri dettagli interni dei frames.

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La finitura finale del modello non è stata omogenea: ho deciso di stendere l’opaco su alcuni pannelli (quelli più esposto all’effetto abrasivo dell’aria e del calpestio degli specialisti) e il satinato (ottenuto miscelando in vari proporzioni il Flat Base Tamiya e il Clear della stessa marca) sulle zone meno esposte.

Un’ultima precisazione la voglio fare per l’armamento, perché il mio Crusader è totalmente sprovvisto di armi. So ch è una scelta abbastanza atipica perché questi velivoli solitamente erano armati di tutto punto…. ma per una sorta di coerenza (volevo rappresentare il modello come se fosse appena tornato da una missione operativa) ho deciso di non montare i due Sidewinder. Chissà… forse il mio Crusader aveva usato con successo i due missili contro qualche Mig vietnamita!

Fatte queste  ultime considerazioni posso mostrarvi finalmente il lavoro completo:

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Carrelli e Scarico:

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Che aggiungere di più? Produrre questo modello è stata forse una delle esperienze modellistiche più impegnative che ho affrontato negli ultimi anni, specialmente perché ho cercato di rendere onore a questo grandissimo aereo dettagliandolo al massimo delle mie possibilità.

Tutto questo è stato possibile grazie all’aiuto degli amci del Forum di Modeling Time (portale che consiglio vivamente sia ai neofiti, sia ai più esperti) che grazie al loro sapiente aiuto mi hanno guidato durante tutte le fasi del montaggio.

Un caloroso saluto a tutti e buon modellismo.

Giuseppe – Snake88 – Virgitto.

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Blue Saint Aggressor – F-5E Tiger II dal kit AFV Club in scala 1/48.

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Ecco finito il primo dei due modelli scelti per il Mini Group Build che, per l’inverno del 2010, ha tenuto occupati tanti utenti del forum di Modeling Time con il tema degli “Aggressor”. Ho scelto di riprodurre un F-5E Tiger II  per provare la nuova scatola dell’AFV CLUB nella scala in 1/48 art.48102 viste le positive recensioni sul kit, e poi perché sono rimasto affascinato dalla mimetica “Blue Saints” dell’Aggressor 01 Bu.No 730865.

A prima vista  il kit si rivela ottimo: plastica buona e non troppo morbida, pannellature e rivettature  precise e finissime, lastrina in fotoincisione per dettaglio canopy e prese d’aria… insomma, ci sono tutti i presupposti per gettarsi a capofitto in questo nuovo progetto! Preso sempre dall’inguaribile “malattia” dell’aftermarket, ho arricchito lo stampo con il cockpit della Aires codice 4483, le wheel bay codice 4490,  gli speed brakes  codice 4491 e il tubo di pitot Quikboost codice 48356.

Qui vorrei aprire una piccola parentesi: la foga iniziale dei set in resina mi ha fatto ricredere sul loro acquisto (tranne che per il cockpit), perchè il montaggio degli speed brakes prevede una modifica dove il rischio di rovinare in maniera permanente la parte da tagliare del kit è alto; ho, quindi, preferito lasciare quelli originali che sono già abbastanza dettagliati. Discorso analogo per i pozzetti carrello poichè,  nel mio esemplare, i vani posti dietro gli aerofreni sono previsti con portelli chiusi. Per il pozzetto anteriore ho deciso di utilizzare quello in resina ma, alla fine, il bel dettaglio interno è stato completamente oscurato dal portellone che a terra è sempre chiuso.

 

Si parte col montaggio del cockpit AIRES, molto bello e semplice da inserire all’interno delle fusoliere. In particolare, tutto il sistema di martinetti e bracci che permettono al canopy di sollevarsi (già molto complesso anche sul velivolo reale), ha messo a dura prova la mia pazienza… comunque, alla fine, ne ho avuto la meglio! Sostituisco il pannello anteriore in resina con quello del kit …. non mi piace il sistema delle fotoincisioni adottate da AIRES per gli strumentini.  Al seggiolino è stato aggiunto il tubo dell’ossigeno e il filo del microfono, riprodotti utilizzando del filo di rame elettrico. Al contenitore per le mappe presente sulla consolle di destra ho cannibalizzato delle microdecals per creare la dicitura “Map Case” che da un tocco di realismo in più al tutto.

Vasca e sedile sono verniciati in Dark Sea Grey XF-54 Tamiya, mentre le consolle, il pannello strumenti e il poggistesta in nero opaco. Un lavaggio ad olio in nero ed un dry brush in bianco hanno dato maggiore profondità ai tanti particolari.

Come detto, il cockpit si monta con relativa semplicità, ma la stessa cosa non si può dire per i portelli del vano armi che la AFV Club ha previsto aperti. Anche le prese prese d’aria e le auxiliary intake soffrono di qualche problema di fitting e, di conseguenza, occorre molto stucco e un’attenta carteggiatura. Queste operazione invasive, purtroppo, hanno rovinato parte del bel dettaglio di superficie e delle rivettature… morale della favola, occorre un successivo lavoro di reincisione.

