giovedì, Luglio 10, 2025
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La strega di Villafranca. F-104 G “The Witch” dal kit Esci in scala 1/72.

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Quella degli “Special Color” in Italia, è una tradizione relativamente recente. Essa, infatti, ha inizio negli anni ’70 quando già nella maggior parte delle aeronautiche estere la pratica era ben diffusa. Mai visti di buon grado dallo stato maggiore, gli “special” sono stati spesso oggetto di divieti, e sicuramente mai approvati dalle alte sfere anche se spesso è stato attuato il famoso principio “occhio non vede, cuore non duole”. Con il decreto n°202 del 1991 in materia di bassa visibilità, questi esotici schemi commemorativi hanno incontrato un ulteriore ostacolo alla loro proliferazione ma, per fortuna, grazie alla grande dedizione e fantasia di tecnici e specialisti possiamo ancora ammirare dei velivoli con colorazioni di grande effetto.

Il modello:

C’era una volta un F-104 che giaceva lì, semi-montato e lasciato non si sa da quanto tempo nel magazzino pezzi… Vabbè, la sto facendo un po’ fiabesca, ma la storia comincia veramente così! Ad ogni modo mi dispiaceva vedere quello “spillone” così abbandonato, ancora di più per il fatto che il modello in questione è un kit della oramai defunta e quasi introvabile Esci. Senza avere una precisa idea sulla sua finitura finale, mi sono comunque deciso a completarlo aspettando magari un’ispirazione in corso d’opera. Nonostante la sua età il kit Esci è sicuramente una delle migliori riproduzioni in scala dell’F-104, e la sua bontà è sottolineata ancora di più dalla recente acquisizione dei vecchi stampi da parte dell’Italeri. Tra i vari esponenti delle correnti di pensiero modellistiche c’è anche chi afferma che l’Esci sia addirittura migliore del kit Hasegawa, poiché esso rappresenta più accuratamente le linee generali del velivolo e le sue pannellature. Non è di sicuro questo lo spazio migliore per aprirne un dibattito ma se posso esprimere un giudizio, il mio voto va sicuramente al modello giapponese. Ad ogni modo l’assemblaggio del kit italiano procede senza grandi difficoltà di sorta, i vari pezzi combaciano quasi alla perfezioni limitando molto l’uso dello stucco. La scomposizione delle parti riflette una scelta abbastanza logica e vede il muso, il tronco centrale e le ali unite in un solo blocco mentre il tronco di coda è separato dal resto. Colto da un attacco improvviso di pigrizia ho preferito trascurare un pochino l’abitacolo, limitandomi a verniciarlo interamente in Netrual Grey. La palpebra sopra al cruscotto è invece in Olive Drab, mentre la parte superiore del vano avionica alle spalle del pilota in Extra Drak Sea Grey. La strumentazione è stata recuperata dall’inesauribile e quanto mai utile cassettino delle “spare parts”. L’unica modifica apportata al cockpit ha riguardato il seggiolino GQ.7A: quello presente nel kit Esci riproduce un Lockheed C.2 che, seppur abbia equipaggiato i ‘104 A.M.I. delle prime versioni, è stato quasi subito sostituito con il Martin Baker. Quindi ho recuperato un sedile avanzato da un precedente assemblaggio di un Hasegawa ed ho asportato dalla base circa 2 mm di plastica in eccesso che lo rendeva sovra dimensionato per la sua sede. Dopo aver verniciato l’imbottitura in Olive Drab e il resto della struttura in Flat Black, ho provveduto a evidenziarne i dettagli con un leggero dry brush in grigio chiaro, ad aggiungere le leve di espulsione foto incise e a dotarlo delle cinture di sicurezza riprodotte con striscioline sottili di nastro adesivo da carrozziere. Prima di chiudere la cabina di pilotaggio, ho aggiunto l’Head Up Display sul cruscotto e sottoposto il canopy al solito bagno nella cera Future per esaltarne la limpidezza. A questo punto il modello è stato lucidato con un’abbondante passata di pasta abrasiva SBM e ultimato per la stesa del primer di fondo.

Colorazione:

Scartabellando tra la moltitudine di fogli decalcomanie accumulati in anni di folle shopping, ho ritrovato un paio di articoli riguardanti gli special color dell’aeronautica: il 72561 della Tauromodel e il 72042 dell’Americana Cutting Edge. Tra le varie opzioni, entrambi permettono di riprodurre il famoso “The Witch”, uno dei più bei “special” (se non il più bello) mai realizzati. L’F-104G M.M.6579 (ex 3-42) fu dipinto in occasione del raduno del 28° gruppo del 3° stormo caccia ricognitori dell’A.M. sulla base di Verona – Villafranca il 2 Dicembre 1989, e su gran parte della coda presentava un’enorme “strega”, intarsiata in una miriade di stelline, che scendeva in picchiata… ovviamente sulla sua scopa! Il velivolo vedeva il suo muso verniciato in Lemon Yellow, la parte centrale della cellula in Bianco Lucido Alta Brillantezza ed il terminale in Nero Lucido. A questo punto vale la pena fare una piccola recensione delle decals in mio possesso, giusto per esaltarne pregi e difetti e lasciare a voi qualche consiglio utile:

Tauromodel: Gli adesivi Tauro presentano delle istruzioni molto dettagliate con spaccati completi nelle cinque viste che agevolano non poco il posizionamento delle suddette stelline. Non molto sottili a dir il vero, hanno suscitato in me più di qualche dubbio sull’effettivo potere coprente delle insegne poiché molte di esse, soprattutto la streghetta andranno poste sulla superficie nera. In compenso la quantità di stelle a disposizione permette di stare un po’ più tranquilli e rimediare alle sempre in agguato rotture.

Cutting Edge: Il foglio statunitense è quello da me scelto per la riproduzione, forse anche per la curiosità di costatare la sua fattura. Il potere coprente è davvero buono e l’adesione è ottima. Nonostante tutto le decals sono veramente molto fragili, le stelle a disposizione sono poche e per concludere il lavoro bisognerà attingere da un altro foglio della medesima ditta o dal Tauro. Oltretutto le istruzioni accluse non sono assolutamente sufficienti e riportano una singola vista (quella sx) del velivolo. Suggerisco inoltre di dare una passata di trasparente lucido alle decal per sigillarle meglio ed evitare che le stesse si sfaldino una volta immerse in acqua.

In conclusione posso affermare che il proverbio “mogli e buoi dei paesi tuoi” non sbaglia mai, quindi mi sento di scartare prontamente il prodotto americano o al massimo, di integrarlo con quello Tauro e avere un giusto mix.

Tornando alla verniciatura il primo colore steso è stato il bianco, “prolungato” anche alla zona dell’abitacolo per creare un fondo appropriato all’adesione del giallo limone. L’ultimo colore è stato il nero. Particolare attenzione va messa nel realizzare le mascherature poiché queste dovranno aderire bene alla superficie per evitare che le linee di divisione delle vernici non siano nette e si accentui il difetto a causa dell’elevato contrasto tra le tinte: allo scopo basterà dirigere il getto dell’aeropenna meno perpendicolarmente possibile alle maschere e non diluire eccessivamente il colore. Le antenne UHF sul dorso, sulla pinna ventrale e sotto al cockpit sono state verniciate con il Yellow Green della Tamya, ma qui mi duole affermare che forse il tono della vernice non è proprio fedele a quello originale. Ad ogni modo per non buttare il lavoro di qualche mese e proprio perché non è facile determinare il colore a causa dell’effetto di scolorimento degli agenti atmosferici, ho preferito lasciare tutto così com’è… spero che nessuno me ne vorrà! I pozzetti carrello con le relative gambe di forza e i cerchioni sono in Alluminio mentre gli pneumatici in Flat Black.

Infine mettetevi l’anima in pace e armatevi di tanta pazienza per collocare correttamente e senza sgradevoli lesioni la “mitica “ strega. Io personalmente sono stato vittima di questo inconveniente e alla fine costretto a utilizzarne due per riparare i danni… per fortuna avevo a disposizione un foglio di riserva.