 I piani di coda sono uniti tra loro e fissati con un piccolo perno in plastica interno che dovrà essere sostituito con uno in metallo (ho usato una graffetta per l’occasione e la punta fine del trapanino), perché troppo debole. La AFV Club ha previsto che le superfici mobili di governo siano fornite separate dal resto del modello e posizionabili a piacimento; almeno in questo caso l’unione delle parti è preciso e non si formano fessure troppo vistose e fuori scala. Il montaggio procede con l’unione del troncone posteriore della fusoliera che è abbastanza problematico. Purtroppo i due pezzi formano uno scalino di almeno 2 millimetri nella parte inferiore della fusoliera, e almeno 1 nella parte superiore. Ovviamente questi dislivelli constringono il modellista ad un tedioso lavoro di stuccatura e carteggiatura… con perdita delle tante rivettature presenti in quelle zone.

 

Perla reincisione della  porzione superiore della fusoliera ho adottato un piccolo stratagemma: con un foglio lucido ho tracciato la linea di pannellatura semicircolare, poi l’ho riprodotta su una scheda di plastica a formare una dima. Successivamente l’ho appoggiata sul modello e sono intevenuto con lo scriber. Per la parte inferiore ho utilizzato il classico metodo del nastro Dymo… e tanta pazienza!

Buoni i carrelli che necessitano solamente di una rifinitura con carta abrasiva per eliminare le linee fastidiose dello stampo. Si migliora il tutto con l’aggiunta di filo di rame per simulare i condotti idraulici. Le gambe di forza e i cerchioni degli pneumatici sono in bianco (ho optato per il Flat White Tamiya) e, successivamente sottoposti ad un lavaggio ad olio in nero diluitissimo. L’opera di miglioramento continua con l’aggiunta di striscioline di Plasticard sui rail alari per simulare le slitte e gli attacchi dei missili,  e con l’antenna VOR/ILS posta alla sommità deriva. Qui l’originale risulta troppo spessa e imprecisa nella forma, quindi meglio usare ancora il  Plasticard sottile e ricostruirla da zero.

Si passa ad un pezzo forte del kit, il canopy. Oltre ai meccanismi complicati di apertura e chiusura, il set Aires fornisce molti dettagli per i frames interni. Consultando a documentazione mi sono accorto di alcuni vistosi dettagli da ricreare: con dei pezzettini di avanzo in fotoincisione ho ottenuto delle “staffe” su cui andrà adagiato un tubo laterale rifatto in filo di rame rigido (posto sul lato destro). Sull’altro lato (a sinistra) l’aftermarket della ditta ceca precede già un pezzo in resina ben particolareggiato. Di seguito ho montato anche la fotoincisione che copre il frame anteriore, quella dove andranno aggiunti anche i due specchietti retrovisori. Come per l’abitacolo, anche il tettuccio è verniciato in XF-54 Tamiya.

A conclusione di questa fase, ho aggiunto il Magnetic Compass (in gran parte autocostruito) al vetrino anteriore.

 

Passiamo ora alla verniciatura. Come detto sopra, il soggetto scelto è l’Aggressor O1 “Blue Saint” e per tale mimetica mi sono affidato,  questa volta, agli smalti Testors/Model Master poichè nella loro gamma sono già presenti le tinte (abbastanza fedeli) pronte per l’uso.

Le corrispondenze Federal Standard per i colori sono le seguenti:

  • 35190 – Model Master 2131.
  • 35109 – Model Master 2031.

Per chi si sentisse più a proprio agio con gli acrilici, in rete ho trovato queste “ricette” per ottenere le esatte tonalità:

  • Light Blue: 85% X-2 + 15% XF-8 (colori Tamiya).
  • Dark Blue: 40% XF-8 + 40% X-2 + 20% XF-60 (colori Tamiya).

 Per dare maggiore brillantezza alle tinte, ho steso su tutto il modello una mano di White Alluminium Alclad come primer. Dopo aver atteso i necessari tempi di essiccazione, ho steso il primo colore della mimetica partendo da quello più chiaro dei due. La tinta è stata schiarita del 15% circa con del bianco per rispettare l’effetto scala. A vernice ancora non del tutto aciutta, ho eseguito un post shading abbastanza esteso su quasi tutti i pannelli.  Ho aggiunto anche altri “spot” con tonalità di azzurro e grigio (ottenute miscelando varie tinte più chiare o più scure alla tinta di base) soprattutto sulle fiancate e sulla deriva per simulare vari ritocchi di vernice che facilmente si potevano vedere anche sul velivolo reale.

Passata la prima fase si procede con la seconda, quella più complicata: la verniciatura con il colore più scuro. La documentazione, durante questo delicato passaggio, è fondamentale per capire al meglio l’andamento della mimetica “tigrata” di questo bellissimo esemplare. Quindi, foto alla mano, ho cercato di riprodurre al meglio le “macchie” mediante l’uso del classico Patafix.

Steso il colore Model Master 2031 (sempre leggermente schiarito), prima che s’asciugasse del tutto e senza aver tolto le mascherature, ho applicato la seconda sessione di post shading schiarendo il colore di fondo sempre in maniera un pò “esagerata”, con gocce di azzurro chiaro e bianco; ho preferito mantenere le mascherature al loro posto per non debordare con gli effetti di invecchìamento sulle strette e articolate macchie in azzurro chiaro già precedentemente “trattate”.

Dopo i soliti e inevitabili ritocchi alla verniciatura, mi sono concentrato sulla zona motori: il terminale della fusoliera  è stata verniciato con l’Alluminium Alclad a cui è stato aggiunta qualche goccia di Dark Alluminium, per i coni di scarico, invece, ho optato per il Dark Alluminium puro. L’interno di quest’ultimi è stato spruzzato con il Jet Exaust e qualche sbuffata di clear blue Tamiya.