Senza dubbio il modello finito fa la sua scena, catturando l’attenzione con quella sua strana e affascinante livrea. Di sicuro non stonerà tra quella massa di piatti e poco entusiasmanti schemi mimetici imposti dal diktat del low visibilty. Buon Modellismo a tutti!

Starfighter84.

Tabella Riferimento Colori:

Federal Standard Color

Gunze

Tamya

Bianco Alta Brillantezza

17875

H-21

X-2

Nero Alta Brillantezza

17038

H-2

X-1

Giallo Limone

33655

X-3

Yellow Green

33481

XF-4

Extra Dark Sea Grey

36118

H-333

XF-8

Netrual Grey

36270

H-306

XF-20

Olive Drab

34087

H-304

XF-62

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Legolas e Gimli.

La pittura di una miniatura è senza dubbio preceduta dalla sua pulizia e dalla rifinitura con stucco (green stuff) e eliminazione delle linee dello stampo.

Attaccare alla basetta la miniatura può essere comodo per poterla maneggiare o dipingere appoggiata a qualcosa.

Una volta completata questa fase, si può passare la prima mano di vernice che farà da base alle successive. C’è chi usa il bianco (rendendo i successivi colori più brillanti) , c’è chi usa il nero (per renderli più opachi), a seconda delle miniature uno uno o l’altro colore.

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Le mani successive di colore saranno date secondo il vostro gusto. l’importante è avere ben chiaro in mente che certi colori hanno bisogno di più passate e altri meno. Certi colori o parti del corpo sono l’insieme di più tipi di pittura o colori.

In questa miniatura ho usato Acrilici e Inchiostri.

Le prime mani anche se grossolane sono utili per definire i colori principali degli indumenti, della pelle, e degli accessori.

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Certi colori hanno bisogno di più mani per essere più profondi o più naturali. Per esempio il colore del cavallo non sarà mai di un unico netto colore, per renderlo più naturale ho utilizzato varie sfumature di colore per creare ombre e sovrapposizioni per creare profondità. La stessa cosa in genere la faccio con i vestiti, accentuando le ombre nelle parti incavate (quindi con colori più scuri) e le parti più illuminate con colori leggermente più chiari.

Considerate comunque che come ogni opera artistica, potrete inventarvi le vostre tecniche e esasperare questi consigli, arrivando a pitturare stile fumetto manga con le parti illuminate di bianco e le parti oscure di nero.

Una tecnica incredibilmente utile e che trasforma radicalmente le vostre miniature in piccole opere simili alla realtà , è quella del bagno d’inchiostro (tranquilli non è proprio un bagno!). In pratica si prende un inchiostro del colore desiderato e si passa con un pennello sulla miniatura per lasciare delle minuscole linee o minuscoli aloni che redonoevidenti le piccole ombre e le espressioni del viso. Mi raccomando non esagerate!!! Ma non preoccupatevi se vi accorgete di aver usato troppo inchiostro, potrete bagnare nell’acqua un pennello pulito e rimuoverlo facilmente (anche dopo mesi).

Lord of the Rings Miniatures

Nella foto precedente mostro come una volta completata la pittura, sia buona norma abbellire la basetta secondo un colore prestabilito o con materiali inerenti a un diorama nella quale la miniatura verrà posizionata.

Lord of the Rings Miniatures

Qui potete vedere Legolas e Gimli in un minuscolo diorama realizzato con una basetta di faesite, sabbia, polistirolo, erba sintetica, vinavil e un po di fantasia!!

Ciao e alla prossima!

Lord of the Rings Miniatures

Lord of the Rings Miniatures

Lord of the Rings Miniatures

A-129 Mangusta – Dal kit Italeri in scala 1/72.

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Nel 1972 l’Esercito Italiano sentì l’esigenza di disporre di un mezzo aereo idoneo alla lotta controcarro, e cominciò a studiare la possibilità di sviluppare un elicottero leggero che rispettasse i requisiti imposti dalla normativa Nato MIL-STD-1290. Questa soluzione era già stata considerata dai progettisti dell’Agusta, che avevano ipotizzato la costruzione di una nuova macchina. La prima bozza, denominata A-119, era basata interamente sulla cellula dell’A-109 con alcune significative modifiche quali l’allungamento della fusoliera, l’installazione di una nuova e più appropriata avionica, oltre alla realizzazione d’attacchi subalari per l’armamento. Dopo vari studi, il programma fu definitivamente abbandonato ed al suo posto la ditta varesina presentò un elicottero di nuova concezione, l’A-129. Il neonato velivolo rispondeva pienamente alle specifiche richieste dalla DGCA (Direzione Generale delle Costruzioni ed Armamenti del Ministero della Difesa, meglio conosciuto come Costarmaereo), e fu subito ordinato un primo prototipo per valutarne le capacità di volo e d’attacco al suolo. Inizialmente l’Agusta pensava di dotare il nuovo elicottero di un cannone da 20 mm posto su una torretta mobile del tipo usata sull’AH-1G (Emerson Mini Tat), ma i vertici dell’allora ALE (Aviazione Leggera Esercito) preferirono dotare il Mangusta di un armamento specifico per la lotta controcarro, con quattro lanciatori binari per un totale di otto missili filoguidati Hughes BGM-71A, Tow e tubi lanciarazzi da 81 mm compatibili per munizionamento da 70mm. Il primo volo del prototipo avvenne l’11 settembre del 1983, mentre il primo esemplare di preserie decollò il 22 luglio 1988. Dal 6 ottobre del 1990 l’Aviazione dell’Esercito poté operare con i primi A-129 entrati in servizio attivo. Così come per il velivolo reale, cui manca ancora quel successo commerciale che meriterebbe, anche modellisticamente parlando il Mangusta non è un soggetto particolarmente seguito dalle ditte del settore, tanto che, fino a poco tempo fa, per riprodurne una copia in scala ci si doveva affidare solamente ad una totale ed impegnativa autocostruzione. Ad essere precisi qualche anno fa apparve, su alcune riviste straniere, la recensione di un kit in scala 1/72 dell’A-129 Mangusta dotato di cannone e realizzato da una ditta della Cina Popolare, la Concord Model. Questo kit sul mercato europeo arrivò solo in pochissimi articoli, rendendolo in pratica solo un oggetto del desiderio. Fortunatamente il 1999 ha visto un’inversione di tendenza, con l’immissione sul mercato di ben due kit di questa bella realizzazione italiana nella classica scala 1/72. Prima in ordine di apparizione, la Curnamodel con un’interessante riproduzione in resina, e subito dopo un pratico e più economico kit della Italeri ad iniezione, scelto subito per questa riproduzione.