Prima di iniziare con i lavaggi e la posa delle decal ho applicato diverse mani di trasparente lucido Gunze H-30. Per i “washing” ho preferito un mix di grigio ad olio non troppo scuro in modo da non appesantire il modello, e di nero diluitissimo per le zone metalliche.

Sigillati i lavaggi con una nuova mano di lucido, ho applicato le decal provenienti dal foglio 48-015 della Twobobs. Le decalcomanie sono sottili ma resistenti, e reagiscono molto bene anche agli ammorbidenti più aggressivi come il Mr, Mark Softer della Gunze. Qualche insegna, a mio avviso, è sovradimensionata ma niente di cui preoccuparsi comunque. L’ultima mano di trasparente ha protetto le decal e ha aperto la strada al montaggio degli ultimi dettagli. I carrelli s’inseriscono a forza nei loro scassi, quindi è meglio assottigliare leggermente i perni per permettere un incastro meno problematico; quello anteriore necessita, inoltre, si un’attenzione maggiore per poterl posizionare in modo realistico: ricordatevi, infatti, che esso è leggermente ruotato in avanti rispetto all’asse verticale del velivolo. Il gancio d’arresto si monta senza difficoltà ed è stato, preventivamente, verniciato in bianco e strisce nere.

Una mano generale d’opaco Gunze H-20 ha dato la giusta finitura al modello ed ha decretato, ufficialmemte, la fine dei lavori!

Ennesimo banco di prova per me nell’uso degli smalti e soprattutto nell’avventurami in questa magnifica mimetica un po’ esagerata nel post come segnalatomi da qualche amico di MT, ma certamente scrupolosa al modello preso come riferimento. La questione post è sempre molto combattuta; diciamo che ho voluto sfidare me stesso in una tecnica molto complicata da gestire e soprattutto senza cadere nell’errore della banalità. Quello che più mi ha interessato, quindi, è stato il dare la “terza dimensione” al modello e di toglierlo dalla piattezza con cui si può cadere quando si affrontano certi lavori, quindi credo che quell’usura accentuata abbia contribuito a mettere ancor più in risalto il bellissimo schema mimetico che il nostro “Blue Saint Aggressor” mostra!

Un ringraziamento và a tutti voi, cari amici di Modeling Time, che mi avete supportato durante tutto il Work In Progress, e soprattutto a MAURO (CoB), uno dei nostri moderatori, che mi ha gentilmente regalato le introvabili decals della TwoBobs per quest’esemplare.

Con questo è’ tutto!

 

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Ciao e B(u)onomodellismoVox a tutti!

Francesco “Bonovox” Miglietta.

Una vecchia gloria…. – F-8E Crusader dal kit Monogram in scala 1/48.

Il perchè di una scelta…

Sono fermamente convinto di una cosa. Non esiste modellista aeronautico “over forty” che non custodisca nell’armadio almeno una scatola di montaggio della Monogram.

Questo marchio statunitense, fino ai primissimi anni novanta, deliziò frotte di modellisti con nuovi standards qualitativi. Quando la maggior parte delle altre ditte offriva ancora delle decals per gli abitacoli, la Monogram realizzava pannelli strumenti e consolles in rilievo, seggiolini degni di tale nome, carrelli estremamente realistici e pozzetti profondi e ben dettagliati. Aprendo una di queste scatole si era sicuri di trovare un bel pilotino (con una tenuta di volo storicamente corretta), la giusta quantità di carichi esterni e almeno due livree tra cui scegliere. Nei modelli di maggiori dimensioni c’era anche uno o più membri del personale di terra, scalette o altri piccoli gadgets sempre apprezzati dai modellisti. Con i suoi prodotti la ditta dell’Illinois ci ha abituati ad aerofreni da montare in posizione estesa, qualche superfice di governo mobile e pannelli delle armi apribili. Molti di questi stampi hanno continuato a godere di un certo successo commerciale sotto il marchio Revell, almeno fino a quando altri produttori hanno proposto gli stessi velivoli con livelli qualitativi più moderni e – soprattutto – con tutte le pannellature riprodotte in negativo. Il trend attuale ha così condannato all’oblio tante delle scatole presenti nei nostri armadi, proprio per i dettagli di superfice riprodotti in positivo. Magari ogni tanto queste scatole sono oggetto di un’apertura estemporanea per fantasticare su versioni e colorazioni, ma poi vengono sempre mestamente riposte per via di quelle benedette pannellature in rilievo!

Dopo questo lungo preambolo avrete capito che di scatole Monogram ne ho più di qualcuna . Da quando nel 2008 ho ripreso a realizzare aeroplani ho sempre convissuto con il rimorso di tutti quei modelli, acquistati talvolta mettendo da parte la paghetta o grazie a regali di genitori e parenti, lasciati nel buio delle loro vecchie scatole. Mi sembrava (e sembra) un inutile spreco e quasi una mancanza di rispetto per oggetti che sono spesso legati a ricordi di un momento o di un  periodo della nostra vita. Magari è anche per questo che non ce ne separiamo.