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Un’accattivante e suggestiva box-art di un Mangusta in hovering, ci introduce la robusta scatola contraddistinta dal numero di catalogo 006. Al suo interno possiamo trovare due stampate di plastica verde oliva, per un totale di circa 79 pezzi. Completa la dotazione standard la stampata trasparente del tettuccio, il foglio decals e le immancabili istruzioni. Il dettaglio delle pannellature è realizzato in fine negativo mentre le rivettature in positivo. Come consuetudine per la maggior parte dei modelli in scala, si è intrapreso il montaggio partendo dalla zona abitacolo discretamente realizzato. Questo si compone di una vasca completa di consolle laterali, due cruscotti, altrettanti seggiolini con cinture in rilievo, una cloche e il “joystick” dell’operatore addetto ai sistemi d’arma. Facile da assemblare, lo stesso è stato migliorato, in mancanza di adeguati set, con l’aggiunta di alcuni dettagli allo scopo di renderlo più fedele alla realtà. Tali interventi hanno riguardato principalmente l’autocostruzione delle pedaliere, ottenute ritagliando quattro piccoli quadratini di plasticard e l’aggiunta delle due leve del collettivo e del passo ciclico ricavate con dello sprue filato a caldo. La zona abitacolo è stata dipinta in Verde Oliva (lo stesso colore impiegato poi per la verniciatura esterna), mentre i pannelli strumenti, le consolles laterali, la parte superiore dei cruscotti, le corazzature laterali dei seggiolini e le cinture di sicurezza degli stessi sono in Nero Opaco. Per quanto riguarda la strumentazione, ci si è affidati a quella presente nel foglio decals in dotazione al kit. Una volta ultimato, il tutto, è stato inserito nell’apposito alloggiamento in fusoliera, ed a questo punto si è provveduto ad unire le due semifusoliere, senza però dimenticarsi di aggiungere l’elemento 11B, operazione questa che non presenta problemi grazie anche alla quasi perfetta adesione delle stesse, tanto che il ricorso allo stucco è praticamente inesistente. Terminata questa fase si è proceduto all’assemblaggio vero e proprio. Stravolgendo l’ordine cronologico indicato nelle istruzioni, si è passato direttamente al montaggio del tettuccio trasparente. Questa scelta è stata dettata da un fattore di praticità, infatti, non avendo l’ingombro dei carrelli e dei piloni, si è potuto stuccare e lisciare il tettuccio senza l’assillo di pezzi sporgenti propensi al facile distacco, o, ancor peggio, alla rottura.

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Ben riprodotto il gruppo turbine, scomposto in cinque pezzi più le due prese d’aria, cosi come il rotore. Il solo intervento richiesto è stato quello di piegare leggermente le pale verso terra, al solo scopo di dargli un aspetto più realistico. L’intero lavoro è stato ultimato con il posizionare i piloni, le varie antenne ed i sensori, mentre l’armamento, composto dai due tubi lanciarazzi da 70 mm e dagli otto contenitori per missili Tow, si è preferito montarlo a verniciatura effettuata. Gli elicotteri in servizio con l’Aviazione dell’Esercito, vestono una livrea interamente Verde Oliva, fatto questo che farebbe pensare ad un’operazione di verniciatura piuttosto facile. Per renderla effettivamente facile bisogna però preparare accuratamente il modello, iniziando dalle stuccature che dovranno essere ben lisciate. Dopo aver adeguatamente mascherato l’ampio trasparente, si è poi passata su tutto il modello una mano di fondo in Grigio Chiaro. Questo oltre a mettere in luce eventuali imperfette stuccature, fornisce anche un’ottima base per la successiva verniciatura. Per il modello, sono stati usati gli smalti Humbrol, ed in particolare il numero 196 per il Grigio ed il 155 per il Verde Oliva, mentre per le pale del rotore principale e di quello di coda si è utilizzato il Nero Opaco numero 33. Una successiva mano di trasparente lucido ha permesso di preparare il modello per il posizionamento delle decals. Il foglio a disposizione permette di riprodurre due elicotteri con le insegne dei soli reparti che lo hanno in linea e cioè, il 7° Reggimento Elicotteri d’Attacco “Vega”, basato sull’aeroporto “Francesco Baracca” di Casarsa delle Delizie (Pordenone) ed un esemplare in dotazione al Centro Aviazione dell’Esercito con base a Viterbo. L’esemplare riprodotto appartiene al primo reparto, contraddistinto dalla caratteristica insegna di coda. Posizionate le decals, è stata passata una seconda mano di trasparente lucido, seguita da un’ulteriore di trasparente opaco, in modo da dare all’intero modello la giusta finitura. Il lavoro si è concluso con l’assemblaggio dell’armamento e dei due rotori.

Sicuramente l’Italeri ha messo a disposizione dei modellisti un buon kit, che se costruito da scatola, ben rende giustizia a questo elicottero tutto “made in Italy”, ma che offre, agli amanti del superdettaglio, un’ottima base di partenza per una realizzazione super, con il vantaggio di un prezzo d’acquisto veramente popolare.

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Gli Attrezzi del Mestiere.

Magari i modellisti più esperti non leggeranno nemmeno queste poche righe, ma l’articolo che segue è indirizzato soprattutto a tutte quelle persone che si avvicinano solo adesso al mondo modellistico. Gli attrezzi base per il modellismo plastico non sono molti, e al contrario di quello a cui pensate, molti di essi sono già facilmente reperibili in casa oppure in qualsiasi ferramenta o Brico Center. La lista che elenco qui sotto rappresenta secondo me gli strumenti indispensabili atti ad iniziare l’attività di modellista.

Taglierino: il taglierino viene usato praticamente in ogni fase di montaggio. Esso serve per separare i pezzi di plastica dal master principale, tagliare, incidere e molto spesso asportare materiale in eccesso.

Pinzette: Ideali quelle usate dalle signore per la cosmesi. Il consiglio che posso darvi è quello di non sottrarle alle vostri mogli, fidanzate, mamme ecc. ecc… Alcuni dei modellisti che hanno tentato il piccolo “furto” oggi non hanno la fortuna di poterla raccontare…! Scherzi a parte, le pinzette hanno la funzione di maneggiare piccoli pezzi, incollare gli stessi o applicare decals. Sarebbe bene procurarsene una a punta quadra per le decalcomanie, ed una a punta acuminata e curva per maneggiare le parti minute.

Forbici: Anche loro hanno svariate funzioni ( ad esempio ritagliare le decals prima di immergerle in acqua). Anche in questo caso è indicato averne due, una del tipo da unghie ed una più grande per i tagli più “duri”.

Lime: Fondamentali per i lavori di rifinitura, asportazione, pulizia pezzi da sbavature o imperfezioni o livellamento di parti incollate. Si trovano anche nei comuni Brico Center come precedentemente accennato, ed è opportuno averne un grande numero di forme e misure. Sconsigliabile l’uso di quelle a grana grossa o da ferro, i cui effetti potrebbero essere devastanti! Si possono usare anche le lime di cartone da unghie. Esse infatti hanno il vantaggio di avere un costo contenuto e di essere più efficaci in particolari situazioni in cui serve una maggiore abrasione.

Spilli: Fissati ad un piccolo mandrino possono essere utilizzati per eseguire dei fori, previa il loro riscaldamento sulla fiamma di una candela. Sono economici, pratici e poco invasivi sulla plastica se opportunamente maneggiati.

Pennelli: Altro strumento fondamentale. Se ne deve possedere almeno uno con setola n°000 per i dettagli degli abitacoli, fino ad arrivare al n°6 o 7 per stendere il colore sulle grandi superfici. Meglio averne pochi, di buona fattura e che non lasciano peli, piuttosto che averne tanti ma che rischiano di rovinare tutto il lavoro. Quando vedrete il vostro modello deturpato da un pennello di infima qualità… vi verrà il desiderio di acquistarne uno da almeno 12 euro! La loro pulizia è importante, quindi usate sempre lo stesso diluente dei colori che avete utilizzato.

Carta Abrasiva: Altro strumento fondamentale per il modellista. Serve per carteggiare e lisciare lo stucco, oppure pulire i pezzi in modo più delicato grazie alle varie gradazioni di granulosità disponibili in commercio. Si va infatti dalla 1200 (utilizzabile addirittura per lucidare), alla 280 ruvida quasi come carta vetrata da muro. Consiglio l’acquisto di un foglio per ognuna delle seguente gradazioni: 280, 400,600, 800, 1000 e 1200. Sopra alla 1200 devono essere ordinati presso un negozio specializzato poiché non risultano di facile reperibilità sul mercato “di tutti i giorni”.

Pasta Abrasiva: Dopo la lisciatura dello stucco, ad esempio, spesso la plastica rimane rigata ed opaca e se si passa sopra una mano di vernice l’irregolarità della superficie risalterà subito agli occhi. Per ripristinare la lucidatura ed eliminare eventuali difetti di stuccatura, l’uso della pasta abrasiva è fondamentale. Allo scopo consiglio l’uso di quella prodotta dalla SBM del Sig.re Stefano Bagnasco, o della Tamya Rubbing Compound. Sconsigliabile l’uso della pasta da carrozzieri poiché contiene sostanze che aggrediscono e sciolgono la plastica.

Stuzzicadenti: Non se ne hanno mai abbastanza! Servono per stendere o eliminare colla o stucco in eccesso oppure sostenere pezzi come ad esempio i pneumatici dei carrelli utilizzando come perno il foro nel mozzo.

Mollette da bucato ed elastici: Hanno entrambi lo scopo di tenere unite le parti incollate ma, mentre le mollette esercitano una forte pressione, gli elastici sono indicati per le zone più delicate e soggette a rotture.

Nastro Adesivo: Utile quello in carta da carrozziere od anche quello specifico da modellismo. Serve per mascherare le parti che non devono essere verniciate o proteggere zone dallo stucco e dalla conseguente lisciatura. Prima di applicarlo sulla vernice è meglio ridurre il suo potere adesivo attaccandolo e staccandolo più volte dal dorso della mano.

Plasticard e Plastirod: Il plasticare sono dei fogli di plastica di vario spessore commercializzati in tutti i negozi di modellismo. Sono utilizzati per riempire fessure troppo profonde oppure per ricostruire completamente dei particolari assenti nel kit. Il solo svantaggio risiede nel costo… quindi se non volete spendere troppi soldi potete anche utilizzare le comuni schede telefoniche. Per plastirod si intende invece dei profilati con sezione di varie forme tra cui tonda, quadrata ecc. Sono molto utilizzati per autocostruzioni (ad esempio le consolle laterali nei cockpit degli aerei moderni) e per apportare modifiche ai kit.Piombi da pesca: Hanno lo scopo di appesantire il muso degli aerei con carrello triciclo, ed evitare che questi si posino sulla coda una volta finiti.Sprue: Lo sprue altro non è che il telaio su cui sono attaccati i pezzi della scatola di montaggio. Questo scarto può essere riscaldato e successivamente stirato con delle pinzette per ottenere i tiranti dei vecchi biplani o le antenne a filo degli aerei della Seconda Guerra Mondiale.

Pezzi avanzati o Spare Parts: non avete idea di quante situazioni vi possono salvare questi “scarti”. Perciò nel momento in cui vi avanza qualche pezzo, conservatelo in una scatola o in un cassettino: potrebbe tornare utile per sostituire dei piccoli particolari che avete perso oppure realizzarne di altri che non sono presenti nel kit.

Nei prossimi articoli parleremo di molti altri “mezzi” a disposizione del modellista tra cui anche i collanti e gli stucchi. Buon Modellismo a tutti! Starfighter84.

Tatooine – Diorama per miniature Star Wars.

Tatooine era un pianeta deserto di un sistema a stella binaria, i cui soli si chiamavano Tatoo I e Tatoo II. Sul pianeta vivevano popolani che svolgevano mansioni da contadini. Il pianeta era stato conquistato diverse volte, prima dai RakataHutt, e in seguito dalla Repubblica. Dopo la caduta di questa, l’Impero prese possesso del pianeta, anche se in realtà era Jabba the Hutt a essere il leader de facto. (dove venne colpito da una anomalia climatica che lo trasformò in un mondo sterile), poi dagli

Jabba the Hutt viveva nel suo grande palazzo in riva al Mare delle Dune e da liattraveso i suoi tirapiedi,controllava tutti i suoi traffici clandestini.

Dopo la sconfitta di Jabba, Luke Skywalker e Leia Organa tentarono di stabilire relazioni amichevoli tra i diversi accampamenti e colonie per creare un governo centralizzato, che potesse essere di beneficio per la Alleanza Galattica. Tatooine aveva diversi accampamenti, il più grande dei quali era situato a Mos Eisley, conosciuto per la criminalità che lo popolava. Altri luoghi importanti erano Bestine, Anchorhead, Tosche Station, Mos Entha, Wayfar, e Mos Espa. Siccome Tatooine non era un membro della Repubblica, i Crediti erano scarsamente usati, ed erano preferiti i Peggats, Truguts o i Wupiupi. La morfologia del pianeta era varia, con le zone sabbiose del Mare delle Dune e le rocciose Jundland Wastes. Nonostante l’estrema aridità, alcune forme di vita sopravvivevano, come il ratto Womp, i bantha, e gli enormi dragoni Krayt.

Su Tatooine convivevano, assieme agli umani, anche i Jawa e i Tusken. Entrambi i popoli usavano vesti lunghe per coprire la vera forma del loro corpo. Nell’universo espanso esiste una vaga teoria, elaborata nel gioco Star Wars: Knights of the Old Republic, che vede gli umani come anello di congiunzione comune tra i Jawa e i Tusken, essendo il loro comune antenato, e che spiega come Tatooine possa essere il mondo di origine degli umani.

Tatooine fu un membro dell’Impero Infinito. Tatooine un tempo aveva una superficie coperta parzialmente da oceani e con giungle rigogliose. La biosfera venne distrutta da un bombardamento orbitale da parte dei Rakata, che resero il pianeta di vetro fondendo la silice del terreno, che si sfaldò con il passare degli anni diventando sabbia. Tatooine è anche uno dei pianeti visitabili in Star Wars: Knights of the Old Republic.

From Wikipedia.

Diorama

La realizzazione di questi diorama è stata ,come al solito, conclusa grazie al riciclaggio di vari pezzi trovati in casa.Il polistirolo ha avuto il suo ruolo fondamentale per il muro di cinta, le costruzioni e la collina, la carta igenica e la faesite sono risultati utili per dare que tocco di morbidezza simil-tessuto (carta igenica) e elementi quali porte e tetti(faesite scavata). Il terreno della cittadina è stato ricoperto in parte da carta igenica raggrinzita per dare l’effetto mud cracks tipico dei luoghi aridi. La parte più difficile è stata senza dubbio il deserto (nel film era ambientato in tunisia nel deserto del sahara) nel quale non ho potuto utilizzare vera sabbia per problemi di scala e quindi ho optato per una soluzione alquanto bizzarra: Segatura finissima ottenuta da un vecchio lavoro di liuteria. Per il resto ho utilizzato i soliti materiali:

  • faesite di base
  • polistirolo
  • vinavil
  • carta igenica
  • giornali
  • stuzzicadenti
  • segatura

Tatooine

la porta è in faesite scavata.

Tatooine

Tatooine

vari elementi scenici tipo pietre sono stati realizzati direttamente con il polistirolo espanso.

Tatooine

Il tutto è stato colorato con colori acrilici tipo Gamesworkshop di varie tonalità e diluiti diversamente.

La segatura non è stata dipinta.

Come al solito ogni lavoro può essere arricchito , completato e riutilizzato in vari modi. Per qualsiasi suggerimento lasciate un commento!

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alla prossima!