La reincisione completa mi spaventava, o forse dovevano verificarsi le condizioni ideali perché mi decidessi ad affrontarla. Ecco che su Modeling Time per il GB 2012 viene scelto il conflitto vietnamita. E’ il mio primo Group Build da quando sono iscritto e voglio assolutamente partecipare. Rispolvero il mio vecchio amore per il Crusader, The Mig Master. Ho anche la scusa per acquistare una bella scatola Hasegawa, cockpit Aires, decals aftermarket e tutto quello che serve perché un modellista dei nostri giorni sia pronto ad affrontare la sfida di turno sul proprio tavolo da lavoro. Completato il G-91Y ADV Models e con bel 3 Crusader Hasegawa già in corso di costruzione da parte di altri amici di Modeling Time , non mi andava proprio di “annoiare” tutti con un ennesimo Crociato made in Japan. Quella vocina che continuava a ripetere “reincidi, reincidi, reincidi” è tornata a farsi sentire.  La chiave di volta è stato un saggio consiglio del mio amico Gigi (Moro21) che un giorno mi ha detto  : “Procedi per gradi. Prova prima a reincidere le superfici piane, magari gli alettoni, poi le ali e vedi come viene.”

Ho seguito alla lettera il consiglio di Gigi. Per semplificarmi ulteriormente la vita ho deciso di adoperare come dima le stesse pannellature in positivo presenti sul modello. Sul Crusader sono precise, ben definite e tutto sommato molto semplici nell’andamento e nella forma. Gli amanti del calibro inorridiranno. In questo modo è inevitabile un seppur minimo spostamento di tutti i pannelli.  D’altro canto in soltanto quattro serate di lavoro mi sono trovato a concludere questa fase davvero tediosa.

Dopo aver eseguito lo stesso numero di passaggi (a garanzia di pannellature ugualmente profonde su tutto il modello), con lo scriber (una punta di compasso fissata in un mandrino) ho potuto cancellare i pannelli in rilievo con la carta abrasiva. Per meglio definire i bordi delle incisioni adopero uno stuzzicadenti la cui punta è stata indurita con un velo di ciano.

Un paio di passaggi uniformano i bordi dell’incisione e la puliscono dai residui. Se questo non dovesse bastare una leggera spennellata di Tamiya Tappo Verde ed una successiva seppiatina ridoneranno alla pannellatura la sua dignità modellistica.

Il montaggio: 

Nonostante i miei tempi da bradipo in men che non si dica mi sono ritrovato con il modello cavia reinciso e pronto per l’assemblaggio . A questo punto  – vista la sviolinata iniziale sulla bontà delle scatole Monogram – sono doverose alcune precisazioni. I modelli di questo marchio non sono ovviamente esenti da difetti e imprecisioni. La qualità complessiva delle scatole varia a seconda del modello e della serie. Mentre il top per i velivoli moderni a mio giudizio si è raggiunto con la  Century Series (fatta eccezione per il 104), altri modelli presentano un livello di dettaglio inferiore. Il Crusader rientra tra queste scatole di “fascia intermedia”. Il cockpit presenta un bel pannello strumenti  che ha richiesto solo un attenta verniciatura e un po’ di drybrushing. Le consolles al contrario sono alquanto approssimative.

 Il carrello principale è un po’ troppo basso (si racconta che le misurazioni per i disegni degli stampi siano state effettuate su un velivolo non più operativo con gli ammortizzatori scarichi) ma – soprattutto – la sezione del canopy è più larga del dovuto.  Per limitare i danni ho pertanto deciso di rappresentare il velivolo con il tettuccio chiuso (il difetto si nota soprattutto con la cappottina alzata), pesantemente armato (per giustificane l’assetto seduto) e con le ali ripiegate (opzione gentilmente offerta dalla scatola). L’unica concessione agli aftermarket ha riguardato un bel  Martin Baker in resina  della Cutting Edge ( F-5) che è andato a sostituire quello presente nel kit, per nulla adatto ad un F-8E.

Osservando le foto in mio possesso ho notato che, in parcheggio, il grosso aerofreno ventrale rimaneva quasi sempre aperto. Visto che ormai questo vecchio modello si era trasformato in una sorta di laboratorio, ho deciso di autocostruire aerofreno e relativo pozzetto, adoperando il solito plasticard ed un intera carta di credito. Potete usare la vostra carta scaduta o, ancora meglio, quella di vostra moglie in corso di validità.

E’ stato necessario anche autocostruire i pozzetti  del gancio di arresto e quelli degli attuatori laterali del carrello principale.

Il fantasioso arresting hook presente nel kit è finito nella banca dei pezzi, sostituito da uno realizzato con profilati Ever Green.

Mentre mi arrabattavo per ridare forma alle povere semifusoliere sventrate e martoriate, ho deciso di separare i flaps per poterli posizionare parzialmente abbassati. Per mia fortuna il nostro Andrea (Barlo) aveva appena descritto il metodo da lui adoperato per effettuare un’operazione di taglio chirurgico sulle ali di uno Spitfire MkV. Con il mio incisore Tamiya e le precise istruzioni di Andrea sono riuscito in pochi minuti ad eseguire la separazione delle superfici di governo. Le parti mobili, perfettamente sopravvissute all’operazione, sono state successivamente rifinite e dettagliate nelle sezioni laterali, ben visibili nelle posizioni intermedie.

Continuando a lavorare con l’aerofreno e il relativo pozzetto, ho assemblato i quattro AIM-9D prelevati da un Weapons Set  Hasegawa. Un minimo di dettaglio è stato aggiunto anche nella zona di ripiegamento delle estremità alari.

La presa d’aria, profonda in modo passabile, è stata incollata ad una delle semifusoliere e poi stuccata e carteggiata dallo stesso lato prima di chiudere queste ultime.  Una volta avvenuta tale unione l’altro lato è stato levigato adoperando pezzettini di spugnetta abrasiva incollati su di uno stuzzicadenti.  Le prese d’aria carenate presenti sul cono di scarico, corrette nelle dimensioni con un’abbondante carteggiatura,  sono state forate con un trapanino a mano per conferire alle stesse maggior realismo.

Altro punto dolente del kit è costituito dal parabrezza. I disegnatori hanno deciso di rappresentarlo senza comprendere nel pezzo i frames inferiori che lo vincolano alla fusoliera.  Ho dovuto pertanto incollare il pezzo trasparente senza poter contare sulla provvidenziale “safety line” costituita dal bordino inferiore.

Dopo la necessaria stuccatura non ho potuto fare altro che alzare di circa un millimetro la mascheratura dei frames, a discapito della corretta linea dei trasparenti laterali del windshield. Nella realtà infatti questi sono più bassi del canopy.

La colorazione:

Per la verniciatura del modello sono state adoperate vernici acriliche Tamiya e Gunze. La colorazione ha avuto inizio con un accenno di preshading  effettuato con un grigio medio. Questa tecnica del pre non riesco ancora a padroneggiarla. Tuttavia, avendo per la prima volta adoperato dei rapporti di diluizione più elevati per i colori, su questo modello qualcosa del preshading originario si riesce ad intuire, almeno ad occhio nudo.

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Sono passato poi a stendere su tutte le superfici inferiori, i vani carrelli e le gambe degli stessi il bianco opaco Tamiya (XF-2) . Grazie ai consigli di Valerio (Starfighter84) ed Enrico (Enrywar67) ho diluito il colore con il suo thinner  quasi al 70%. Con una tale diluizione e numerosi passaggi leggeri (intervallati da una manciata di minuti) a bassa pressione, ho ottenuto senza alcuna difficoltà una finitura inaspettatamente setosa e piena, ben lontana dal tipico affetto gessoso di molti opachi di questa marca.

Per il classico grigio gabbiano delle superfici superiori sono passato alla Gunze che realizza il 36440 già in versione lucida (H-315 = FS 16440). Mi sono ritrovato questo colore perché inizialmente avevo programmato di adoperare il bianco lucido della stessa marca per le superfici inferiori. Sono riuscito comunque a stendere questo gray gloss senza problemi, aerografandolo a bassa pressione dopo averlo schiarito con qualche goccia di XF-2.  I soliti salsicciotti di Patafix hanno permesso di ottenere una linea di demarcazione tra i due colori leggermente sfumata e irregolare,  così come riscontrato dalle foto dei velivoli del VF-211.

Ho anche approfittato per adoperare per la prima volta e su superfici limitate i metallici Alclad . Con il White Aluminium sono stati verniciati il cono posteriore della fusoliera e i bordi d’attacco di ali, ailerons e coda. Il solo cono di coda ha poi ricevuto delle velature in Dark Aluminium per “cuocerlo” un po’. Pur con un’esperienza così limitata, non posso non confermare le fantastiche qualità di queste lacche metalliche sia in termini di impiego che di risultato finale.

Con la vernice diluita sempre al 70% ho poi cominciato a lucidare il modello con il trasparente lucido Tamiya (X-22) . I successivi lavaggi sono stati effettuati con colori ad olio diluiti con il Thinner Humbrol. Ho miscelato il bianco e il nero per ottenere due tonalità di grigio. La più chiara è stata adoperata su tutto il modello, la più scura è stata riservata alle superfici mobili.

Il lavaggio è stato rimosso dopo circa due ore con una pezzolina. Per creare un minimo di differenza cromatica con le superfici inferiori ho poi provveduto ad effettuare un drybrushing con bianco Vallejo su pozzetti e carrelli. Il giorno successivo, sfruttando i lunghi tempi di asciugatura degli olii, ho provveduto a “tirare” ulteriormente, con un pennellino 00,  i lavaggi presenti  nelle pannellature.  In questo modo ho attenuato ulteriormente i lavaggi stessi e ho cercato qualche effetto filtro.

Nel passare una successiva mano di X-22 per sigillare i lavaggi mi si è presentato un problema mai riscontrato prima. In alcune zone della superficie sono comparsi – visibili soltanto in controluce – dei piccolissimi aloni translucidi. L’unica spiegazione di questo effetto, coperto dalla successiva mano di trasparente – è di aver esagerato con la diluizione dell’X-22. Troppo diluente Tamiya non è stato evidentemente gradito dagli strati di vernice sottostanti. Per fortuna tutto è filato liscio. La prossima volta però per i trasparenti tornerò a rapporti di diluizione meno estremi e che riesco a gestire meglio.

Le decals:

Il mio esemplare ha indossato i colori del VF-211 per rappresentare la matr. 15092 NP103. Questo velivolo,  ai comandi del Commander Air Group Harold L. Marr, è stato il primo ad inaugurare il mito del Crusader Mig Killer.  Il 12/06/1966 il C.F. Marr riuscì infatti ad abbattere un Mig-17 e a danneggiarne seriamente un secondo.  Il 15092 ebbe però vita breve e nell’ottobre dello  stesso anno , passato in carico al VF-162,  fu abbattuto dalla contraerea nordvietnamita. Il T.V. Leach ai comandi venne fortunatamente recuperato.