Simmons

Beechcraft C-45 Expeditor… in arte “BICI”! dal Kit Piooner2 in scala 1/72

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LA STORIA

La storia del Beech Model 18, ha inizio il 15 gennaio 1937, quando, sull’aeroporto di Whichita nel Kansas, presero il via i collaudi in volo di un aereo, che nella propria categoria, avrebbe portato ad una radicale rivoluzione nel trasporto leggero, executive ed aerotaxi, fino allora conosciuto. Questo piccolo bimotore statunitense è di diritto entrato nella storia dell’aviazione, diventandone una vera pietra miliare, secondo forse, per diffusione e diversità d’impieghi, al leggendario Douglas C-47 Dakota. Progettato da Walter H. Beech, l’Expeditor era ispirato all’idea di fornire alle aviolinee ed ad altri operatori civili, un velivolo moderno, comodo, dalle brillanti prestazioni e, quello che più conta, sicuro. Ne scaturì un bimotore da 6-8 posti interamente metallico ed a carrello retrattile, talmente efficiente che la sua produzione si sarebbe esaurita solamente dopo 32 anni, con non meno di 7.020 esemplari costruiti in cinquanta differenti versioni. Nell’Aeronautica Militare Italiana, il C-45 era conosciuto come “bici”, un’italianizzazione del marchio di fabbrica Beech, abbreviazione di Beechcraft, ma anche chiaro riferimento al famoso mezzo da trasporto a due ruote, al quale poteva essere paragonato per la facilità di condotta e per l’economicità d’impiego. L’aereo fece la sua comparsa nelle file della nostra aeronautica, in un periodo storico particolarmente delicato. La ripresa post bellica stentava ad affermarsi e l’intera nazione così come le Forze Armate attraversavano momenti di grave difficoltà. In particolare l’Aeronautica, uscita dalla guerra in condizioni disastrose, si vedeva costretta ad utilizzare velivoli reduci dal duro conflitto, che solo grazie ai miracoli degli specialisti, potevano essere ancora portati in volo. Uno dei settori più colpiti era quello dei trasporti e collegamento, nel quale erano ancora impiegati gli SM.79, i Martin Baltimore, opportunamente modificati, e qualche Caproni 313. Per far fronte a tal emergenza, nel 1948 l’Aeronautica acquistò un notevole lotto di velivoli considerati in surplus dagli alleati. Tra questi vi erano numerosi esemplari di Beech C-45, che andarono ad incrementare le esauste linee di volo dei reparti da trasporto e collegamento. Complessivamente entrarono in servizio 124 “Expeditor”, di cui 59 acquistati a prezzo simbolico tra quelli accantonati dall’USAF sull’aeroporto tedesco d’Oberffaffenhofen, nelle vicinanze di Monaco, ed i rimanenti ceduti gratuitamente dal governo USA, a causa delle loro pessime condizioni. E’ interessante ricordare come per gli americani, i primi avrebbero potuto volare al massimo per altri due o tre anni, mentre i secondi erano da considerarsi dei veri e propri rottami. Ebbene, questi “rottami”, grazie alla proverbiale bravura dei nostri meccanici, serviranno con le coccarde tricolori esattamente per trent’anni, volando infaticabilmente dal 1949 al 1979. Il C-45 equipaggiò il 46° Stormo Trasporti, la Scuola Plurimotori, i Centri Addestramento al Volo (CAV), il Reparto Stato Maggiore e perfino il Comando Aeronautico Somalia operante nell’ambito dell’AFIS (Amministrazione Fiduciaria Italiana in Somalia). Alcuni esemplari furono inoltre adattati per svolgere missioni d’aerofotogrammetria e aerocoperazione con modifiche che prevedevano tra l’altro, l’installazione di un muso sfinestrato e di un sistema di puntamento simile a quello un tempo usato sugli SM.79. Saranno proprio questi bimotori tra gli ultimi “bici” a volare con le insegne dell’AMI. Come già accennato in precedenza, per trent’anni il C-45 è stata una sagoma familiare su tutti gli aeroporti italiani, prima come aereo da trasporto e da addestramento, poi come cavallo da battaglia per le squadriglie collegamento. Un’attività questa, che pur silenziosa e sconosciuta, ha permesso all’aereo di lasciare un ottimo ricordo di se in tutti colori che hanno avuto il piacere di conoscerlo e volarvi.

IL MODELLO:

E’ proprio a ricordo di questo stupendo bimotore, che ho intrapreso la ricostruzione modellistica dell’Expeditor. Per affrontare questa fatica, potevo disporre sia del kit della Rareplanes, sia quello della Pioneer 2, entrambi nella riduzione in scala 1/72. La scelta è caduta sulla seconda scatola, non perché la prima sia un vacuform con tutte le problematiche costruttive che un tale kit comporta, ma perché il modello della Pioneer permette, con poche e semplici modifiche alla portata di ognuno, la realizzazione di uno dei velivoli in dotazione all’Aeronautica Militare Italiana. Contraddistinto dal numero di catalogo 4-40003, il modello si compone di tre stampate di plastica grigio scura per un totale di 43 pezzi, più un’ulteriore stampata riservata ai tredici trasparenti. Buona la riduzione in scala e ben rappresentate le linee generali del velivolo reale, con l’unica pecca di un dettaglio di superficie in un negativo piuttosto marcato e profondo. Il montaggio non presenta difficoltà insormontabili, ma è essenziale dotarsi di un’abbondante documentazione (fortunatamente la libreria aeronautica non lesina argomenti in merito), dalla quale scegliere il soggetto che si desidera realizzare.

IL MONTAGGIO:

La fase operativa vera e propria, ha avuto ovviamente inizio con gli interni, dedicando la maggiore attenzione all’abitacolo. Quest’ultimo non è ricco di dettagli, e pertanto ho provveduto al suo miglioramento cercando di aggiungere il maggior numero di particolari possibile, senza però esagerare poiché, una volta unite le fusoliere, gran parte del lavoro svolto scomparirà in pratica dalla vista. Nel mio caso, mi sono limitato a rimuovere il cruscotto esistente, ed a sostituirlo con un altro autocostruito con del plasticard, e nello stesso tempo, utilizzando un centimetro di “strip” dell’Evergreen da .080 X .080, debitamente smussata da un lato per darle la giusta inclinazione, ci siamo ricavati la piantana strumenti centrale, del tutto assente nel modello. Sulla stessa ho poi applicato le varie manette, usando l’insostituibile sprue stirato a caldo. Dopo aver arricchito i sedili con le immancabili cinture di sicurezza sfruttando del nastro da carrozzeria, e messo insieme il tutto, ho dipinto l’intero abitacolo in Grigio Mare Medio, utilizzando il colore della Testors numero 1721. Unica eccezione, il cruscotto, la consolles centrale e i volantini, in Nero Opaco Gunze H12 e l’imbottitura dei seggiolini nel classico Olive Drab. La relativa strumentazione è stata ricavata con decals provenienti da altre scatole di montaggio adattate a hoc. Per quanto riguarda la parte posteriore della cabina di pilotaggio, quella del vano passeggeri per intenderci, ho ritenuto non necessario dover apportare alcuna modifica, poiché, ancor più dell’abitacolo, questa zona è completamente preclusa alla vista a lavoro ultimato. Conclusa la fase interni, ho rivolto l’attenzione alle due semifusoliere, che necessitano d’alcune modifiche da apportare prima della loro unione. La prima riguarda l’eliminazione del primo finestrino circolare della semifusoliera destra, partendo dalla coda, non presente sui velivoli italiani, e la seconda, la creazione delle due sfinestrature sul cielo cabina. La prima modifica è stata ottenuta stuccando semplicemente il foro presente dopo aver applicato allo stesso l’apposito trasparente in dotazione, mentre l’apertura dei due finestrini è stata effettuata utilizzando il trapanino elettrico e facendo molta attenzione, dovendo lavorare a mano libera, per non trasformare una normale sfinestratura in una gigantesca voragine. Essenziale in questa fase una buona dose di calma, una bella tazza di camomilla aiuta molto, ed un continuo ed attento riscontro della documentazione in possesso. Dove si è riscontrata un minimo di difficoltà, è stato nell’unione delle due semifusoliere a causa di un loro leggero svergolamento, prontamente risolto con una buona dose d’Attak, ed un energico serraggio con mollette da bucato. Al contrario il montaggio delle semiali non ha creato problemi di sorta, così come il piano di coda orizzontale, che è però risultato leggermente sottodimensionato rispetto al proprio incasso. In questo caso siamo intervenuti riempiendo la profonda fessura con pezzi di plasticard, e raccordando il tutto con una generosa quantità di stucco. Si è approfittato di questa fase per stuccare tutte le altre linee di giunzione, quali in particolare quella lungo le due semifusoliere e l’attacco ali-fusoliera, sfruttando il susseguente lavoro di carteggiatura, anche per ridurre il dettaglio di superficie, che, come accennato in precedenza, risulta troppo profondo.

Il resto dell’assemblaggio è stato dedicato all’applicazione dei rimanenti dettagli. Per ciò che riguarda i motori (due radiali Pratt & Whitney R-985 “Wasp Junior” da 455 cavalli), scartati quelli presenti nel modello, si è provveduto a sostituirli con quelli in metallo dell’Aeroclub, codice EP012, d’ottima fattura e ben realizzati. Ho dovuto solamente adattarli alle rispettive nache, riducendone leggermente il diametro con colpi di lima. Autocostruiti invece i due inesistenti scarichi motore recuperando, dal nostro magazzino pezzi, quelli di uno Junker Ju.52, che, dopo essere stati modificati, sono stati inseriti negli scassi preventivamente realizzate sulle facce esterne delle nache. La vetratura dell’abitacolo mi ha portato via del tempo prezioso, dovendo lavorare di stucco per raccordarla alla fusoliera. Ho dovuto, infatti, levigare il tutto con estrema attenzione e precisione per non provocare danni irreparabili al trasparente, nonostante la schermatura di protezione che avevamo applicato allo stesso. Dopo aver montato i due piani di coda verticali, sono passato alla delicata fase della verniciatura, precedendola da un accurato lavaggio del modello, operazione necessaria per eliminare impurità e residui di lavorazione su tutte le superfici. I C-45, nella loro trentennale attività nelle file dell’Aeronautica Militare, hanno “vestito” diversi schemi di colorazione, che andavano da quello interamente in metallo naturale del primo periodo d’impiego, a quello con superfici superiori bianche ed inferiori in alluminio del secondo periodo, per finire a quello dell’ultimo periodo, con ancora le superfici superiori bianche ma con tutte le altre in grigio mare medio.

L’esemplare da me realizzato è un “bici” Matricola Militare 61652 in dotazione al Reparto Volo Stato Maggiore di base a Ciampino nel 1961. La colorazione è quella del primo periodo, cioè interamente in Metallo Naturale, con zone antiriflesso (superficie antistante l’abitacolo e facce interne delle nache), e parte dei bordi d’entrata dei due piani verticali di coda in nero opaco. Se a prima vista questa colorazione può sembrare di facile attuazione, all’atto pratico non lo è assolutamente a causa proprio del colore usato, l’argento, che prevede un’accurata preparazione delle superfici da verniciare. E’ indispensabile, infatti, che la mano di fondo sia pressoché perfetta e che non vi siano tracce delle stuccature effettuate durante il montaggio. Per quanto riguarda il metallo naturale, si è utilizzato il Silver della Testors (Codice 1146) schiarito al 40% con l’Insigna White della medesima ditta, spruzzato sul modello in più mani, leggermente più dense di volta i volta, mentre le altre zone sono state realizzate con il Flat Black. Per le due ogive ho usato l’Insigna Red e lo stesso nero appena citato per le eliche ed i pneumatici. Ad essiccatura avvenuta una prima mano di trasparente lucido, mi è servita per preparare il modello all’ultima fase del montaggio: il posizionamento delle decals. Quest’ultime provengono dall’ottimo foglio della Tauromodel AMI Insigna numero 72-547, dedicato sia al C-45, sia al Douglas DC-6, grazie al quale è possibile realizzare vari esemplari dell’aereo in oggetto, tra cui ovviamente il nostro SM-28. Le decals sono veramente ben fatte e dall’ottimo potere adesivo, e l’unico mio accorgimento, è stato quello di rimuovere il supporto trasparente, per evitare che lo stesso risultasse visibile, data la particolare colorazione, dopo la loro applicazione. Una seconda leggera mano di trasparente lucido, il montaggio degli ultimi particolari quali, le due antennine sul dorso della fusoliera, i pneumatici e le eliche, la realizzazione dei trasparenti dei finestrini con il Kristal Klear e finalmente la riproduzione di un altro mito della storia dell’aviazione poteva considerarsi terminata. Un’ultima annotazione riguarda le eliche Hamilton Standard 2D.30, da me sostituite con quelle in metallo dell’Aeroclub, decisamente migliori delle due fornite nel kit, e le relative ogive cannibalizzate dal modello della Rare Planes.

TABELLA RIFERIMENTO COLORI:

Colore

F.S. 595° Humbrol Molak Xtracolor Gunze Testors
Medium S.G. 35237 145 35237 H 337 1721
Insigna White 17875 22 1 X 141

H 1

1768

Insigna Red

31136 153 M 7 X 31 H 327 1705
Olive Drab 34088 155 34087 X 11 H 304 1711

Caro vecchio Spillone…. F-104 ASA-M dal Kit Hasegawa in scala 1/72

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Sul mitico Starfighter sono stati consumati fiumi di inchiostro. La sua storia è ben nota a tutti gli appassionati di aeronautica, dagli albori della sua progettazione per arrivare fino agli ultimi giorni di una lunghissima carriera. Permettetemi però di spendere qualche parola sulla vita operativa e sull’importanza che il ‘104 ha ricoperto nelle fila della nostra aeronautica… lo sò, non ci posso fare nulla! sono un nostalgico e per me (e penso anche per molti altri), la radiazione di questo magnifico aeroplano ha rappresentato la fine di un epoca.

Tornado ADV – Kit Italeri in scala 1/72

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Derivato dalla versione IDS, il Tornado ADV (Air Defence Variant) nacque dalla necessità di sostituire i vecchi BAC “Lightning” della RAF, nel ruolo di caccia intercettore e principale elemento della difesa aerea. Nel 1976 la Royal Air Force, annunciò l’intenzione di realizzare 165 ADV dei 385 IDS ordinati in precedenza alla Panavia. Le principali modifiche apportate alla cellula, furono l’allungamento della fusoliera di circa 53 cm. per permettere l’alloggiamento dei quattro missili BAe. ”Sky Flash”, nonché quello della parte immediatamente davanti al parabrezza di 19 cm. per dotare il velivolo del nuovo sistema di puntamento e tiro AI. 24 “Foxhunter”. La stessa operazione fu ripetuta sul radome, che alla fine risultò più lungo di 63 cm. Per ripristinare le caratteristiche di centraggio originali, la freccia del bordo d’entrata alare passò da 60° a 68°. Nel tentativo di migliorare l’aerodinamica, la sonda per il rifornimento in volo fu completamente retratta. Ciò comportò però la totale rimozione del cannone sul lato sinistro del muso. Oggi, il velivolo è in dotazione a varie forze aeree, tra cui anche l’Italia. Dal punto di vista modellistico, il Tornado è ovviamente un soggetto molto “ghiotto”, specialmente per gli irriducibili modellisti italianofili, che per lungo tempo non hanno potuto avere la soddisfazione di aggiungere alla propria collezione la riproduzione in scala di questa specifica versione. A dirla tutta, tempo fa l’Italeri era già uscita sul mercato con un kit dell’ADV, sprovvisto però di decals italiane e, in assenza di fogli integrativi, il modello era inutilizzabile. Fortunatamente, la ditta nostrana ha rimediato, commercializzando un update della vecchia scatola corredata di un foglio dedicato ad un esemplare del 36° stormo.

IL MODELLO: Aprendo la scatola contrassegnata dal numero 179, si scoprono: le istruzioni, due fogli decals, altrettante stampate di plastica grigia chiara più una per i trasparenti per un totale di circa 62 pezzi. La prima cosa che balsa subito agli occhi è la scarsa presenza di particolari su quasi tutto il modello, fattore che ci ha indotto ad utilizzare il set di dettaglio n°AC717 dell’Inglese PP AEROKITS. Tale set è quanto di meglio si può trovare sul mercato, ma purtroppo di difficile reperibilità, e pertanto consigliamo ai lettori di ordinarlo attraverso dei negozi specializzati. La piccola scatola si compone di 163 parti fotoincise che consentono di dettagliare a puntino praticamente tutto. Oltre alle fotoincisioni, troviamo una lastra di resina su cui sono stampati i due serbatoi supplementari da 2.250 litri nominali, da utilizzare senza incertezze in sostituzione di quelli forniti nel kit. Completano il tutto 29 pezzi in metallo bianco, che comprendono quattro missili AIM-9L, quattro Sky Flash, due nuovi piloni subalari provvisti di rotaie per i “Sidewinder”, la sonda di rifornimento e per finire i lancia-chaff. Prima di passare alla fase di montaggio, ci siamo procurati un’enorme quantità di materiale documentativo e un kit Hasegawa che ci tornerà molto utile in seguito.