Le decals della AVI Print si sono rivelate davvero valide, con un buon potere coprente ed una velocità di adesione quasi eccessiva. Vanno perfettamente d’accordo con Micro Set e Micro Sol. L’unico consiglio che mi sento di dare e di non forzarne la separazione dal supporto di carta. Lasciatele inumidire per bene altrimenti rischiano di rompersi quando le maneggerete.  Questo foglio (48006), pur disegnato per il kit Hasegawa, è stato impiegato senza grandi problemi anche sul Monogram. Il solo intervento di adattamento necessario ha interessato le decalcomanie riproducenti il motivo a scacchi bianchi e rossi simbolo dei  “Fighting Ceckmates”. Ho effettuato alcuni piccoli tagli alle estremità perché le decals si adattassero  al timone di profondità del mio F-8E. Con il solito Rojo Mate (957) Vallejo ho eseguito alcuni piccoli ritocchi al timone e al bordo della presa d’aria. Per la maggior parte degli stencils ho attinto a piene mani dal generoso foglio presente nella scatola del Crusader Hasegawa.

Una miscela di  X-22 e X-21 (Flat Base) ha conferito al modello la sua finitura  finale, volutamente  satinata per simulare il buono stato generale dei velivoli imbarcati, soprattutto nei primi mesi di crociera.

L’ambientazione:

Con una configurazione così particolare questo vecchio Monogram non poteva starsene solo soletto nella vetrinetta. Vinta la mia atavica ritrosia nel dedicarmi alle ambientazioni, sono riuscito a realizzare una basetta lavorando nelle pause tecniche imposte dal modello. Su una cornice di legno ho incollato un ritaglio ricavato da uno dei due fogli Verlinden in cartoncino riproducenti una sezione del ponte di una portaerei moderna. Una generosa mano di Gunze Flat Clear H-20, dato ad aerografo, ha eliminato l’antiestetico l’effetto translucido del cartone. Il modello è stato quindi posizionato su questo minidiorama, accompagnato dagli immancabili fermi alle ruote (ricavati dal solito plasticard) e da un Cat/Ag Officer di provenienza Fujimi.

Conclusioni:

Quello che doveva essere un progetto veloce, volto a sperimentare i risultati di una reincisione  totale, si è poi trasformato in qualcosa di più impegnativo durato circa cinque mesi .

Ci sono stati inevitabili momenti di stanchezza e di sconforto, ma una volta posizionato il modello sulla sua basetta ho provato un senso di soddisfazione del tutto particolare.

Finalmente, dopo oltre 24 anni dal suo acquisto, il mio F-8E Monogram riposa contento nella vetrinetta.

Sono sicuro che ogni tanto lancia al kit Hasegawa la tipica occhiata di sfida che i modelli “montati”  riservano a quelli che giacciono ancora nelle loro scatole.

Attende senza paura un prossimo confronto con il rivale giapponese. Non ne uscirà vittorioso, ma nessuno potrà negargli l’onore delle armi.

Un Ultimo consiglio…

Provate a dare almeno una possibilità ad uno dei vostri vecchi acquisti. Ormai l’avete comprato chissà quanto tempo prima e giace abbandonato tra tante altre scatole. Potrebbe fornirvi l’occasione di sperimentare  nuove tecniche , di lavorare in relax senza il timore di rovinare l’ultimo arrivato, pagato ad prezzo che non rivelereste nemmeno sotto tortura.  Sono convinto che riuscirete ad incidere, tagliare e ricostruire, garantendovi la soddisfazione tutta personale di vedere rinascere ciò che ormai davate per superato.

Qualunque sarà il risultato finale, avrete ridato vecchia linfa ad un qualcosa nato con un solo scopo: essere assemblato per farvi divertire.

Guido Maria SPILLONEFOREVER Brandolini.

Accessories Review – Clark 46 TOW Tractor by Videoaviation.com in scala 1/48.

Normalmente, sulle pagine di Modeling Time, siete abituati a leggere recensioni inerenti nuovi kit di montaggio o aftermarket a essi dedicati. Questa volta è con piacere che esco fuori dalle righe per presentarvi un interessante accessorio che potrà rendere il vostro modello ancor più accattivante e particolare: il trattore aeronautico Clark 46 in scala 1/48 della Videoaviation.com.

Qualche cenno storico è d’obbligo: il trattore Clark, meglio conosciuto come “Clarktors”, entrò in servizio negli Stati Uniti negli anni ’60. Affidabile e maneggevole (era in grado di eseguire curve strettissime e di districarsi in spazi molto contenuti), ebbe una notevole diffusione anche in molte forze aeree dei paesi occidentali diventando comune su quasi tutti gli aeroporti europei. Ovviamente anche l’Aeronautica Militare italiana impiegò con successo questo piccolo mezzo dotato di un robusto e potente motore da sei cilindri raffreddato a liquido. Non sono, infatti, rare immagini dei Clarktors che rimorchiano gli F-86 o gli F-84 dell’AMI… quindi, modellisti italianofili, questo “trattorino” dal caratteristico colore giallo potrebbe fare al caso vostro!