MONTAGGIO. Per rendere più comprensibile e schematica l’esposizione del montaggio, analizzeremo lo stesso suddividendolo nelle varie fasi di lavorazione, fasi che in linea di massima hanno seguito l’ordine cronologico riportato nelle istruzioni.

ABITACOLO. La fase più impegnativa è sicuramente quella relativa a questa zona, a causa delle molte modifiche e migliorie da apportare alla stessa, ma facilmente superabile con pazienza e un bel po’ di tempo a disposizione. Per particolareggiarla al meglio abbiamo eseguito quanto sotto indicato.Tanto per cominciare, si sono eliminate le errate ed antiestetiche consolle laterali ricostruendole con del profilato quadrangolare EVERGREEN 080 per 080, tagliandone dodici pezzi e unendoli assieme quattro a quattro, allo scopo di formare dei parallelepipedi regolari. Fatto questo, li abbiamo lavorati, con energici colpi di lima, fino a portarne la larghezza a 0,4 cm. e l’altezza a 0,5 cm. Dopo di che, abbiamo tagliato le consolles del pilota ad una lunghezza di 1,4 cm. e le altre, quelle dell’operatore ai sistemi per intenderci, di 1,6 cm. Prima di incollarle al supporto, si è stuccato i pezzi per riempire gli interstizi e le irregolarità, e quindi applicata la strumentazione, prelevata dal kit Hasegawa. Fatto questo abbiamo eliminato la palpebra del pannello strumenti del navigatore, sostituendola con quella in resina fornita dal kit dell’Aerokits, e ci siamo autocostruito la paratia divisoria tra i due abitacoli, togliendo quella presente nel modello (pezzo3A). Questa è stata ottenuta ritagliando da un foglio di plasticard da 0,5 mm. di spessore, un rettangolo di 1,9 cm. di base per 1 cm. d’altezza. La stessa è stata poi adattata nel suo alloggiamento, smussandole gli angoli. Per quanto riguarda i seggiolini eiettabili, scartati quelli in dotazione, siamo ricorsi a due Martin-Baker Mk10A ricavati da uno stampo in resina in nostro possesso, migliorandoli con aggiunta delle cinture di sicurezza, delle leve d’espulsione e di varie tubazioni. All’occorrenza però sul mercato sono disponibili quelli in metallo bianco dell’Aeroclub contrassegnati dal codice EJ015. Ultimato il montaggio, abbiamo verniciato l’intero abitacolo in Medium Sea Grey (F.S.36270), ad eccezione dei seggiolini, sui quali si sono verniciati in Nero Opaco il poggiatesta (F.S.37038), in Olive Drab i cuscini (F.S.34088) e in Extra Dark Sea Grey le cinture (F.S.36099). In Nero anche le due palpebre e l’impugnatura delle cloches, queste ultime provenienti dal kit Hasegawa, alla pari della strumentazione dei due cruscotti ricavata dal foglio decals della medesima ditta.

ALI, FUSOLIERA, AEROFRENI E SCARICHI. Ultimato l’abitacolo, siamo passati all’assemblaggio della fusoliera, operazione che ha richiesto un buon numero di ore lavoro. Per prima cosa si è provveduto a modificare le due zone dove sono poste le guarnizioni pneumatiche alla radice delle semiali, allo scopo di poter adattare quelle in fotoincisione. Usando queste ultime come dima, abbiamo rimosso dalla fusoliera la plastica in eccesso, inserendo poi, negli incassi ricavati, le stesse e raccordando il tutto con una buona quantità di stucco. Superato questo primo scoglio, ci siamo concentrati sugli aerofreni per correggere le imperfezioni. Dopo aver asportato le paratie interne, le abbiamo ricostruite con del plasticard riportandole alla giusta profondità. Per far ciò, siamo partiti da due rettangoli di 2.5 cm di lunghezza per 1,2 di larghezza, smussandone un lato per ricreare l’esatta curvatura, ed applicando ad ognuno le quattro paratie verticali da circa 0,3 cm. d’altezza, creando così due nuovi pozzetti. Per la buona riuscita del lavoro, sono state necessarie numerose prove a secco e ripetuti interventi di lima per dare le giuste dimensioni e forme ed adattare al meglio i pezzi ottenuti. Allo scopo poi di rendere più solida l’intera struttura, una volta sistemati, abbiamo applicato del Milliput lungo le linee interne di giunzione, per rinforzare il tutto. Anche sugli scarichi motori si sono resi necessari degli interventi di modifica. A questo proposito ci siamo nuovamente serviti del kit Hasegawa dal quale abbiamo prelevato gli ugelli di scarico, sicuramente migliori degli Italeri, prendendo quelli riprodotti con gli scarichi a geometria variabile dei postbruciatori chiusi. Da questi si sono eliminati i servomeccanismi che azionano gli inversori, sostituendoli con quelli in metallo bianco della P.P. Gli scarichi sono stati poi adattati al modello, ma non fissati, operazione effettuata dopo il montaggio delle due semifusoliere, non prima di aver eliminato il gradino rappresentante la parte terminale dei due Turbo-Union RB-199. Con l’assemblaggio ed il susseguente inserimento delle ali negli appositi perni di supporto, posizionandole con la freccia minima, si è potuto finalmente chiudere la fusoliera, non prima di aver però fissato il pozzetto carrello anteriore (pezzo 7A), inserito l’abitacolo completo ed aver appesantito con 10 grammi di zavorra il muso. Aggiunte quindi, le prese d’aria, la deriva e l’elemento 26B, abbiamo stuccato e carteggiato, dove necessario. Questo ci ha costretto a reincidere le pannellature rovinate e creare quelle inesistenti, prime tra tutte la sonda di rifornimento in volo, i pannelli dei vani dell’avionica e dell’alloggiamento del cannone. Di vitale importanza durante questa fase la consultazione della documentazione in possesso. Come ultimo tocco abbiamo ridisegnato la bocca del cannone Mauser da 27 mm. con dello stucco, ricreandone la canna con un tubicino d’ottone e aggiunti i due lancia-chaff in metallo bianco, sempre dell’Aerokits, oramai dotazione fissa su tutti i Tornado ADV dell’A.M.

CARRELLI E CARICHI DI CADUTA. Per quanto riguarda i carrelli, anche se quelli della scatola sono abbastanza buoni, necessitano di un discreto lavoro di dettaglio. Abbiamo pertanto preferito ricorrere ancora una volta alla scatola nipponica, perché gli stessi risultano ben realizzati e meglio rifiniti, sui quali è bastato solamente aggiungere le solite tubazioni idrauliche, realizzate con filo di rame finissimo e le luci d’atterraggio. Nessun intervento è stato necessario sui tre pozzetti, corretti nella profondità e ottimamente dettagliati, ad eccezione dei portelloni dell’anteriore, sostituiti con altrettanti in fotoincisione. Ben diverso il discorso riguardante i carichi di caduta. Partendo dal dato di fatto che normalmente i Tornado impiegati dalla nostra Aeronautica, montano una combinazione di due AIM-9L Sidewinder, di quattro BAe. Skyflash con l’aggiunta all’occorrenza di due serbatoi da 2250 litri, abbiamo dato al nostro modello tale configurazione. Inoltre l’armamento Italeri è poco realistico e mal rifinito, e per questo è stato sostituito con altro di diversa provenienza. In particolare gli AIM-9, provengono dal set Aircraft Weapons III (codice X72-3) dell’Hasegawa, ed il resto dal solito set di dettaglio già citato compresi i piloni e le guide lancio. Per questi ultimi il montaggio è poi risultato più impegnativo del previsto, soprattutto per i serbatoi ausiliari in resina che, pur essendo gli unici ad essere correttamente realizzati sia per forme sia per dimensioni, richiedono un lavoro di stuccatura.

COLORAZIONE E DECALS. Come noto l’Aeronautica Militare ha affittato, con un leasing decennale, 24 ADV F Mk.3, e pertanto tali velivoli mantengono la mimetica standard a due toni di grigio impiegata dalla Royal Air Force. Tale schema è stato ottenuto utilizzando il Barley Grey (F.S.36314) per le superfici superiori e Light Aircraft Grey (F.S.36357) per quelle inferiori, mentre per il radome è stato impiegato il Dark Gull Grey (F.S.36231). Per la placca di rinforzo del cannone, per gli scarichi dei motori e per la schermatura termica sulla deriva, siamo ricorsi al Titanium Metalizer della Testors, opportunamente lucidato, a differenza delle guarnizioni pneumatiche alla radice delle semiali e della zona delle semiali che rientra in fusoliera quando le stesse sono a freccia massima, in Medium Sea Grey (F.S.36270). In Insigna White (F.S.17875), gli interni degli aerofreni, dei vani carrello, dei portelloni, le gambe di forza ed i cerchioni. I missili aria-aria sono interamente in Medium Grey (F.S.36231), tranne che per la testata dei Sidewinder in Nero Opaco ed in Bianco per quelle degli Sky Flash. In Barley Grey anche i due serbatoi subalari. Prima di applicare le decals, abbiamo reso più “operativa” la nostra livrea, sporcando il modello con dei colori ad olio molto diluiti e con due grandi sbuffate sulla deriva in Extra Dark Sea Grey, anch’esso molto diluito. Per le fasi finali di rifinitura, si è agito come di consueto, passando il lucido trasparente prima dell’applicazione delle insegne. Queste, ricordiamo, permettono di realizzare l’esemplare 36-03, appartenente al 12° Gruppo C.I.O. basato a Gioia del Colle, e prima della loro applicazioneè necessario rimuovere il film trasparente in eccesso. La gran quantità di stencils e scritte è stata invece ricavata da fogli di altre realizzazioni. Un’ulteriore mano di trasparente, questa volta opaco, l’aggiunta delle varie antenne fotoincise, in sostituzione di quelle del kit, rimosse durante la lavorazione, il posizionamento del canopy aperto e la colorazione delle varie luci di posizione, hanno posto fine alle nostre fatiche.

BIBLIOGRAFIA. TORNADO, Delta editrice Parma. TORNADO, Ian Rentoul & Tom Wakeford -Concord Publications Company. TUTTO MODELLISMO, Gennaio 1994. TORNADO una meravigliosa macchina, supplemento al n° 7/8 Luglio 1991 di Aerei.

CLOSE-UP PICTURES:

Le foto qui sotto si riferiscono all’esemplare M.M.7210 (36-12) conservato presso il Museo Storico dell’A.M. presso Vigna di Valle (RM). Cliccare sulle miniature per aprire il link ed ingrandire:

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TABELLA DI RIFERIMENTO COLORI.

Colore

F.S.595 a

Testors

Gunze Sangyo

Xtracolor

Insigna White

17875

1768

H1

X141

Black

37038

1749

H12

X404

Olive Drab

34088

1711

H304

X111

Medium Grey

36375

1728

H308

X136

Medium Sea Grey

3270

2737

H306

X3

Extra Dark Sea G.

36099

H333

X5

Barley Grey

36314

H334

X143

Light Aircraft G.

36357

H332

Dark Gull Grey

36231

1740

H317

X135

Il Modellismo.

Chi ha inventato il modellismo?

Qualcuno una volta disse “Se il modello è fatto bene deve venirti voglia di salirci su e mettere in moto!”…ed è proprio questo lo spirito che alla base del nostro hobby: creare una riproduzione in scala fedele al 1000%1000 alla copia in grandezza naturale.
Ma chi ha inventato il modellismo? Esso, in effetti, ha radici antichissime, ma quello di cui ci occupiamo nasce abbastanza recentemente. Durante la Prima Guerra Mondiale, si cominciò ad usare dei modelli in scala per l’addestramento dei piloti alle manovre aeree…cosa che si continua a fare ancora oggi. I primi modelli erano costruiti interamente in legno, poi nel 1920 apparvero i primi in cartone, e in seguito nel 1930 ci fu la comparsa delle scatole di montaggio della serie inglese “Skybird” in metallo e legno. Ma fu solo nel 1952 che il modellismo conobbe un vero e proprio fenomeno di produzione di massa quando, l’americana Lindbergh iniziò a commercializzare su vasta scala i primi kit di montaggio realizzati interamente in plastica: esisteva finalmente un materiale a basso costo con cui poter realizzare anche particolari molto piccoli!

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Le Scale:

Per scala s’intende il rapporto dato dalla misura, generalmente espressa in centimetri, della copia rispetto all’originale. Per esempio, nella scala 1/72 che è la più diffusa, un centimetro del modello in scala corrispondono a 72 di quello originale! Quindi, se volessimo raffigurare una persona reale alta 170 centimetri, dovremmo realizzare un figurino di 2,36 centimetri….capito il meccanismo?
Le scale più utilizzate sono la 1/24, 1/32, 1/48, 1/72 e 1/144. Ovviamente la scala è fondamentale per determinare la grandezza finale del modello…per cui rifletteteci su: un modello di Spitfire, uno degli aerei più famosi della storia dell’aviazione, riprodotto in scala 1/32 avrà un’apertura alare finale di ben 51 cm!!!!! Il rischio sempre incombente per chi non ha a disposizione molto spazio è quello di dover uscire di casa per lasciare posto al modellino! Già, perché l’ipotesi contraria sarebbe prontamente scartata da ogni modellista che si rispetti…. Un modello diventa un vero e proprio figlio, con tutte le gioie, dolori e soddisfazioni che può dare! Dopo mesi e mesi di fatiche e ore spese sopra a quel coso che prende forma dalle tue mani, il minimo che si può fare e metterlo al riparo in un vetrina blindata lontano da polvere, signore delle pulizie, mogli e fidanzate che in preda a raptus di follia potrebbero distruggere tutto nel giro di pochi istanti!
Terminando questa diversione nostalgica dettata dalla mia grande passione per tutto ciò che voli o che rappresenti il volo, vi do qualche consiglio pratico:
Non scoraggiatevi davanti ai primi insuccessi…abbiate pazienza e non fermatevi! In fondo anche Leonardo da Vinci, prima di creare la Gioconda ha commesso qualche errore….!
Scegliete, soprattutto all’inizio, una scala di riproduzione (meglio la 1/72) per acquisire le giuste tecniche e per avere più in là nel tempo un magazzino di pezzi avanzati da poter usare su altri modelli….vi accorgerete che possono tornare sempre utili!
Non fidatevi mai delle istruzioni di montaggio! La maggior parte delle volte vengono disegnate da gente che non sa neanche cosa sia un modello e , soprattutto, a volte riportano degli schemi di colorazione e delle insegne da posizionare sul modello che non sono mai realmente esistite. La cosa migliore è quella di ricercare quante più foto e informazioni sul soggetto che si vuole riprodurre, siano esse reperite da internet o da riviste specializzate!
Quest’aspetto pratico lo approfondiremo sicuramente in una delle prossime lezioni….nel frattempo BUON MODELLISMO A TUTTI!!

Starfighter84.

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Le Miniere Di Moria

Sono qui a presentarvi quella che all’inizio poteva sembrare una delle cose più brutte e mal riuscite da quando ho iniziato a fare diorami e che alla fine si è rivelata la più bella e scenica in assoluto.

Vi presento Le miniere di Moria.