Il kit:

L’articolo della Videoaviation.com (il cui titolare, Maurizio Amelotti, è un affermato reporter e modellista che ha all’attivo svariate ore di volo) è stampato completamente in una resina grigia priva di bolle e di sbavature. La qualità dei circa ventotto pezzi, racchiusi in una solida scatola di cartone, è altamente professionale.

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La progettazione del Clark ha richiesto un anno di lavoro, le parti sono state interamente realizzate con il metodo CAD e il prototipo è stato ottenuto mediante prototipazione 3D: questo vuol dire che, pur essendo un prodotto artigianale, esso mantiene comunque una qualità sopra la media. Analizzando più nel dettaglio il contenuto della scatola, risalta l’attenzione nel confezionamento dei pezzi contenuti in due sacchetti trasparenti “zip-lock”; il pezzo più voluminoso è rappresentato dalla cofanatura motore che è protetta da uno strato di materiale anti – urto e imballata a parte.

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Gli pneumatici hanno un bel dettaglio del battistrada e i cerchioni sono ben particolareggiati. La piastra, che sul mezzo reale era montata davanti al cofano, presenta dei fori di aerazione puliti e perfettamente simmetrici (come già detto, merito della progettazione al CAD); nel foglio istruzioni viene suggerito di “pulire” i suddetti fori con una punta da 1,2 mm ma, anche così, le aperture sono già prive di sbavature.

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A proposito delle istruzioni: è presente un foglio A4 a colori di chiara e facile consultazione.

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Il volantino è, senza dubbio, il particolare più fragile del modello e per questo ne è fornito uno di scorta in caso di rottura. La piantana dello sterzo, invece, è rappresentata da un pezzo cilindrico d’ottone.

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I Clark potevano avere svariate configurazioni dei ganci di traino (molte volte frutto di modifiche fatte in loco direttamente dagli specialisti) che variavano in forma e posizione. La Videoaviation.com ne ha inserite due differenti tipologie per soddisfare qualsiasi esigenza.

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La lunga Towbar è ben stampata e non è soggetta a deformazioni.

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A completare il tutto troviamo due figurini ottimamente scolpiti: il primo può essere sistemato alla guida del trattorino. Per renderlo più realistico, il braccio destro è separato dal corpo per posizionarlo a piacimento, sia sul volante, sia sul copriruota. La testa è ruotata all’indietro verso destra dando l’idea che il conducente stia parlando con l’altra figura in piedi, la seconda fornita.

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In conclusione, questo Clarktors può essere l’accessorio ideale per un piccolo diorama discreto e poco invasivo. Quel tocco in più che può mettere il vostro modello, il soggetto principale, ancor più in evidenza. Oltre che nella scala del quarto di pollice, presto arriveranno le riproduzioni anche nella 1/32 e nella più piccola 1/72. CONSIGLIATO!

Per tutte le info e l’acquisto, cliccate su www.videoaviation.com

Buon modellismo. Valerio – Starfighter84 – D’Amadio.

Decals Review: Afterbuners Decals F-16C/CG 64th Aggressors Squadron in scala 1/48.

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Un po’ di storia.

Il 64th Aggressor Squadron, di stanza presso la Nellis AFB, è una delle unità più particolarie con una storia abbastanza travagliata dell’USAF. Già attivo durante la Seconda Guerra mondiale, alla fine del conflitto fu momentaneamente disattivato per poi tornare operativo nel 1946 come parte dell’Alaskan Air Command. Ebbe un ruolo marginale nel conflitto vietnamita dove, equipaggiato con i Convair F-102A, lo squadron fu incaricato della difesa delle Filippine. Rischierato temporaneamente in Sud Corea durante la crisi del 1968, il 64th fu nuovamente sciolto nel 1969 contestualmente al ritiro dei propio Delta Dagger.

Nel 1972 il reparto ebbe nuova vita quanto, il 15 ottobre, gli furono assegnati diversi T-38 Talon inizialmente destinato al già sconfitto Su Vietnam. Con i nuovi velivoli il 64th iniziò un programma di addestramento alle tattiche e al combattimento aereo manovrato in cui i piloti americani, durante la Guerra del Vietnam, manifestarono delle gravi e preoccupanti carenze. Nel 1988 lo Squadron transitò sui nuovi F-16 A Fightning Falcon sostituendo, di fatto, i T-38 e gli F-5E presi in carico circa dodici anni prima. I continui tagli alla difesa, però, presero nuovamente di mira il reparto decretandone una nuova chiusura già due anni dopo, nel 1990. Attualmente il 64 th Aggressor Squadron è di nuovo operativo dal 2003 con ventiquattro nuovi F-16 C Block 32 e 42 verniciati con delle bellissime mimetiche ispirate ai velivoli sovietici e del blocco dell’Est.

Le decals.

Con passare degli anni, vari camouflage sono state applicati a questi velivoli e, attualmente, credo che siano tra i più affascinanti. Per realizzare un F-16 Aggressor del 64th Squadron, ci viene incontro un fantastico e completo set di decals, prodotto dalla nota Afterburner Decals. E’ disegnato per i kit Tamiya 1/48, specificatamente per i Block 25/32/42.
A distanza di poco più 3 mesi del rilascio, il set è già diventato molto difficile da reperire…. quindi, nel caso foste interessati, affrettatevi ad acquistarlo!

Il set,(codice 48-085) vè confezionato nella classica bustina trasparente, in formato A4. Al suo interno troviamo i due fogli di decals e numerose “schede” a colori, stampate su fronte/retro, con le relative istruzioni.

Nel primo foglio troviamo i vari markings e codici di reparto, mentre nel secondo sono presenti le walkways e gli stencils di manutenzione.

Da notare la presenza di un “bonus” con la possibilità di realizare ben due modelli (con la scelta di 3 versioni) nella scala 1/32.

Le decals sono stampate dalla nostrana Cartograf, che si sa, ha differenti range qualitativi a seconda delle richieste del committente.Su questo prodotto,però, non ci sono appunti da fare: le decals sono impercettibili al tatto e ciò conferma lo spessore ridotto al minimo. Altra nota positiva riguarda i colori, saturi e ben riprodotti.

Gli schemi proposti sono Artic, Blue Flanker, Desert Flanker, Lizard ed il nuovissimo ed unico schema Blizzard.Per ogni mimentica troviamo le referenze con i Federal Standard e il colore abbinato del pitot.

Sono presenti anche vari riferimenti e suggerimenti che ci aiutano a non commettere errori districandosi tra i vari Block costruttivi del Viper (25/32/42). 

Le versioni proposte sono ben venticinque ed ognuna di esse, nelle istruzioni, è completata con una “modeller’s note” dove vengono illustrate particolarità (con tanto di data delle modifiche eseguite!) di ogni singolo esemplare. Davvero utile e interessante!

Le possibili versioni da realizzare sono le seguenti:

 

ARTIC:

  • F-16C Block 32, 86-0280, Red 80, 64th AGRS COMMANDER, 2012
  • F-16C Block 32, 86-0273, Red 73, 2012

 

BLUE FLANKER:

  • F-16C Block 25, 84-1244, Red 44, 57 th ATG COMMANDER, 2012
  • F-16C Block 25, 84-1301, Red 01, 2012
  • F-16C Block 25, 85-1418, Red 18, 2012
  • F-16C Block 32, 86-0251, Red 51, 2012
  • F-16C Block 32, 86-0271, Red 71, 2012
  • F-16C Block 32, 86-0273, Red 73, 2009
  • F-16CG Block 42, 88-0548, Red 48, 2009
  • F-16CG Block 42, 90-0727, Red 27, 2008
  • F-16CG Block 42, 90-0740, Red 40, 2008

 

DESERT FLANKER:

  • F-16C Block 32, 87-0307, Red 07, 2007
  • F-16C Block 25, 84-1220, Red 20, 2012
  • F-16C Block 25, 84-1236, Red 36, 2012
  • F-16C Block 32, 86-0269, Red 69, 2008
  • F-16C Block 32, 86-0283, Red 83, 2009
  • F-16C Block 32, 87-0267, Red 67, 2009

 

LIZARD

  • F-16C Block 32, 86-0280, Red 80, 64th AGRS COMMANDER, 2010
  • F-16C Block 32, 86-0272, Red 72, 2007
  • F-16C Block 32, 87-0307, Red 07, 2004
  • F-16C Block 32, 86-0220, Red 20, 2012
  • F-16C Block 32, 86-0272, Red 72, 2012
  • F-16C Block 32, 86-0299, Red 99, 2012
  • F-16C Block 32, 87-0321, Red 21, 2012

 

BLIZZARD

  • F-16C Block 32, 86-0269, Red 69, 2012

E qui le versioni proposte in scala 1/32:

  • F-16C Block 32, 86-0280, Red 80, Artic , 64th AGRS COMMANDER, 2012
  • F-16C Block 25, 84-1244, Red 44, Blue Flanker, 57th ATG COMMANDER, 2012
  • F-16C Block 32, 86-0269, Red 69, Desert Flanker, 2008

Alcune unità le troviamo riproposte in diverse mimetiche, a seconda dell’anno; ad esempio, l’esemplare 86-0280 è presente sia in mimetica Lizard (2007) sia in quella Artic (2012). Come ricordato anche nel foglio di istruzioni, le decalcomanie sono progettate ed indeate su base del kit Tamiya in scala 1/48. Niente paura per i possessori del vecchio stampo Hasegawa: le insegne sono facilmente adattabili ma si dovrà tenere a mente che la IRF Doors (In Flight Refuelling) e le walkways saranno sottodimesionate.

Considerando il numero di stencil a disposizione, è possibile realizzare ben 3 velivoli completie, aggiungendo quelli presenti nei kit di montaggio, le possibilità si espandono ulteriormente. Senza contare, poi, le decal “bonus” in 1/32! Questo set ha un costo di circa 20 Dollari statunitensi, prezzo che, a mio parere, è ottimo considerando che in commercio esistono prodotti più “blasonati” a costi più alti e di qualità inferiore. Lo consiglio vivamente a chi volesse realizzare un Viper in versione Aggressor.

Piccola curiosità riguardante l’esemplare 84-1220 in mimetica Desert Flanker: sul portello del carrello anteriore troviamo la dicitura “To punish and enslave” (l’opposto del classico “To serve and protect” delle volanti della Polizia americana) con tanto di simbolo dei “Decepticons”, chiaro riferimento al film “Transformers” di Micheal Bay  dove a mostrare quel “logo” è appunto il Transformers “cattivo” Barricade (avente le sembianze di una Mustang della Polizia). Insomma, una vera chicca!

Buon modellismo a tutti!!!

Carmine “ilGamma” Gammarota.